Revue Italique

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Introduzione

Massimo Danzi

Questo numero di Italique raccoglie i contributi dell’incontro ginevrino su Poesia en travesti. Spazio, cifre e statuto del codice bucolico tra Boccaccio e Marino (Ginevra-Cologny 21-22 aprile 2016), cui si aggiungono la presentazione di Étienne Barilier del volume La Renaissance à pleines mains, edito dalla «Fondation Barbier- Mueller pour l’Étude de la poésie italienne de la Renaissance» nel 2016, e la conferenza Barbier-Mueller tenuta da Carlo Vecce nell’aprile del 2017.

Vicende e modalità della poesia pastorale italiana hanno contato, dopo la monografia che il Carrara dedicò al tema nel 1905, su una ripresa di interessi soprattutto negli ultimi trent’anni e alle attenzioni per il capolavoro del genere in area umanistica, l’Arcadia del Sannazaro, si sono affiancati una serie di altri autori di testi bucolici sull’arco che da Boccaccio giunge a Marino, dei quali abbiamo ormai edizioni critiche o, quanto meno, edizioni moderne e commentate. Particolarmente indagato, a partire dalla ripresa degli studi sulla bucolica ferrarese ad opera di Antonia Tissoni Benvenuti e allievi,1 è stato Boiardo, del quale abbiamo oggi le edizioni critiche commentate di entrambe le raccolte bucoliche, latina e volgare, a cura di Stefano Carrai e Cristina Montagnani, nonché il commento ai testi volgari di Marina Riccucci. Ma sulla scia di quell’intraprendente officina ‘ferrarese’, altri bucolici hanno avuto edizioni importanti: tra tutti, l’Arzocchi – principale rappresentante della cosidetta «stampa Miscomini» dei bucolici senesi (1482) – che Serena Fornasiero ha criticamente restituito e commentato; o, più di recente (in quello stesso ambito) Jacopo Fiorino de’ Buoninsegni, curato da Irene Tani, mentre la stessa Miscomini è stata ristampata fotostaticamente, con una introduzione di Ilaria Merlini. Da parte sua l’Arcadia ha avuto in questi ultimi trent’anni ben tre commenti (Erspamer, Marino, Vecce) e contato sulle nuove importanti indagini filologiche di Gianni Villani, tra altri. E un secolo dopo Sannazaro, un altro grande napoletano come Giovan Battista Marino ha ricevuto, ad opera del cantiere friborghese-zurighese, nuovi importanti commenti alle rime marittime e a quelle boscherecce.2

È ovvio osservare come edizioni e commenti abbiano concorso in maniera decisiva alla ‘leggibilità’ di testi, che per statuto letterario e per altre ragioni sono spesso decisamente difficili quando non criptici. E come il fervore filologico-editoriale in quest’ambito anche abbia rilanciato l’interesse per un genere tra i più longevi della poesia italiana che, dopo le raccolte latine di Petrarca e Boccaccio (e l’esperienza diversamente fondamentale in ambito volgare dell’Ameto), ha trovato la sua codificazione proprio in periodo umanistico-rinascimentale. Così, col ricupero di bucolici latini e volgari è andata di pari una riflessione storico-critica e abbiamo avuto importanti convegni, da quello di Saint’Etienne sul «genre pastoral» (1980) a quello di Trento sulla storia della «poesia pastorale» (1998) a quello parigino su «Sannazaro pastorale» (2006). Ma anche qui, la lista delle edizioni e dei convegni che magari più tangenzialmente toccano l’ambito bucolico potrebbe allungarsi, richiamando (penso particolarmente a Sannazaro) contributi o volumi che il lettore troverà, almeno in parte, citati in questo numero di Italique, che raccoglie undici contributi presentati all’incontro ‘bucolico’ tenutosi alla Fondazione Bodmer di Cologny e all’Università di Ginevra nell’aprile di due anni fa.

Un nuovo convegno sul tema si giustifica, credo, solo con il tentativo di ‘leggere’ diversamente e in una nuova prospettiva questa letteratura o con eventuali novità che ne derivino. Lasciando al lettore di giudicare delle seconde, posso fermarmi brevemente sul taglio dato all’incontro, che si è voluto incentrato sulla modalità decisiva nel discorso pastorale, ma forse non così motivata agli studi, del «travestimento». Chi scrive non ha merito nella scelta della formula di «Poesia en travesti», che nella sua eleganza e ironia appartiene a uno studioso, Giovanni Parenti (Firenze 1945-2000), di cui molti ricordano il respiro europeo degli studi e che certo sarebbe stato a suo agio in quest’incontro.3 Ma se la formula di «Poesia en travesti» da lì è presa, l’ispirazione è più antica e può essere fatta risalire al 1932 quando Andreas Jolles, studioso riemerso alle bibliografie negli ultimi vent’anni, intitolava al «travestimento» in letteratura un notevole saggio centrato su una trilogia di generi: l’epico, il pastorale e il picaresco.4

Genealogia a parte, la modalità centrale nel discorso bucolico del «travestimento» che già seduceva la civiltà delle corti

non è miglior via di quella, perché lo essere travestito porta seco una certa libertà e licenzia, la quale fra l’altre cose fa che l’omo pò pigliare forma di quello in cui si sente valere [...] ed una certa sprezzatura circa quello che non importa: il che accresce molto la grazia: come saria vestirsi un giovane da vecchio [...] un cavaliero in forma di pastor selvatico o altro tale abito (Il libro del Cortegiano, II 11)

qualifica in profondità anche i testi pastorali qui affrontati, che se pure non esauriscono del tutto (specie per Boccaccio) l’arco previsto dal titolo ad essa rimandano con originalità di inter pretazioni facendone un alfabeto bucolico necessario.

