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Gli studi critici sul Pastore dopo la pubblicazione di PBOD 38 e la presenza delle Visioni di Erma nei testi poetici del Codex Visionum

Antonio CARLINI

Ringrazio vivamente il Prof. A. Hurst, il Prof. R. Kasser, il Prof. J. Rudhardt per l’invito a partecipare al Colloque Charles Bally che mi ha consentito di approfondire, in un confronto aperto con altri studiosi, alcuni problemi del Codex Visionum. Ricordo sempre con gratitudine la decisione con la quale il Conseil de la Fondation Bodmer (nell’ormai lontano 1984) diede il via alla pubblicazione di PBOD XXXVIII e la continua amichevole assistenza prestatami dalla Direzione della Bibliotheca Bodmeriana in tutte le fasi dello studio e della pubblicazione del papiro di Erma.

Forse è tempo di fare un primo bilancio delle reazioni critiche che la pubblicazione del papiro Bodmeriano del Pastore di Erma (PBOD 38)1 ha suscitato e anche delle nuove ricerche che ha stimolato : si puὸ dire che l’acquisizione di questa nuova fonte non ha dato solo preziose informazioni per la soluzione di problemi critico-testuali (un testimone di notevole estensione del sec. IV / V, al di là delle singole opzioni editoriali, non puὸ non essere interrogato con frutto per la ricostruzione del testo), ma ha consentito di allargare il campo e di riesaminare vari altri aspetti non secondari : storia della fortuna in Egitto dei cosiddetti Padri Apostolici (il Pastore conta una base documentale ben più ampia di quella dell’ Apocalisse : 21 papiri, dalla fine del sec. II al VI), storia della formazione del canone degli scritti sacri, ruolo delle comunità ecclesiali nella diffusione di un’opera di interesse religioso, soprattutto origine e struttura compositiva del Pastore : è nato unitario o è frutto di un’aggregazione di parti, a seguito dell’iniziativa editoriale ?

E’ giusto prima di tutto esaltare il valore della collaborazione nella ricerca papirologica : ricordo bene che fu durante la discussione seguita a una mia conferenza, su invito di Jean Irigoin, al Collège de France (2 Marzo 1988), che Joseph van Haelst prospetto una successione dei fogli del Codex Visionum diversa rispetto a quella in un primo tempo proposta e quindi una diversa collocazione degli scritti all’interno del monofascicolo di papiro : questa diversa collocazione che vede le Visioni di Erma aprire la serie degli scritti, molto ben illustrata da Rodolphe Kasser e ripresa da Kurt Aland e Hans-Udo Rosenbaum2, è ormai generalmente accolta e, come vedremo, non è priva di effetti anche per la valutazione complessiva della impresa ’editoriale’ che ha consentito la produzione di questo singolare esemplare che è il Codice delle Visioni. Con la ristampa recente di tutti i papiri Bodmeriani si è ricomposto idealmente (ma anche fisicamente) il Codex Visionum prima diviso in tre blocchi3.

E’ sempre rischioso costruire su ciὸ che non c’è fisicamente, ma abbiamo buone ragioni per dire che nell’esemplare Bodmeriano era presente originariamente anche la IV Visione (non certo la cosiddetta V Visione che è in realtà una introduzione al blocco Precetti-Similitudini) : la III Visione è stata trascritta tutta nella parte superstite tranne l’ultima frase ; questo non puὸ essere un taglio voluto perché ci sarebbe comunque una subscriptio, visto il modo di procedere degli scribi per tutti i testi che vengono dopo il Pastore. Non è pensabile che il testo che apre la serie, a cui si collegano di fatto gli altri per scelta consapevole, non avesse con la stessa evidenza degli altri il titolo finale ben inquadrato. Se facciamo il calcolo dei righi sulla base dell’edizione Whittaker (85 righi circa per il testo contenuto nelle quattro pagine di un bifolio ; 70 circa per il testo richiesto dalla IV Visione) constatiamo che i righi necessari per completare le Visioni potevano essere interamente contenuti in un bifolio, quello centrale del codice a fascicolo unico, ma c’era ancora spazio sufficiente per il titolo finale ben incorniciato (resta se mai il desiderio di sapere quale fosse questo titolo, visto il problema aperto della bipartizione del Pastore ; era un titolo che individuava una sola parte come entità autonoma oppure era un titolo che, pur riferendosi a una parte, la integrava in un più vasto organismo ? 4) : prima, quando il Pastore veniva collocato all’ultimo posto, non si poteva dire quanto testo si sviluppasse oltre quello conservato, perché si doveva fare i conti con la possibile perdita di più bifoli esterni. La IV Visione puὸ entrare in gioco quando si vogliano affrontare, come vedremo più avanti, i problemi dell’’organicità’ della silloge di testi. Nel Codice Bodmeriano pare ospitato tutto l’Hermas apocalypticus che ha una sua autonomia rispetto alla seconda parte del Pastore costituita da Precetti e Similitudini. Il testo che si saldava immediatamente alle quattro Visioni di Erma era la Visio Dorothei ; seguivano i vari poemetti minori.

Se Norbert Brox, autore di un monumentale commento scientifico al Pastore, uscito nel 1991 (che prende il posto, come punto di riferimento obbligato, di quello di Martin Dibelius del 1923), aveva potuto conoscere solo i lavori preliminari all’edizione di PBOD5, Martin Leutzsch nella sua edizione critica del Pastore del 1998 ha messo a frutto pienamente la testimonianza Bodmeriana e ne ha incorporato tutte le varianti nell’apparato critico6. L’esauriente informazione critica raccolta nell’apparato rende pienamente ragione dell’apporto consistente di PBOD sia quando è alleato del Sinaitico, sia quando isola in errore il Sinaitico (che era stato sopravvalutato) e magari rivaluta, riscatta il testo del Codice Atonita (A) e il testo delle versioni latine le cui vistose varianti erano state erroneamente attribuite all’arbitrio dei traduttori. Anche l’edizione di J. José Ayan Calvo ha tenuto conto di PBOD, ma gli obiettivi critici sono qui meno ambiziosi di quelli di Leutzsch7. Recentissima è la pubblicazione di un commento critico e storico del Pastore a cura di Carolyn Osiek che, pur non presentando il testo greco, discute in modo approfondito, come ogni problema compositivo, storico e storico-letterario del Pastore, cosὶ anche le nuove informazioni testuali recate da PBOD8.

