Il tempio di Deir el-Medina : I culti e il contesto documentario
Il tempio tolemaico di Deir el-Medina venne ricostruito da Tolomeo IV dove sorgeva l’edificio ramesside dedicato ad Hathor signora dell’occidente di Tebe2. Costruito in arenaria, è situato ai piedi della montagna tebana, al fondo del passaggio dello uadi in cui si sviluppὸ il villaggio del Nuovo Regno. L’edificio, di forma rettangolare, con asse principale estovest, è diviso in tre parti : una sala ipostila, uno stretto pronao con una scala sul lato sinistro ed un naos suddiviso in tre cappelle. La decorazione che non riveste l’intero edificio è stata iniziata da Tolomeo IV e proseguita da Tolomeo VI e Tolomeo VIII per la parte interna. Poi Cleopatra III e Tolomeo IX decorarono il muro esterno meridionale con scene di tematica mammisiaca e Tolomeo XII costruὶ una nuova piattaforma che fungeva da base repositoria e una porta monumentale, che decorὸ insieme alla porta di ingresso del tempio3. Infine, un imperatore romano, chiamato genericamente Caesar autokrator, decorὸ una nicchia sulla parete esterna di fondo.
I culti e le cerimonie
Il tempio era dedicato ad Hathor « Signora dell’occidente di Djeme » e ad Amon, ed era connesso al piccolo tempio di Amon di Medinet Habu e ai suoi i riti per gli dei primordiali4. L’esame delle divinità e dei loro epiteti permette di individuare la presenza nel tempio di due sistemi teologici : quello eliopolitano, con Hathor, Maat, Temet e Osiri, e quello tebano, con Amon, Mut, Khonsu e Montu.
Il programma decorativo, che esplica la teologia del tempio, è riassunto nel pronao, che puὸ essere diviso in due parti : quella meridionale, dedicata ad Hathor e alla teologia eliopolitana, e quella settentrionale, dove si ha l’introduzione di Amon e quindi della teologia tebana. In questa parte Amon compare in tutte le sue ipostasi, ma è soprattutto considerato come dio primordiale dell’Ogdoade, Amon di Djeser-set, o è visto come Amenemope, il suo erede che visita il tempio di Djeser-set a Djeme ogni decade5. Questo è un aspetto fondamentale per il tempio e il suo sistema teologico, ma soprattutto per la sua posizione nel contesto religioso della riva occidentale.
Vi è anche l’identificazione di Amon con Osiri, che nelle iscrizioni è sempre collegato a Djeme al punto da essere chiamato « pilastro augusto che risiede nel tumulo di Djeme »6. L’assimilazione fra Amon e Osiri puὸ essere spiegata con il fatto che entrambi erano al centro di una serie di riti che dovevano provocare al loro termine un ritorno dell’energia e della fertilità. Connesse ai due sistemi teologici sono le figure di Imhotep e Amenhotep, scolpite sulle colonne del pronao. Imhotep è raffigurato sulla colonna meridionale e, come nel santuario di Ptah a Karnak, funge da intermediario tra i fedeli e Ptah, quindi qui abbiamo la teologia eliopolitana ; invece Amenhotep, raffigurato sulla colonna settentrionale, fa riferimento ad Amon. Questi due « santi » avevano una cappella a Deir el-Bahari e una a Qasr el-Aguz, oltre ad un tempio non lontano da Deir el-Medina. L’importanza del tempio di Deir el-Medina nel loro culto risiede nel fatto che qui, per la prima volta, si ha la loro associazione, in una sorta di parallelismo o fusione tra le due teologie7.
Nella cappella meridionale il dio principale è Osiri, chiamato « colui che presiede al-l’occidente » (ḫnty-imnt.t), ma anche « primo dio di Djeme », epiteto caratteristico di Amon : l’assimilazione tra le due divinità è evidente. Osiri è anche il principio della regalità terrestre, dal momento che è detto « capo sulla terra » ; dopo il giudizio diventa m3‘-ḫrw, cioè si è riappropriato delle proprie prerogative divine e della capacità di agire, e alla fine esce dalla cappella come Osiri Unennefer, ovvero si è rimpossessato delle proprie facoltà regali.
