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Per l’edizione della Gelosia del sole di Girolamo Britonio
Nel campo della poesia volgare a Napoli, ampia attenzione è stata concessa dagli studiosi ai periodi più fasti del Rinascimento meridionale: da una parte alla stagione aragonese, 1che aveva fatto di Napoli uno dei centri della poesia volgare più importanti d’Italia; dall’altra al periodo del manierismo prebarocco di metà Cinquecento, rappresentato da autori come Minturno, Costanzo, Rota o ancora Tansillo. 2L’ambito della lirica volgare appare meno attraente e certamente scarse sono le esperienze poetiche che arrivano a cristallizzarsi in raccolte di qualche importanza, prima ma anche dopo la pubblicazione delle rime di Sannazaro (1530). Nel 1519era comunque apparsa a stampa, a Napoli, presso Sigismondo Mayr, uno dei canzonieri più cospicui dell’epoca: la Gelosia del sole del lucano Girolamo Britonio (1490?-1549?),3poeta legato al cenacolo ischitano formatosi intorno a Vittoria Colonna e a suo marito Francesco Ferrante d’Avalos. 4La Gelosia del sole è una raccolta formata di 454componimenti – 345sonetti, 43canzoni, 44madrigali, 20sestine (delle quali 7doppie) e 2capitoli in terza rima5– dedicata all’amata e protettrice Vittoria Colonna. Apparsa un decennio dopo la pubblicazione dei canzonieri appartenenti alla stagione aragonese come gli Amori di Giovan Francesco Caracciolo (1506) ol’Endi-mione del Cariteo (1506e 1509), è stata definita « l’unico libro di poesia in volgare di un certo impegno ad essere dato alle stampe nella capitale del viceregno spagnolo, ben dieci anni prima dell’edizione postuma dei Sonetti et canzoni del Sannazaro del 1530».6È dunque un’opera importante nella prima metà del Cinquecento, in gran parte perché è uno dei pochi casi, in ambito napoletano, a presentare le qualità di un vero e proprio ‘canzoniere’.7È infatti notevole quanto la Gelosia del sole rispecchi l’organizzazione macrotestuale del Canzoniere di Petrarca. Da segnalare anzitutto è la bipartizione dell’opera in 357più 97componimenti, indicata con le didascalie: « fine della prima parte del | primo libro di g. britonio.» (c. V2r) e « seconda et vltima parte | del primo libro | della opera volgare | di g. britonio | di sicignano | intitolata gelosia | del sole » (c. V2v). Sebbene non accolga la distinzione in vita / in morte – poiché la donna amata, come ho detto, è Vittoria Colonna – è interessante notare questo gusto di riproporre lo schema petrarchesco, fino alle proporzioni testuali delle due parti, rispettivamente di circa tre quarti e un quarto del totale. La storia amorosa è inoltre compresa entro il sonetto proemiale e la canzone conclusiva ‘Alla Vergine’: l’« Alfa » e l’« Omega » di una raccolta, che, come ha chiarito Guglielmo Gorni, depongono sovente a favore di « un ben ordinato alfabeto, progressivo, correlato secondo principio unicuique suum: a ciascun individuo il suo posto, s’intende, e il suo valore relativo ».8Il primo sonetto della Gelosia è infatti tipico dei componimenti proemiali:9
Qualunque ascoltarà miei vari danni,
miei vari accenti sparsi in versi e in rime,
miei vari ardor, non fia ch’a pien non stime
quante ebbi varie pene e vari affanni;
e però spero ch’altri non condanni
o biasme il suon delle mie voci prime,
perché non ebbi il dir chiaro e sublime
come il sol che abbagliommi da’ prim’anni;
ne’ quai vissi in tormenti e tanti e tali
che ’n poco spatio in quella età divenni
essempio d’infiniti e vari mali;
e ben dir posso che dal dì ch’io venni
in questa vita, morte de’ mortali,
altro che doglia al cor mai non sostenni.
