Nel segno di Circe

La politropia di Odisseo

Franco Ferrari

Abstract

Circe, corne abbiamo imparato dagli studi di Ludwig Radermacher, di Gabriel Germain, di Denys Page appartiene, in quanto strega che trasforma gli uomini in animali, a una sfera di rappresentazioni magiche di cui troviamo molteplici riscontri in ambiti antichi e moderni. D’altra parte nell’ Odissea di vera magia si trova traccia solo nei pochi versi che riguardano la trasformazione dei compagni di Odisseo. In realtà il poeta, anche sfruttando l’unica ricorrenza dopo il primo verso del poema del termine «polytropos», ha fatto dell’episodio un momento essenziale per sottolineare la crescita interiore del personaggio di Odisseo lungo le stazioni della prima parte degli Apologhi, sottolineando la sua progressiva capacità di affrontare con destrezza e duttilità un mondo sottratto ai parametri del verosimile. Circe la maga è proprio colei che dapprima convalida la nuova dimensione dell’eroe e subito dopo, trasformandosi da antagonista in adiuvante, si pone come la consigliera di Odisseo e in larga misura come la «regista» della seconda parte degli Apologhi. E’ infatti sfruttando le sue indicazioni che l’eroe sopravvive alle insidie di mostri, al viaggio fra i morti, ai pericoli del mare fino ad approdare alla terra dei Feaci. Senonché, una volta rientrato nel suo palazzo di Itaca, il campione della «politropia» deve reintegrarsi nei valori e nei comportamenti che gli erano stati familiari corne sovrano dell’isola e corne combattente a Troia. Eppure la stessa riconquista del potere e della casa è un risultato precario, destinato a essere presto smentito in una prospettiva a cui il testo si limita ad alludere.
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