Nella cappella settentrionale, questo principio divino è in grado di generare un erede in modo da perpetuare il potere divino e regale. C’è una fusione tra la teologia eliopolitana e quella tebana, e la funzione regale viene assunta dall’erede di Amon Djeser-set : Amon-Ra. Attraverso gli epiteti si puὸ notare il parallelismo tra le divinità : Osiri-Unennefer e Amon Djeser-set ; Nut e Ahet con una funzione materna, Harendotes e Amon-Ra come loro eredi. Quindi abbiamo la trasmissione della regalità divina, e Amon-Ra che dà il soffio di vita alle narici di Osiri è assimilato ad Horo, l’erede. Nel naos centrale, il sovrano riceve la regalità : vi è quindi il passaggio dalla regalità divina a quella terrestre, con la consacrazione del re come sovrano delle due terre sotto la protezione di Hathor-Maat.
L’analisi del programma iconografico e della teologia che vi è sottesa porta a ritrovare due linee di sviluppo teologico, che spiegano la natura e la funzione del tempio. Da una parte vi è il ruolo essenziale di Maat-Hathor-Temet, racchiuso in Hathor, signora dell’occidente di Tebe : il tempio ha quindi una funzione divina, perché è il luogo dell’incontro del potere creatore di Amon / Atum con il fattore determinante della stabilità dell’ordine dell’universo, Hathor-Temet-Maat.
Dall’altra parte vi è il ruolo fondamentale di Amon, principio della regalità, e l’equivalenza fra Amon e Osiri-Unennefer, che sono entrambi re degli dei. Entrambi condividono la trasmissione della funzione regale verso l’erede terrestre, il faraone. Il tempio ha quindi una funzione regale : è il luogo del rinnovamento del potere regale terrestre.
Lo stato attuale dello studio, vista l’assenza di riferimenti puntuali ad una liturgia quotidiana e la presenza di alcuni dati archeologici, come la terrazza che serviva da base repositoria per la barca divina portata in processione e un altare per olocausti, porta a pensare che l’edificio fosse riservato a liturgie solenni8.
Ritengo che, dai riferimenti presenti nella decorazione e nei testi, si possano individuare due tipi di liturgie. Il primo tipo è connesso con il ciclo divino all’inizio dell’anno e con l’unione con il disco solare. Solitamente i templi avevano due scale che conducevano al tetto e servivano per portarvi le effigi divine in modo che potessero essere esposte ai raggi del sole levante e ricevere un nuovo influsso di vita e di energia. Anche a Deir el-Medina vi è una scala, orientata al levar del sole ; abbiamo un riferimento ben preciso a queste cerimonie nel naos meridionale, dove un testo parla di sollevamento delle perfezioni (wṯs nfrw), chiara allusione al rito dell’unione con il disco solare (ẖnm itn)9.
Nello stesso spirito si svolgevano le cerimonie del piccolo sole, cioè le liturgie di Sokar nel mese di Choiak10. Vi è un primo riferimento a queste cerimonie nel pronao, dove è raffigurato Osiri, seguito da Sokar, e si dice che entrambi risiedono a Djeme11. Questa scena è un’allusione alla festa di Sokar il giorno del mattino divino ed è una sorta di riassunto dei riti osiriaci che si svolgevano a Djeme. Un altro riferimento a queste cerimonie è la rappresentazione della processione di Sokar sulla parete est del naos meridionale. Le cerimonie di Sokar-Osiri hanno perὸ anche una valenza che si fonda sul culto del sovrano regnante, che rinasce come il sole, valenza fondamentale negli altri atti cultuali che si svolgevano in questo tempio all’interno della cappella nord e di quella centrale, quelli connessi alla sua natura di luogo di rinnovamento del potere regale.