Il sonetto è rivolto al lettore indefinito « Qualunque », ampliando il « Voi » petrarchesco e riecheggiando i componimenti di Giusto de’ Conti « Qualunque per amor giamai sospire » (La bella mano l) e di Tebaldeo « Qualunque legerà mei gravi danni » (Rime 294). Nonostante l’assenza di « amore », 10esso presenta inoltre la tradizionale allusione all’innamoramento in gioventù («il suon delle mie voci prime » al v. 6, « in quella età » al v. 10), nonché alle « rime », anche con il sinonimo « versi » (v. 2), ‘sparse’ quanto alle occasioni (i « vari accenti sparsi ») ma ora raccolte nel libro che si apre ai lettori. L’altro termine della forma ‘definita’ della raccolta è una canzone ‘Alla Vergine’; come nel Canzoniere di Petrarca e al contrario di molti componimenti conclusivi nella tradizione quattro-cinquecentesca che « se iscrive una rima spirituale alla fine del libro, o una preghiera conclusiva, non a Maria la rivolge, bensì direttamente a Signore ». 11La prossimità con l’ultima canzone dei Fragmenta si nota anzitutto negli aspetti formali: l’incipit « Vergine, di bellezza eterno exempio » (Gelosia, 454) è ripreso con variazioni dell’epiteto nell’incipit e nella sirma di ogni stanza, talché abbiamo: « Vergine, adorna d’infinite luci » (v. 14), « Vergine vera, excelsa tra l’excelse » (v. 40), « Vergine sola, in prima e dopo il parto » (v. 53), « Vergine rara, che fra l’altre in terra »
(v. 66), ecc..., e le stanze sono 10,di 13 versi sullo schema petrarchesco abc bac cddcefe più congedo di 7versi uguale alla sirma, proprio come nella canzone di Petrarca (cfr. REMCI 13.082). Attraverso questa preghiera conclusiva – che pone fine al ragionamento amoroso aprendone un altro, di carattere spirituale – appare chiara la funzione della canzone ‘Alla Vergine’, che sigilla la raccolta e segna, insieme al sonetto proemiale, la forma di un « canzoniere ‘definito’ ».12Se l’identificazione di questi due limiti suggerisce la struttura unitaria del libro, l’esame dei contenuti sembra confermarlo. La coerenza interna è infatti « il requisito che di solito si richiede a un libro di rime per aspettare il titolo di ‘canzoniere’ ».13E sebbene manchi « nel Cinquecento, la coscienza dei ‘connettori intertestuali’ del Canzoniere, che è acquisizione della critica moderna »14appare interessante rilevare la presenza di nuclei narrativi e tematici che suggeriscono l’organizzazione di tipo ‘canzoniere’ della Gelosia del sole. Senza definire in questa sede l’insieme dei rapporti intertestuali, è interessante rilevare alcuni nuclei principali presenti all’inizio della raccolta: essa si apre sul tema dell’innamoramento (Gelosia 2-10), concentrando poi l’attenzione sugli occhi e lo sguardo della donna (Gelosia 11-19), sulla sua mano (Gelosia 34-35). Altri temi appaiono in seguito: la lontananza e l’assenza della donna (Gelosia 38-39), la contemplazione della donna-sole (Gelosia 57-60) in un’unità di formule: « mirando i raggi del mio bel pianeta » (Gelosia 57v. 3), « Mirando i rai d’Amor » (Gelosia 58v. 1), « Quanto più miro il sfavillante raggio » (Gelosia 60v. 1), e ancora il motivo dell’apparizione della donna-sole in Oriente (Gelosia 63-66), e così via.15La lettura dei primi componimenti della Gelosia del sole permette dunque di cogliere una distribuzione per piccoli gruppi delle poesie che non pare casuale e anzi tradisce piuttosto un progetto unitario. Il percorso narrativo si legge inoltre nei componimenti di anniversario, disposti lungo la raccolta;16dei testi che svelano con la sola infrazione di Gelosia 450 la progressione cronologica della ‘storia amorosa’ fra i due limiti Alfa e Omega: « Il decim’anno omai rivolto ha ’l cielo » (Gelosia 31v. 5), « perciò che oggi rivolgi il decim’anno » (Gelosia 362v. 58), « sette anni vissi di me proprio inforse » (Gelosia 450v. 32) e « Perdut’ho de’ miei giorni omai tre lustri / in seguir vano obgetto » (Gelosia 454vv. 131-32). Una dichiarazione che colpisce è l’estensione