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A proposito del rapporto fra genitori e figli in Memorabili 2.2

Valori antichi e nuovi nel Socrate dei Memorabili

Anna SANTONI

Pisa

Una delle conversazioni attraverso le quali Senofonte ci tramanda il suo ricordo di Socrate ce lo mostra alle prese con l’insofferenza del figlio Lamprocle verso la madre. È l’unica testimonianza che possediamo1 (non ne abbiamo neanche da Platone)2, in cui Socrate ci venga rappresentato nell’impegno concreto dell’educazione dei suoi figli3.

Il filosofo si è accorto che il figlio maggiore Lamprocle4 non sopporta la madre5. Lamprocle era μειράκιον al momento del processo6, dunque perfetto per rappresentare l’insofferenza adolescenziale agli insegnamenti e ai rimproveri dei genitori. Il padre interviene su questo atteggiamento con un discorso che parte alla lontana7, dalla definizione di ingratitudine in generale, intesa come mancanza di contraccambio ai benefici ricevuti, e porta il figlio a riconoscere che l’ingratitudine appartiene alle azioni contro giustizia “allo stato puro” cioè alle peggiori azioni umane. Poi passa a un’ esposizione dei benefici che i genitori, entrambi, arrecano ai figli. Socrate parla di entrambi i genitori, con un’ interessante e incisiva distinzione dei compiti. A questo punto Lamprocle dovrà ammettere di essere ingrato se trascura la madre, ma ribatterà che la madre è insopportabile: la sua durezza la pone al di là della gratitudine. “Di che durezza si tratta?” indaga il padre. “La mamma dice cose insopportabili” risponde Lamprocle. Allora Socrate ha buon gioco nel mostrare che la madre fa tutto ciò a fin di bene, per rendere il figlio migliore e che dunque, essendo lei quella che più lo ama al mondo, Lamprocle dovrà prendersi cura di lei e amarla. Ci sarebbe altrimenti anche il rischio che il ragazzo perdesse ogni possibilità di farsi degli amici, se si sapesse che trascura i genitori, reato vero e proprio anche per la legge attica.

Questa la sostanza della conversazione e su questo episodio vorrei fare alcune osservazioni.

Si noterà prima di tutto che se i Memorabili vogliono costituire8 una difesa puntuale di Socrate dalle accuse in base alle quali fu processato, condannato e mandato a morte ingiustamente, l’episodio risulta perfettamente inserito in questa finalità in quanto mira alla confutazione di un capo d’accusa preciso, quello di corruzione dei giovani9. A questo punto dell’accusa Senofonte dedica molte pagine nei Memorabili e insiste anche nell’Apologia10: in quest’ultimo testo non solo fa dire a Socrate che l’origine dell’ostilità dell’accusatore Anito verso di lui, starebbe in alcune osservazioni critiche che Socrate avrebbe fatto a riguardo al modo in cui Anito educava il figlio, ma ci tiene anche a informare il lettore della brutta fine che in seguito ha fatto il figlio di Anito, in modo da ribadire così il fallimento educativo dell’accusatore e la giustezza delle osservazioni di Socrate. Vale la pena di ricordare che anche nell’Apologia di Platone le ultime parole di Socrate e la sua unica richiesta ai giudici riguardano l’educazione dei suoi figli11.

Rientra nella corruzione dei giovani12 l’esortarli al distacco dal principio tradizionale del rispetto e della sottomissione dovuti ai genitori13. Contenuti e modi dell’educazione e rapporto genitori-figli erano temi assai dibattuti al tempo di Socrate, soprattutto in seguito alla novità dell’insegnamento dialettico dei sofisti, come ci mostra molto efficacemente anche Aristofane nella sua opera14. E in consonanza con le accuse di cui sopra, nelle Nuvole Socrate era stato rappresentanto come uno dei sofisti che con il loro insegnamento traviavano i giovani dai valori tradizionali. Il giovane Fidippide15, grazie alle lezioni dialettiche di Socrate, ha imparato a motivare il suo diritto di bastonare il padre16.