Oltre a queste cerimonie, i dati archeologici (l’altare per olocausti e la piattaforma che serviva da base repositoria) e le evidenze epigrafiche, epiteti divini che fanno riferimento ad Amon Djeser-set ed un testo in cui si fa menzione della festa della valle, mostrano che il tempio si inserisce nel contesto delle liturgie che si svolgevano sulla riva ovest, e in particolare della processione conosciuta come διάβαcιc τοῦ μεγίcτου θεοῦ Ἄμμωνοc εἰc τὰ Μεμνόνεια, la visita di Amon alla riva occidentale e soprattutto al tempio di Djeser-set12. È probabile che questa processione sia uno sviluppo tardo della bella festa della valle che ingloberebbe i riti per gli dei primordiali di Djeme : in effetti nel Nuovo Regno l’importanza di questa festa crebbe, ma quando la capitale fu spostata e il faraone non venne più seppellito a Tebe, Djeme, la sepoltura di Kematef e degli dei primordiali, divenne il luogo sacro della necropoli. I riti decadari per Kematef e l’Ogdoade, noti sin dall’epoca di Ramesse II, presero il posto delle altre feste, divenendo sempre più importanti e la processione sembra inglobare l’antica bella festa della valle con i riti di Djeme13. Come testimonia il papiro funerario ieratico B.M.10209 del IV sec. a. C., all’inizio dell’epoca tolemaica la bella festa della valle veniva ancora celebrata14. Il testo non spiega la processione, ma, sulla base di esso, possiamo ritenere che vi fosse un’assimilazione tra la bella festa della valle e i riti di Djeme15. Bataille, sulla base dei documenti greci, riteneva che la festa si celebrasse ancora in epoca tolemaica, quando era chiamata διάβαcιc τοῦ μεγίcτου θεοῦ Ἄμμωνοc εἰc τὰ Μεμνόνεια.
Un’altra prova della persistenza di questa festa in epoca tolemaica è l’iscrizione del tempio di Deir el-Medina menzionata prima, che dimostra anche l’assimilazione fra i riti di Djeme e la festa della valle16. Il tragitto di questa processione non è sicuro, anche se conosciamo la partenza dal tempio di Luxor, l’arrivo a Medinet Habu e poi, terminato il rito, un ritorno a Luxor dopo una sosta a Karnak. È perὸ probabile che toccasse i principali luoghi di culto attivi sulla riva occidentale ; per la vicinanza a Medinet Habu, la teologia di Djeme nella decorazione e la presenza di una base repositoria, Deir el-Medina doveva essere una delle stazioni della processione. È quindi verosimile che il percorso potesse costituire una sorta di circuito : Luxor, Medinet Habu, Deir el-Medina, forse una sosta a Deir el-Bahari e poi Karnak, dove si trova anche il tempio di Opet, sede della rinascita di Osiri cui il tempio di Deir el-Medina « fait pendant », come afferma Gutbub17.
L’archivio e il culto di Amon a Deir el-Medina e Medinet Habu
La ricerca sta proseguendo con l’analisi dei documenti presenti nell’archivio di una famiglia di sacerdoti connessi con il tempio : è l’archivio di Totoes, ritrovato da Schiaparelli nel 1905 e conservato al museo egizio di Torino, che consta di 57 papiri, di cui 44 demotici e 12 greci18. Pur essendo un archivio privato e quindi vertente in gran parte sugli affari personali di questi sacerdoti e della loro famiglia, da esso si possono ricavare informazioni sul tempio, sulla sua gestione e sui suoi rapporti con altri edifici e luoghi della riva ovest19. Per raggiungere questo scopo, occorre concentrarsi sulle titolature delle persone, sui luoghi di culto e sulle divinità menzionati ; in questa parte della presentazione si intende fornire un riassunto dei principali risultati sinora ottenuti e di alcuni problemi tuttora aperti.
Le persone menzionate nei contratti sono quasi tutte, salvo alcune eccezioni, pastophoroi di Amon di Djeme, e sicuramente portano questo titolo tutti i familiari (maschi) di Totoes20. Nei documenti demotici sovente a questo titolo ne segue un altro, solitamente quello di profeta di Hathor, o addirittura altri due, cosa piuttosto rara nei documenti tebani coevi, mentre nei documenti greci le stesse persone vengono definite solamente pastophoroi dei Memnonia21. L’aspetto che stupisce maggiormente è la posizione sempre preminente che il titolo di pastophoros di Amon ha nei papiri demotici rispetto a quello di profeta, che pure è di grado superiore. Quest’ultimo sembra essere utilizzato in molti casi solo per certificare legalmente il diritto di godere di giorni di liturgie o altre rendite che si stanno per cedere, e viene talvolta sostituito da formule in cui si dice « come profeta, sacerdote, pastophoros, portinaio, astronomo di ogni carica iзw.t e incarico sḥn »22. La predominanza di questo titolo, sempre legato ad Amon Djeser-set, e il suo uso esclusivo nei testi greci, trovano un riscontro puntuale nell’importanza che la figura di Amon, legata ai riti decadari di Djeme, ha nel tempio : come già detto, sebbene il tempio sia dedicato ad Hathor-Maat, il dio viene raffigurato sulle sue pareti quasi quanto la dea (25 volte contro 27) e tende ad assimilare a sé le altre divinità maschili principali23.