del ‘periodo amoroso’ su quindici anni, con un inizio riconducibile almeno al 1504: quasi un decennio prima del decisivo arrivo a Ischia, nel 1512, presso Costanza d’Avalos e Vittoria Colonna; prima anche degli anni passati al servizio di Eleonora d’Aragona, a partire del 1508, la cui morte è ricordata più volte nella raccolta (Gelosia 285, 297, 427e 438). Con questi testi di anniversario, appare interessante sottolineare quanto Britonio riprenda, in modo dunque artificiale rispetto alla ‘vera’ relazione con Vittoria Colonna, una tecnica che Stefano Carrai ha definito « una delle caratteristiche principali dell’architettura del canzoniere petrarchesco »,17appoggiando l’ipo-tesi di una struttura unitaria della Gelosia de sole. Accanto all’organizzazione del libro, anche la mole di 454rime sembra dimostrare l’impegno dell’autore a pubblicare una raccolta di qualche importanza. Un tale numero suggerisce l’atteggiamento dell’autore nei confronti della cultura tardo quattrocentesca; un’epoca segnata dall’apparizione di ponderose raccolte come le rime di Marcello Filosseno (704rime), di Panfilo Sasso (407rime),18di Niccolò da Correggio (404rime), di Antonio Cammelli detto il Pistoia (533sonetti), la raccolta dell’Anonimo Costabili (493rime)19o, in ambito napoletano, la silloge di rime di Giovan Francesco Caracciolo nel cod. Barberiniano lat. 4026(di 475rime).20Il contrasto appare tanto più marcato se si pon mente alla dimensione delle raccolte cinquecentesche come quelle di Trissino (79rime), Casa (64rime), fino a varie altre raccolte che si attestano intorno a cento sonetti.21Anche il titolo pare svelare un legame con la cultura del secolo precedente. Un’indicazione tematica come Gelosia del sole èineffetti tipica delle raccolte tardo quattrocentesche, ove « si può collezionare una nomenclatura assai vicace, spesso anzi pittoresca ».22In ambito napoletano, è possibile ricordare l’Argo di Giovan Francesco Caracciolo, il Naufragio di Giovanni Aloisio, il Fior de Delia di Antonio Riccho (1507) o ancora l’Endimione alla Luna di Cariteo (1506e 1509); una tendenza che si osserva pure in altre raccolte come La bella mano di Giusto de’ Conti (1472), La cerva bianca di Antonio Fregoso (1510), Lo verde antico di Niccolò Liburnio (1524) o ancora la Camilla, Olimpia, Parthenia, Pegasea, Nova Phenice, Aurora, il Linguaccio, ecc... di Olimpo da Sassoferrato (1520-1525).E sebbene il frontespizio della princeps non contenga un elenco dei metri – come invece è tipico nelle edizioni di rime della tradizione cortigiana – è possibile concludere che un’indicazione tematica come Gelosia del sole si avvicina piuttosto alle abitudini tardo-quattrocentesche che cinquecentesche, ove sembra prevalere il titolo generico di Rime. 23Il titolo dichiara inoltre una sostanziale metafora di ascendenza petrarchesca che ritorna, come una sorta di Leitmotiv, nell’intera raccolta. Sul tema del sole geloso dell’amata del poeta possiamo ad esempio notare « Così nel sol de’ vostri onesti raggi / col qual l’invido sole a prova perde » (Gelosia 19vv. 69-70) o « A l’aria dolce, al suon delle parole, / invido Phebo dal balcon suo dice: / ‘Che debb’io fare se ’n terra è un altro sole?’ » (Gelosia 166vv. 9-11), che ricordano i passi petrarcheschi: « Le treccie d’òr che devrien fare il sole / d’invidia molta ir pieno » (Rvf 37vv. 81-82) e« et vidi lagrimar que’ duo bei lumi, / ch’àn fatto mille volte invidia al sole » (Rvf 156vv. 5-6).24D’altra parte, nella raccolta ci sono alcune riletture del motivo come l’aggiunta dell’allusione alla relazione tra il soggetto e la donna-sole in « Essendo a rimirar madonna i’ volto, / quel che interromper suol ogni mia pace, / spargendo intorno la sua luce audace, / mosso d’invidia, mi s’oppose al volto » (Gelosia 39vv. 1-4) o « Così variando or freddo or caldo zelo / vivo e mirando l’unica bellezza / fo il sol d’invidia sospirar dal celo » (Gelosia 162vv. 12-14); fino alla gelosia del soggetto