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Ancora sul Mythographus Homericus (e l’Odissea)

Franco MONTANARI

Università degli Studi di Genova

Il cosiddetto Mythographus Homericus (da ora in avanti MH) costituisce un interessante tema di indagine nel campo dell’esegesi omerica antica e in quello dell’erudizione mitografica. Tenendo conto dei progressi nella ricerca e delle nuove testimonianze fomite soprattutto dai papiri, qualche anno fa (nel 1995) ho riconsiderato globalmente questo «testo» e i problemi principali che lo riguardano, vale a dire essenzialmente la sua origine, la sua definizione e le sue caratteristiche (di che cosa si tratta) e anche, di conseguenza, la sua posizione storico-culturale e la valutazione delle notizie che offre. Una riconsiderazione complessiva del problema ha fatto in seguito Monique van Rossum-Steenbeek in un capitolo di un interessante libro dedicato a diversi generi di letteratura erudita nei papiri, trovando nel suo pregevole esame delle varie questioni motivi di consenso e altri di dissenso nei confronti delle idee da me sostenute1. Non posso affrontare di nuovo in questa sede tutti gli aspetti del problema, sul quale penso di tornare in seguito in modo sistematico: ne toccherò soltanto qualcuno, non senza esprimere soddisfazione per il fatto che il MH sia oggi oggetto di ben maggiore interesse rispetto a quanto accadeva in passato e dunque anche oggetto di una comunicazione in questo colloquio.

In primo luogo mi sembra opportuno ricordare qui ciò che si intende con la denominazione di MH. Essa comprende insieme materiale presente nella scoliografia omerica e in alcuni frammenti papiracei, materiale che si intende risalire a un unico testo. Il materiale contenuto negli Scholia D a Omero è rappresentato da un considerevole gruppo di ἱστορίαι, che forniscono informazioni mitografiche dove il testo omerico ne offre l’occasione. Esse sono introdotte dal lemma, che costituisce il legame preciso con il testo dell’Iliade o dell’Odissea, seguito da un resoconto mitografico più o meno esteso; infine abbiamo, almeno nella maggior parte dei casi, una sottoscrizione che attribuisce la ἱστορία a una fonte: ἡ ἱστορία παρὰ τῷ δεῖνα, (ὡς) ἱστορεῖ ὁ δεῖνα, οὕτως ὁ δεῖνα2; quando la sottoscrizione manca, possiamo ragionevolmente pensare che sia andata perduta nella trasmissione. Questo è ciò che si intende per MH nel corpus degli scoli omerici, segnatamente della classe D: il suo precedente antico è rappresentato da simili ἱστορίαι mitografiche ritrovate in frammenti di papiro. Quando parliamo di MH, abbiamo dunque a che fare con l’intero insieme di ἱστορίαι mitografiche omeriche restituite dai papiri e dagli Scholia D a Omero, intendendo – come si diceva sopra – che esso provenga da uno stesso testo, che ha subito modificazioni anche cospicue nel corso della tradizione. Nel corpus degli Scholia D all’Iliade le ἱστορίαι mitografiche sono una presenza abbondante e costante; un numero sensibilmente inferiore si trova negli Scholia D all’Odissea, in accordo peraltro con la minore ricchezza in generale degli scoli odissiaci (anche tenuto conto dell’arretratezza dell’edizione disponibile e degli studi sulla tradizione manoscritta). Per quanto riguarda i papiri, la loro testimonianza è oggi assai più ricca rispetto a venti o anche solo dieci anni fa e comprende allo stato attuale una decina di pezzi, otto per l’Iliade e due (però uno è dubbio) per l’Odissea3.

Il materiale in nostro possesso ci permette ora di affermare con certezza che il MH è nato con lo scopo di provvedere un commento mitografico sistematico all’intera Iliade e all’intera Odissea. Il PSI 1173, datato al III see. d. C., è l’unico papiro sicuro per l’Odissea ma anche uno dei reperti più interessanti ed estesi: sono conservati parti di otto fogli di un codice papiraceo, nel quale si riconoscono resti di ἱστορίαν relative ai libri III, XI, XII, XIII, XIV (uno degli otto frammenti non è identificato e potrebbe appartenere a un altro libro ancora4), dunque un esemplare che (forse in una quarantina di fogli?) doveva senz’altro coprire l’intero poema. Il POxy 4096, datato al II sec. d. C., è anche più cospicuo per quantità di testo conservato: sono numerosi frammenti di un volumen, che interessano in tutto sette libri dell’Iliade nella parte finale del poema e restituiscono parti di ἱστορίαι dal libro XVIII al libro XXIV5. L’insieme dei testimoni per l’Iliade oggi disponibile offre così porzioni di testo che vanno dal libro I al libro XXIV e conferma inequivocabilmente che questo genere di esegesi erudita esisteva per l’intero poema. In tutti i frammenti identificati del MH l’ordine è quello del testo omerico e ci sono sempre i lemmi che collegano direttamente la ἱστορία al verso oggetto di commento6. Talvolta una ἱστορία prende spunto da un particolare accennato nel testo poetico, anche da una singola parola o espressione, che richiedono o almeno suscitano il desiderio di una spiegazione, di un commento di contenuto mitografico. La forma del MH risulta dunque inequivocabilmente quella del commentario mitografico, cioè un commentario con uno scopo e un contenuto specifico (continuare a chiamarlo un «manuale» di mitografia omerica non è una buona definizione e può risultare fuorviante), che aveva una certa diffusione a partire probabilmente dal I sec. d. C., almeno per quanto si può dire allo stato attuale: i frammenti conservati coprono un arco temporale che va dal see. I-II al sec. V; nella ἱστορία a Iliade 1.400 (conservata parzialmente in POxy. 418 e completa negli Scholia D) è citato Didimo7, il che offre un valido terminus post quem.

I reperti papiracei ci dicono che il MH almeno in età imperiale, prima di confluire nell’archetipo degli Scholia D, circolava isolato da altri materiali esegetici. La cosa è degna di essere notata. Nel quadro della Homeric Scholarship dall’età alessandrina all’età tardoantica non mancano certo, anzi prevalgono esempi di commentari che presentano una commistione (più o meno ricca) di contenuti diversi: discussioni sull’assetto del testo unitamente a materiale esegetico vario, glossografico-parafrastico, grammaticale, antiquario. Invece il MH compare a sé stante, in copie che contenevano soltanto la serie isolata delle ἱστορίαι: i ritrovamenti sono ormai più che sufficienti per assicurare che questa era la regola; solo negli Scholia D troveremo il MH mischiato ad altri elementi esegetici. Questo può voler dire due cose: o il MH è nato in questa forma, cioè è stato scritto espressamente come un commentario specializzato; oppure (relativamente presto, anche se comunque dopo Didimo, dunque dopo l’età augustea) esso è stato prodotto estraendo e rielaborando l’elemento mitografico da commentari più ricchi e miscellanei, dove questo tipo di esegesi conviveva frammischiato al resto. Una certa analogia per questo può essere indicata (con le dovute prudenze, limitazioni e differenze) nel materiale di tipo glossografico-parafrastico, che si trova spesso frammischiato a vari altri contenuti, ma che in età imperiale comincia a presentarsi anche nella forma autonoma dei numerosi frammenti di scholia minora (definiti anche glossari)8: dunque due modalità differenti convivono in modo non esclusivo, il che peraltro appare ragionevole e persino ovvio per qualcosa di così magmatico e facilmente distribuibile come pezzi di parafrasi e glosse, lasciando aperta la possibilità di trattare questo tipo di spiegazione del testo secondo la volontà e le esigenze del prodotto che si perseguiva. La stessa distribuzione poteva caratterizzare anche l’elemento mitografico nei prodotti di esegesi omerica. Per quanto riguarda invece specificamente il MH, come dicevamo, esso si presenta sempre in forma autonoma: il che fa pensare che sia nato autonomamente e pone decisamente il problema se sia nato isolato perché un autore lo ha scritto di sua creazione oppure perché un «compilatore» lo ha messo insieme in modo più o meno meccanico da altre fonti.