Il tempio di Deir el-Medina sembra quindi essere non solo semplicemente connesso a quello di Amon Djeser-set a Medinet Habu, ma in qualche modo dipendente da esso. Supponendo infatti una dipendenza del tempio di Deir el-Medina da quello di Amon Djeserset, si puὸ spiegare la posizione predominante del titolo di pastophoros di Amon di Djeme, perché i sacerdoti menzionati nell’archivio erano in primis pastophoroi di Amon Djeser-set e avevano secondariamente l’incarico di gestire il tempio di Hathor. In questa direzione va anche l’indicazione che ci fornisce P. Tor. Botti 34 B, in cui è contenuto il giuramento degli anziani del tempio di Hathor : essi, in una questione relativa agli affari del tempio, non giurano sulla dea cui questo è intitolato, ma su Amon dell’Ogdoade (P. Tor. Botti 34 B, 8 : Imn-nᴈy.w-ḫmnw-iw). In occasione di un altro giuramento degli anziani, P. Tor. Botti 40, 7, si dice che viene fatto nel cortile di Djeme, cioè del tempio di Amon-Djeser-set, per cui vi è anche la possibilità di identificare il luogo del giuramento.
La dea Hathor e il nome del tempio
La seconda divinità su cui ricaviamo informazioni è Hathor, o meglio Hathor-Maat, perché uno dei documenti più antichi, P. Tor. Botti 1, riporta il nome esatto del tempio « rpy di Hathor sovrana dell’occidente e Maat sovrana dell’occidente che si trova sulla collina di Djeme »24. La dedica del tempio ad Hathor-Maat è evidente dalle iscrizioni e raffigurazioni sulle sue pareti, dove perὸ l’edificio viene genericamente chiamato monumento (mnw)25. È singolare notare come, nei testi dell’archivio successivi al 137 a. C., l’epiteto della dea si trasformi da signora dell’occidente (sottinteso di Tebe) divenendo signora dell’occidente di Djeme e che questa natura « totalizzante » della teologia di Djeme, che coinvolge tutte le altre divinità, venga trasposta anche nelle iscrizioni templari dove, a partire dall’epoca di Tolomeo XII, la dea ha lo stesso epiteto o è collegata a Djeme26.
Al nome del tempio, perὸ, è legato anche il problema maggiore posto dai papiri dell’archivio, in quanto i documenti demotici menzionano contemporaneamente un tempio sulla montagna / collina di Djeme (nt ḥr tᴈ sb.t oppure ḏw n Ḏmᴈ) e uno nella necropoli (ḥr tᴈ ḥᴈs.t Ḏmᴈ), entrambi dedicati ad Hathor signora dell’occidente27. Negli ultimi papiri demotici (successivi al 120 a. C.), perὸ, la distinzione scompare e si parla solo genericamente di un tempio di Hathor signora dell’occidente di Djeme28. Dalla lettura della parte demotica dell’archivio sembrerebbe trattarsi, come già afferma Pestman, dello stesso edificio, indicato in due modi differenti29. I papiri greci, invece, tutti contemporanei ai testi demotici più recenti, parlano a volte di giorni liturgici di Afrodite (PSI IX 1014), a volte di tempio di Afrodite ἐν τοῖc κατὰ τοὺc τῶν Μεμνονείων τάφοιc (PSI IX 1019, 1016 e 1022), e a volte di tempio di Afrodite ἐν τῷ ἀπὸ βορρᾶ μέρει Μεμνονείων ἐπὶ τοῦ ορο (PSI IX 1020), oppure ορου (1018). Gli editori hanno letto in entrambi i casi ὅρου, ma già Wilcken proponeva la correzione ὄρου‹c›, domandandosi che cosa potesse essere questo confine30. Bataille propone di mantenere la lettura ὅρου e di vedere in questo edificio il tempio di Hathor a Deir el-Bahari, che si troverebbe al confine tra l’Hermonthite e la Peri Thebaide, o, accettando l’emendamento di Wilcken, ai fianchi della montagna31. Dopo di lui gli studiosi, eccetto Pestman, hanno accettato la sua ipotesi che vi fossero due templi di Hathor : quello di Deir el-Medina nella necropoli e quello di Deir el-Bahari sul confine o sulla montagna, senza tener conto del fatto che Bataille si è basato solo sui documenti greci – dato che quelli demotici erano ancora inediti – e nonostante, come scrive Łajtar, « non vi sia una prova diretta a favore dell’uso della cappella di Hathor a Deir el-Bahari per scopi cultuali in epoca tolemaica e romana »32.