stesso: « Struggemi il cor or caldo or freddo zelo, / ché d’amor nasce dubbio e gelosia / mirando il sol della nemica mia » (Gelosia 31vv. 1-3).25Accanto alle indicazioni date dal numero delle rime e dal titolo, l’orientazione verso la cultura tardo-quattrocentesca si desume anche nei legami di Britonio con gli intellettuali della stagione aragonese, esplicitamente nominati nella raccolta come esponenti di una cultura in cui l’autore affonda con evidenza le sue radici. Nelle poesie sono infatti citati Iacopo Sannazaro (Gelosia 192, 217, 258, 352, 386), Girolamo Carbone (146, 332, 353), Girolamo Angeriano (377, 414), Pontano (352, 386), Giovanni Aloisio (304, 437), Elisio Calenzio (346, 432), Giovan Francesco Caracciolo (161),26Pietro Summonte (285), Galeazzo di Tarsia (334),27Giovanni Albino (386), Gabriele Altilio (386), il Cariteo (386), Mario Equicola (420) e Pomponio Gaurico (432). La Gelosia del sole è pubblicata in un periodo di relativa assenza a stampa della lirica volgare a Napoli, rispetto alla stagione aragonese e ai manieristi della metà del secolo. Britonio ne era forse consapevole e componendo una raccolta di tale importanza testuale pare inserirsi di fatto nella linea di questo prestigioso passato. Come hanno ricordato De Blasi e Varvaro, 28l’afferma-zione delle radici in età aragonese è particolarmente emblematica nelle seguenti terzine:
O felice Pontano, Attio e Albino,
Altilio e Cariteo, con l’altre schiere
che vissero cantando in sì bel tempo.
Ahi, spietata natura, empio destino!
perché spiacque alle Parche ingiuste e fiere
ch’io mai qui non nascesse o più per tempo.
(Gelosia 386 vv. 9-14)
In questi versi, la relazione con gli autori della stagione aragonese si desume anzitutto nel drammatico sentimento di essere arrivato troppo tardi, nella prospettiva di questa incolmabile distanza. L’atteggiamento dell’autore nei confronti di queste « schiere » pare allora spiegare l’importanza che egli dà alla sua raccolta. Sarebbe tuttavia errato definire la Gelosia del sole un’opera esclusivamente rivolta alla stagione aragonese. Dionisotti ha del resto mostrato come essa rappresenti « il primo documento a stampa in cui, sotto un titolo così ancor tipico della poesia cortigiana, si manifesti una rottura ormai netta della tradizione metrica e stilistica cortigiana e l’accettazione di una nuova e più rigorosa disciplina petrarchesca ».29Le due sole forme ‘cortigiane’ per eccellenza ammesse nella Gelosia sono lo strambotto e il capitolo in terza rima. E l’indicazione di Dionisotti viene rilevata dalla posizione assegnata ai due soli casi, in 454rime, di capitolo. Il primo capitolo (Gelosia 357) è posto alla chiusa della prima parte dell’opera ed è annunciato con la didascalia « terza rima aggivnta » (c.T7r);30l’altro (Gelosia 358) è ad apertura della seconda parte. Con l’eccezione della ballata – una forma comunque poco rappresentata presso napoletani31– e del capitolo, la raccolta britoniana è composta solo di metri usati nel Canzoniere di Petrarca (sonetti, canzoni, madrigali e sestine),32 segnando difatti un’orientazione metrica ‘nuova’ rispetto alla tradizione cortigiana e le sue raccolte di strambotti, capitoli, epistole.33La normalizzazione perseguita da Britonio si può osservare anche nell’assetto linguistico. Sei anni prima della pubblicazione delle Prose del Bembo e quattordici anni dopo l’analoga errata corrige dell’Arcadia summontiana (1504), la Gelosia presenta una tavola delle correzioni che, oltre a sanare i refusi di stampa, segnala alcune normalizzazioni linguistiche in direzione bembesca, che dimostrano la volontà di tendere a forme toscanizzanti. Gli interventi formali (e con l’asterisco le forme poi prescritte nelle Prose)34sono: interroto > interrotto, indrietto > indietro*, dispreggio > dispregio*, datimi > datemi*, m’accorgio > m’accorgo, soavamente > soavemente, simplici > semplici, fugir > fuggir, spreggio > spregio*, appaggo > appago, ricognosco > riconosco. Come