Nel lavoro citato all’inizio parlavo di «compiler»9, mentre con voluta differenziazione M. van Rossum-Steenbeek usa il termine «author»10: «The name Mythographus Homericus is generally used to indicate the author of a collection of mythical stories…», e in nota alla parola «author»: «The term author is used and not compiler – the latter occurs in Montanari (1995: 165) and in the ed. pr. of 53 [scil. POxy. 4096] p. 15 – because the collection of the MH does not consist of extracts verbally adopted from previous literature but rather of stories sharing specific characteristics, even though their contents are based on earlier writings. As most catalogues (cf. ch. 411) consist of names that are extracted from previous literature and do not allow us to distinguish a certain style, they will be called ‘compilations’ written by ‘compilers’«. Queste considerazioni sono giuste e accettabili, corroborate anche dall’analisi dello stile delle historiae che la studiosa presenta subito dopo12. Ma non credo che le nostre idee e concezioni siano molto lontane: io non intendevo dare al termine «compiler» un significato pregnante e un valore brutalmente meccanico, di pedissequo ricopiatore e assemblatore di pezzi. Condivido l’opinione che quelle del MH siano «stories sharing specific characteristics, even though their contents are based on earlier writings»: il nocciolo del problema sta nel significato che diamo al fatto che i contenuti di queste historiae siano basati su opere precedenti. Così mi esprimevo nell’articolo citato (p. 165): «I believe the MH derives from reliable sources belonging to the field of Homeric scholarship and of learned mythography. Some compiler built up the MH by borrowing from sources with mixed material, like hypomnemata or other learned products, and shaping it into a veritable specialized commentary which… had isolated circulation. This is a by no means unusual case in which reduced, epitomized and simplified or specialized forms gained favour at the expense of the products of the great scholarly tradition, inasmuch as many of the fragments of hypomnemata or syngrammata that have come down to us on papyri dating from the early centuries of the imperial age are already in epitomized form. The MH may have assumed its present form, as shown in the papyri, just after the Augustan age». Forse non tutto è assolutamente esplicito in queste righe e credo di dover precisare meglio il mio pensiero, compresi i dubbi che ne fanno parte.

Una possibilità è che il MH abbia lavorato per così dire di prima mano: leggeva il testo omerico e, quando riteneva di dover provvedere un commento mitografico, consultava autori come Erodoto, Ferecide, Acusilao, Ellanico, Demetrio di Scepsi, Prosseno Epirota, Apollodoro e diversi altri, oppure poeti come (oltre a Omero stesso) Esiodo, Euripide, Euforione, Apollonio Rodio, Licofrone e altri, traendone i contenuti che riteneva utili e scrivendo sulla base di questi le proprie ἱστορίαι, provviste di lemma omerico e di sottoscrizione per indicarne almeno la fonte principale. L’altra possibilità è che il MH abbia lavorato essenzialmente e principalmente su esistenti opere di interpretazione omerica a sua disposizione, in prevalenza hypomnemata ma anche syngrammata (e forse anche – perché no? – occasionalmente qualche altro testo, come opere di erudizione mitografico-antiquaria13), nei quali trovava molti materiali mitografici già selezionati e rielaborati a scopo esegetico, e da questi abbia tratto i contenuti delle ἱστορίαι che scriveva, provviste naturalmente del lemma omerico e di sottoscrizione per indicarne almeno la fonte principale. In entrambi i casi non ho difficoltà ad attribuirgli la definizione di «autore», anche se non si può negare che il termine assuma un significato diverso.

Propendo per la seconda ipotesi, che mi sembra molto più verisimile. In suo favore parla per esempio la presenza della citazione di Didimo come fonte nella ἱστορία a Iliade 1.400 (conservata completa negli Scholia D e parzialmente, per frattura meccanica, in POxy. 418). In questo caso il MH può aver avuto di fronte l’opera di Didimo e aver trovato che nei materiali fomiti nessuna fonte utilizzata dal grammatico era così prevalente e decisiva rispetto all’elaborazione fattane, per cui ha deciso per una subscriptio a Didimo stesso. In questo senso va decisamente il fatto che la ἱστορία sia preceduta da e collegata alla presentazione di una variante testuale: questo si trova proprio nel papiro, che dunque doveva contenere anch’esso (nel finale perduto) la sottoscrizione a Didimo. O tutto questo è stato fatto secondariamente, cioè è né più né meno che un’aggiunta al testo originale del signor MH, oppure parla in favore dell’origine da un commentario14. Rimando ancora al troppo citato articolo del 1995 per gli argomenti relativi alla ιστορία a Il. 1.264 (compreso il parallelo fornito dal frammento di hypomnema POxy. 1611), che considero ancora utili a questo proposito. Utili anche in relazione a un altro stadio del problema, che è il seguente: i papiri e gli Scholia D ci conservano sempre o spesso o talvolta la versione originale scritta da MH oppure abbiamo normalmente una versione già ridotta ed epitomata? Penso che ci siano indizi per ritenere che in genere la versione a nostra disposizione (anche nei papiri) sia già frutto di manipolazioni, anche se è senz’altro molto difficile dire in che misura e in che modo: credo che questo spieghi bene, tra l’altro, il fatto che talvolta l’opera appaia di livello piuttosto basso15.

Abbiamo menzionato sopra l’importante codice PSI 1173 e ora diremo qualcosa a proposito di questo papiro e della parte di MH che è interessata. Esso contiene brandelli di ἱστορίαι su alcuni libri dell’Odissea, una buona parte delle quali riguarda le eroine incontrate da Odisseo in Od. 11.235-332: nei frr. 2-4 rimangono parti di sei ἱστορίαι ai versi 321-2 e 326, cui segue direttamente un pezzo (nel fir. 4 verso) della ἱστορία su Euripilo, V. 519; nel fr. 5 r abbiamo la ἱστορία su Tantalo, v. 11.582, cui segue l’indicazione del passaggio al libro XII; il resto del fr. 5 e i frr. 6-7 interessano i libri XII-XIV, il fr. 1 riguarda il libro III. Un frammento papiraceo del libro XI dell’Odissea, P.Mil. Vogl. 259, datato al I-II sec. d. C., restituisce le parti iniziali dei vv. 292-310 e reca con certezza una diple davanti al v. 298 e forse la traccia di un’altra diple davanti al v. 30516. La situazione è riassunta nel prospetto in appendice, nel quale le linee tratteggiate indicano le fratture dei frammenti e fanno molto rimpiangere che sia di PSI 1173 che di P.Mil. Vogl. 259 non si sia conservato almeno qualcosa in più, soprattutto almeno una parte corrispondente. È ben noto l’uso della diple da parte dei filologi alessandrini per indicare la discussione di diverse questioni esegetiche, anche di tipo antiquario. Per il v. 298 gli scoli segnalano un problema grammaticale sulla forma del genitivo Τυνδαρέου ο Τυνδάρεω e offrono una ἱστορία relativa a Leda: per ipotesi possiamo pensare che, nel commento esegetico, al problema testuale potesse seguire l’introduzione del materiale mitografico, cioè della ἱστορία che leggiamo nello Sch. D, così come in POxy. 418 per Iliade 1.400 dalla variante di Didimo si passa alla ἱστορία mitografica. La traccia di diple davanti al v. 305 è molto dubbia: se il segno esisteva, gli scoli (almeno come possiamo leggerli, ma non sono davvero escluse sorprese da una nuova e vera edizione degli scoli all’ Odissea) non danno elementi che lo giustifichino e una possibilità ipotetica è che esso si riferisse a una, oggi perduta, ἱστορία mitografica relativa al personaggio di Ifimedea, sposa di Aloeo e madre di Oto ed Efialte17. È un peccato che la porzione di testo omerico di P.Mil. Vogl. 259 e quella di MH di PSI 1173 non si sovrappongano neppure un poco, ad esempio per i vv. 321-326. Non c’è dubbio che l’indizio sia labile, ma certo è stimolante: e soprattutto non è l’unico.

