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Lettori di Corinna in Egitto

Carlo VESSELLA1

1. La poesia di Corinna ci è nota indirettamente nelle citazioni di grammatici ed eruditi, ma per tradizione diretta solo come sottoinsieme di un gruppo di testi poetici in beotico costituito da sette papiri : BKT V.2 XIV2 ; P. Oxy. XXIII 2370-2374 ; PSI X 1147. Questi papiri sono peraltro l’unica attestazione diretta di lirica beotica conosciuta a tutt’oggi. I papiri sono datati tra I e III secolo d. C., e provengono prevalentemente da Ossirinco, come si vede nella tabella che segue.

DataProvenienzadAttribuzione
BKT V.2 XIVI/IIpErmupoliCorinna
P. Oxy. XXIII 2370II/IIIpOssirincoCorinna
P. Oxy. XXIII 2371IIIpOssirinco ?
P. Oxy. XXIII 2372IIpOssirinco ?
P. Oxy. XXIII 2373II/IIIpOssirinco ?
P. Oxy. XXIII 2374IIpOssirinco ?
PSI X1174I/IIp ?Corinna ?

L’attribuzione dei papiri di poesia beotica è stata variamente discussa. Non c’è dubbio che P. Oxy. XXIII 2370 sia un testo di Corinna poiché cinque versi del testo sono citati come corinniani da Efestione (Heph. XVI 3, p. 56-57 Consbruch).

A partire dall’editio princeps di Wilamowitz (1907), BKT V.2 XIV è stato concordemente attribuito a Corinna.

Anche PSI X 1174 fu attribuito a Corinna senza dubbio dal suo editor princeps Coppola (1931), ma Lobel, nella sua edizione di P. Oxy. XXIII 2370-2374, preferiva unire PSI X 1174 ai P. Oxy. XXIII 2371-2374, da lui pubblicati come adespota. I tentativi di ridiscutere l’attribuzione degli adespota Boeotica sono stati vari : si veda per esempio Palumbo (1993) a favore dell’attribuzione a Corinna di PSI X 1174 e di P. Oxy. XXIII 2372.

2. Qui si cercherà di valutare i tipi di esegesi antica presenti nella totalità dei papiri con versi in beotico, per mostrare quali fossero gli interessi dei lettori di questa poesia in età imperiale. In particolare, l’analisi dell’esegesi ai testi beotici dovrebbe permettere di valutare meglio un’assunto che fu già di Martin West, cioè che « [t]he Alexandrians Apollonius Dyscolus and Herodian, working at the same period, can only quote Corinna for Boeotian forms. That the burghers of Hermopolis and Oxyrhynchus in the second and third centuries had any Boeotian poetry to read other than Corinna seems to me highly unlikely. »3

Vorrei dimostrare in questa sede che almeno uno dei criteri di esegesi ai testi beotici riflette esattamente le cognizioni dialettologiche della dottrina dei πάθη così come si sviluppò ad Alessandria tra primo e secondo secolo d. C., e perciò rende ancor più rilevanti ai fini dell’attribuzione di questi testi le affinità tra il trattamento della Corinna autentica di trasmissione indiretta e la lirica beotica dei papiri di Ermupoli e Ossirinco, adespota compresi. Prima di esaminare in dettaglio queste affinità sarà utile passare in rassegna i tipi di esegesi presenti nei papiri con beotico letterario.

3. I papiri che conservano esegesi in forma di annotazioni sono tre su sette : BKT V.2 XIV, P. Oxy. XXIII 2372 e 2374. L’ipotesi che P. Oxy. XXIII 2370 sia un’edizione commentata mi sembra difficile da sostenere4 : anche tralasciando per ora di discutere i problemi della mise en page di questo papiro, appare evidente che il papiro è privo di annotazioni interlineari o marginali. P. Oxy. XXIII 2371, 2373 e PSI X 1174 non hanno affatto annotazioni, almeno nei frammenti conservati, tutti assai meno estesi dei papiri annotati.