per l’edizione summontiana dell’Arcadia, la cui tavola persegue, a giudizio di Paolo Trovato, una « direzione bembesca avanti la lettera »,35l’errata corrige della Gelosia del sole si allontana dalla lingua di koinè che invece caratterizzava autori della stagione aragonese.36Questo adeguamento in sede linguistica a un volgare letterario sovraregionale, se rompe con le scelte privilegiate dai poeti napoletani dell’epoca aragonese, appare in sintonia con le scelte metriche. La ristampa nel 1531(Venezia, Sessa) senza interventi formali rappresenta un ulteriore indizio di quanto la veste formale della Gelosia risponda ormai alle norme del Bembo. Senza definire ‘manierista’ la poesia del Britonio, occorre però notare la sua ricezione presso autori rappresentativi della cultura del pieno Cinquecento. Due sonetti (Gelosia 198e 424) sono ad esempio integrati nel Vocabulario di Cinquemila Vocabuli Toschi [...] di Fabrizio Luna (Napoli, Sultzbach, 1536). È questo un indizio notevole sulla fortuna cinquecentesca del Britonio perché le scelte del Luna si fondano su criteri stilistici. Come ha mostrato Erika Milburn, « è evidente che i gusti del Luna si concentrano sulla ricerca dell’artificiosità; [...]. Tra le figure retoriche particolarmente apprezzate dal Luna sono quelle di ripetizione, esemplificazione nel sonetto Mille repulse il dì, mille tormenti di Girolamo Britonio ».37In effetti, la presenza della figura della replicatio in questo sonetto citato dal Luna – esemplificato sul petrarchesco Dolci ire, dolci sdegni et dolci paci (Rvf 205) – presenta alcuni tratti tipici dell’artificiosità manieristica:38
Mille ripulse il dì, mille tormenti,
mille aspri, immensi e taciti martiri,
mille lagrime al cor, mille sospiri,
mille cagion’ di mille empi lamenti,
mille orgogli, mille ire e mille ardenti
strali e mille flagelli acerbi e diri,
mille agghiacciati e fervidi disiri,
mille dubbi ho d’amor, mille spaventi.
Fra mille calde e mille fredde tempre
gira e travolge l’alma; et arde e trema
e piange e si conduole e teme sempre;
fra questa crudeltà rara e suprema,
altro non spero omai che ’l mio mal tempre,
salvo che mia nemica o l’ora extrema.
(Gelosia 198)
Queste osservazioni permettono di cogliere la difficoltà dell’inserimento della Gelosia del sole nella cultura letteraria napoletana, in questo periodo di transizione tra la stagione aragonese e il manierismo prebarocco di metà Cinquecento. Apparsa quando l’autore non aveva ancora 30anni, la Gelosia del sole rimane però il frutto di una produzione legata all’ambito ischitano di Vittoria Colonna. In effetti, dopo il 1519il Britonio torna una volta sola, in modo del tutto occasionale, all’esercizio del volgare nel
Trionpho nel quale Parthenope sirena narra et canta gli gloriosi gesti del gran marchese di Pescara; un poemetto in terza rima composto nel 1525per la morte del protettore Francesco Ferrante d’Avalos durante la battaglia di Pavia.39Dopo questo poemetto, anche in seguito al trasferimento a Roma, dove si perdono le sue tracce, il Britonio si dedica esclusivamente al latino. 40
Annexe
Censimento dei testimoni
A chiusura di questo contributo presento il censimento svolto in servizio dell’edi-zione critica delle rime di Girolamo Britonio, nel corso del quale accanto alla princeps del canzoniere (Napoli, Mayr, 1519) e ad alcune ristampe, è stata ritrovata una modesta tradizione manoscritta. Oltre alla documentazione di redazioni diverse per alcuni testi, il censimento ha potuto recuperare quattro sonetti inediti: Lavor malvagio che ’l sereno aspetto, Errar non so se non per queste valli, Quand’io mi fo di me medesmo speglio e Quanta giamai bellezza et onestate.
Queste le testimonianze utili a stabilire il testo:
Testimonianze complete
M = OPERA VOLGARE | DI GIROLAMO | BRITONIO | DI SICIGNANO | INTITOLATA | GELOSIA | DEL SOLE [colophon: « Impresso in Napoli: della Stampa di Maestro Sigis-|mondo Mair Alamano: del Mese dAprile. | M D XIX. »].