La conversazione con Lamprocle nei Memorabili è rivolta invece a mostrare che Socrate si comportava in modo esattamente contrario. Qui non solo il filosofo non incoraggia alla ribellione dai genitori, ma quando ne spia segnali, interviene a fermarla, e questo perfino quando si tratta di un genitore poco sopportabile: la durezza17 della madre infatti, di cui Lamprocle si lamenta, non è messa in discussione, ma considerata irrilevante, rispetto ai suoi meriti di genitore.

Nel mostrare a Lamprocle i benefici dei genitori verso di lui e in particolare della madre e nel chiedergli di accettare di buon grado anche le sue asprezze, Socrate si serve di un valore assolutamente tradizionale, per niente “destabilizzante”, quello della gratitudine18. A questo stesso principio ricorre anche Aristofane nelle Nuvole, più volte e allo stesso scopo del Socrate di Senofonte, cioè di ristabilire la subordinazione del figlio al genitore, subordinazione che il suo Socrate aveva rovesciato. Così Strepsiade per difendersi dalle bastonate del figlio, che ha imparato alla scuola di Socrate che è giusto picchiare il padre, gli ricorda le cure che ha avuto verso di lui da piccolo19. E ancora prima, il Discorso giusto, nel presentare i suoi meriti rispetto al Discorso Ingiusto, aveva ammonito Fidippide: “Non contraddire mai tuo padre e non chiamarlo Giàpeto, rinfacciandogli l’età: l’ha spesa ad allevarti come un pulcino”20.

Su questo punto dunque la rappresentazione che Senofonte ci dà di Socrate è completamente rovesciata rispetto a quella di Aristofane. Senofonte difende Socrate dall’accusa di corruzione dei giovani, rappresentandolo mentre non solo riconduce il figlio a un’amorevole sotto-missione al genitore, come le leggi e la tradizione richiedono, ma lo fa attraverso lo spauracchio dell’ingratitudine, un tipo di colpa assolutamente tradizionale.

Ci sono però anche aspetti meno banali che Senofonte introduce in questa conversazione.

Intanto per rappresentare il rapporto genitore-figlio, viene scelta la madre invece del consueto padre21. Non c’è un’altra conversazione socratica nei Memorabili che tratti del rapporto fra genitori e figli e nell’unico altro punto in cui se ne discute22, in termini generali, senza esempi precisi, il tema è ricondotto come d’abitudine al rispetto del padre. Questa scelta di Senofonte corrisponde a un’attenzione speciale di Socrate verso il mondo femminile, che si ritrova in tante testimonianze diverse, non solo senofontee, in alcune delle quali si può pensare che la figura femminile sia considerata piuttosto con ironia, come nel caso di Aspasia nel Menesseno di Platone o di Teodote nei Memorabili, ma in altre delle quali si deve invece rilevare grandissima serietà, come è il caso di Diotima nel Simposio di Platone. E sia nella testimonianza di Platone23, sia ancora nel Simposio24 di Senofonte, Socrate riconosce anche sul piano teorico alla donna grande importanza e rispetto e parità di capacità, a parte la forza fisica, con l’uomo. Così succede qui che ella è genitore a tutti gli effetti e puo essere presa ad esempio25 di come un figlio deve comportarsi verso un genitore, anche se non è il padre26.

Poi, coerentemente con la scelta della madre come genitore esemplare, Socrate ne descrive il compito in modo molto più accurato27 di quello del padre e lo fa con parole di grande effetto28:

“e la donna, raccolto questo fardello, lo porta in sè e, caricata del peso, col rischio della propria vita, dividendo con lui il cibo di cui anch’essa si nutre, sopportando fino alla fine con molto sacrificio, generatolo lo nutre e lo cura, senza averne ricevuto prima nessun vantaggio29, senza che il piccolo riconosca la nutrice da cui riceve del bene, nè sappia indicare quello di cui ha bisogno; ma, prevedendo ciò che gli puo essere utile e ciò che gli può fare piacere, ella cerca di accontentarlo e lo alleva per molto tempo sottoponendosi a fatiche di giorno e di notte, senza sapere che gratitudine riceverà da tutto questo.”30

Compare perfino l’elemento “eroico” della maternità, quando si dice che la donna assume il compito di diventare madre “a prezzo della sua stessa vita”: un rischio così grande viene di solito piuttosto vantato per i guerrieri. Mentre l’uomo fatica e rischia, la donna resta tranquilla nella casa31: questa è la visione comune, quella che richiama, per contrastarla, la Medea di Euripide, nelle sue celebri parole32:

“Dicono anche che noi donne vivamo senza pericoli e l’uomo ha i pericoli della guerra. È un ragionamento insensato. Vorrei piuttosto trovarmi tre volte in battaglia che partorire una sola.”33

Infine vorrei richiamare l’inizio dell’argomentazione, quando Socrate chiede al figlio se sia ingiusto rendere schiavi gli amici e giusto i nemici, ingiusto essere ingrati con gli amici e giusto esserlo con i nemici; questa domanda presuppone una prospettiva etica tradizionale, anche se, nella forma in cui è presentata, si presta ad essere usata, e così facevano i sofisti, per illustrare l’ambiguità del concetto di giusto34. Ma ciò che è ancora più interessante è che Lamprocle risponde di sì alla domanda del padre, ma subito dopo aggiunge che a lui pare che chi ha ricevuto un beneficio, da amici o nemici che siano, se non cerca di contraccambiare, è ingiusto35 e Socrate ne conclude, con l’accordo del figliolo, che l’ingratitudine è ingiustizia allo stato puro sempre36. Qui due visioni etiche molto diverse, sono messe accanto, senza che venga rilevato contrasto fra le due, come se il comandamento di essere grati agli amici e quello di essere grati a tutti, amici e nemici, fossero due gradini della stessa argomentazione, senza grandi stacchi, fossero un po’ la stessa cosa o come se Sefononte volesse far sembrare unite insieme, la visione più tradizionale dell’insegnamento morale che chiedeva di contraccambiare il bene fatto dagli amici (e magari di non fidarsi del bene fatto dai nemici, anzichè contrac-cambiarlo) e una più alta, che prendeva in considerazione anche i nemici come possibili benefattori e metteva quindi in crisi lo schema “buono con gli amici, cattivo con i nemici”, come anche il Socrate di Platone sapeva fare benissimo.

Nella conversazione col figlio, Senofonte ci mostra dunque un Socrate che non è affatto estraneo alle novità di pensiero e di sensibilità del suo tempo37, anche se questi aspetti nuovi il filosofo li usa con grande misura e tutti come argomento a sostegno di una visione tradizionale del rapporto fra figli e genitori, come era richiesto dalla difesa di Socrate e dalla stessa visione del problema dell’autore.

Anche in questa occasione il Socrate senofonteo offre di sé un’immagine non schematica e banalizzata, ma assai ricca e complessa38.

Bibliografia

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Strauss L. (1966) – Socrates and Aristophanes, New York, London.

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1 Come osserva Bruell 1988-9, 302.

2 Nell’Apologia, (cf. infra n. 9) Platone rappresenta Socrate che si raccomanda ai giudici perché i suoi figli siano educati secondo gli stessi principi che egli ha seguito per tutta la vita, ma niente altro. Mentre gioca con i figli lo rappresentano due aneddoti tardi:Val. Max. 8,8 ext. 1, Ael.VH.12.15.

3 Esempi come questo basterebbero da soli a richiamare l’attenzione sul valore della testimonianza di Senofonte su Socrate, problema per il quale rimando all’eccellente quadro di Dorion 2000, 7-117. Sul tema del vero Socrate ancora valide le osservazioni di Rossetti 1983, 4-24.

4 Al momento del processo, nell’Apologia di Platone (Pl.Ap.34d), Socrate dice di avere tre figli, che descrive come uno grandicello e due ancora bimbi; questi figli si congedano dal padre assieme alle donne di casa nel Fedone (Phd.60a; 116b), mentre uno di loro (definito παιδίον) compare in braccio (o assieme?) a Santippe all’inizio del Fedone, quando gli amici arrivano per l’ultima conversazione (Phd.60a). I tre si chiamavano Lamprocle (dal nome del nonno materno), Sofronisco (dal nome del nonno paterno) e Menesseno.