L’esegesi di BKT V.2 XIV, P. Oxy. XXIII 2372 e 2374 consiste in annotazioni interlineari e marginali, del tipo consueto nei papiri letterari. L’esegesi chiarisce il senso di espressioni difficili o ambigue, com’è il caso delle annotazioni interlineari di P. Oxy. XXIII 2372 fr. 1, interlineo tra 2-3, κυ]νεοθαλαccιοιουκ[che glossa κό]υνὲc di 3 ; o]ṿπọταμovßoιωτιαc [,]οργανωνειδημουcι̣κ̣ω.[, rispettivamente negli interlinei tra 1-2 e 2-3 del fr. 2, da leggersi come ποταμòν Βοιωτίαc e ὀργάνων εἴδη μουοικῶν. Di genere simile, per quanto la lettura ne sia meno agevole, sembrano le annotazioni di P. Oxy. XXIII 2374 (la più estesa in fr. 9, nel margine superiore e in interlineo).

Altre annotazioni interlineari paiono didascalie (per esempio il nome di Eteocle in fr. 5d e ὁ γέρων possibile in fr. 6) o spiegazioni, come quella introdotta da ὅτι fr. 8 in interlineo tra 1-2, οτιεκε̣ι̣.[ ; o il marginale di BKT V.2 XIV fr. 3, 1-2]ε̣λαιο̣νπα̣[ραο]| μηρω̣[, apparentemente l’unica nota esegetica che citi un altro autore, nella fattispecie Omero. In questo genere di annotazioni i papiri non si discostano dalla prassi generale dell’esegesi a testi letterari. L’esegesi di questi papiri è invece assai peculiare quando interpreta il dialetto beotico.

4. Oltre ai tipi di esegesi appena menzionati si incontrano trasposizioni di singoli termini, la cui grafia dialettale beotica è, per usare un termine di comodo, normalizzata. Per intendere il processo di normalizzazione sarà bene ricordare che le iscrizioni beotiche durante la prima metà del IV secolo a. C. abbandonano l’alfabeto epicorico di Beozia per adottare quello milesio, diventato ufficiale ad Atene nello stesso periodo5. Nel corso del secolo successivo le convenzioni ortografiche del beotico cambiano gradualmente in ossequio a vari mutamenti fonetici che ne interessarono il vocalismo, sicché alla fine del IV secolo a. C. il beotico scritto nel nuovo sistema si trova ad avere sistematicamente η, ι, ει per αι, ει, η attici, corrispondenze cui durante il III secolo a. C. si aggiunge υ per οι6. Almeno un aspetto arcaico della fonologia beotica è evidente nel nuovo sistema di scrittura, che mantiene α anche dove l’attico ha η (l’« alpha Doricum », o « impuro », secondo definizioni tradizionali ma imprecise). Inoltre anche la vocale scritta con υ in attico è rappresentata da ου in beotico, altro possibile arcaismo.

L’ortografia dei papiri con lirica beotica non rispecchia fedelmente quella delle iscrizioni, ma tende a presentare assieme pressoché tutti i tratti caratteristici dell’ortografia beotica più recente – o meglio, i tratti ben noti ai grammatici antichi. Le annotazioni dei testi beotici su papiro molto spesso – e in alcuni casi, come vedremo, sempre e di regola – evidenziano queste differenze ortografiche in parole isolate e ne forniscono una trasposizione, quasi ripristinandole nell’ortografia del sistema ortografico attico o di koiné. In altri termini, l’annotatore, consapevole delle equivalenze tra ortografia beotica e di koiné, restituisce ai termini beotici un’ortografia che ricorda quella attica o di koiné, pur restituendo – come vedremo – forme che non sono pienamente attiche né di koiné.

L’intervento sul testo può essere minimo – così avviene per esempio nel caso di molti ου beotici. Il digramma ου in koiné non può che segnare una vocale lunga, ma nell’ ortografia beotica recente corrisponde indifferentemente a ῡ ed ῠ. Perciò è assai diffusa nei papiri beotici la presenza del segno di breve sugli ου che, corrispondendo a ύ, indicano una vocale breve e non una lunga7.

5. Le annotazioni ai testi beotici classificabili come normalizzazioni sono di due tipi : alcune presentano la resa di un’intera parola, altre si limitano ad evidenziare il punto o i punti in cui l’ortografia beotica diverge dall’ortografia di koiné.