Leutzsch e Osiek accolgono a testo (ma sarebbe difficile sottrarsi) quella che è una sequenza consistente di parole caduta in tutte le fonti manoscritte della tradizione greca tranne PBOD e caduta per la più banale delle cause, cioè per il salto dell’occhio da una parola ad altra uguale (Vis. II 3,1) : μνησικακία θάνατον κατεργάζεται, τὸ δ’ἀμνησίκακον ζωὴν αἰώνιον κατεργάζεται9. (Non è questo piccolo recupero, visto che era saltata la parte che garantisce la vita eterna a chi sa far tacere il rancore per le offese ricevute). La versione latina Vulgata (che risale alla fine del sec. II d. C.) concorda con PBOD, la più tarda versione Palatina la presuppone ma nessuna delle due aveva avuto credito nella ricostruzione perché si era imputato a bizzarria del traduttore l’espansione del testo.

Su un’altra variante che lega PBOD con le due versioni latine, già segnalata per il suo significato dottrinale10, ha richiamato ancora l’attenzione Stuart G. Hall : Vis. I 3,4 τῇ ἰδίᾳ σοφία καὶ προνοίᾳ SA(e) contro τῇ δυνάμει αὐτοῦ τῇ κραταιᾷ Bo L1(L2). Neppure in questo caso la lezione di L1L2 era stata registrata negli apparati. Ora Leutzsch e Ayan Calvo hanno provveduto alla registrazione, considerando peraltro non originale il testo che si oppone a SA(e). Bisogna prendere atto che qui PBOD e il Sinaitico sono, eccezionalmente, su due fronti opposti : sia che si consideri la sequenza τῇ ἰδίᾳ σοφία καὶ προνοίᾳ come originale, sia che la si consideri invece, con S.G. Hall, « an anti-Arian dogmatic correction »11, bisogna prendere atto che nella tradizione di Erma c’è stato un processo di trasmissione orizzontale. I due luoghi discussi lasciano intendere che le versioni latine potrebbero essere depositarie anche in altre parti del Pastore purtroppo non coperte da PBOD di ’varianti di tradizione’ meritevoli di essere portate in luce.

Un altro punto delicato sul quale Leutzsch e Osiek sono d’accordo, è l’eliminazione della congettura εἰς Κούμας che in due passi (Vis. I 1,3 ; II 1,1) era stata introdotta12. Ognuno vede l’importanza di un riferimento locale Cosὶ preciso per le passeggiate del visionario Erma, tanto più che in una sezione testuale vicina si fa accenno alla Sibilla, sia pure per negare ogni possibilità di identificazione con l’anziana Signora messaggera celeste che appare a Erma. Io ritengo che PBOD, con la sua testimonianza, abbia demolito in modo definitivo questa congettura che del resto non è giusto mettere sotto il nome di Dindorf (come fa Leutzsch e prima di lui Whittaker e Joly), ma va attribuita a un erudito del sec. XVII, Caspar Barth. Erma si raccoglie in meditazione passeggiando fuori dalla città verso la cintura dei villaggi (εἰς κώμας). La forma plurale (la cintura dei villaggi intorno alla città) puὸ essere difesa con opportuni confronti (p. es. Mc. 8, 27 ; Cant. 7, 12). Dispiace dover rinunciare a Cuma, ma bisogna insistere in questa conclusione negativa13. Si puὸ dire invece che a Napoli ci fu una circolazione precoce del libro ’pubblicato’ del Pastore di Erma : l’affresco delle catacombe di San Gennaro con una scena tratta da esso, puὸ essere datata all’inizio del sec. III14.

PBOD ha dato autorevole conferma all’esistenza e alla consistenza di un fondo antico di varianti nel Codice Atonita che troppo sbrigativamente era stato giudicato inaffidabile per varie corruttele meccaniche e anche per alcuni interventi tendenziosi sul piano religioso che indubbiamente contiene. Peraltro, proprio recentemente Dieter Harlfinger ha mostrato che il codice (attribuito da Lake e Leutzsch al sec. XV) va retrodatato e collocato precisamente nell’età dei Paleologi, nel terzo quarto del sec. XIV15 ; come è noto, è proprio questa età che vede il felice recupero (per opera di dotti studiosi) di testimoni antichi di primaria importanza.

E’ interessante l’effetto ’dinamico’ dell’analisi di PBOD. Una rivalutazione dell’Atonita quando è in accordo con le versioni latine deve essere presa in considerazione anche al di fuori delle prime tre Visioni (dove si impone in molti casi grazie all’apporto di PBOD). Michele Bandini ha mostrato, p. es., che a Mand. VI 2,5 la lezione di A (L1) ὑπερηφανία πολλή τις, apparentemente isolata rispetto a Pseudo-Atanasio, Antioco di S. Saba e alla versione Palatina (ὑπερηφανία), relegata in apparato da Leutzsch, è in realtà presupposta dalla traduzione latina della Doctrina ad Antiochum pseudoatanasiana (superbia multa) ; questa versione, finora ignorata, è immediatamente successiva alla composizione dell’opera (sec. VII)16.

Nonostante i nuovi originali apporti di PBOD che si affiancano alla varietas lectionum proposta dagli altri testimoni, io credo che si debba insistere che la tradizione manoscritta del Pastore (da quando, alla metà del sec. II, ha cominciato a circolare con la sua articolazione interna di Visioni-Precetti-Similitudini) è ’una’, non duplice o molteplice. Non ci sono (o perlomeno non si vedono all’esame) redazioni diverse da tenere distinte e da stampare su colonne diverse. Io ho sempre sostenuto questo (Leutzsch mi accomuna a H. Musurillo, ma la mia posizione è diversa17) ; la mia idea è che, pur essendo ’una’ la tradizione manoscritta, bisogna prendere atto di una notevole fluttuazione tra testimoni, di un ’polimorfismo’ testuale analogo, del resto, a quello di molti altri autori (frequentissima è quella che G. Contini chiama ’diffrazione’, che si ha quando la lezione originaria si scompone, si modifica in varie forme diverse) e che è fenomeno naturale se si pensa alle particolari condizioni di trasmissione ’non protetta’, larga e di carattere popolare del testo. Se poi c’è (e in più casi lo si constata) contaminazione, questa non è riuscita a oscurare del tutto i legami verticali. Che PBOD sia legato da particolare affinità al Sinaitico è dimostrato da molti errori congiuntivi (affinità vuol dire, in questo caso, che seguono uno stesso filone testuale ; PBOD mostra, come già detto, in più luoghi gli errori particolari del Sinaitico) e l’affinità si estende all’antigrafo greco della versione Palatina, mentre rapporti organici si colgono tra il Codice Atonita e la versione latina Vulgata18.