5 In questo caso certamente Santippe. A Socrate si attribuiva una seconda moglie, Mirtò, discendente di Aristide, secondo una tradizione discussa già presso gli antichi (Panaitios frg. 132 Str. 3), che risale ad Aristosseno (frg. 54-57 ss. Wehrli e Komm.) ed Aristotele (cf. Plu. Arist .27.3; Ath.13.555d; D.L.2.26). Su Santippe cf. Dorrie 1967, 1335-1342; come la meno “conformista e regolare” delle sue due compagne è discussa in Fitton 1970, 56-66; Bicknell 1974, 2-5.

6 Pl.Ap .34d.

7 Su questa técnica usata altre volte da Socrate cf. Gigon 1956, 86.

8 Anche se si possono riconoscere diversi motivi ispiratori dell’opera e dell’ organizzazione dell’intero materiale nelle singole sezioni, è evidente che questo intento, dichiarato dall’autore, vuole costituire davvero il fulcro dell’opera, come si vede dall’inizio (1.1) e dalla conclusione (4.8).

9 Questa accusa compariva espressamente nel decreto cf. Pl.Ap. 24b; X. Mem.1.1.1. e 1.2.1; 49-55; D.L.2.40. Anche se, come osserva Dorion (2000, 198-199) questa conversazione, se considerata assieme alla seguente (2.3 rappacificazione dei fratelli Cherecrate e Cherefonte), mostra come Socrate desse buoni consigli allo scopo di pacificare i contrasti in famiglia, resta il fatto che tutta l’argomentazione del colloquio con Lamprocle mira a ristabilire l’assoluta e amorevole sottomissione del figlio al genitore ed è l’unica su questo argomento.

10 X.Ap .19.2.

11 Pl.,Ap.41e. Come si è già detto (n. 2), per loro, con coerenza, Socrate chiede che vengano istruiti secondo gli stessi principi in base ai quali egli ha operato e viene condannato.

12 L’accusa è discussa in X.Mem.1.2.1 ss. con ampio spazio ai due casi di Alcibiade e Crizia.

13 Questo preciso punto dell’accusa è discusso in termini generali, senza nessun riferimento a casi precisi, in X.Mem.1.2.49-55.

14 Fino dall’esordio con i Banchettanti, commedia in cui metteva a confronto due fratelli Katapygon e Sophron e la loro opposta educazione, sofistica e avvocatesca per il primo, tradizionale per il secondo, frgg. 205-255 Austin-Kassel, cf. Cassio 1977. Il rapporto padre-figlio è trattato anche nelle Vespe, ma rovesciato comicamente: è il figlio ad essere danneggiato dalla passione sconsiderata del padre per i tribunali. Infine, amara conclusione del tema, l’azione del Pluto prende l’avvio dal fatto che il vecchio Cremilo preoccupato per l’educazione del figlio, non ha trovato di meglio che rivolgersi al dio di Delfi e chiedergli se non sia il caso, visto come va il mondo, di educarlo a diventare un delinquente.

15 Fidippide ha un nome aristocratico (almeno per quanto riguarda la seconda parte del composto!) e una madre molto molesta al padre, due caratteristiche in comune con Lamprocle, cf. Guthrie 1966, 106-107, n. 22.

16 Ar. Nu .1321 ss.

17 Il pessimo carattere di Santippe è ribadito, per bocca di Antistene, anche nel Simposio (X.Smp.2.10, su cui cf. Huss 1999, 138-139) e non è smentito da Pl.Phd. 60a, in cui Santippe però non fa che comportarsi come in genere le donne in caso di lutto, come osserva l’autore stesso. Su di lei era fiorita una ricca aneddotica, della quale abbiamo varie testimonianze, che la rappresentava come moglie insopportabile, rispetto alla quale veniva evidenziata la calma del filosofo, cf. Dorrie 1967, 1337-1342 e Giannantoni 1971 passim.; molto vicino al nostro testo, nel senso che valorizza Santippe in quanto madre, malgrado il suo modo di fare fastidioso, è l’aneddoto raccontato in D.L.2.36-37 (e St.3.1.98).

18 Cf. Gigon 1956, 86 che parla di stile “arcaico” del pensiero di Senofonte su questo punto. Ha trattato del tema della gratitudine verso i genitori nel mondo antico Hewitt 1931, 30-48.