Un esempio del primo trattamento è εναιεν, in interlineo di P. Oxy. XXIII 2372, fr. 1, 6-7 a glossare ἔνηεν del testo poetico. In P. Oxy. XXIII 2372 fr. 9, interlineo 1-2,]μ̣ιγνυται glossa]νουτη (2), e nello stesso frammento]υδήμων[(3) è glossato da ευδαιμω[nell’interlineo superiore. Simili i casi di P. Oxy. XXIII 2372 fr. 6, in cui l’annotazione interlineare νεμονται (2-3) normalizza νέμ]ονθη (3), e ανθη (fr. 1, 7-8), normalizza άνθι[(8) ; è meno sicuro]μοιωμο[corrispondente a]μ̣ῡων̣π̣[in P. Oxy. XXIII 2372 fr. 7, 3.

In modo decisamente capillare e coerente, un processo di normalizzazione è esercitato in tutto BKT V.2 XIV. In questo papiro, probabilmente ogni ι che corrisponde a ει nell’ ortografia della koiné era stato fatto precedere da un ε soprascritto. Il procedimento di annotazione è una caratteristica precipua di BKT V.2 XIV : il solo caso analogo – se non si tratta di una correzione – potrebbe essere].ί̣ειπ̣[in P. Oxy. XXIII 2372 fr. 16, 4, che pero resta isolato nei frammenti del papiro.

Qui di seguito si trovano elencate tutte le occorrenze di ε soprascritto in BKT V.2 XIV : col. i, 5 ορειων ; 13 δαθε̣ι […]ac8 ; 28 γεγάθει ; 33 εἴρειcε ; ii, 15 μελει9 ; iii, 9]θεων· ; 10]αγαρθειάc̣[ ; 12]ενεχει ; 15 δουεῖν ; 16]κρατόυνει ; 31 αψευδειανακ[ ; 40]ναμφέπει ; 51 ωδ’αμειψ[. In i, 22 ̣] ̣ φ̣αείνᾱc· e 23 πλειοναc Page (1953) e West (1996) leggono in soprascrizione l’intero digramma ει, ma all’autopsia il papiro permette di dubitare che dopo l’ε seguisse anche uno i soprascritto10.

Col. iii, 34]ιcμωcεν[ι]έπειν è un caso a parte. Ci si aspetterebbe nel testo ἐνέπειν, grafia beotica recente per ἐνέπην. Probabilmente -πιν è un errore della prima mano, interpretato in seguito come grafia corrispondente a -πειν, e di conseguenza provvisto di ε soprascritto11.

Ai casi citati credo si debba aggiungere iii, 14 τρε̣ιc, letto finora τρῑc12. ε soprascritto è parzialmente in lacuna, ma se ne legge il tratto orizzontale, ed è chiaramente visibile un tratto obliquo ascendente che termina sopra la prosecuzione ideale di ι, compatibile col tratto superiore di ε, secondo uno schema simile agli ε soprascritti di col. iii, 12 e 16. Mi sembra meno probabile che il tratto obliquo sia un acuto eccezionalmente anticipato a sinistra rispetto a ι sottostante13. Tutti gli acuti su ι in questo papiro terminano decisamente più a destra della prosecuzione in alto della verticale di ι.

Come si vede, in BKT V.2 XIV anche alcuni i che nell’ortografia della koiné corrispondono ad ε sono fatti precedere da un ε soprascritto14. Il procedimento sembra un aiuto costante al lettore, che riconosce all’istante la maggior parte degli i lunghi nel testo, e in particolare tutti quelli che in koiné sarebbero scritti col digramma ει. Allo stesso tempo il procedimento individua tutti gli i che in koiné corrispondono ad ε.

Il sistema è meno ambiguo di quanto apparse a Lobel15 : solo gli ε prevocalici potrebbero corrispondere in koiné a ε oppure a i ; tutti gli altri casi, in cui ε precede una consonante, non possono che corrispondere a ει in koiné. Se, com’è probabile, non ci sono casi di ει soprascritto ma solo di ε, credo si debba concludere che le soprascrizioni di BKT V.2 XIV sono limitate al solo ε16. La soprascrizione di ε è un procedimento impiegato sistematicamente in questo papiro per segnalare al lettore l’equivalenza tra i beotico ed ε(ι) in koiné17.