Problema diverso e più complesso quello della struttura compositiva del Pastore. Anche l’opera di Erma annovera nella sua storia critica gli ’unitari’ e gli ’analitici’ : i χωρίζοντες ritengono che ci sia una separazione netta tra Visioni I-IV e Precetti-Similitudini. Io mi ero schierato su questo fronte già prima di conoscere PBOD per ragioni interne (cambio della figura dell’intermediario tra cielo e terra, apostrofe alla comunità solo nelle Visioni), per ragioni esterne (testimoni della tradizione indiretta che fanno riferimento solo a Precetti-Similitudini ; ricostruzione di PMichigan 129 che rappresenta un’edizione del Pastore senza le Visioni19), per ragioni critico-testuali (cambio improvviso di schieramento dell’antigrafo della Palatina alla fine di Visioni I-IV, quindi cesura della tradizione)20.

PBOD 38 che contiene Visioni I-III, che conteneva con quasi certezza in un bifolio centrale perduto la quarta Visione, che ha almeno all’inizio un titolo autonomo pur ricostruito (ορασ[εις Ερμα), sembrerebbe portare la prova fisica di questa autonomia dei due blocchi. La questione è stata molto discussa e bisogna essere prudenti. Secondo Philippe Henne, le edizioni abbreviate del Pastore, ridotte a una parte sola (Visioni o Precetti-Similitudini) sarebbero solo di età seriore ; le due parti sarebbero state separate in tempi successivi alla primitiva circolazione unitaria, certo perché, per il loro carattere, erano separabili21. Continuo a credere a una separazione ’originaria’, ma questo non mette necessariamente in discussione l’unicità dell’autore ; uno stesso autore puὸ avere redatto in tempi diversi due opere ispirate dallo stesso ideale religioso, ma di diverso carattere e genere. Se il Canone Muratoriano, della fine del sec. II22, presuppone inequivocabilmente un Pastore unitario pubblicato pochi decenni prima (nuperrime), alla metà del sec. II, se Clemente e Origene hanno presenti nelle loro citazioni Visioni e Precetti-Similitudini perfettamente integrati, il riferimento puὸ essere a quella che Norbert Brox chiama la « redazione finale » (« Endredaktion ») del Pastore, una redazione cioè risultante dall’aggregazione di due parti, prima distinte. Questo sarebbe tra l’altro il solo modo per salvare la retrodatazione proposta da Peter Parsons di Pland I 4 all’inizio del sec. II23. Sono stati espressi alcuni dubbi24, ma se la retrodatazione su base paleografica resistesse alla prova (finora non è caduta), l’unico modo di spiegarla (poiché un testimone anteriore al testo non esiste in natura) sarebbe quello di considerare appunto PIand I 4 il testimone di un’edizione separata di Precetti-Similitudini circolante prima che entrambi i blocchi si congiungessero nel Pastore per un’iniziativa di esponenti della comunità di Roma interessati a collegare due scritti che hanno indubbiamente una comune ispirazione : la necessità di una conversione per poter entrare nella costruzione della torre. Nulla vieta invece che poi, in età successive, le due parti si siano di nuovo separate soprattutto per l’imbarazzo creato in taluni ambienti dalle esperienze visionarie di Erma.

Ogni nuova fonte contribuisce, come si vede, a risolvere alcuni problemi, ma ne pone naturalmente altri che potrebbero essere risolti solo da nuovi ritrovamenti. La pubblicazione di PBOD ha avuto anche questo effetto di stimolo alla ricerca di nuove fonti o all’acquisizione critica di fonti già scoperte ma ancora non fruibili. Nel 1975 nel Convento di Santa Caterina sul Sinai sono stati recuperati fortunosamente vari fogli del Sinaitico sfuggiti a Constantin Tischendorf, due dei quali appartengono al Pastore : si tratta quindi di 16 colonne di scrittura (sia pure con lacune). Io speravo che con la pubblicazione del Catalogo dei nuovi reperti del Sinai a cura di Panagiotis Nicolopoulos (1998) fosse possibile avere il materiale fotografico utile per lo studio testuale del Pastore25. Varie richieste e anche suppliche all’arcivescovo Damianos e all’archimandrita Symeon sono state fatte da me, ma bisognerà ancora attendere. La risposta ultima (5 Marzo 2000, dalla sede del Cairo) firmata dall’archimandrita Symeon è da considerare positivamente in quanto annuncia formalmente che la trascrizione con commento dei due nuovi fogli sarà pubblicata dallo stesso arcivescovo Damianos in collaborazione con la University Theological School of Athens. I tempi potranno essere lunghi, ma è giusto avere fiducia e rispetto, considerando il carattere quasi sacro che ha per i monaci del Sinai il Sinaitico (o quello che a loro resta del Sinaitico)26.

Devo dire che ho ricevuto con emozione qualche mese fa un estratto da Theodore Skeat dedicato al Sinaitico e al Vaticano 1209, cioè ai due codici più importanti della Bibbia. Dopo il volume Scribes and Correctors of the Codex Sinaiticus (scritto con Milne), uscito nel lontano 1938, Skeat ridiscute ora con grande lucidità e dottrina il problema della provenienza, del luogo d’origine del grande manoscritto biblico conservato nella British Library, tenendo presenti i contributi diversi apparsi in questi decenni, in particolare quello di Guglielmo Cavallo che, sulla scia di Kirsopp Lake, si era pronunciato per l’origine egiziana sia del Vaticano 1209 che del Sinaitico. Skeat ribadisce la sua tesi secondo cui il Sinaitico deve essere stato scritto a Cesarea in Palestina (Ac. 8,5 lo scriba sostituisce Καισαρίας al corretto Σαμαρίας ; Mt. 13,54 in luogo di εἰς τὴν πατρίδα lo scriba legge εἰς τὴν ’Aντιπατρίδα che era una città 45 km a sud di Cesarea)27. C’è la curiosità di vedere se mai nei nuovi fogli del Sinaitico (non solo del Pastore) si annidasse qualche altra variante altrettanto rivelatrice. Skeat non parla di PBOD ; poiché per il testo del Pastore c’è piena convergenza tra il testimone Bodmeriano e il Sinaitico (il filone tradizionale è lo stesso, come già detto, anche se in molti punti proprio PBOD rivela alcuni palesi errori del Sinaitico), si poteva pensare anche a un ambiente di origine geograficamente vicino per le due fonti28, ma questi argomenti filologici non bastano da soli ; intanto bisogna notare che PBOD viene dall’Alto Egitto, cioè da un’area periferica rispetto ai grandi centri culturali.