Il volume è un in 4° composto di 217 cc., con cartolazione romana da iii a ccxiiii.
18 biblioteche italiane possiedono la princeps:
Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana
Firenze, Biblioteca nazionale Centrale
Milano, Biblioteca Ambrosiana
Milano, Biblioteca nazionale Braidense
Napoli, Biblioteca universitaria
Napoli, Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III
Napoli, Biblioteca oratoriana del Monumento nazionale dei Gerolamini
Pisa, Biblioteca universitaria
Parma, Biblioteca Palatina
Pesaro, Biblioteca Oliveriana
Ravenna, Biblioteca comunale Classense
Roma, Biblioteca Casanatense
Roma, Biblioteca dell’Accademia nazionale dei Lincei e Corsiniana
Roma, Biblioteca Paolo Baffi
Treviso, Biblioteca comunale
Venezia, Biblioteca nazionale Marciana
Veroli, Biblioteca Giovardiana
La Gelosia del sole appare poi a Venezia nel 1531, presso Marchio Sessa:
S = Gelosia del sole | OPE-|RA VOLGARE DI GI-|ROLAMO BRITO-|NIO DI SICIGNA-|NO INTITOLA-|TA GELOSIA | DEL SOLE. [colophon: « Stampata in Venetia per Marchio Sessa, | Ne li anni del Signore. M. D. XXXI. | Adi primo di Settembrio. »].
È descripta della princeps. Ne è prova, oltre alla serie quasi identica delle rime, la ripetizione di errori di M, anche già segnalati nell’errata corrige della princeps.
Testimonianze parziali
Edizioni1
[1. Escludo dall’elenco le edizioni moderne che antologizzano rime del Britonio a partire da M o S, pure descripti.]
Luna = VOCABVLARIO | di cinque | mila Vocabuli Toschi non men oscuri | che utili et necessarij del furioso, | Bocaccio, Petrarcha e Dante | nouamente dechiarati e raccolti | da Fabricio Luna per al|fabeta ad utilia dichi | legge et scriue et | fauella | Opra noua et Aurea con priuilegio | di sua M. Et breue di S.
S. | per diec’anni. M. D. | XXXVI. [colophon: « Stampato in Napoli per Giouanni Sultzbach Alema-|no apresso alla Gran Corte dela Vicaria | adi 27.di Ottobre 1536.»]
2 rime attribuite a Britonio a c. S4v: 198 eac.DD4r: 424.
R3 = DELLE RIME | DI DIVERSI NOBILIS-|SIMI ET ECCELLENTIS-|SIMI AVTORI | NVOVAMENTE RACCOLTE. | Con Priuilegio || IN VINETIA AL SEGNO DEL | POZZO. M.D.L. [colophon: « In Vinetia appresso Bartholomeo | Cesano. M.D.L. »].
9 rime attribuite a Britonio alle cc. 162r-167v: 68, Estrav. i, 73, 172, 196, Estrav. ii, 364, Estrav. iii e 432.
R2 = IL SECONDO | VOLVME | DELLE RIME | SCELTE | DA DIVERSI ECCELLENTI | Autori nuouamente mandato in luce. | AL NOBILISS. S. DAVID | IMPERIALE. || CON PRIVILEGIO. || IN VINEGIA APPRESSO GABRIEL | GIOLITO DE’ FERRARI. | M D L X V.
44 rime attribuite a Britonio alle pp. 509-531: 4, 6, 7, 10, 13, 17, 18, 21, 26, 27, 32, 34, 39, 51, 61, 63, 66, 71, 72, 90, 95, 99, 112, 125, 129, 131, 162, 164, 172, 180, 189, 195, 196, 201, 206, 211, 263, 271, 312, 397, 412, 413, 434, 437.
AT = DE LE RIME | DI DIVERSI NOBILI | POETI TOSCANI, | Raccolte da M. Dionigi Atanagi, | LIBRO SECONDO. | CON VNA NVOVA TAVOLA DEL MEDESIMO, | ne la quale oltre a molte altre cose degne di notitia, taluol-|ta si dichiarano alcune cose pertinenti a la lingua | Toscana, & a l’arte del poetare. | AL SERENISSIMO | RE GIOVANNI II. | ELETTO D’HVNGHERIA. | CON PRIVILEGIO. || IN VENETIA. | Appresso Lodovico Auanzo. | M. D. LXV.