Il prospetto che si trova in appendice presenta: nella prima colonna l’indicazione dei personaggi dell’Odissea che sono o potrebbero essere oggetto di commento mitografico; nella seconda e nella terza la situazione rispettivamente di PSI 1173 e degli Scholia D all’Odissea (sulla base dell’edizione disponibile); la terza colonna serve solo per la piccola porzione di testo interessata da P.Mil. Vogl. 259. Il segno XXX segnala la presenza di una ἱστορία; sotto è indicata la presenza o meno della sottoscrizione, con il nome dell’autore-fonte. Il testo di PSI 1173 relativo al libro XI comincia con il fr. 2 (il fr. 1 riguarda il libro III) e precisamente con il V. 321, la ἱστορία su Fedra: per i versi precedenti, a partire dal V. 287, abbiamo solo gli scoli e non il papiro (mentre abbiamo già parlato sopra del P.Mil. Vogl. 259). Qualche considerazione interessante la possiamo fare se prendiamo la porzione di testo che va da 11.321 a 14.327. Per i vv. 321-520 il parallelo fra papiro e scoli è perfetto: entrambi contengono ἱστορίαι sugli stessi personaggi; entrambi da Enfile del v. 326 passano a Euripilo del v. 519 (per il papiro questo è assicurato dalla continuità del fr. 4), saltando le eventuali «possibilità» offerte dalla menzione nei vv. 387-506 di Agamennone, Achille, Patroclo, Antiloco, Aiace, Achille di nuovo, Neottolemo: probabilmente in quanto personaggi ben noti della saga e forse già trattati in precedenza, a quanto pare (salvo perdite anche negli scoli) essi non hanno stimolato il desiderio di una ἱστορία mitografica. Per quanto riguarda invece la porzione di testo fra 11.519 (Euripilo) e 11.582 (Tantalo), negli Scholia D non troviamo ἱστορίαι ma non possiamo sapere con certezza se il papiro avesse qualcosa perché si passa dal fr. 4 al fr. 5 e non è dato sapere cosa poteva esserci nel mezzo: è probabile che procedessero in parallelo, come accade sicuramente fino alla fine del libro XI, dato che nel fr. 5 r del papiro si legge addirittura esplicitamente il passaggio al libro XII e anche negli scoli non si trovano ἱστορίαι fra 11.582 (Tantalo) e 12.69 (la nave Argo). Per vero dire, nella porzione di testo che va da 11.519 (Euripilo) fino alla fine del libro XI alcune omissioni sono ben comprensibili (Aiace e Eracle, per le ragioni dette sopra a proposito dei personaggi), mentre altre (per esempio Tizio e Sisifo) lasciano aperta la domanda se una ἱστορία non ci fosse per nulla e in questo caso quale fosse il criterio di lavoro (se ce n’era uno). Poi il papiro e gli scoli sembrano procedere in parallelo: è possibile che il fr. 6 e il fr. 7 di PSI appartengano a due fogli consecutivi, considerando anche quello che si trova negli scoli per la parte di testo omerico fra 12.85 e 13.96. Proseguendo con il fr. 7 fino a 14.327, l’unico dubbio, indicato per scrupolo nel prospetto, riguarda il v. 13.408 (Korax), sicuramente saltato nel papiro, mentre negli scoli si legge in effetti un commento che però nella forma pubblicata non ha esattamente l’aspetto di una ιστορία e dunque non è detto che appartenga al MH.

Per quanto riguarda le sottoscrizioni, si osserva facilmente che non ci sono divergenze fra papiro e scoli: quando l’indicazione di fonte è conservata in entrambi, la coincidenza è totale, come peraltro accade con tutti gli altri frammenti di MH su papiro, che riguardano l’Iliade. Ho sottolineato il valore di questo fatto nell’articolo del 1995 e non tomo qui sul problema18.

In appendice si trova anche la presentazione su due colonne di una parte del testo di PSI 1173 (a sinistra) e degli scoli corrispondenti (a destra), non soltanto per comodità del lettore. Ho voluto presentare in questo modo il materiale delle due versioni del MH con lo scopo di sottolineare il parallelo fra i papiri e gli scoli nella forma specifica e nell’arrangiamento di un commentario al testo omerico. Avendo la pazienza di fare questo per tutte le porzioni di MH conservate dai papiri, si guadagnerà in concretezza nel vedere che cosa era il MH, malgrado le deformazioni che può avere subito nei diversi rivoli della sua trasmissione.

Appendice

Odisseaἱστορίαι PSI 1173ἱστορίαι Sch. DP.Mil.Vogl. 259
XI 287 PeròXXX
290 IfidoXXX
298 LedaXXXdiple
305 Iphimedeiadiple?
321 PhaidraXXX fr. 2 r AsklepiadesXXX Asklepiades
ProkrisXXX fr. 2 r-v perdutaXXX Pherekydes
321-2 AriadneXXX fr. 3 r perdutaXXX Pherekydes
326 MairaXXX fr. 3 V PherekydesXXX Pherekydes
KlymeneXXX fr. 3v-4r HesiodosXXX Hesiodos
EriphyleXXX fr. 4 r AsklepiadesXXX Asklepiades
387 Agamemnon
467 Achilleus
Patroklos
Antilochos
Aias
471 Achilleus
506 Neoptolemos
519-20 EurypylosXXX fr. 4 V perdutaXXX Akusilaos
543 Aias?
568 Minos?
572 Orion?
576 Tityos?
582 TantalosXXX fr. 5 r AsklepiadesXXX Asklepiades
593 Sisyphos
601 Herakles
XII 69-70 nave ArgoXXX fr. 5 r-v / fr. 6 r perdutaXXX Asklepiades
XII 85 SkyllaXXX fr. 6 V perdutaXXX Dionysios
XIII 96 PhorkysXXX fr. 7 r perdutaXXX Herodoros
XIII 259 IdomeneusXXX fr. 7 v LykophronXXX Lykophron
XIII 408 Korax? assente
XIV 327 DodoneXXX fr. 7 V ProxenosXXX Proxenos

PSI 1173

Fr. 1 Recto

]μεταλα[

]. ντης πελ[

]δε δό̣ντων[

].ρουντω[

εἰ]ς τὴν Πύλ̣[ον

]νεπομεν̣[

].ε Χλωρι[

]ἐξ ἧς αὐτῶι κ[

]το. ἡ δὲ ἱστορ[ία

παρὰ ‘Eλλανί]κωι.

[ε̣ἴ τε καὶ ἐν π]ελάγει με[τὰ κύμα

[σιν Ἀμφιτρί]της. ἐν τῆ[ι Νάξωι

Verso

]. τη…[

].ος Ὀδυσσέω̣[ς

]υσιως ουχ̣[

]ιος θαλασσ[

]υζην αυτ[

]νεψαι τὴν .[

]. Τηλέμαχος κ[

]ι̣ς ὑβρίσαι τον̣[

]ο̣υ μητέρα α[

]τῶι ἔργωι δὲ[

]ευσεν οκα[

]..[

Fr 2 Recto

[φαν]ερᾶς γεν[ο]μένη[ς τῆς διαβο]

[λ]ῆς ἀναρ̣τ̣η̣θῆνα[ι. ἡ δὲ ἱστορί]

α] παρὰ Ἀσκληπιάδηι.