Una breve sinossi servirà ad orientare tra gli undici contributi qui editi. Antonia Tissoni Benvenuti segue l’evoluzione del genere ponendo l’attenzione sulla svolta che, tra l’Alberti bucolico e il Poliziano della Fabula di Orpheo, ha il «terzo genere», pastorale, boschereccio, satirico, cui l’egloga afferisce e di cui Calmeta e altri poeti cortigiani hanno piena coscienza. Cristina Montagnani si interroga sulla consistenza della formula di «egloga rappresentativa», invalsa fin dalla monografia del Carrara, ottenendo di limitarne la portata nel periodo che dalla fioritura bucolica cortigiana arriva al Tirsi del Castiglione, il capolavoro del ‘genere’ prima che il Tasso ci dia l’Aminta. L’intervento di Maria Finazzi entra nel merito della «forma-egloga», indagando la ripresa, nel segmento volgare quattrocentesco, di elementi strutturali classici nello scambio tra pastori (in Alberti e Boiardo) e nel canto di Polifemo, esemplificato sul Corymbus albertiano e sulla bucolica di Boiardo, Lorenzo e Sannazaro. Vera Tufano si concentra sul rapporto tra Pontano e Sannazaro, che misura tra le egloghe latine e l’Arcadia: un rapporto che nella quinta ecloga pontaniana si configura come un passaggio di testimone tra maestro e allievo e che, anche altrove, si dimostra ricco di tangenze e di allusioni. Carlo Vecce insegue la cifra del ‘travestimento’ dentro e fuori la bucolica aragonese, illustrando le raffinate modalità stilistiche a le allusioni che informano il dialogo dei letterati napoletani, principalmente Sannazaro e De Iennaro, nonché la ricaduta sull’elaborazione dell’Arcadia. Chi scrive offre una lettura in gran parte ‘metatestuale’ dell’Arcadia mettendo a profitto il tema orfico, alcuni tratti di una ‘riflessione’ sannazariana sul genere e facendo del topos pastorale della «iscrizione sul tronco» un «emblema» del libro. María de la Nieves Muñiz Muñiz insegue la formazione e il rinnovarsi ad opera della bucolica sannazariana del linguaggio del Siglo de oro, particolarmente in Lope de Vega e Boscán, attraverso una vasta messe di topoi dei quali ricostruisce la genealogia classico-petrarchista con attenzione ai nuovi contesti d’arrivo. Facendo leva sul poemetto del Tirsi di Castiglione, Claudio Vela illustra un tratto filologico-stilistico della tradizione bucolica finora sfuggito all’attenzione dei lettori, e cioè la citazione che spesso il poeta bucolico fa di altri testi. Una consuetudine citatoria di lungo corso che reca con sé un alto grado di allusività e fa della bucolica un veicolo privilegiato di «tradizione indiretta». Chiara Lastraioli indaga, sotto un profilo editoriale e di genere, il registro ‘basso’ e comico della tradizione bucolica, quale si manifesta in egloghe rappresentative o commedie rusticali: una produzione inaspettatamente vasta, italiana per le prime e più spiccatamente toscana per le seconde, che influisce sulle forme ibride e sperimentali della bucolica almeno fin agli anni Sessanta del Cinquecento. Giovanni Ferroni riapre uno dei dossier più lavorati degli ultimi quindici anni, quello varchiano, fornendo un profilo della poesia pastorale di Varchi, di cui indaga la tradizione dei testi e l’organizzazione delle principali sezioni bucoliche dei Sonetti del 1555 alla luce del travestimento omoerotico e del dialogo con Bernardo Tasso. Infine Carlo Caruso apre sul secolo di Marino inseguendo la polimorfa figura di Adone entro il filone pastorale, che dopo la stagione umanistica italiana si scinde con Ronsard nella figura del «cacciatore» e del «pastore» e in Francia diviene il codice letterario regale per eccellenza con le «éclogues forêtières» e le «éclogues de chasse».

Sia lecito terminare infine con un ringraziamento a tutti coloro che hanno partecipato e animato le sedute del convegno, che si è voluto collocare entro le attività della Scuola dottorale di italianistica della «Conferenza universitaria della Svizzera occidentale», brillantemente gestita dalla dottoressa Corinna Bielic: ringrazio i dottorandi delle varie università presenti, i colleghi che hanno gestito le sedute e infine l’università di Ginevra e chi ci ha accolto, garantendoci generosa ospitalità, alla splendida Biblioteca Bodmer di Cologny: Jacques Berchtold, Nicolas Ducimetière e Claire Dubois.

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1 A. Tissoni Benvenuti, Schede per una storia della poesia pastorale nel secolo XV: la scuola guariniana, in In ricordo di Cesare Angelini. Studi di letteratura e lologia, a cura di F. Alessio e A. Stella, Milano, Il Saggiatore, 1979, pp. 96-131.

2 Gian Battista Marino, Rime marittime a cura di O Besomi, C. Marchi e A. Martini, Modena 1988 e Rime boscherecce, a cura di J. Hauser-Jakubowicz, Modena, Edizioni Panini, 1991.

3 G. Parenti, La poesia pastorale come poesia articiosa. Origine e fortune del Summationsschema, in «Colloquium Helveticum», 6 (1987), pp. 27-75, p. 27.

4 A. Jolles, I travestimenti letterari: il cavaliere, il pastore e il picaro, in Id., I travestimenti della letteratura. Saggi critici e teorici (1897-1932), a cura di S. Contarini. Premessa di E. Raimondi, Milano, Mondadori, 2003, pp. 220-33.