Se volessimo definire con certezza il nome del tempio, stando ai documenti demotici, per la menzione di Hathor-Maat nel P.Tor. Botti 1, dovremmo dire che è quello sulla montagna di Djeme e non, come tutti ritengono, quello nella necropoli, a meno che i testi non ci diano due designazioni differenti dello stesso edificio, cosa abbastanza probabile dall’analisi dell’intero archivio33. La questione merita comunque ulteriori approfondimenti che tengano conto dei dati archeologici e della storia precedente della cappella di Hathor a Deir el-Bahari, con una particolare attenzione al lessico : l’edificio sarebbe stato chiamato rpy come nell’archivio o si sarebbe usato un altro termine ? Sicuramente un secondo tempio di Hathor e magari la conservazione del culto di Amon a Deir el-Bahari ben si inserirebbero nell’ipotesi di un percorso della processione di Amon sulla riva ovest, che ricalcherebbe il vecchio percorso della bella festa della valle.
Se non era parte del percorso, Deir el-Bahari era sicuramente collegato a Deir el-Medina, per il culto di Imhotep e di Amenhotep. I testi dell’archivio di Totoes ci forniscono alcune informazioni sul loro culto, come la presenza di due ml (sacelli), uno superiore ed uno inferiore, mentre i documenti precedenti parlano solo di un ml di Amenhotep, con un’estensione del culto verso la fine del II secolo a. C.34 Sembra anche che vi sia stato un ampliamento degli interessi della famiglia di sacerdoti del tempio di Deir el-Medina che non solo si occupavano di questo tempio e di altri edifici minori a Djeme, ma ricavavano rendite anche da Deir el-Bahari. Infine anche i sacerdoti di Amenhotep citati hanno come primo titolo quello di pastophoroi di Amon di Djeme, cosa che porterebbe a vedere il tempio di Amon Djeser-set come il fulcro e il punto di controllo da cui dipendono tutti i culti di Tebe ovest.
Tra le altre informazioni interessanti che ricaviamo dall’archivio, vi è il riferimento ad olocausti per il sovrano, che ben si accordano con il ritrovamento della base d’altare a corna fatto da Bruyère. La ricerca infatti ora mira, attraverso i dati di scavo, a coniugare meglio le informazioni fornite dall’archivio con la realtà del tempio e del villaggio circostante. Se dall’archivio risulta evidente che gli interessi della famiglia di Totoes, case, liturgie, terreni, erano incentrati in gran parte nella città di Djeme, per estendersi di lì a buona parte di Tebe ovest, è pur vero che la famiglia possedeva l’abitazione nei pressi del tempio di Deir el-Medina, in cui l’archivio è stato ritrovato e che i papiri testimoniano l’esistenza di un villaggio sotto il tempio di Hathor, in cui si trovavano due cassette per le offerte35. In questa località chiamata semplicemente pᴈ tmy e quindi non identificabile con Djeme, in quanto sempre citata come Ḏmᴈ, dovevano risiedere, almeno temporaneamente, i sacerdoti del tempio e gli operai che lavoravano alla sua decorazione, attività che è proseguita ben oltre la durata temporale dell’archivio. I dati archeologici uniti alle informazioni che possiamo ricavare dall’archivio possono quindi permetterci di capire meglio le liturgie, le funzioni dei sacerdoti e le relazioni fra il clero del tempio di Hathor e quello di altri templi della riva ovest, migliorando la nostra conoscenza dei Memnonia in epoca tolemaica.