[Πρ]ό̣κ̣ρ̣ιν. Κέ{λα}φαλ[ο]ς ὁ Δηϊ[ονέως]

[γή]μας Πρόκριν τήν ’Eρεχ[θέως]

[κα]τ̣ῴκει ἐν Θορικῶι. θέλων [δὲ]

[τῆς γ]υναικὸς ἀποπειρᾶσθαι ἀ

[πο]δημεῖ ἐπ’ ἔτη ὀκτὼ καταλ[ι]

[πὼ]ν αὐτὴν ἔτ[|ε|]ι νύμφην, [ἔπει]

[τα κατ]ακοσμήσας ἑαυτὸν κ[αὶ]

[ἀλλ]οι̣ώ[σα]ς ἔρχεται [|ἔρχ[εται]|]

[εἰς τὴν οἰκία]ν ἔχων κ[όσμον]

]..[

Verso

[………]…[..]π̣ρ̣οσα[…]

[………]αυρα γένοιτο καὶ τ[οῦ]

[το μόνον σ]υνειδέναι αἀτῷ˙ἡ [δὲ]

[Πρόκρις] ἀκούσασα ἔρχεται ε[ἰς]

[ταύτ]ην ` [τ]ὴν ´ κορυφὴν καὶ κατα[κρύπτε]

[τ]αι καὶ κατακούουσα αὐτο[ῦ]

τοῦτο λέγοντος προστρέχ[ει]

ὡς αὐτόν, ὁ δὲ Κέφαλος ἐξ[αίφ]

νης ἰδὼν ταύτην έξ[ω αὑτοῦ]

[γί]νεται καὶ ὡς εἶδε βάλλ[ει ἀκον]

[τί]ῳ τὴν Πρόκριν κ[αὶ κτεί]

[νε]ι. μεταπεμψάμεν[ος δὲ τὸν]

[Ἐρεχ]θέα τα.[

Fr. 3 Recto

λ̣άβη̣ κρατήσαντά τε τῆ[ς κεφα]

[λ]ῆς καὶ τῶν τριχῶν σφ[άξαι τῷ]

[Π]οσιδῶνι ο κ… [.].υσαι[…]

[.].ελίττοντα. ό δὲ [Θησ]εὺς [ὰκού]

[σ]ας ταῦτα λαμβάνε[ι τ]ὴν [Ἀριά]

[δ]νην ἀφικνεῖαί ` τε ´ εἰ[ς Ἀθή]

[ν]ας. συντόμως δὲ διαν̣[αστὰς]

[τ]ο̣ῦ̣το ποιεῖ˙ ἀφειμέν[ης τῆς]

[Ἀρ]ιάδνης, Ἀφροδίτη ταύ[τῃ πα]

[ρασ]τ̣ᾶσα θαρρεῖν παρῄν[ει˙ Διόνυ]

[σο]ν̣ γὰρ αὐτῇ μίσγεσθα[ι καὶ εὐ]

[κλ]ε̣ῆ γενέσθαι ἔλεγεν. [ὅθεν ὁ]

[θεὸς] φανε[ὶς μ]ίσγεται [αὐτῇ]

Verso

[ἡγουμέ]νη δ[ὲ]π̣ε̣ρ̣̣[ὶ πλείονος τὴν]

[παρθε]νείαν εἵπετο τῇ Ἀρ̣̣[τέ]

[μιδι ἐπ]ὶ τὰς κυνηγεσίας. τα[ύ]

[της] ἐρα[σθεὶς] Ζεὺς ἐφικνε[ῖ]

[ται] ὼς αὐτὴν καὶ λαθὼν φ[θεί]

[ρει • ἔγκ]υος δὲ γενηθεῖσα τίκ[τει]

[Λοκρὸ]ν τὸ ὄνομα, ὃς Θήβας [με]

[τὰ Ἀ]μφίονος καί Ζήθου κ̣[τί]

[ζει. τὴ]ν δὲ Μαῖραν λέγεται [ὑπὸ]

[Ἀρτέμι]δος τοξευθῆναι δι[ὰ τὸ]

[μηκέτι] παραγείνεσθαι εἰς [τὰ κυ]

[νηγέσι]α. ἡ δὲ ἱστορία παρὰ [Φε]

[ρεκύ]δ̣εί. Κλυ[μένην

Fr. 4 Recto

[δὲ] α̣ὐ̣τὴν τὴν Κλ[υμένην προ]

[γαμη]θῆναί φασιν ὑφ’ [Ἡλίου ἐξ ἧς]

[Φαέθ]ων ἐγένε[το] παῖς. ἡ δὲ [ἱστο]

[pía] παρ’ Ἡσιόδωι.

στυγερήν γ’ Ἐριφύλην. Ἀμφ[ιάρα]

ος γήμας Ἐριφύλην τὴν Ταλ[αοῦ καὶ]

διενεχθείς ὑπέρ τινων π̣ρ̣[ὸς Ἄ]

δραστον, καὶ π[ά]λιν διαλυθ[είς ὤ]

μνυεν ὑπὲρ ὧν ἄν διαφ[έρων]

τ̣αι πρὸς ἀλλήλους αὐτός τε κ[αὶ Ἀδρα]

στος ἐπιτρέψειν Ἐριφύλη̣[ν κρί]

νειν καί π(ε)ισθήσεσθαι αùὐτῇ֗· [μετά]

[δέ τα]ῦ̣τα̣ γενομ[έ]νης (τῆς) ἐπὶ Θή[βας]

[στρατείας ὁ μέν Ἀ]μφιάρα[ος ἀπέ]

[τρεψε τοὺς Ἀργείους] καὶ τὸ[ν

Verso

πρ]ὶν ἀποκτεῖν[α]ι τ[ὴν μητέ]

[ρα.] ταῦτα δὲ πάντα δραᾶ[σαι λέ]

[γ]ε̣ται [|δε|] {παρα} τὸν Ἀλκ[μαίωνα]

[καὶ] διὰ τὴν μητροκτονίαν̣

[μα]νῆναι. {δε} τοὺς’ ` δὲ ´ θεοὺς ἀκού

[σα]ντας τῆς νήσου μέταλλά

[ξαι] διὰ τὸ ὁσίως ἐπαμύνον

[τα] τῷ πατρὶ τὴν μητέρα ἀπο

[κτε]ῖναι. ἡ δ’ ἱστορία παρὰ Ἀσκλη

[πι]άδηι.

[τὸν] Τηλεφίδην. Εὐρύπυλος ὁ

[Τηλ]έφου καὶ Ἀστυόχης Ἡρακλέ-

[απά]π’πον εχ̣̣[

]ἀρχὴ[ν

Fr. 5 Recto

[συνδι]ατρίβων τοις θ[εοΐς καί συν]

[ε]στιώμενος ἀπλήστ[ως διετέθη.]

κλέψας γὰρ τὸ νέκταρ κα[ὶ τὴν ἀμ]

[β]ροσίαν, οὐκ ἐξὸν αὐτ[ῶι, ἔδω[κε]

τ[ο]ῖς φίλοις· ἀγανακτήσαντα [δὲ τὸν]

Δία ἐπαρτῆσαι αὐτῷ τὴν κ[……]

τιμωρίαν, ἐκβαλόντα τῶ[ν…..]

κ̣αί τήν Σίπυλον έπικαταστήσαν

τα, ἔνθα ἐκηδεύετο. ἡ δ’ ἱ[στορία]

[π]αρὰ Ἀσκληπιάδηι. Ὀδυσσεὶας μ

[Ἀ]ργὼ πασιμέλουσα παρ’ Ἀ[ιήταο.]

[Τ]υρὼ ἡ Σαλμωνέως ἔχ̣[ουσα δύο]

[παῖδ]ας ἐκ Ποσιδῶνο[ς, Νηλέα τε]

[καί Πελία]ν, ἐπέγημε Κ[ρηθέα

Verso

]ια̣δ[

πέμπ]ει παρά Χ[είρων]α. [|παρ[.]|]

[τραφ]ε̣ὶς δὲ παρὰ τούτωι καὶ ἠ[ΐ]

[θε]ος γενόμενος ἦλθεν εἰς

[Ίω]λκὸν ἀπαιτών τὴν πα

[τρώι]αν ἀρχὴν τὸν Πελίαν. ὁ [δ]ε

[ἔφασ]κεν αὐτὸν δεῖν πρότε

[ρον δια]κ̣ομίσαι τὸ χρυσοῦν δέ

[ρος ἐ]κ Κόλχων. ἀκούσας δὲ τα[ῦ]

[τα ὁ] Ἰάσων λέγει τῷ Χείρωνι·

[καὶ α]ὐτῷ (ὁ) Χείρων συνεξέ

[πεμ]ψεν τούς ἡϊθέους. Κατα

[σκευάζ]ει δ’ ἡ Ἀθηνᾶ τὴν Ἀρ

[γώ. πλέ]οντες δὲ ἀφι[κνοῦν]

[ται πρὸς τὰς Πλα]γ’κτὰ[ς καλου]

[μένας πέτρας

Fr. 6 Recto

Φι]ν̣εύς. [τοῦτον δὲ τὸν]

[Φιν]έα ἰδόντε[ς οἱ περὶ τὸν]

[Ἰάσο]να παρεκάλο[υν ὐποθέσ]

[θαι π]ῶς διαπλεύσωσι τὰ[ς Πλαγ]

[κτ]ὰς πέτρας, ὁ δ’ εἶπεν δ̣[ιαπλεύσε]

[σθ]αι, ἐὰν ἀποστήσωσι τὰ[ς Ἁρ]

[π]υΐας. θέντες δὲ [σ]υνθ[ήκας]

ατεπετελλονται αὐτῷ το̣ῦ

[τ]0 δρᾶν ἐφ’ ὅσον δύνανται. [ὁ δὲ Φι]

[νε]ὺς ἐν τῇ Ἀργοῖ κελεύε[ι φέ]

[ρ]ειν πελιάδα καὶ α[

Scholia Odyss.