L’unica eccezione alla regola sarebbe ϊοχεν (iii, 36), normalmente interpretato come aoristo beotico di ἔχω. Si noti che interpretare ϊcχεν come aoristo di ἔχω (in attico ἔcχεν), richiede che si postuli un’epentesi ἔcχεν> εἶcχεν, ἶcχεν nella grafia beotica recente18. La ricostruzione è da respingere, non solo perché l’aoristo εἶcχεν è stato creato ad hoc per spiegare il passo di Corinna, e non è mai attestato altrimenti, ma anche perché l’ipotesi che in beotico avesse avuto luogo un’epentesi di questo genere è infondata19.

ϊcχεν può benissimo essere l’imperfetto di ἴcχω, o essere stato inteso come tale dall’autore delle soprascrizioni, e pertanto non è stato provvisto di ε soprascritto. Nonostante Wilamowitz abbia negato la possibilità di un imperfetto in questo contesto, vorrei segnalare che esattamente la locuzione τιμὰc ἴcχεν si legge in un’iscrizione di Eritre databile tra 465 e 452 a. C. – in cui peraltro l’imperfetto è coordinato a un aoristo, in modo simile al testo del papiro20. L’attestazione della locuzione in età arcaica può comprovare che il testo originale del poema contenesse l’imperfetto di ἴcχω e non l’aoristo di ἔχω, e che sia stato correttamente interpretato da chi non ha voluto soprascrivere un ε.

6. Nell’insieme delle annotazioni normalizzanti si distinguono alcuni casi per il trattamento speciale del dialetto beotico. In BKT V.2 XIV si leggono :

– τῐωο (iii, 19), annotato a margine da τεουc ;

– εγεννᾱ́οονθ̣ειμ[…]ων (iii, 23) e marg. εκγε̣ν̣ν̣αcονται ;

– πημονα̣ν (ii, 32, marg.) ;

– e forse ανακτα̣cαμ(ενο)c (iii, 39, marg.).

In questi casi i termini beotici non sono normalizzati tanto da essere glossati con i loro equivalenti in koiné. La normalizzazione si limita solo a sostituire alcuni elementi dell’ ortografia beotica. Le forme normalizzate che ne risultano sono tutt’altro che « normali » : non esistono affatto in koiné, e tantomeno in attico – in nessuno dei dialetti greci a noi noti potrebbero coesistere. Dunque non si tratta di trasposizioni o interpretazioni in attico o koiné21 : si tratta invece di un procedimento raffinato che presuppone la conoscenza della teoria grammaticale alessandrina coeva.

Osserviamo in dettaglio come opera la normalizzazione nei casi appena elencati. In τῐωc (iii, 19) è ripristinato ε per ι prevocalico, e si sostituisce alla desinenza di accusativo plurale -ωc quella corrente in koiné -oυc. Si noti che in questo caso la normalizzazione non si limita a convertire la grafia beotica in grafia di koiné, ma traspone in koiné l’intera desinenza, evidentemente riconosciuta dallo scoliasta. Il risultato τεoύc però non è una forma esistente in koiné, che usa coύc come accusativo plurale maschile dell’aggettivo possessivo di seconda persona singolare. In Omero è attestato il possessivo τεóc (ma non l’acc. plur. masch. τεούc).

εcγννᾱ́coνθ̣[(iii, 23) è glossato con εκγε̣ν̣ν̣αcoνται, cioè sostituendo al preverbio e alla desinenza beotici ἐ(c)- e -νθ(η) i loro equivalenti in koiné ἐκ-(/ἐξ-) e -νται22. Il tema del verbo pero resta γενναc- e non è rimpiazzato dal suo corrispettivo di koiné γεννηc-

Il marginale πημονα̣ν (ii, 32), a prescindere dalla plausibilità dell’integrazione nel testo poetico πε̣̣[ιμοναν, non glossa il beotico con il suo corrispettivo di koiné πημoνήν (o, poco probabilmente πημoνῶv), ma sostituisce solo la vocale del tema, tralasciando di occuparsi della desinenza.

Il marginale di iii, 39 è stato letto ανακτηcαμ(ενo)c da Wilamowitz, Crönert e Page, gli editori che lo menzionano23. Allo stato presente del papiro però si nota una lacuna tra τ e c, abbastanza larga da essere compatibile con a piuttosto che con η (comunque non incompatibile con η, cf. la prima lettera della seconda linea del marginale di col. iii, 45). Tracce di una giuntura orizzontale compatibili con a sono visibili prima di c.