19 Ar. Nu .1380-1385 “Le merito, come? Sfacciato, io che ti ho cresciuto: stavo accorto a tutto quello che volevi, nemmeno parlavi. Se dicevi be capivo e ti davo da bere. Se chiedevi pa, ti portavo subito il pane. Nemmeno avevi detto pu-pu che ti pigliavo e ti portavo fuori, a farla…” (trad. Marzullo Roma 2003).

20 Ar. Nu.998-999, trad. Marzullo Roma 2003.

21 In Aristofane il rapporto è padre e figlio, cf. supra n. 14; il tema dei meriti dei genitori e il rapporto dei figli con loro è svolto attraverso il padre in Pl.Cri.50b-51c e solo alla fine padre e madre compaiono mezionati entrambi, perchè si ricordano le leggi; cf. anche l’ apophthegma di Aristotele sul figlio che deve resistere a un padre insopportabile Gnomol.Vat. 54; l’aneddoto sull’allievo di Zenone e il padre in SVF 1, 19.

22 X.Mem.2.49-55.

23 Pl.R.5.5.454e-456a in particolare 455e, ma anche 454d.

24 X.Smp.2.9.

25 Osserva Gigon, 1956, 85, che la madre di Lamprocle non ha nessuna caratterizzazione individuale (non se ne dice nemmeno il nome), il che accentua il valore esemplare del discorso.

26 Qui siamo proprio lontani dalla concezione del padre come il solo vero genitore (in quanto unico fornitore del seme, rispetto alla madre semplice “ospitatrice” della creatura), affermata in modo inappellabile nelle parole che Eschilo mette in boccca al dio Apollo nelle Eumenidi (A.Eu.657) e che è sostenuta da tanti filosofi (Arist.GA 763b 30). Sappiamo che altre riflessioni si erano maturate al tempo di Socrate e di Senofonte su questo problema. Pensatori come Anassagora ma anche Parmenide e Alcmeone (Anaxag. 59 B 107 ap. Cens. 5,2) sostenevano la teoria che il figlio derivasse dal seme di entrambi i genitori e non solo dal padre.

27 Cf. Gigon 1956, 92-93. Questo anche se il discorso sottolinea più volte il fatto che si sta trattando del rispetto dovuto a entrambi i genitori e si accennano sia meriti comuni che compiti specifici dei due. Infatti prima di tutto Socrate ricorda che entrambi i genitori fanno passare il figlio dal non essere all’essere, cioè gli danno la vita che è un bene tanto grande che più di ogni altro gli uomini cercano di non perdere (e su questo cf. anche X.Mem.2.1.31). Poi si comincia con i meriti del padre: l’uomo sceglie la donna che le potrà dare i figli migliori e “nutre colei che si è unita a lui per procreare e prepara per i piccoli che nasceranno tutto quello che pensa potrà giovare loro e nella quantità più grande possibile”. A questo punto arrivano i meriti della madre. E infine di nuovo i genitori sono impegnati insieme nell’educazione dei figli e lodati perché pronti a spendere per questo.

28 È stato osservato che “difficilmente nel mondo greco si trova un’esaltazione dell’amore materno come quella contenuta in Memorabili 2.2”, cf. Laurenti 1988, 53.

29 Questo è un punto di grande importanza per Senofonte, come viene ribadito alla fine: in effetti la considerazione dell’utile e del vantaggio è elemento cardine delle sue argomentazioni etiche e così avviene anche in questo caso, perchè questa situazione estrema del sacrificio della madre fatto senza pretesa di contraccambio, costituisce il punto più alto sul quale poggia tutta la richiesta di gratitudine che Socrate sottopone al figlio, cf. Gigon 1956, 93.

