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Premessa
Il XV volume di Italique ospita, insieme al XIV, i contributi presentati in quattro panels all’Annual meeting della Renaissance Society of America, tenutosi a Venezia tra l’8 e il 10 aprile 2010, col titolo di European Petrarchism – Reading and Writing Petrarch in the Renaissance. L’obiettivo dei panels era d’inserire il petrarchismo in una prospettiva europea, riconoscendone l’estensione in latitudine, e di ragionare sui testi, verificandone l’interpretazione in profondità. Non solo Italia, dunque, alla ricerca di una grammatica comune dei petrarchisti europei, ma soprattutto meno astratto, il petrarchismo, e più concreto, i testi, per contrapporre ai discorsi sul sistema una lettura fondata sull’analisi e sull’interazione, coi metodi più diversi ma sempre ancorati a quell’imprescindibile punto di partenza che è la scrittura poetica nella sua dimensione di concreto farsi.
Se nei saggi contenuti nel XIV volume (di Gigliucci, Alves, Kennedy, Camerlingo, Béhar, Gargano e Micò) erano emerse soprattutto la costruzione della comunità poetica, su un piano socio-politico, e la ricerca di una voce per il poeta, in una prospettiva di soggettività dell’espres-sione, in questo XV volume i contributi affondano nel dettaglio filologico, retorico e linguistico, valorizzando le scelte stilistiche (Bausi su Della Casa), la storia editoriale (Tomasi su Tasso), la costruzione intertestuale (Gorris Camos su Du Bellay), il discorso religioso (Dalmas su Michelangelo), la struttura interna (Roncaccia su Ariosto), il contesto culturale (Honnacker su Castiglione), il dialogo linguistico e politico (Domenichelli su Wyatt), fino all’esaltazione del nesso tra poesia e musica nella forma del madrigale secondo l’analisi condotta da Ritrovato su Ecco mormorar l’onde di Torquato Tasso. Risulta vero, così, quello che, con citazione da Silvia Longhi, Francesco Bausi rivendica in chiusura del suo saggio: «le vie del petrarchismo sono davvero infinite». Rivendicazione tutt’altro che generica, perché si sostanzia dell’esperienza poetica di chi è stato celebrato più per le deviazioni che per l’adesione rispetto al modello petrarchesco, cioè quel Giovanni Della Casa, campione della gravitas, che è in realtà uno sperimentatore inesauribile di soluzioni poetiche anziché un precursore di una troppo sbandierata e poco spiegata modernità: probabilmente perché lo stesso Petrarca è più complesso e articolato di quello che lo stereotipo continiano ci consente di vedere, da un lato, ma anche perché, dall’altro lato, il petrarchismo è caratterizzato al suo interno dalla varietà anziché dall’omologazione, con buona pace della stroncatura desanctisiana. Si specifica meglio, così, come chiarisce il commento di Franco Tomasi al sonetto Arsi gran tempo e del mio foco indegno di Torquato Tasso, quella diadi Della Casa-Bembo che è sì un sistema oppositivo, ma anche un dialogo costante, a conferma di quanto l’antitesi e la diffrazione, nell’universo del petrarchismo, giocano come differenze interne, meccanismo di specchi e rovesciamenti, fondazione di un sistema bifocale, anziché come costruzione di un ‘dentro’ e un ‘fuori’, la norma e lo scarto.
L’instaurazione di una triangolazione con Vittoria Colonna e Veronica Gambara da parte di Du Bellay nell’Olive, come spiega Rosanna Gorris Camos, è perciò decisiva, perché è proprio il punto d’arrivo a illuminare i punti di partenza nelle loro potenzialità di sintesi piuttosto che rivalità o esclusione, tanto sul piano stilistico quanto su quello contenutistico. Il discorso religioso s’insinua in tal modo nelle pieghe del petrarchismo come portato naturale di una poesia che non è affatto solo un gioco sociale della corte rinascimentale, ma è anche e soprattutto la forma letteraria di una civiltà nel suo insieme, con le sue ossessioni, le sue paure, i suoi slanci e le sue ricerche: come osserva la Gorris, se l’orizzonte del petrarchismo è necessario per l’interpretazione dell’Olive, «ce concept est insuffisant pour évoquer les couleurs diverses, la douceur des paysages, la dulcedo humaniste, mais aussi les complexités de ce recueil issu des “targues palladiennes” et qui reflète, comme un miroir, les inquiétudes spirituelles de Marguerite et de son savant entourage». Lo dimostra efficacemente su un versante cronologicamente precedente, ma culturalmente attiguo il caso della poesia di Michelangelo, indagata da Davide Dalmas sub specie religionis, con l’identificazione di una «descrizione paradossale e insieme originaria della posizione del cristiano» nel sonetto «bugiardo» Vorrei voler, Signor, quel ch’io non voglio.
Se alcuni grandi autori del petrarchismo europeo, da Ariosto a Castiglione, sono stati finora parzialmente negletti o trascurati, sarà opportuno recuperarli, come fanno nei loro contributi Alberto Roncaccia e Hans Honnacker, non solo per rivalutarne la tecnica poetica o la qualità estetica, operazione sempre piuttosto soggettiva e faziosa, ma per riscoprirne la partecipazione a un dialogo culturale che proprio nel petrarchismo radica le sue forme e i suoi contenuti. Se il successo popolare e la storiografia letteraria celebreranno in Ariosto l’autore dell’Orlando furioso e in Castiglione l’autore del Libro del Cortegiano, né dell’uno né dell’altro andrà mai persa di vista la partecipazione a un orizzonte poetico, che è culturale, etico e politico, che su Petrarca si forma e con Petrarca dialoga.
Non ci si potrà più meravigliare, allora, se la lettura del sonetto Who so list to hount, I knowe where is an hynde di John Wyatt proposta da Mario Domenichelli si conclude con l’osservazione che le operazioni di traduzioni e riscrittura del poeta inglese, come in fondo l’intero gioco intertestuale e dialogico del petrarchismo, «re-write their models as originals, that is as the original expression, and perception, at the same time, of the translator’s peculiar life experience and corresponding perception of his inner life». Ciò che emerge è ancora una volta, alla fine del percorso, al di là delle logiche imitative e delle interazioni culturali, la soggettività del poeta e la sua ricerca di una voce. Se l’universo del sonetto è al centro dell’esplorazione del petrarchismo come linguaggio europeo, su una linea di lunga durata che giungerà fino a Baudelaire, Federico Garçia Lorca e Fernando Pessoa, l’ultimo contributo, di Salvatore Ritrovato, l’unico che si esercita su un’altra forma della lirica petrarchesca, aiuterà a valorizzare la tensione del linguaggio poetico in una direzione musicale, «come se il madrigale fosse stato pensato, anzi ‘versificato’ [...] al fine di raggiungere il più alto profilo melodico»: una consapevolezza estetica, che ricolloca l’intero petrarchismo tra dimensione socio-politica, ricerca poetica e tensione artistica, in uno sviluppo corale a più voci di cui sarà sempre centro il singolo testo, nella sua scrittura come nella sua esecuzione. Se la rete che gli si dirama intorno consente di catturare il funzionamento di una cultura, è al testo come momento individuale di sperimentazione e concentrazione che bisogna tornare.
Il ringraziamento più sentito del curatore e degli autori va ancora una volta al direttore della rivista, Prof. Jean Balsamo, per la disponibilità e l’accoglienza. Un ringraziamento speciale va alla Prof. Rosanna Gorris Camos per la sua operazione di mediazione organizzativa.