Anche i marginalia ται (iii, 22) e τωιδ’oυτϟ) (ii, 43), da leggere τωιδ’oυτ(αι), vanno intesi come adattamenti solo parziali alla koiné24. Il relativo τή e il dimostrativo oὕτη sono normalizzati solo riguardo alla corrispondenza αι ~ η. L’annotatore non fornisce gli equivalenti in koiné αἵ e αὕται.

Qual è il motivo di queste normalizzazioni solo parziali, che non arrivano a restituire forme di koiné ? Si può escludere da principio che le apparenti normalizzazioni siano in realtà la restituzione di grafie beotiche anteriori ai mutamenti fonetici presupposti nell’ ortografia di questi poemi. Se cosi fosse, non si vedrebbe perché lo scoliasta che si preoccupa di fornire al lettore le grafie più antiche elimini da esse tratti dialettali comunque propri anche del beotico più antico, come ad esempio la preposizione / preverbio ἐc(c) di moto da luogo, rimpiazzata da ἐκ in εκγε̣ν̣ν̣αcoνται (iii, marg. 23).

7. Piuttosto, mi sembra che i criteri adottati dagli scoliasti ai testi beotici si accordino con la dottrina grammaticale delle τρoπαί ricorrente nella tradizione grammaticale alessandrina e successiva. τρoπή è uno dei vari tecnicismi che indicano i πάθη, le trasformazioni, vere o più spesso presunte, seguendo le quali i grammatici antichi ponevano in relazione diverse forme oggetto del loro studio25.

Tracce di questa dottrina applicata al beotico si possono reperire nei frammenti di Eraclide Milesio, attivo ad Alessandria tra I e II secolo d. C.26 Per quel che si puo ricavare dalle citazioni di Eustazio, Eraclide già impiegava le stesse nozioni di dialettologia comuni alla tradizione successiva27. Nei frammenti di Eraclide, come in quelli di grammatici posteriori, di norma non sono citati testi letterari per spiegare fatti beotici. L’eccezione è una sola, e in quell’unico caso viene citata Corinna28.

Anche Apollonio Discolo prosegue nel solco della teoria dei πάθη. Il grammatico cita in un solo caso il beotico assieme ai πάθη suoi propri :

Ap. Dysc. Pron. 106a, GG II. 1 82,16-18 : Αἰολεῖc cὺν τῷ ϝˑ φαίνεται ϝoι κῆνοc Cαπφώ (fr. 165 Voigt). Βοιωτοὶ cυνήθωc εἰc τὸ ϝῦ μεταλαμβάνουcι.

Simile se non identica dottrina doveva essere esibita da Erodiano nel περὶ παθῶν, in cui τροπή era uno dei vari termini che etichettano il mutamento di una porzione di parola, rimanendo inalterato il contesto. Il trattato di Erodiano doveva contenere riferimenti puntuali al beotico, come si evince da una citazione di Eustazio, in cui Erodiano ed Eraclide compaiono insieme a giustificare una μεταβολή beotica :

Eust., Il. 575,19-27 Van der Valk (1971) (≅ Her. Mil. fr. 11 Cohn, Hdn. περὶ παθῶν 558, GG III.2 352,10-14) : Ἡρακλείδηc δέ, φαcίν, ἄνευ τοῦ ι γράφει τοὺc ἀπὸ τοῦ Μαίονοc κληθένταc Μήοναc λέγων Βοιωτίαν εἶναι τὴν τοιαύτην μεταβολήν, ὡc τῶν Βοιωτῶν τὴν ὅλην αι δίφθογγον εἰc η κατὰ μόναc μεταβαλλόντων, ὥc που καὶ Χοιροβοcκὸc παραcημειοῶται, ἐν οἷc ἐξηγεῖται τòν Ἡρωδιανόν, λέγων καί, ὅτι τὰc θηλυκὰc πληθυντικὰc εὐθείαc τῶν παθητικῶν ἐνεcτώτων, τὸ ποιούμεναι καὶ λεγόμεναι καὶ τὰ τοιαῦτα, ποιουμένη, λεγόμενη, ἐκεῖνοί φαcι […].