Sempre nel campo dell’euristica delle fonti, si puὸ segnalare la pubblicazione di un altro frammento delle Visioni (sono molto rari i testimoni papiracei delle Visioni rispetto a quelli di Precetti-Similitudini), PBerol 21259, che è stato datato VI sec.29, quindi attesta la circolazione in un’età in cui il Pastore era stato estromesso dal canone, era oggetto di critiche, di attacchi e di provvedimenti sanzionatori dell’autorità ecclesiastica e testimoni come l’autore della Doctrina ad Antiochum ducem o Antioco di San Saba lo trattavano con molta prudenza, citandolo senza nominarlo e con limitazione alle parti neutre, meno impegnate dottrinalmente, come Precetti-Similitudini30. Ma il papiro Berlinese, come il papiro Bodmeriano, viene dall’Egitto e, come appare dai dati che abbiamo a disposizione e che ho raccolto nell’Introduzione all’edizione, la vita tradizionale del Pastore in Egitto riprende dopo la persecuzione di Diocleziano, mentre in altre regioni orientali (dove in particolare l’Erma ’apocalittico’ era bandito) si registra una rarefazione progressiva, una diminuita presenza, in alcuni casi un silenzio assoluto31.

I due nuovi fogli del Sinaitico non ci restituiranno in nessun caso la parte finale del Pastore che, come è noto, possiamo leggere solo in versione latina e in versione etiopica per la perdita dell’ultimo foglio del Codice Atonita. Il recupero della fonte greca è sempre stato, dal tempo di Tischendorf e poi di Harnack, un desideratum della filologia patristica. Una nuova fonte greca, parziale, è venuta alla luce grazie all’instancabile attività di ricerca di Joseph Paramelle che me la segnalo, con privata comunicazione, dopo la conferenza sul Papiro Bodmeriano di Erma del 1988, già citata, al Collège de France : questa nuova fonte indiretta sarà pubblicata presto, per generosa concessione del Padre Paramelle, da un giovane studioso, pisano di formazione, Michele Bandini, divenuto ormai specialista del Pastore32. Da un florilegio bizantino del sec. XII o XIII segnalato da Marcel Richard, Eurydice Lappa-Zizicas aveva potuto recuperare un excerptum della IX Similitudine (Simil. IX 33) nel Paris. Gr. 1143 (sec. XIII) che conserva la seconda metà del florilegio (Kontakia 17-33). Padre Paramelle ha trovato estratti del Pastore nel Codice Lavra K 96 (sec. XIII) che contiene la prima parte del florilegio (e cioè i kontakia 1-16). Il manoscritto restituisce le Similitudini VI e VIIper intero e ai ff. 144-145v un nuovo ampio frammento della parte finale della Similitudine IX (31,4-33,3)33.

PBOD invitera anche a fare un nuovo più approfondito confronta con la versione etiopica (che risale al periodo aksumita, IV-VI sec.), quando si potrà disporre di una nuova edizione critica. E’ in cantiere a Pisa una nuova edizione a cura di Gianfranco Lusini dopo quella, molto carente dal punto di vista critico, di Antoine D’Abbadie (1860). Non si tratta solo di sottoporre a revisione la versione di D’Abbadie ; potrà invece essere utilizzato un nuovo testimone, appartenuto alla collezione privata di manoscritti etiopici di Antonio Mordini già conservata a Barga (in Garfagnana), che è stato nel 1995 acquistato dal Ministero dei Beni Culturali e consegnato alla Biblioteca Palatina di Parma. Il Codice Mordini (Parmense 3842 = Mordini 9, inizi del sec. XV) si rivela esente da corruttele presenti invece nel Parigino di D’Abbadie e più vicino alla Vorlage greca34. Si puὸ sperare in qualche felice sorpresa come quelle cui ci hanno abituato le versioni latine riesaminate alla luce dell’informazione testuale di PBOD35.

Ma veniamo alla parte che più interessa in relazione al Codex Visionum a cui è dedicato questo Colloque Charles Bally.

Un problema che è stato posto fin dalla pubblicazione della Visione di Doroteo e riproposto al momento della pubblicazione delle Visioni I-III di Erma, ma che chiaramente non poteva avere risposta adeguata prima che si conoscessero anche i componimenti poetici minori, è quello dell’organicità della silloge di opere contenuta in questo Codex Visionum36. Sono stati aggregati casualmente in un codice contenitore testi diversi senza particolare rapporto tra loro (una miscellanea disorganica), oppure è stata fatta un’operazione editoriale con un obiettivo preciso, affidando a più scribi (tutti operanti sotto una guida esperta) prima la trascrizione di un testo prosastico ben noto e diffuso come le Visioni di Erma, poi di un poemetto del visionario Doroteo figlio del poeta Quinto, infine di altri componimenti poetici minori legati tra loro e con i due testi maggiori da tematiche comuni ?

Nell’Introduzione all’edizione delle Visioni di Erma, si era osservato che diversi elementi dello schema compositivo delineato per il Pastore da Th. Bogdanos si ritrovano nella Visio Dorothei : il protagonista versa in una profonda crisi spirituale per una serie di trasgressioni di cui prende coscienza ; una figura celeste gli appare in successive visioni e gli viene in soccorso. Attraverso un dialogo serrato, con ricco apparato di immagini simboliche, il visionario è guidato al superamento della crisi ; muta il suo volere e il suo sentire, acquista forza e coraggio e riceve l’investitura per una missione di salvezza da compiere nella comunità37. Hurst e Rudhardt, pubblicando i componimenti minori, hanno mostrato lucidamente che questi sono in rapporto organico tra loro e con le due opere maggiori : 1) ci sono legami stretti tra la Vision de Dorothéos e l’Adresse aux Justes (Doroteo, figlio di Quinto, è esplicitamente nominato nel secondo componimento [vv. 159-160]) ; viene presentato come colui che, vittima del diavolo, aveva si commesso peccati, ma poi si era pentito, aveva cambiato la sua vita, aveva subito il martirio e si era guadagnato il paradiso) ; 2) considerando i sette componimenti poetici in qualche modo ricostruibili, ben sei contengono di fatto una sorta di invito al martirio ; 3) il tema della µετάνοια, della conversione, centrale nel Pastore di Erma e soprattutto nelle Visioni, è ben presente nella Vision de Dorothéos, nell’Adresse aux Justes, nell’Eloge] du Seigneur Jésus, e in Le Seigneur à ceux qui souffrent ; 4) l’allegoria della torre che simboleggia la Chiesa come costruzione edificata con le pietre buone (sottoposte a selezione) dei giusti, descritta e spiegata nella III Visione di Erma, è ripresa nell’Adresse à Abraham (v. 30) e soprattutto in Le Seigneur à ceux qui souffrent (vv. 18-19)38.