3.4 οἱ δὲ Πύλον Νηλῆοϲ] Νηὺς μάχεϲάμενοϲ μετὰ Πελίου ἐξ ’Iωλκοῦ ἧκεν εἰϲ Μεϲϲήνην καὶ τὴν Πύλον ἔκτιςε, Μεςςηνίων χώραν παραςχόντων. ἱϲτορεῖ ‘Eλλάνικοϲ.

3.91 κύμοκιν ‘Αμϕιτρίτης] τῆς θαλάϲϲηϲ. λέγεται δὲ οὕτω καὶ ἡ Ποςειδῶνοϲ γυνή. Η.Μ. Ἄλλωϲ. Ἐν Νάξω̣ τὴν Ἀμϕιτρίτην χορεύουϲαν ἰδὼν Ποϲειδῶν ἥρπαϲεν˙ ὅθεν ὑπὸ τῶν ἐγχωρίων Ποϲειδωνία ὠνομάϲθη ἡ θεὸϲ, ὡϲ καὶ ἡ Ἥρα Διώνη παρὰ Δωδωναίοιϲ, ὡϲ Ἀπολλόδωροϲ.

11.321 Φαίδρην τε] Θηςεὺς ὁ Αἰγέωϲ ἔχων παῖδα ‘Ιππόλυτον… ἐκεῖνον μὲν οὖν λεγουϲι τὸ ἅρμα γυμνάζοντα, παραϕανέντος ἐξαίϕνης ἀπὸ τῆϲ θαλάϲϲηϲ ταύρου καὶ ταραχθέντων τῶν ἵππων, ἑλκόμενον ἀποθανεῖν, τὴν δὲ Φαίδραν ϕανερᾶϲ γενομένης τῆϲ διαβολῆς ἀπάγξαςθαι. ἡ δὲ ἱϲτορία παρὰ Ἀϲκληπιάδη. V

Πρόκριν τε] Πρόκριν Ἐρεχθέως ὁ Κέϕαλοϲ ἀνὴρ ἀνεῖλεν ὡϲ επὶ θηρὸς τὸ δόρυ καθείϲ. Η. Πρόκριϲ Ἐρεχθέως θυγάτηρ Κέϕαλον τὸν ἑαυτῆϲ ἄνδρα ϲυνεχῶϲ ἐπὶ θήραν ἐπιόντα ἐτήρει λαθραίωϲ διὰ ζηλοτυπίαν. ὁ δὲ Κὲϕαλος, νομίϲαϲ εἶναι θηρίον ἀπὸ τοῦ τῆϲ ὕληϲ κτύπου, ἔλαθεν αὐτὴν Πρόκριν κατακοντίϲαϲ. V. Κέϕαλοϲ ὁ Δηϊονέωϲ γήμαϲ Πρόκριν τὴν Ἐρεχθέωϲ ἐν τῇ Θυριέων κατώ̣κει. θέλων δὲ τῆϲ γυναικὸϲ ἀποπειρᾶϲθαι ἔρχεται εἰϲ ἀποδημίαν ἐπὶ ἔτη ὀκτὼ καταλιπὼν αὐτήν ἔτι νύμϕην οὖϲαν. έπειτα κατακοϲμήϲαϲ καὶ ἀλλοειδῆ ἑαυτὸν ποιήϲαϲ ἔρχεται εἰϲ τὴν οἰκίαν ἔχων κόϲμον, καὶ πείθει τὴν Πρόκριν δέξαϲθαι τοῦτο καὶ ϲυμμιγῆναι αὐτῷ. ἡ δε Πρόκριϲ ἐποϕθαλμίϲαϲα τῷ κόϲμῳ καὶ τὸν Κέϕαλον ὁρῶϲα κάρτα καλὸν ϲυγκοιμᾶται αἀτῷ. ἐκϕήναϲ δὲ ἑαυτὸν ὁ Κέϕαλοϲ αἰτιᾶται τὴν Πρόκριν. οὐ μὴν ἀλλὰ καταλλαγεὶϲ ἑξέρχεται ἐπὶ Θήραν. πυκνῶϲ δὲ αὐτοῦ τοῦτο δρῶντοϲ ὑπώπτευϲεν ἡ Πρόκριϲ ὅτι μίϲγεται γυναικὶ ἑτέρᾳ. προϲκαλεϲαμένη οὖν τὸν οἰκέτην ἔλεγεν εἰ ϲύνοιδεν. ὁ δὲ θεράπων ἔϕη τὸν Κέϕαλον ἰδεῖν καί τινοϲ ὄρουϲ κορυϕὴν, καὶ λέγειν ϲυχνῶϲ, ὦ νεϕέλη παραγενοῦ, καὶ τοῦτο μόνον ϲυνειδέναι. ἡ δὲ Πρόκριϲ ἀκούϲαϲα ἔρχεται εἰϲ ταύτην τὴν κορυϕήν καὶ κατακρύπτεται. καὶ τὸ αὐτὸ λέγοντοϲ αὐτοῦ πυθομένη προϲτρέχει πρὸϲ αὐτόν. ὁ δέ Κέϕαλοϲ ἰδὼν αὐτὴν αἰϕνιδίωϲ ἔξω ἑαυτοῦ γίνεται, καὶ ὥϲπερ εἶχε βάλλει μετὰ χεῖρα ἀκοντίῳ τὴν Πρόκριν καὶ κτείνει. μεταπεμψάμενοϲ δὲ τὸν Ἐρεχθέα θάπτει πολυτελῶϲ αὐτήν. ἡ δὲ ἱϲτορία παρὰ Φερεκύδῃ ἐν τῇ ἑβδόμῃ.