L’influenza di Erodiano ha lasciato tracce profonde nella tradizione grammaticale più tarda, il cui il debito con il perduto περὶ παθῶν erodianeo è evidente. Si leggano a titolo d’esempio i seguenti passi di Cherobosco e Teognosto :

Choerob. GG IV.1 169,26-32 (Hdn. περὶ παθῶν *587, GG III.2 362,2-7) : οἱ Βοιωτοὶ τότε τρέπουcι τὸ η εἰc τήν ει δίφθογγον, ἡνίκα μὴ τρέπεται τὸ η εἰc α παρὰ τοῖc Δωριεῦcιν, οἷον τὸ λέβηc καὶ πένηc οἱ Βοιωτοὶ διὰ τῆc ει διφθόγγου γράφουcι λέβειc καὶ πένειc λέγοντεc, ἐπειδὴ ἐπὶ τούτων οὐ τρέπουcι τὸ η εἰc α οἱ Δωριεῖc, τὸ δὲ Ἀτρείδηc καὶ Ὀρέcτηc ἐπειδὴ τρέπουcιν οἱ Δωριεῖc τὸ η εἰc α καὶ λέγουcιν Ἀτρείδαc καὶ Ὀρέcταc, οὐ τρέπουcιν οἱ Βοιωτοὶ εἰc τήν ει δίφθογγον τὸ η […].

Theognostus, Canones, 225 (An. Ox. II 41,27-9 ≅ Hdn. περὶ παθῶν 586c, GG III.2 361,30-33) : οἱ Βοιωτοὶ πολλὴν ἴcαcι τὴν ειρ κατάληξιν, καθὸ παρ’ αὐτοῖc εἴωθε τὸ η εἰc τὴν ει δίφθογγον τρέπεcθαι.

Sembra perfettamente naturale che l’esegesi di papiri contemporanei o cosi poco posteriori all’attività di Apollonio ed Erodiano sia conforme proprio a questa dottrina. Il passo di Cherobosco appena citato inoltre è la spiegazione esatta della mancata normalizzazione in γεννηc- del tema γενναc- nel marginale a BKT V.2 XIV iii, marg. 23. Il mantenimento del tema d’aoristo γενναc- ha senso solo se mira a evitare l’equivalenza tra η della koiné ed ει del beotico29. Un uso analogo di forme non standard per enunciare un paradigma si trova anche altrove negli stessi autori. Si veda per esempio :

Choerob. GG IV.1 207,27-33 : δεῖ προεθεῖναι ἐν τῷ κανόνι τοῦ τεχνικοῦ ’κοινολεκτούμενα’, ἵνα εὑρεθῇ ὁ κανὼν οὕτωcˑ’τὰ εἰc ειc ὑπὲρ μίαν cυλλαβὴν κοινολεκτούμενα διὰ τοῦ ντ κλίνονται’ τοῦτο δὲ εἴρηται, ἐπειδὴ οἱ Βοιωτοὶ τὰ εἰc ηc λήγοντα διὰ τοῦ η περιττοcυλλάβωc κλινόμενα, εἴτε βαρύτονα ὦcιν εἴτε ὀξύτονα, μεταποιοῦcιν εἰc τὴν ει δίφθογγον καὶ φυλάττουcι τὴν αἀτὴν κλίcιν οἷον λέβηc λέβητοc λέβειc, πένηc πένετοc πένειc, ἀφανήc ἀφανέοc ἀφανεῖc, εὐγενήc εὐγενέοc εὐγενεῖc.

Qui i genitivi ἀφανέοc, εὐγενέοc sono senza dubbio lectiones difficiliores che rispondono allo stesso principio di normalizzazione parziale che si osserva nei papiri di poesia beotica30.

8. Si possono dunque ricavare alcune conclusioni sull’approccio esegetico testimoniato dalle annotazioni ai papiri con versi beotici. Le glosse normalizzate non appartengono ad alcun dialetto reale, né sono state concepite con l’intento di « tradurre » in altro dialetto o in koiné il testo beotico. La « lingua artificiale » cui appartengono apparentemente ha il solo scopo di restituire forme sovradialettali, da cui sia possibile derivare e spiegare le forme dialettali (beotiche).