Dunque non è il criterio della pura accumulazione che guida la raccolta Bodmeriana. La silloge, dicono Hurst e Rudhardt, è costruita intorno ai due primi testi contenuti nel Codex Visionum, le Visioni di Erma e la Visio Dorothei che va datata prima della fine della grande persecuzione di Diocleziano (304-305). Il Pastore dà un insegnamento relativo alla costituzione della Chiesa e, nello stesso tempo, al pentimento, alla conversione, al sacrificio che portano alla salvezza, nella Chiesa celeste. La Visio Dorothei propone l’esempio diretto di un peccatore che, a seguito di una visione soprannaturale, si trasforma, si converte e si espone al rischio di essere perseguitato. Gli altri componimenti poetici (chiaramente composti in epoca successiva, ma sempre prima della fine del sec. IV, quando era ancora ben vivo il ricordo della persecuzione e concreto il pericolo che ritornasse) non sono più racconti di Visioni, ma riprendono temi del Pastore e di Doroteo, certamente con richiamo a episodi e personaggi del Vecchio e Nuovo Testamento39.

Io concordo pienamente con le conclusioni degli editori dei Poèmes divers ; vorrei solo proporre l’estensione del confronto con il Pastore anche alla IV Visione che era, come già si è detto, quasi sicuramente presente nel monofascicolo Bodmeriano. La IV Visione contiene alcuni temi che, secondo me, sono poi sviluppati nei componimenti poetici minori, ma soprattutto è dominata dall’incombere della tribolazione, della persecuzione. La nuova visione, che Erma ebbe 20 giorni dopo la precedente con la grandiosa allegoria della torre, e che è dominata dalla mostruosa bestia che gli si presenta e di fronte alla quale, facendo appello alla fede, non arretra, è per ben tre volte definita una « prefigurazione della persecuzione che sopraggiunge » (εἰς τύπον τῆς θλίψεως τῆς ἐπερχομένης Vis. IV 1,1, ma cfr. anche Vis. IV 2,5 ; IV 3,6). Erma, incoraggiato da una voce che gli dice di non dubitare (IV 1,7 μὴ διψυχήσεις ; il verbo διψυχέω e il sostantivo διψυχία sono caratteristici di Erma40), fa appello alla sua fede in Dio e acquista coraggio per affrontare e quasi sfidare il κῆτος, ma questo gli passa accanto e si dilegua. Appare allora ad Erma una giovane donna che gli spiega il significato dei quattro colori della bestia mostruosa e aggiunge (Vis. IV 2,5-6) : « Tu sei scampato a una grande prova grazie alla tua fede e per non avere dubitato ; vai ora a spiegare il significato di tutto questo agli eletti del Signore ». Segue un appello alla comunità : « Se voi vi preparate in modo adeguato e dal profondo del cuore vi pentite e vi convertite (μετανοήσετε) al Signore, se il vostro cuore è puro e irreprensibile (καθαρὰ καὶ ἄμωμος), potrete sfuggire ad essa. Ai dubbiosi, a quelli che non ascoltano queste parole e che non si convertono saranno invece inflitti terribili castighi, Cosὶ che per loro sarebbe stato meglio non nascere ». Rilevante questo rivolgersi nella seconda persona plurale (come spesso nelle Visioni, ma non nel resto del Pastore) alla comunità degli eletti (frequente l’apostrofe ἀδελφοί). Poco più avanti (Vis. IV 3,4) si dice che « quelli che resisteranno al fuoco e si purificheranno, come l’oro si purifica con il fuoco dalle scorie, saranno utili per la costruzione della torre » (χρήσιμοι ἔσεσθε εἰς τὴν οἰκοδομὴν τοῦ πύργου). Sono toccati dunque i temi della caduta, del dubbio nella fede davanti al pericolo (διψυχία), del pentimento (μετάνοια), dell’offrirsi al martirio (purificazione del fuoco). Chi vince il dubbio e si offre alla prova sarà degno di entrare nella Chiesa degli eletti. Interessante nella IV Visione la ripresa del tema della costruzione della torre nella quale entrano solo le pietre ben levigate, mentre vengono scartate le altre con asperità o fenditure.

Il componimento contenuto nel foglio 21 (recto e verso) del Codex Visionum dal titolo Le Seigneur à ceux qui souffrent è un appello diretto del Signore a quelli che soffrono e hanno sofferto per la fede (è trasparente l’allusione alla persecuzione di Diocleziano) : c’è il tema della μετάνοια (v. 10), il tema della tribolazione per l’affermazione della propria fede che abilita ad entrare nella torre (ξήρ]ος δ’α[ύθ’] oδe κόσμος, ὑμὶν δ’ἀγαθὸ ς πάλιν ἔσται / ο ]ὕν [ ε ] κα μοχθήσαντ’ ἱερὸν ποτὶ ἴκoiσθε / πύργ[ον ἔσ[ω δικαίων, τεθραμμέvoι ἐv παραδείσῳ). Anche qui ci si rivolge con la seconda plurale alla comunità dei fedeli che già hanno sofferto o che sono minacciati dalla persecuzione.

Al v. 21 si indicano espressamente coloro che hanno bruciato le Scritture. Come è stato già ben visto, questo è un preciso riferimento alla persecuzione di Diocleziano quando per la prima volta furono bruciati i libri della fede cristiana41. Ma gli emissari dell’imperatore furono aiutati nella loro opera di distruzione da quei cristiani che, rinnegando la loro fede, consegnarono gli esemplari della Scrittura perché fossero bruciati (traditores codicum). Questi sono coloro che verranno ignominiosamente scartati e gettati via dalla torre. E’ significativo il verbo usato al v. 21 (è il Signore che parla) : ῥίψω γὰρ κaκoeργoὺς ἑκάς τ’ ἔμev κτλ. La scelta non è casuale. E’ lo stesso verbo che, sia pure in forma composta (Vis. III 6,1 ἀπερίφησαv), viene usato nella III Visione nella descrizione della costruzione della torre. L’anziana signora che risponde alle domande di Erma elenca diversi casi di cristiani che sono scartati, che vengono appunto gettati via e lontano, perché sono pietre inservibili (Vis. III 6, 2-5) : « Quelli che hanno conosciuto la verità ma non perseverano ; quelli che conservano rancore nel loro cuore ; quelli che hanno fede e rispettano la giustizia, ma hanno ancora un fondo di iniquità ; quelli che possiedono la fede, ma anche le ricchezze di questo mondo e a causa delle ricchezze rinnegano il loro Signore ». Si direbbe che l’autore del componimento poetico ha voluto completare l’elenco, aggiungendo ora, tra le pietre inservibili, oltre ai seminatori di discordia, i traditores codicum, coloro che per viltà hanno consegnato i libri sacri, rendendosi Cosὶ complici di coloro che li avevano bruciati.