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1 Si vuole presentare una ricerca tuttora in corso nell’ambito di un progetto dell’Università di Torino riguardante il sito di Deir el-Medina. La prima fase di questo lavoro ha indagato l’analisi dei culti e delle cerimonie che si dovevano svolgere nel tempio tolemaico attraverso l’esame delle scene raffigurate, delle legende e dei dati architettonici. Ringrazio i professori Jean-Claude Goyon, Brian Muhs e Alessandro Roccati per il loro cortese e prezioso aiuto.
2 Possiamo supporre che vi sia stato un restauro sotto Tolomeo II, perché Bruyère ha ritrovato un frammento dipinto in cui il sovrano sta facendo un offerta ; cf. Bruyère (1952) 25, fig. 94.
3 Cf. Arnold (1999) 185 ; 288 che la inserisce nell’elenco dei mammisi, mentre Daumas (1958) 43-44 pur citandola, esclude la struttura in questione dalla sua analisi, per la presenza di una sola parete decorata e l’assenza di qualsiasi riferimento alla nascita del bambino divino nelle iscrizioni. Sulle scene, cf. anche Daressy (1908) 71-74.
4 La figura divina che ricorre con maggior frequenza dopo Hathor è Amon.
5 Sulla complessa teologia tebana, cf. Sethe (1929) 59-60 ; Traunecker (1981) 108-120 ; (1988) 100 ; Zivie (1982) 101-109, in particolare 108 sugli epiteti di Amon ḏsr-st. Sulla figura di Amenemope, cf. Doresse (1971), (1973).
6 Cf. Du Bourguet (2002) § 99, 5. Su questa forma di Osiri, l’Osiri di Djeme, che è nota fin dalla XXVI dinastia e si ritrova anche nei templi di Qasr el-Aguz e Deir Shelwit, cf. Traunecker (1995) 194 e (1981) 130-142 ; Zivie (1982) 108.
7 Amenhotep aveva un tempio funerario a Medinet Habu che fu probabilmente abbandonato all’inizio del periodo tolemaico ; cf. Łajtar (2006) 14 e 22. Il suo culto venne spostato nel tempio di Hatshepsut a Deir el-Bahari ; all’epoca di Tolomeo VIII vennero costruiti due santuari per Amenhotep e Imhotep, uno a Deir el-Bahari e l’altro a Qasr el-Aguz ; cf. Lajtar (2006) 22 e 35. Su Imhotep e Amenhotep, cf. Wildung (1977).
8 Quest’ipotesi è formulata anche da Monserrat / Meskell (1997) 195. Manca infatti ad esempio l’immagine dell’apertura del naos. Per i dati archeologici, cf. Bruyère (1952) 51.
9 Cf. Du Bourguet (2002) § 62, scena intitolata : « Spirito vivente di Osiri Unennefer trionfante, (che ha) le sue due sorelle intorno a lui ; le <loro> braccia portano i loro ornamenti nel loro ufficio di sollevamento delle perfezioni eternamente. »
10 Su Sokar, cf. Graindorge (1994) 170-310.
11 Cf. Du Bourguet (2002) § 99, 5 : « Discorso di Osiri, pilastro augusto che risiede nel tumulo di Djeme » ; 99, 6 : « Discorso di Sokar colui che risiede nel tumulo di Djeme ».
12 Amon « dà il buon soffio alle narici di Osiri nel suo momento della festa della valle » ; cf. Du Bourguet (2002) § 81. Per la traversata di Amon in epoca tolemaica, cf. Bataille (1952) 89-91 ; Cabrol (2001) 563-564 e 741-744 ; Traunecker (1981) 134-137.