L’« alpha Doricum » è mantenuto nei marginalia di BKT V.2 XIV εκγε̣ν̣ν̣αcονται (iii, 23), πημονα̣ν (ii, 32), e – se la mia lettura è corretta – ανακτα̣cα(μεν)οc (iii, 39), proprio perché rientrava tra quei criteri che permettevano di spiegare le corrispondenze tra koiné e beotico secondo un sistema di τροπαί. Le corrispondenze tra vocalismo beotico e vocalismo di koiné erano parte integrante della teoria dei πάθη all’epoca di Erodiano, e verosimilmente erano sfruttate alla stessa maniera da Apollonio Discolo e da grammatici della prima epoca imperiale come Eraclide Milesio.

Non mi pare un caso che sia proprio Apollonio il grammatico che cita più abbondantemente Corinna : egli è la fonte maggiore per la tradizione indiretta della poetessa (12 su 34 delle citazioni in PMG). Si noti che uno dei marginalia di BKT V.2 XIV, τεουc (iii, 19), glossa proprio uno dei pronomi esaminati da Apollonio e di cui il grammatico conosceva l’equivalente beotico. Scrive infatti Apollonio a proposito di τεόc (un passo incluso da Page in PMG 695 (a)) :

Ap. Dysc. Pron. 135a, GG II.1 106,10-11 : [τεόcˑ] ἐπὶ ταύτηc τῆc λέξεωc Βοιωτοὶ μεταβάλλουcι τὸ ε εἰc ι, καθότι καὶ τὸ θεόc θιόc.

È solo una coincidenza che una delle annotazioni di BKT V.2 XIV (iii, 19), rinvenuto a Ermupoli, si riferisca proprio a una delle forme pronominali commentate ad Alessandria ? Anche se cosi fosse, non sarebbe un caso isolato. È infatti analogo a quel che avviene in Erodiano (περὶ καθολικῆc προcῳδίαc, GG III.1 401, 15-17), che cita come equivalente di παῖc la forma dialettale πῆc – forma che puὸ essere attribuita solo al beotico per l’equivalenza αι ~ η31. La forma citata da Erodiano è solo letteraria : il beotico epigrafico non aveva mai contratto le vocali venute a contatto dopo la caduta di [w] intervocalico (graficamente ϝ) e perciὸ quel che si legge di norma nelle iscrizioni beotiche è ПAIC, non ПHC32.

Sono convinto che le analogie tra l’analisi grammaticale dei testi beotici di Ermupoli e Ossirinco e la dottrina dei grammatici alessandrini non siano casuali, ma invece siano il prodotto di una conoscenza condivisa, su cui tutte le nozioni circa il dialetto beotico dovevano essere basate.

9. Dal risultato di quest’esame, e cioè che l’analisi sui papiri riflette le nozioni grammaticali alessandrine circa il dialetto beotico, e dal dato oggettivo che i grammatici alessandrini non potevano citare altro autore di testi beotici che Corinna, si possono trarre le conclusion ! che seguono :

– i lettori egiziani di poesia beotica e di Corinna sono eruditi e non scolari : la conclusione è confermata anche dalla mise en page e dalla grafia dei papiri. In questo senso vanno interpretate anche la lista di titoli di P. Oxy. XXIII 2372 fr. 36 e le correzioni in P. Oxy. XXIII 237333 ;

– non c’è differenza sostanziale tra l’esegesi agli adespota Boeotica e l’esegesi ai papiri di sicura attribuzione, e quindi la possibilità che i testi adespoti siano di altri autori che Corinna, pur non potendo essere esclusa categoricamente, appare sempre meno probabile.

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Taillardat, J. / Roesch, P. (1966), « L’inventaire sacré de Thespies. L’alphabet attique en Béotie », RPh 40, 70-87.

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Wackernagel, J. (1876), De pathologiae veterum initiis (Basel).

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West, M.L. (1996), « The Berlin Corinna », ZPE 113, 22-23.

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1 Ringrazio A.C. Cassio, E. Dettori, J.V. Méndez Dosuna e L. Prauscello per aver letto una versione preliminare di questo testo e per i loro preziosi suggerimenti. Un ringraziamento particolare a G.B. D’Alessio e L. Prauscello, che mi hanno messo a parte di vari punti della loro lettura di BKT V, 2 XIV, e a D. Colomo e F. Reiter per il largo accesso che mi hanno dato ai papiri delle collezioni di Oxford e Berlino.