Era già stato affermato che anche per la trasmissione di Erma la persecuzione di Diocleziano ha rappresentato una svolta, perché la distruzione col fuoco di parecchi esemplari del Pastore (che era aggregato ai testi sacri, sia pure in appendice) non potè non determinare un impoverimento, un restringimento della corrente tradizionale42. L’antigrafo su cui è stato copiato PBOD 38 è uno degli esemplari che si sono salvati da questo rogo e ha avuto la sorte di ispirare sul tema della conversione e della salvezza i poeti della comunità monastica che ha prodotto il Codex Visionum.

Vorrei, in conclusione, porre un problema a proposito dell’autografia dei componimenti, dicendo subito che non ho soluzioni sicure da proporre. Nel poemetto Eloge] du Seigneur Jésus ci sono correzioni significative che cambiano l’assetto di più versi (3, 4, 5, 6-7). Non si tratta della semplice correzione di errori materiali ; viene proposta una diversa redazione del testo. Se la mano che ha vergato le varianti alternative fosse la stessa, visto che la composizione dei Poèmes divers si situa in un arco cronologico breve, che verosimilmente questi poemetti non hanno avuto una tradizione manoscritta ulteriore, che sono rimasti all’interno della comunità che li ha prodotti, si potrebbe concludere che scriba e autore del componimento coincidono. Diciamo : la scienza filologica, con gli strumenti di indagine a disposizione, direbbe che quel componimento è autografo. Si puὸ citare, come esempio, POxy. 3537 del III / IV sec. (Hexameter Verse : Ethopoea and Encomium). Secondo l’editore Peter Parsons, poiché le correzioni sono della stessa mano e sono veri e propri secondi pensieri, è verosimile che noi abbiamo a che fare con un manoscritto d’autore, con varianti d’autore43. Ho voluto scegliere questo esempio tra i molti, perché c’è affinità di ’genere’, sia pure in ambito pagano, con due dei componimenti del Codex Visionum che sono dichiaratamente delle etopee44. Ma basta scorrere la lista degli autografi stesa da Dorandi per vedere che su questa stessa base sono stati riconosciuti gli autografi su papiro di poeti o di prosatori la cui produzione certo fu di rapido consumo e non entrὸ nell’alveo di una corrente tradizionale.

Hurst e Rudhardt, al termine di una attenta analisi paleografica, hanno concluso che la mano del correttore è diversa da quella dello scriba45 e che quindi non puὸ trattarsi di esercizi di versificazione, ma della trascrizione di un testo preesistente. La fotografia puὸ trarre in inganno, ma a me sembra che la mano correttrice non sia di molto posteriore a quella che ha materialmente vergato il testo. Ci si puὸ chiedere questo : pur ammettendo una (certo limitata) circolazione dell’Eloge] du Seigneur Jésus e anche una serie (certo piccola) di anelli di trasmissione nei decenni anteriori alla confezione del Codex Visionum, non si dovrà pensare sempre a una trasmissione che avviene all’interno di una comunità chiusa ? In questo caso, se non sono ’varianti d’autore’, sono pero varianti di qualcuno vicino all’autore, appartenente al suo stesso ambiente, qualcuno che vive ancora il ricordo del martirio di Doroteo e sente profondamente il richiamo dell’allegoria visionaria di Erma.

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1 Papyrus Bodmer XXXVIII. Erma : Il Pastore (Ia-IIIa Visione), Edito con introduzione e commentario critico da A. Carlini (con la collaborazione di L. Giaccone), Appendice : Nouvelle description du Codex des Visions par R. Kasser, avec la collaboration de G. Cavallo e J. van Haelst, Fondation Martin Bodmer (Cologny-Genève 1991).

2 K. Aland (†) und H.-U. Rosenbaum, Griechische Christliche Papyri, II / 1 : Kirchenväter-Papyri, Beschreibungen, « Patristische Texte und Studien » 42 (Berlin-New York 1995) 237-264. Nelle 27 pagine di « descrizione » di PBOD 38 sono toccati, specie nelle note, anche problemi relativi alla composizione e alla tradizione testuale del Pastore.

3 Nella serie dei 10 volumi (gli ultimi tre di Tavole) pubblicati dalla Casa Editrice K.G. Saur per conto della Fondation Martin Bodmer (München 2000), i testi del Codex Visionum sono contenuti nel quinto : Graeca christiana XXIX-XXXVIII. Rilevanti per l’origine e la storia della raccolta di papiri greci e copti della Bibliotheca Bodmeriana le pagine introduttive al primo volume di R. Kasser (XXI-XXXVII).

4 Sul contenuto originario del Codice Bodmeriano (con un bifolio centrale perduto) si dichiarano d’accordo Aland (†) e Rosenbaum, Griechische Christliche Papyri cit. (supra n. 2) 238 e n. 20 ; cfr. anche A. Kirkland, Recens. a PBOD 38, « Novum Testamentum » 34 (1992) 302-303.

5 N. Brox, Der Hirt des Hermas, Übersetzt und erklärt, « Kommentar zu den Apostolischen Vatern » 7 (Göttingen 1991). Anche Robert Joly, il benemerito editore del Pastore per le « Sources chrétiennes », nel suo contributo illustrativo delle varie problematiche (Le milieu complexe du ’Pasteur d’Hermas’, in ANRW II, 27,1, 1993, 524-551 : 525), ha potuto lavorare solo sugli articoli preparatori. Prezioso per me è stato un dialogo diretto con lui, in occasione di un seminario sul Pastore organizzato da Paul Mertens a Liegi nel Dicembre 1986.

6 Papiasfragmente. Hirt des Hermas, Eingeleitet, herausgegeben, übertragen und erläutert von U.H.J. Körtner und M. Leutzsch, « Schriften des Urchristentums » 3 (Darmstadt 1998). L’edizione critica del Pastore di Leutzsch occupa le pagine 105-497.

7 Hermas, El Pastor, Introducciôn, traducciôn y notas de J.J. Ayan Calvo (Madrid 1995).

8 Shepherd of Hermas, A Commentary by Carolyn Osiek, Hermeneia (Minneapolis 1999).

9 Per una possibile reminiscenza paolina in questo passo del Pastore, cfr. A. Carlini, Erma (Vis. II 3,1) testimone testuale di Paolo ?, « Studi Class. e Orient. » 37 (1987) 235-239. Brox, Der Hirt des Hermas cit. (supra n. 5) 102 accoglie l’integrazione di PBOD, ma ritiene che il testo più ampio restituisca semplicemente « eine der typischen Redefiguren » di Erma. Cfr. anche Leutzsch, Hirt des Hermas cit. (supra n. 6) 400, n. 195 ; Osiek, Shepherd of Hermas cit. (supra n. 8) 56 e n. 16.