11.321-2 καλήν τ’ Ἀριάδνην] Ἀριάδνη Μίνωοϲ θυγάτηρ, γυνὴ Θηϲέωϲ, ἐξ ἧϲ Δημοϕῶν καὶ Ἀκάμαϲ. Q.V. <κούρην> Μίνωοϲ ὀλοόϕρονοϲ] Θηςεὺϲ ὁ Αἰγέωϲ λαχὼν μετὰ τῶν ἠϊθέων εἰϲ Κρήτην πλεῖ τῷ Μινωταύρῳ παρατεθηϲόμενοϲ πρὸϲ ἀναίρεϲιν. ἀϕικομένου δὲ αὐτοῦ ἐρωτικῶϲ πρὸϲ αὐτὸν διατεθεῖϲα ἡ τοῦ Μίνωοϲ θυγάτηρ Ἀριάδνη δίδωϲιν ἀγαθίδα μίτου λαβοῦϲα παρὰ Δαιδάλου τοῦ τέκτονοϲ, καὶ διδάϲκει αὐτὸν, ἐπειδὰν εἰϲέλθῃ, τὴν ἀρχὴν τῆϲ ἀγαθίδοϲ ἐκδῆϲαι περὶ τὸν ζυγὸν τῆς ἄνω θύραϲ καὶ ἀνελίϲϲοντα ἰέναι μέχριϲ ἄν ἀϕίκηται εἰϲ τὸν μυχὸν, καὶ ἐὰν αὐτὸν καθεύδοντα μάρψῃ, κρατήϲαντα τῶν τριχῶν τῆϲ κεϕαλῆϲ τῷ Ποϲειδῶνι θῦϲαι καὶ ἀπιέναι ὀπίϲω ἀνελίϲϲοντα τὴν ἀγαθίδα. ὁ δὲ Θηϲεὺϲ λαβὼν τὴν Ἀριάδνην εἰϲ τὴν ναῦν ἐμβάλλεται καὶ τοὺϲ ἠϊθέουϲ καὶ παρθένουϲ οὐδέπω ϕθάϲανταϲ τῷ Μινωταύρῳ παρατεθῆναι. καὶ ταῦτα ποιήϲαϲνυκτὸϲ μέϲηϲ ἀποπλεῖ. προϲορμίϲαϲ δὲ τῇ Δίᾳ νήϲῳ ἐκβὰϲ ἐπὶ τῆϲ ἠϊόνοϲ μετακοιμᾶται. καὶ αὐτῷ ἡ Ἀθηνᾶ παραϲτᾶϲα κελεύει τὴν Ἀριάδνην ἐᾶν καὶ ἀϕικνεῖϲθαι εἰϲ Ἀθήναϲ. ϲυντόμωϲ δὲ διαναϲτὰϲ ποιεῖ τοῦτο, κατολοϕυρομένηϲ δὲ τῆς Ἀριάδνης ἡ Ἀϕροδίτη ἐπιϕανεῖςα θαρρεῖν αὐτῇ παραινεῖ Διονύϲου γὰρ ἔϲεϲθαι γυναῖκα καὶ εὐκλεῆ γενέϲθαι. ὅθεν ὁ θεὸϲ ἐπιϕανεὶϲ μίϲγεται αὐτῇ καὶ δωρεῖται ϲτέϕανον αὐτῇ χρυϲοῦν, ὃν αἶθιϲ οἱ θεοὶ κατηϲτέριϲαν τῇ τοῦ Διονύϲου χάριτι. ἀναιρεθῆναι δὲ αὐτὴν ὑπ’ Ἀρτέμιδοϲ προεμένην τὴν παρθενίαν. ἡ ἱυτορία παρὰ Φερεκύδῃ. V.

11.326 Mαῖράν τε] Φερεκύδηϲ ἐκ Mαίραϲ καὶ Διὸϲ τὸν Λοκρὸν εἶναι ϕηϲί. Gl. Η. παρθένοϲ ἀπέθανεν ἡ Μαῖρα. ἔϲτι δὲ Προίτου καὶ Ἀντείαϲ θυγάτηρ· ἡ δὲ Κλυμένη Μινύου θυγάτηρ καὶ Εὐρυάληϲ. Η.Τ. Μαῖρα Προίτου καὶ Ἀντείαϲ θυγάτηρ. ἐτελεύτηϲε δὲ παρθένοϲ. V. Μαῖρα ἡ Προίτου τοῦ Θερϲάνδρου θυγάτηρ καὶ Ἀντείαϲ τῆϲ Ἀμϕιάνακτοϲ ἐγένετο κάλλει διαπρεπεϲτάτη. ἡγουμένη δὲ περὶ πλείονοϲ τὴν παρθενίαν εἵπετο τῇ Ἀρτέμιδι ἐπὶ τὰ κυνηγέϲια. ταύτηϲ ἐραϲθείϲ Ζεὺϲ ἀϕικνεῖται ὡϲ αὐτὴν καὶ λανθάνων διαϕθείρει. ἡ δὲ ἔγκυοϲ γενομένη τίκτει Λοκρὸν τὸ ὄνομα παῖδα, ὃϲ Θήβαϲ μετ’ Ἀμϕίονου καὶ Ζήθου οἰκίζει. τὴν δέ Μαῖραν λέγεται τοξευθῆναι ὑπὸ Ἀρτέμιδοϲ διὰ τὸ μηκέτι παραγίνεϲθαι εἰϲ τὰ κυνηγέϲια. ἡ δὲ ἱϲτορία παρὰ Φερεκύδῃ. V. Κλυμένην τε ἴδον] Κλυμένη Μινύου θυγάτηρ. V. Κλυμένη Μινύου τοῦ Ποϲειδῶνοϲ καὶ Εὐρυανάϲϲηϲ τῆϲ ὑπέρϕαντοϲ γαμηθεῖυα Φυλάκῳ τῷ Δηΐονοϲ Ἴϕικλον τίκτει ποδώκη παῖδα. τοῦτον λέγεται διὰ τὴν τῶν ποδῶν ἀρετὴν ϲυναμιλλᾶϲθαι τοῖϲ ἀνέμοιϲ ἐπί τε τῶν ἀϲταχύων διέρχεϲθαι, καὶ διὰ τοῦ τάχουϲ τὴν κουϕότητα μὴ περικλᾶν τοὺυϲ ἀθέραϲ. ἔνιοι δὲ αὐτὴν τήν Κλυμένην προγαμηθῆναί ϕαϲινἩλίῳ, ἐξ ἧϲ Φαέθων ἐγένετο παίϲ. ἡ δὲ ἱυτορία παρὰ Ἡϲιόδῳ. H.Q.V.

11.326-7. ϲτυγερήν τ’ Ἑριϕύλην – τιμήεντα] Ἀμϕιάραοϲ ὁ Οἰκλέουϲ γήμαϲ Ἐριϕύλην τὴν Ταλαοῦ καὶδιενεχθεὶϲ ὑπέρ τινων πρὸϲ Ἄδραϲτον, καὶ πάλιν διαλυθεὶϲ ὁρκούμενοϲ ὡμολόγηϲαν ὑπὲρ ὧν ἂν διαϕέρωνται πρὸυ ἀλλήλουϲ αὐτόϲ τε καὶ Ἄδραϲτοϲ ἐπιτρέψειν Ἐριϕύλην κρίνειν καὶ πείθεϲθαι αὐτῇ. μετὰ δὲ ταῦτα γινομένηϲ τῆϲ ἐπὶ Θήβαϲ ϲτρατείαϲ ὁ μὲν Ἀμϕιάραοϲ ἀπέτρεπε τοὺϲ Ἀργείουϲ καὶ τὸν ἐϲόμενον ὄλεθρον προεμαντεύετο. λαβοῦϲα δὲ ἡ ‘Εριϕύλη τὸν ὅρμον παρὰ τοῦ Πολυνείκουϲ τὸν τῆϲ Ἁρμονίαϲ, προέθετο τοῖϲ περὶ τὸν Ἄδραυτον βιαζομένοιϲ τὸν Ἀμϕιάραον ἰδόντα τὴν τῶν δώρων ὑποδοχὴν καὶ πολλὰ τὴν Ἐριϕύλην αἰτιαϲάμενον, αὐτὸν μὲν ἐξορμῆϲαι πρὸϲ τὴν ϲτρατείαν, Ἀλκμαίωνι δὲ προϲτάξαι μὴ πρότερον μετὰ τῶν ἐπιγόνων ἐπὶ Θήβαϲ πορεύεϲθαι πρὶν ἀποκτεῖναι τὴν μητέρα, ταῦτα δὲ πάντα δρᾶϲαι λέγεται τὸν Ἀλκμαίωνα καὶ διὰ τήν μητροκτονίαν μανῆναι. τοὺϲ δὲ θεοὺϲ ἀπολῦοαι τῆϲ vócoυ αὐτὸν διὰ τὸ ὁϲίωϲ ἐπαμύνοντα τῷ πατρὶ τὴν μητέρα κατακτεῖναι. ἡ ἱϲτορία παρὰ Ἀϲκληπιάδῃ. V.