13 Cf. Traunecker (1981) 134-137 ; Cabrol (2001) 563-564 e 741-744.
14 Cf. Traunecker (1981) 124-125 ; Haikal (1970).
15 Cf. Traunecker (1981) 135-136.
16 Cf. anche Monserrat / Meskell (1997) 194 e Traunecker (1981) 136-137.
17 Cf. Gutbub (1961) 334.
18 I documenti demotici furono pubblicati da Botti nel 1967, d’ora in avanti citato P. Tor. Botti, mentre quelli greci furono pubblicati da Norsa e Vitelli in PSI IX 1014-1025. Sulle numerose correzioni alla lettura di Botti, cf. Zauzich (1971), (1972), e (1973). Sulla genealogia della famiglia di Totoes, cf. Pestman (1985) 144.
19 Monserrat / Meskell (1997) 195 sottolineano che molti documenti dell’archivio riguardano le relazioni economiche interne dei sacerdoti con il tempio.
20 Il titolo è omesso negli atti privati di Totoes e di suo cognato Pikos. Altri titoli sono : « sacerdote di Min ḥkз-Iwn e di Amon-Ra di ̱nm.t Wзst » (P. Tor. Botti 2, 1), titolo portato anche da due pastophoroi di Amon in P. Tor. Botti 6 ; « pastore sacerdote di Montu » (P. Tor. Botti 11, 6 e 22, 2) e « uomo che veste il coccodrillo del tempio di Sobek » (P. Tor. Botti 12 a, 2 e B, 2). Sulla funzione di pastophoros, cf. Schöborn (1976) e Serfass (2001) 188.
21 Sui due titoli, cf. ad es. P. Tor. Botti 1, 2. Il titolo di pastophoros dei Memnonia si ritrova in PSI IX 1018, 12 ; 1022 b, 18 ; 1024, 3 ; 1025 b, 14 e 17.
22 A proposito de iзw.t e sḥn, cf. Pestman (1977) 84-85 h.
23 Oltre a Osiri, anche Montu, che assume un’importanza maggiore nelle ultime fasi decorative del tempio, viene assimilato ad Amon, come si vede ad es. dalla scena 175 in cui porta gli epiteti dell’Amon primigenio « apparso nel grande Nun, colui che è venuto all’esistenza all’origine, dio grande, signore del cielo, della terra, della duat, delle acque e delle montagne ». Sull’inserimento di Montu nei culti di Djeme, cf. Sambin (1995).
24 Cf. P. Tor. Botti 1, 2, con correzione di Zauzich (1971) 44.
25 Ad es. Du Bourguet (2002) § 17 e 26.
26 Per i papiri, cf. ad es. P. Tor. Botti 9, 8 ; per le iscrizioni templari, Du Bourguet (2002) § 184 e 190 (in quest’ultima scena si dice che Hathor risiede a Djeme).
27 P. Tor. Botti 1, 2 ; 6, 4 ; 7, 6 ; 8, 5-6 e 9, 3 parlano di tempio sulla montagna, mentre P. Tor. Botti 2, 2 e 4, 13 di tempio nella necropoli.
28 Cf. P. Tor. Botti 25 A, 10-11 ; 31, 5 ; 33, 4.
29 Cf. Pestman (1981) 95, n.1.
30 Cf. Wilcken (1930) 76.
31 Cf. Bataille (1952) 60 e 96. Sulla geografia dei Memnonia, cf. Pestman (1993) § 16 b.
32 Cf. Łajtar (2006) 45. Tra gli studiosi che hanno accettato l’ipotesi di Bataille, vi sono Quaegebeur (1974) 51 ; Vandorpe (1995) 227-228 ; Monserrat / Meskell (1997) 182, n. 9.
33 I due testi più antichi in cui si ritrovano le due diverse denominazioni (P. Tor. Botti 1 e 2) sono all’incirca coevi e riguardano la stessa persona, Psemminis figlio di Zmanres. La denominazione del tempio alterna la definizione « sulla montagna » con quella « nella necropoli » ; talvolta è priva di ogni riferimento geografico come in P. Tor. Botti 3 fino a quando a partire da P. Tor. Botti 25 manca ogni precisazione geografica, precisazione che, come già detto, viene mantenuta nei documenti greci coevi.
34 Cf. Łajtar (2006) 28-30.
35 Cf. P. Tor. Botti 36, 14.