10 Carlini, Papyrus Bodmer XXXVIII27 ; 68.

11 Rec. a PBOD, « The Journ. of Theolog. Stud. » 44 (1993) 689-690 : 690. Anche R. Gounelle accoglie la tesi che il testo di SA(e) sia frutto d’« une correction théologique » : « Revue de Théologie et de Philosophie » 126 (1994) 277-278 : 277.

12 A. Carlini, Le passeggiate di Erma verso Cuma (su due luoghi controversi del Pastore), in Studi in onore di Edda Bresciani (Pisa 1986) 105-109. Per la discussione del problema testuale, cfr. Leutzsch, Hirt des Hermas cit. (supra n. 6) 377, n. 13 e Osiek, Shepherd of Hermas cit. (supra n. 8) 43 e nn. 11-14. Le difficoltà che suscita la congettura Κούμας sono riconosciute da Brox, Der Hirt des Hermas cit. (supra n. 5) 80 e n. 13 e da A. Hilhorst, Hermas, in Reallexikon für Antike und Christentum 14 (1988) 692. Hilhorst, anzi, considera la congettura Κούμας « wahrscheinlich falsch ».

13 Di diverso avviso G. Lusini in un lavoro di prossima pubblicazione nel periodico « Apocrypha » : Nouvelles recherches sur le texte du Pasteur d’Hermas. Se nel Pastore manca la specificazione della città (come in Mc. 8,27 καὶ ἐξῆλθεν ὁ Ιησοῦς καὶ οἱ μαθηταὶ αὐτοῦ εἰς τὰς κώμας Kαισαρείας τῆς Φιλίππου), questa indicazione si ricava pero facilmente dal contesto narrativo (la cintura dei villaggi è intorno a Roma, nominata subito prima [Vis. I 1,1] e richiamata con la menzione del Tevere [Vis. I 1,2]).

14 Carlini, Papyrus Bodmer XXXVIII 35, n. 73 ; Brox, Der Hirt des Hermas cit. (supra n.5) 71-74 ; Osiek, Shepherd of Hermas cit. (supra n. 8) 7-8.

15 D. Harlfinger, Autographa aus der Palaiologenzeit, in Geschichte und Kultur der Palaiologenzeit, Referate des Internationalen Symposions zu Ehren von H. Hunger (Wien 1996) 43-50 : 49.

16 16 M. Bandini, Rec. a Leutzsch, « Riv. di Fil. e d’Istr. Class. » 126 (1998) 332-333. E’ merito di Bandini avere in un lavoro specifico esaminato i problemi critici relativi alla Doctrina ad Antiochum ducem che è una miniera di testimonianze indirette del Pastore : La Doctrina ad Antiochum ducem pseudo-atanasiana. Tradizione diretta, struttura, datazione, « Prometheus » 23 (1997) 171-187.

17 Leutzsch, Hirt des Hermas cit. (supra n. 6) 122 e n. 47 ; A. Carlini, P Michigan 130 (inv. 44H) e il problema dell’unicità di redazione del Pastore di Erma, « La parola del passato » 128 (1983), 29-37 : 37 ; Carlini, Papyrus Bodmer XXXVIII19-28. Cfr. anche Bandini, Rec. a Leutzsch cit. (supra n. 16) 335.

18 Carlini, Papyrus Bodmer XXXVIII15-24.

19 Su questo problema, precisazioni e correzioni in A. Kirkland, Recens. a Papyrus BodmerXXXVIII, « Novum Testamentum » 34 (1992) 303.

20 Elenco delle ragioni che militano a favore della ’separazione’ in A. Carlini, La tradizione testuale del Pastore di Erma e i nuovi papiri, in Le strade del testo a cura di G. Cavallo (Bari 1987) 31-33. A. Kirkland (The Literary History of the Shepherd of Hermas Visions I to IV, « The Second Century » 8, 1991, 87-102), dichiarandosi subito del parere che il Pastore sia « the product of various stages of composition », per quanto riguarda specificamente le Visioni cerca di dimostrare con un’analisi puntuale che l’ordine attuale non è quello originario per dislocazione di fogli nell’ « archetype » e per l’intervento maldestro di un ’editore’. Ho francamente qualche difficoltà nel vedere applicato alla tradizione del Pastore il termine ’archetipo’ in senso lachmanniano o maasiano.

21 Ph. Henne, L’unité du Pasteur d’Hermas. Tradition et rédaction, « Cahiers de la Revue Biblique » 31 (Paris 1992) 45-65. Henne ha anche discusso l’edizione di PBOD in una recensione nella « Revue d’Histoire Ecclésiastique » 87 (1992) 147-150.

22 Continuo a credere alla datazione tradizionale, accolta anche da B.M. Metzger, The Canon of the New Testament. Its Origin, Development, and Significance (Oxford 1987) 191-194. Recentemente, G.M. Hahneman (The Muratorian Fragment and the Development of the Canon, Oxford 1992) ha sostenuto invece una datazione al sec. IV e un’origine orientale.

23 A. Carlini, Testimone e testo : il problema della datazione di Pland 14 del Pastore di Erma, « Studi Class. e Orient. » 52 (1992) 17-30 ; cfr. anche Osiek, Shepherd of Hermas cit. (supra n. 8) 2 e n. 13.

24 Potrebbe trattarsi di una scrittura ’mimetica’ : cfr. Carlini, Testimone e testo cit. (supra, n. 23) 22-27.

25ερὰ Μανὴ καὶ Αρχιεπισκοπὴ Σινᾶ, Tὰ νέα εὑρήματα τοῦ Σινᾶ, ’Aθῆναι, ’’Υπουργεῖο Πολιτισμοῦ & ῞Yρυμα ῞Oρους Σινᾶ 1998, 141, nr. 1.

26 Nel 1983 l’Arcivescovo Damianos tenne una relazione sui nuovi reperti del Sinai al II Congresso Internazionale di Paleografia e Codicologia di Berlino e Wolfenbüttel (Vorrésumés derReferate, Berlin 1971, 71) che pero non è stata pubblicata negli Atti. Sulla lunga storia del Sinaitico dal ritrovamento di Tischendorf, cfr. P. Nicolopoulos, The Library, in Sinai. Treasures of the Monastery of Saint Catherine, General Editor K.A. Manafis (Athens 1990) 349-355 : 349-350.

27 Th. Skeat, The Codex Sinaiticus, the Codex Vaticanus and Constantine, « The Journal of Theolog. Stud. » N.S. 50 (1999) 583-625.

28 Quest’ipotesi è stata avanzata cautamente in Carlini, Papyrus Bodmer XXXVIII, 20 e n. 53.

29 Catalogue of Greek and Latin Literary Papyri in Berlin (P. Berol. Inv. 21101-21299, 21911), Edited by G. Ioannidou, Berliner Klassikertexte IX (Mainz am Rhein 1996) 204 (nr.163). Il papiro era già stato edito da P. Sarischouli, Berliner Griechische Papyri. Christliche literarische Texte und Urkunden aus dem 3. bis 8. Jh. n. Chr., « Serta Graeca » 3, (Wiesbaden 1995) 83-86 (nr.9).