11.519-20 Εὐρύπυλον] Εὐρύπυλοϲ ὁ Ἀϲτυόχηϲ καὶ Τηλέϕου τοῦ Ἡρακλέουϲ παῖϲ λαχὼν τὴν πατρῴαν ἀρχὴν τῆϲ Μυϲίοϲ προΐϲτατο. πυθόμενοϲ δὲ Πρίαμοϲ περὶ τῆϲ τούτου δυνάμεωϲ ἔπεμψεν ὡϲ αὐτὸν ἵνα παραγένηται ϲύμμαχοϲ. εἰπόντοϲ δὲ αὐτοῦ ὡϲ οὐκ ἐξῆν αὐτῷ διὰ τὴν μητέρα, ἔτιεμψεν ὁ Πρίαμοϲ τῇ μητρὶ αὐτοῦ δῶρον Ἀϲτυόχῃ. χρυϲῆν ἄμπελον• ἡ δὲ λαβοῦϲα τὴν ἄμπελον τὸν υἱὸν ἔπεμψεν ἐπὶ ϲτρατείαν, ὃν Νεοπτόλεμοϲ ὁ τοῦ Ἀχιλλέωϲ υἱὸϲ ἀναιρεῖ. ἡ δὲ ἱϲτορία παρὰ Ἀκουϲιλάω. Q.V.

11.582.1 Τάνταλον είςιδον κρατερά άλγε’ ἔχοντα] Τάνταλοϲ Διὸϲ καὶ Πλουτοῦϲ ϲυνδιατρίβων τοῖϲ νέοιϲ καὶ ϲυνεϲτιώμενοϲ αὐτοῖϲ ἀπληϲτωϲ διετέθη. κλέψαϲ γὰρ τὸ νέκταρ καὶ τὴν ἀμβρϲίαν, οὐκ ἐξὸν αὐτῷ, ἔδωκε τοῖϲ ὁμήλιξιν. ἐϕ’ οἷϲ ἀγανακτήϲαντα τὸν Δία ἐκβαλεῖν αὐτὸν τῆϲ ἐν οὐρανῷ διαίτηϲ καὶ ἐξαρτῆϲαι ἐπ’ ὄρουϲ ὑψηλοῦ ἐκδεδεμένον τῶν χειρῶν, καὶ τὴν Cίπυλον, ἔνθα ἐκεκήδευτο, ἀνατρέψαι. ἡ ἱϲτορία παρὰ Ἀϲκληπιάδῃ. V.

12.69-70. οἴη δὴ κείνη γ’ ἐπέπλω ποντόποροϲ ναῦϲ Ἀργὼ παϲιμέλουϲα] Τυρὼ ἡ Cαλμωνέωϲ ἔχουϲα δύο παῖδαϲ ἐκ Ποϲειδῶνοϲ, Νηλέα τε καὶ Πελίαν, ἔγημε Κρηθέα. καὶ ἴϲχει παῖδαϲ ἐξ αὐτοῦ τρεῖϲ, Αἴϲονα καὶ Φέρητα καὶ Ἀμυθάονα. Αἴϲονοϲ δὲ καὶ Πολυμήλαϲ καθ’ Ἡϲίοδον γίνεται Ἰάϲων, κατὰ δέ Φερεκύδην ἐξ Ἀλκιμέδηϲ. τελευτῶν δὲ οὗτοϲ καταλείπει τοῦ παιδὸϲ ἐπίτροπον τὸν ἀδελϕὸν Πελίαν, ἐγχειρίϲαϲ αὐτῷ καὶ τὴν βαϲιλείαν, ἵνα αὐξηθέντι τῷ υἱῷ παράϲχῃ. ἡ δὲ τοῦ Ἰάϲονοϲ μήτηρ Ἀλκιμέδη δείϲαϲα δίδωϲιν αὐτὸν τρέϕεϲθαι Χείρωνι τῷ Κενταύρῳ. τραϕεὶϲ δὲ καὶ ἡβήϲαϲ ἔρχεται εἰϲ Ἰωλκὸν ἀπαιτῶν τὴν πατρῴαν ἀρχὴν τὸν Πελίαν. ὁ δὲ ἔϕαϲκε χρῆναι αὐτὸν πρότερον διακομίϲαι τὸ χρυϲοῦν δέροϲ ἀπὸ Κόλχων καὶ τοὺϲ πυριπνόουϲ ἀνελεῖν ταύρουϲ. ἀκούϲαϲ δέ ταῦτα ὁ Ἰάϲων λέγει τῷ Χείρωνι. καὶ αὐτῷ ὁ Χείρων ϲυνεκπέμπει τοὺϲ ἠϊθέουϲ. καταϲκευάζει δὲ ἡ Ἀθηνᾶ τὴν Ἀργώ. πλέοντεϲ δὲ ἀϕικνοῦνται ἐπὶ τὴν τῶν Βιθυνῶν χώραν, καὶ ὁρῶϲι τὸν Φινέα πηρὸν διὰ ταύτην τὴν αἰτίαν. ἔχων γὰρ παῖδαϲ ἐκ Κλεοπάτραϲ τῆϲ Βορέου καὶ ἐπιγήμαϲ Εὐρυτίαν δίδωϲιν αυτοὺϲ τῇ μητρυιᾷ διαβληθένταϲ προϲ ἀναίρεϲιν. Ζεὺϲ δὲ χαλεπήναϲ λέγει αὐτῷ πότερον βούλεται ἀποθανεῖν ἢ τυϕλὸϲ γενέςθαι. ὁ δὲ αἱρεῖται μὴ ὁρᾶν τὸν ἥλιον. ἀγανακτήϲαϲ δὲ ὁ Ἥλιοϲ Ἁρπυίαϲ ἐπιπέμπει αὐτῷ, αἵτινεϲ, εἴ ποτε μέλλοι ἐϲθίειν, αὐτοῦ διέπροϲϲον ἐμβάλλουϲαι ϕθοράν τινα. καὶ οὕτω Φινεὺϲ ἐτιμωρεῖτο. τοῦτον οὖν τὸν Φινέα θεωρήϲαντεϲ οἱ περὶ τὸν Ἰάϲονα παρεκάλουν ὑποθέϲθαι πῶϲ δεῖ διαπλεῦϲαι τὰϲ Πλαγκτὰϲ λεγομέναϲ πέτραϲ. ὁ δὲ εἶπεν, ἐὰν τὰϲ Ἁρπυίοϲ ἀπαλλάξωϲι τῆϲ πρὸϲ αὐτὸν ὁρμῆϲ. θέντεϲ δὲ ϲυνθήκαϲ ἐπαγγέλλονται αὐτῷ τοῦτο δρᾶϲαι. ὁ δὲ λέγει αὐτοῖϲ, πόϲον δύναται ἔχειν τάχοϲ ἡ Ἀργώ; φάντων δὲ πελειάδοϲ, ἐκέλευϲεν ἀϕεῖναι περιϲτερὰν κατὰ τὴν ϲυμβολὴν τῶν πετρῶν, κἂν μὲν μεϲολαβηθῇ, μὴ πλεῖν, ἐὰν δὲ ϲωθῇ, τότε περαίνειν τὸν πλοῦν. οἱ δὲ ταῦτα ἀκούϲαντεϲ ποιοῦϲι. καταϲχεθείϲηϲ δὲ τῆϲ περιϲτερᾶϲ διὰ τῆϲ οὐρᾶϲ, προϲβάλλουϲι τῇ Ἀργοῖ δυοῖν… πληγάδεϲ πέτραι ϲυνελθοῦϲαι τῆϲ νεὼϲ ϲυμμύουϲιν, αὐτοὶ δὲ ϲώζονται. οἱ δὲ Βορεάδαι Ζήτηϲ καὶ Κάλαϊϲ ἀποδιώκουϲι τὰϲ Ἁρπυίαϲ ἀπὸ τῶν Φινέωϲ δείπνων. καὶ οὕτω παραγίνονται εἰϲ Κόλχουϲ. ἡ δὲ ἱϲτορία παρὰ Ἀϲκλητάδῃ. V.