2 Le citazioni da BKT V.2 XIV seguite da un numero di colonna sono da riferirsi tutte a BKT V.2 XIV fr. 1. Salvo dove diversamente indicato, cito il testo dall’edizione di Page (1953) aggiornata secondo West (1996).

3 Cf. West (1970) 279.

4 Diversamente Gentili / Lomiento (2001) 16-17.

5 Cf. Taillardat / Roesch (1966) ; anche Vottéro (2001) 18.

6 La corrispondenza att. ει = beot. ι è sistematica solo quando ει segna il dittongo originario. Nell’ortografia recente del beotico epigrafico ει segna perciò l’esito di contrazioni e di allungamenti di compenso, originariamente aperto ; cf. Buck (1955) 29 e Blümel (1982) 38-41. A proposito di υ per οι, cf. Blümel (1982) 63-67.

7 A volte il segno di breve sembra occorrere persino dove sarebbe attesa la lunga, come in BKT V.2 XIV, col. i, 34 ; cf. West (1996) 22.

8 Non leggo ζα soprascritto a δα come invece West (1996).

9 Col. ii, 1]υ̣εῖ Page (1953) ; ε soprascritto molto più in basso del solito, non supera ι in altezza. Preferibile [ε̣]ῖ West (1996),]ε̣ῖ G.B. D’Alessio e L. Prauscello. Col. ii, 15 :]μέλει Page (1953),]μελειι West (1996). Dubitano di ι in soprascrizione dopo ε G.B. D’Alessio e L. Prauscello.

10 Col. i, 22…] φαειίνᾱc, 23 πλειιοναc West, 22 c̣οφ̣αειιν̇α̇c· Page.

11 Di due mani diverse i due ε soprascritti per G.B. D’Alessio e L. Prauscello ; cf. anche Nachmanson (1910) 140-141 e Angeli Bernardini (1984).

12 Accusativo plurale ; cf. Blümel (1982) 271.

13 Così (τρῑ́c) la lettura provvisoria di G.B. D’Alessio e L. Prauscello. Si noti che tale lettura implica l’accentazione ossitona da secondo allungamento di compenso, secondo l’etimologia τρῑ́c *trins ; cf. Buck (1955) 95.

14 Col. i, 5 ορειων ; 13 δαθει ̣[…]αc ; iii, 9]θεων·.

15 Cf. Lobel (1930) 357, n. 1.

16 Anche ζα visto da West (1996) in soprascrizione a i, 13 è illegibile.

17 Ma non è esattamente una resa in attico, come ritiene Page (1953) 59.

18 Cf. Page (1953) 56-57.

19 Cf. Blümel (1982) 75-76.

20 Van Effenterre / Ruzé (1994) n° 106, B 28-30 ; Wilamowitz (1907) 33.

21 Così Page (1953) 9 e 59 ; vago Wilamowitz (1907) 19 : « Umsetzungen von Böotismen ».

22 Cf. Crönert (1908) e Page (1953) 57 suppongono ἐcγεννάcoνθ(ι), mal interpretato dal glossatore.

23 Peraltro la glossa è un’interpretazione erronea del beotico ἀππαcάμενoc, che deve corrispondere a piuttosto ad ἀποκτηcάμενoc, come ha dimostrato Méndez Dosuna (2007) 309-312.

24 Sull’abbreviazione a ii, 43 marg., cf. McNamee (1981) 115 e 117.

25 A. Lentz elenca termini tecnici sinonimi di τpoπή in GG III. 1 xcv. Alla lista si puo aggiungere μεταποιῶ, come in Choerob. GG IV.1 207,31.

26 RE VIII, 491-493. Sulla dipendenza di Erodiano da Eraclide Milesio, cf. p. es. Cohn (1884) fr. 20.

27 Cf. Cohn (1884) 631. Nella formulazione delle citazioni di Eraclide, μεταßoλή e sinonimi sono impiegati in relazione al beotico nei frammenti 11, 24, 31, 39 e 57 Cohn (1884).

28 687 PMG = fr. 26 Cohn (1884).

29 Cf. anche Wackernagel (1876) 6.

30 Codd. VP, ἀφανοῦc εὐγενοῦc NC.

31An. Ox. I 346 (con πῆϊc per πῆc).

32 Cf. Page (1953) 49.

33 Cf. Colomo (2008) 23-24.