30 Su queste citazioni ’clandestine’ del Pastore, cfr. Bandini, La Doctrina ad Antiochum ducem cit. (supra n. 16) 184-185 ; Carlini, Papyrus BodmerXXXVIII37, n. 86.

31 Carlini, Papyrus Bodmer XXXVIII, 26-28.

32 La pubblicazione è prevista nel vol. 30 (2000) della « Revue d’Histoire des Textes ».

33 Per una prima informazione, cfr. M. Bandini, Alcune nuove fonti greche in M. Bandini-G. Lusini, Nuove acquisizioni intorno alla tradizione testuale del Pastore di Erma in greco e in etiopico, « Studi Class. e Orient. » 46.2 (1997) 625-629 : 629 ; M. Bandini, Per il testo del Pastore di Erma : recenti acquisizioni e prospettive di ricerca, « Memorie storiche forogiuliesi » 79 (1999) 33-39 : 38. Tra le nuove acquisizioni critiche va segnalata la recente edizione critica della versione Palatina del Pastore, perché per la prima volta mette a frutto l’ampio frammento di Düsseldorf (Precetti VIII-IX e parte del X) vergato alla metà del sec. VIII nella Northumbria o nel Kent : Il Pastore di Erma. Versione Palatina, Ed. critica, trad. ital., commento di A. Vezzoni, Introd. di A. Carlini, « Il Nuovo Melograno » 13 (Firenze 1994).

34 G. Lusini, Per una nuova edizione del Pastore di Erma etiopico, in M. Bandini-G. Lusini, Nuove acquisizioni cit. (supra n. 33) 629-635.

35 A. Hilhorst, nella recensione a PBOD 38, « Vigiliae Christianae » 50 (1996) 418, ha sottolineato il carattere paradossale dei risultati dello studio di PBOD che, più che per lezioni nuove in assoluto, si segnala per il sostegno dato molto autorevolmente a lezioni considerate prima di minore importanza (es. nel Codex Athous) o addirittura trascurate (come nelle due versioni latine).

36 Il problema è stato posto da A. Petrucci, Dal libro unitario al libro miscellaneo, in Tradizione dei classici, trasformazioni della cultura, Società romana e impero tardoantico, cura di A. Giardina, vol. IV (Bari 1986) 178.

37 Th. Bogdanos, The Shepherd of Hermas and the Development of Medieval Visionary Allegory, « Orpheus » 22 (1975) 59 ; per il confronto con la Visio Dorothei, cfr. Carlini, Papyrus Bodmer XXXVIII14 e n. 23 : come Erma ha un compito ben preciso da svolgere nella comunità (Vis. II 4, 2-3), Doroteo chiede ed ottiene di farsi messaggero e interprete di ciὸ che gli è stato confidato (vv. 339-343). Come gia E. Livrea ha osservato (« Gnomon » 58, 1986, 691, n.13), il nome simbolico e mistico ’Avδρέαç che il protagonista assume dopo il battesimo puὸ essere posto in relazione con l’esortazione che l’anziana signora fa ad Erma alla fine della prima Visione (4,3) : ἀνδρίζου, ’Eρµᾶ. Si puὸ pensare poi anche al rilievo che in tutto il componimento poetico di Doroteo ha il ’Palazzo’ come dimora del Signore, in relazione all’allegoria della torre simboleggiante la Chiesa nella III Visione di Erma. Questo confronto tra Pastore e Visione di Doroteo è stato ripreso e approfondito da E. Livrea, La Visione di Dorotheos come prodotto di consumo, in O. Pecere e A. Stramaglia (edd.), La letteratura di consumo nel mondo greco-latino (Università degli Studi di Cassino 1996) 69-95 : 80-85.

38 Papyri Bodmer XXX-XXXVII. « Codex des Visions » Poèmes divers, Edités avec une Introduction générale, des traductions et des notes par A. Hurst et J. Rudhardt, Bibliotheca Bodmeriana (München 1999) 6-12.

39 Hurst-Rudhardt, Papyri Bodmer XXX-XXXVII 14-24.

40 Brox, Der Hirt des Hermas cit. (supra n. 5) 551-553 e Osiek, Shepherd of Hermas cit. (supra n. 8) 30-31, con la bibliografia specifica precedente.

41 Hurst-Rudhardt, Papyri Bodmer XXX-XXXVII 14-15 ; 147. Sul rogo dei libri, cfr. W. Speyer, Büchervernichtung und Zensur des Geistes bei Heiden, Juden und Christen (Stuttgart 1981) 76 ss.

42 Carlini, Papyrus Bodmer XXXVIII26-28.

43 Gli autografi letterari sono stati elencati da T. Dorandi, Le stylet et tablette. Dans le secret des auteurs antiques (Paris 2000) 54-60. E’ capitato anche a me di pubblicare un abbozzo poetico del I sec. d. C. che deve considerarsi autografo (Dorandi 54 ; « Ann. della Scuola Norm. Sup. di Pisa » s. II 25, 1966, 5-11 e tav. II ; cfr. F. Uebel, « Arch. für Papyrusf. » 24 / 25, 1976, 219-220) : in questo caso alle varianti interlineari della stessa mano si aggiunge il fatto, rilevante, che il poeta comincia sul recto di un foglietto, poi, arrivato al v. 10, evidentemente insoddisfatto, passa al verso, riscrive i primi versi tali e quali e poi dal v. 11 cambia completamente assetto.

44 Il titolo ai vv. 3-4 di POxy. 3537 (recto) è τίνας ἂν λόγου[ς ’Ησίοδος εἴπο]ι ὑπὸ Ιτῶν Μουσῶν e.[ c. 8 μ]ενος ; nel Codex Visionum al f. 21 recto, r.17 si legge τί ἂν εἴποι ὁ Καιν ἀποκτείνας τὸ[ν Αβηλ e al f. 21 verso, r. 32 si legge τ[ί ἂν εἴπ]οι ὁ ᾿Aβηλ ἀναίρηθεὶς ὑπὸ τοῦ Καιν. Grazie ai componimenti compresi nel Codex Visionum, si potrà retrodatare di molti secoli l’utilizzazione cristiana del ’genere’ dell’etopea : cfr. J.-L. Fournet, Une éthopée de Cain dans le Codex des Visions de la Fondation Bodmer, « Zeitschr. für Papyr. und Epigr. » 92 (1992) 253-266.

45 Hurst-Rudhardt, Papyri Bodmer XXX-XXXVII 6.