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1 F. Montanari, The Mythographus Homericus, in Greek Literary Theory after Aristotle. A Collection of Papers in Honour of D. M. Schenkeveld, Amsterdam, University Press, 1995, pp. 135-172; M. van Rossum-Steenbeek, Greek Readers’ Digest? Studies on a Selection of Subliterary Papyri, Mnemosyne Suppl. 175, Leiden-New York-Köln 1998, cap. III. Mythographus Homericus, pp. 85-118, e testi alle pp. 278-309.

2 Si può avere anche: ὡς γὰρ ἱστορεῖ ὁ δεῖνα e poi il racconto della ἱστορία (per es. ‘Eλλάνικος in sch. D a Γ 144).

3 Elenco in Montanari e Rossum, opp. citt alla n. 1. Bisogna tuttavia tenere presente che esistono molti papiri contenenti resti di narrazioni mitografiche, fra i quali è possibile che si nasconda qualche frammento del MH: se il caso ha fatto in modo che nel frammento siano perduti il lemma omerico e la subscriptio e se la ἱστορία conservata è sensibilmente differente da quella presente negli Scholia D (oppure negli Scholia D non è conservata affatto), allora l’identificazione è molto difficile e soggetta a dubbio. Inoltre bisogna considerare la possibilità di inediti giacenti nelle collezioni papirologiche, non sempre del tutto collaborative nel segnalare pezzi di interesse per qualche specifica ricerca. Fortunatamente, i pezzi sicuri e pubblicati offrono abbastanza elementi di giudizio, ma l’incremento di documentazione è sempre benvenuto: l’aggiunta di POxy 4096 è un caso emblematico di un acquisto recente di grande importanza, cfr. poco oltre.

4 Non è edito nella ed. pr.: cfr. G. Coppola, PSI X, Firenze 1932, p. 131 n. 1; pubblicato da W. Luppe, Nachlese und Überlegungen zum Mythographus-Homericus-Codex P.S.I. 1173, ZPE 116, 1997, pp. 13-18. Alla bibliogr. cit. in Montanari e Rossum, opp. citt, alla n. 1, va aggiunto anche R.L. Fowler, ZPE 97, 1993, pp. 29-42, a proposito del fr. 2 r-v (Prokris).

5 Ed. pr. di P. Schubert, POxy LXI, London 1995. Il testo ha suscitato una profluvie di interventi (che in un caso potevano anche essere raggruppati): M. Haslam, ZPE 110, 1996, pp. 115-117; M. van Rossum-Steenbeek, ZPE 112, 1996, pp. 34-36; Th. Gärtner, ZPE 122, 1998, p. 6; contributi vari di W. Luppe: Analecta Papyrologica 7, 1995, pp. 15-18; ZPE 112, 1996, pp. 25-28 e 29-33; Hyperboreus 2, 1996, pp. 189-193; Eikasmos 7, 1996, pp. 207-210; Prometheus 22, 1996, pp. 97-100; Würzb. Jahrb. Altert., N.F. 21, 1996/97, pp. 153-159; APF 43, 1997, pp. 1-6.

6 Talvolta i lemmi sono in ekthesis, elemento caratteristico dell’assetto librario del commentario. In alcuni casi abbiamo anche una forma di titolo quando si passa da un canto all’altro: in PSI 1173 il fr. 5 recto conserva la fine del canto XI e l’inizio del canto XII, che viene segnalato con Ὀδ(υσσείας) μ (vedi il testo in appendice); forme di titolo si trovano in due luoghi di POxy. 4096; un titolo è presente anche nell’ostrakon PSI 1000.

7 A proposito di Il. 1.400, in P.Oxy. 418 viene indicata 1’esistenza di una variante testuale (cfr. lo scolio di Aristonico e lo sch. ex. al verso), cui è legata la ἱστορία che segue: nel papiro è perduta la parte finale, mentre lo Sch. D conserva la subscriptio a Didimo. Per la datazione vedi più avanti n. 14.

8 Cfr. Montanari, Mythographus cit., pp. 165-168; idem, Gli Homerica su papiro: per una distinzione di generi, in «Ricerche di filologia classica II», Biblioteca di Studi Antichi 45, Pisa 1984, pp. 125-138; idem, Filologia omerica antica nei papiri, in «Proceed. XVIII Congr. Papirol., Athens 1986», Athens 1988, vol. II, pp. 337-344; M. Haslam, A New Papyrus of the Mythographus Homericus, BASP 27, 1990, pp. 31-36; idem, The Homer Lexicon of Apollonius Sophista. I. Composition and Constituents; II. Identity and Transmission, CPh 89, 1994, pp. 43-44, 108-109, 114.

9 Così anche Schubert, POxy. LXI 4096, p. 15.

10 Op. cit. sopra alla η. 1, p. 85 e n. 1.

11 Si riferisce al cap. IV del libro cit., dedicato appunto ai Catalogues.

12 Op. cit., pp. 86-92.

13 E qualche volta poteva metterci anche la propria cultura personale, quale che fosse. In generale, credo si debba pensare al modo di composizione di queste opere con maggiore flessibilità, pensando a un processo con qualche varietà e differenziazione di metodo di lavoro da parte dell’erudito che costruisce la sua opera.

14 Rossum, op. cit., p. 86, dice: «The historiae do not deal with grammar, metre, or matter of textual criticism»: questo è vero per il corpo delle ἱστορίαι stricto sensu, ma non si deve sottovalutare questo caso con il legame che vi si trova (e cfr. più avanti). Lo stesso vale anche per il problema della datazione: a p. 115, Rossum considera la citazione di Demetrio di Scepsi (ca. 200-130 a. C.) il terminus post quem, il che significa evidentemente che non considera originaria la citazione di Didimo (su cui io attiravo e attiro l’attenzione). Cfr. anche M. Haslam, BASP 27, 1990, p. 31 n. 2: a questo proposito osservo che il fatto che il MH sia circolato isolato fin dall’inizio (come credo anch’io e ho ripetuto più volte) non è affatto in contraddizione con il fatto che il suo «autore» lo abbia scritto prendendo da precedenti commentari, quest’ultima ipotesi riguarda solo il modo in cui il signor MH ha lavorato.

15 Montanari, Mythographus cit. sopra alla n. 1, pp. 154-158; cfr. Rossum, op. cit., p. 94. A proposito della citazione di Apollonio Rodio presente nella ἱστορία dello sch. D a Il. I 264 ma assente in POxy 418, è vero che io stesso dicevo (p. 153) che negli scoli si possono anche trovare materiali aggiunti posteriormente, ma mi pare difficile per una rilevante citazione di alcuni versi di Apollonio Rodio (aggiunti da un tardo scoliasta?), e continuo a credere che in questo caso sia lo sch. D a conservare la versione plenior: questo fa capire come non sia così sicuro che i papiri rappresentino per forza sempre la versione più vicina all’originale rispetto agli scholia D. Per quanto riguarda l’uso che faccio del parallelo con POxy. 1611, continuo a pensare che sia utile, solo per dare un’idea di come potevano andare le cose nel processo di estrazione e epitomazione. Il quadro rende ragione anche dei tipi di rapporto che si rilevano fra il testo degli scoli e quello dei papiri (più ricchi gli uni oppure gli altri) e permette di affrontare correttamente il problema delle sottoscrizioni: problemi che qui non riprendo. A proposito della ἱστορία a Il. 9.447, Rossum si stupisce (p. 96 n. 36) che per il testo degli scoli io stampi διαλλάσσει invece di παραλλάσσει; questo deriva dal mio lavoro in corso sui manoscritti degli Scholia D in vista dell’edizione: διαλλάσσει è la lezione di CH, mentre παραλλάσσει è la lezione solo di A. Voglio aggiungere che mi pare un risultato interessante e da tenere presente quello raggiunto dalla studiosa olandese a proposito delle historiae dello Ps. Apollodoro: cfr. op. cit., pp. 103-108.

16 Cfr. Montanari, Mythographus cit., pp. 146-148.

17 Cfr. il caso di Od. 1.276 che ho considerato in Studi di filologia omerica antica. II, Biblioteca di Studi Antichi 50, Pisa 1995, p. 35.

18 Cfr. Montanari, Mythographus cit., pp. 150 sgg.