30 X.Mem.2.2.5-6 ἡ δὲ γυνὴ ὑποδεξαμένη τε ϕέρει τὸ ϕορτίον τοῦτο, βαρυνομένη τε καὶ κινδυνεύουσα περὶ τοῦ βίου καὶ μεταδιδοῦσα τῆς τροϕῆς, ᾖ καὶ αὐτὴ τρέϕεται, καὶ σὺν πολλῷ πόνῳ διενεγκοῦσα καὶ τεκοὺσα τρέϕει τε καὶ ἐπιμεκεῖται, οὔτε προπεπονθυῖα οὐδὲν ἀγαθὸν οὔτε γιγνῶσκον τὸ βρέϕος ὑϕ᾿ ὅρου εὖ πάσχει, οὐδὲ σημαίνειν δυνάμενον ὅτου δεῖται, ἀλλ᾿ αὐτὴ στοχαζομένη τά τε συμϕέροντα καὶ τὰ κεχαρισμένα πειρᾶται ἐκπληροῦν, καὶ τρέϕει πολὺν χρόνον καὶ ἡμέρας καὶ νυκτὸς ὑπομένουσα πονεῖν, οὐκ εἰδυῖα εἴ τινα τούτων χάριν ἀπολήψεται.

31 Cf. A.Ch.921. Sulle caratteristiche femminili cf. Dover 1983, 186-197.

32 E.Med.249-252 λέγουσι δ᾿ ἡμᾶς ὡς ἀκίνδυνον βίον ζῶμεν κατ᾿ οἴκους, οἱ δὲ μάρνανται δορί, κακῶς ϕρονοῦντες• ὡς τρὶς ἂν παρ᾿ ἀσπίδα στῆναι θέλοιμ᾿ ἂν μὰλλον ἢ τεκεῖν ἅπαξ. Mentre Clitemnestra, nell’Elettra di Sofocle (S.El.532 ss.), sempre sottolineando i sacrifici della maternità, afferma che portare in seno il figlio è ancora più doloroso che partorirlo. Un altro contemporaneo, Timoteo (Athen.352a8-b1), aveva portato sulla scena I dolori di parto di Semele. L’esistenza di rappresentazioni di questo genere è giustamente messa in relazione con la raccomandazione di Platone di bandire dalla città ideale spettacoli che mostrassero donne disperate, malate o partorienti (Pl.R.395), da Catoni 2005, 20.

33 Questo passo era così impressionante per i lettori antichi, che lo ricorda ancora Luciano (DMort. 9) come il primo dato che caratterizza la donna rispetto all’uomo in una conversazione di Menippo con Tiresia, che ha appunto combiato sesso. L’attenzione ad aspetti così forti e normalmente non detti della vita femminile trova riscontro anche nell’arte figurativa del tempo di Socrate e di Senofonte: ci sono infatti rimasti alcuni monumenti funerari attici (stele e lekythoi) che si riferiscono a donne morte di parto e che rappresentano la donna nella sofferenza del travaglio (cf. Catoni, 2005); la produzione di questi monumenti data a partire dal 370-360 a. C., a questo momento Socrate era già morto, ma si tratta di una data non lontana dalla scrittura dei Memorabili.

34 Come ha ben osservato Gigon 1956, 87.

35 È interessante vedere che quest’ultima concezione è messa in bocca al figlio, il che ci dice che, almeno secondo Senofonte, Lamprocle non faceva parte dei discendenti rozzi e sordidi di Socrate di cui parla Arist.Rh.2.15.1390b 28-31.

36 Questo è termine del linguaggio platonico, cf. Gigon 1956, 88.

37 Anche quando descrive, in termini elogiativi, il comportamento dei genitori che non solo istruiscono i figli in ciὸ che sembra loro buono per la vita, ma “per le cose in cui pensano che un altro sia più capace di insegnarle, li inviano da costui con grandi spese (Mem.2.2.6)”, Senofonte elogia in realtà un comportamento che lo accomuna ai tanti ateniesi disposti a pagare senza risparmio per l’insegnamento dei sofisti. E lo scopo di tutto questo impegno è “che diventino i migliori possibile” (ὅπως οἱ παῖδες αὐτοῖς γένωνται ὠς δυνατὸν βέλτιστοι), formula standard certo per tutti i genitori, come si vede nel nostro testo, ma che conviene, secondo Protagora, (Pl.Prt.318a) perfettamente anche alla finalità del suo insegnamento, come ha osservato Gigon 1956, 93.

38 Altri punti dell’argomentazione meriterebbero di essere indagati: l’affermazione del valore supremo della vita per l’uomo; la descrizione dei compiti del padre; il bisogno di piacere agli altri e avere amici, come principio base dell’educazione di un giovane. Anche questi pochi esempi mostrano la ricchezza della scrittura senofontea.