Attribuita a Britonio a c. 93r: Estrav. iv.
Crescimbeni: L’ISTORIA | DELLA | VOLGAR POESIA | SCRITTA | DA GIOVAN MARIO CRESCIMBENI | Canonico di S. Maria in Cosmedin, e custode | d’Arcadia. | In questa seconda impressione, fatta d’ordine della | Ragunanza degli Arcadi, corretta, riformata, | e notabilmente ampliata. | ALL’ALTEZZA SERENISS(IM)A DEL PRINCIPE | ANTONIO DI PARMA. || IN ROMA, Nella stamperia d’Antonio de’ Rossi | alla Piazza di Ceri. 1714. | CON LICENZA DE’ SUPERIORI.
Attribuita a Britonio a p. 222: 104.
SC = SCELTA | DI SONETTI | E CANZONI | De’ più eccellenti Rimatori | d’ogni Secolo | SECONDA EDIZIONE | Con nuova aggiunta || PARTE PRIMA, | Che contiene i RIMATORI | antichi del 1400.|edel 1500. fino al 1550. || In Bologna per Costantino Pisatti sotto le Scuole. | 1718. Con licenza de’ Superiori.
3 rime attribuite a Britonio alle pp. 297-301: 211, 365 e 432.
Boccanera: BIOGRAFIA | DEGLI UOMINI ILLUSTRI | DEL REGNO DI NAPOLI | Ornata de’ loro rispettivi ritratti | Compilata | DA DIVERSI LETTERATI | Nazionali | DEDICATA A.S.E | IL MARCHESE DONATO TOMMASI | consigliere e segretario di stato, ministro di grazia e di giustizia, degli affari ecclesiastici e ministro cancelliere, gran signore dell’ordine di S. Ferdinando e del Merito Gentiluomo di Camera di entrate ecc. ecc. | TOMO QUARTO || NAPOLI MDCCCXVII | Presso NICOLA GERVASI Calcografo | Strada Gigante No 23.
Attribuita a Britonio a p. 56: 104.
Manoscritti 2
[2. Nelle indicazioni bibliografiche mi riferisco alle edizioni critiche più recenti. In altri casi, uso le seguenti abbreviazioni: BIANCO 1997 = M. Bianco, La tradizione delle rime di Pietro Barignano. Con un’appendice di testi inediti, « Schifanoia », 17/18 (1997), pp. 67-124; DANZI 1997 = M. Danzi, Epicuro de’ Marsi e il codice ‘Vaticano reginense lat. 1591’: questioni attributive nel Cinquecento napoletano, in Feconde venner le carte. Studi in onore di Ottavio Besomi, Bellinzona, Casagrande, 1997, pp. 223-53; SOLERTI 1898 = Le rime di Torquato Tasso, a cura di A. Solerti, Bologna, Romagnoli Dall’Acqua, 1898, vol. I. ]
BA = Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio A. 2429.
Cart., sec. XIX, di mm. 190 × 130, dicc.I+ 375 + I, numerazione moderna a penna, intitolato « Miscellanea di sonetti di vari autori, dal sec. XIII al XIX ». Contiene sonetti di
G. da Lentino, B. Latini, C. Angiolieri, D. da Maiano, D. Alighieri, Petrarca, G. Visconti,
A. Cornazzano, L. de’ Medici, G. Benivieni, A. Tebaldeo, F. Cei, I. Sannazaro, Cariteo,
G. Britonio, B. Castiglioni, C. Tolomei, B. Varchi, B. Tasso, L. Tansillo, G.G. Trissino,
L. Alamanni, A Terminio, ecc.
Attribuita a Britonio a c. 91r: 211 con rubrica « Nel veder de la s[ua] d[onna] a piangere.
Sonetto. ».
Bibl.: Descrizione in IMBI 1930 – vol. LXIII, pp. 156-84;Bembo, Rime, p. 655;Bianco 1997,
p. 69; Dante, Rime vol. I, p. 40; Guidiccioni, Rime, p. L; Lorenzo, Canzoniere, p. 4; Serafino Aquilano, Sonetti e altre rime, p. 452; Tebaldeo, Rime, p. 32
BC = Bologna, Biblioteca Carducciana, cod. 88.
Cart., sec. XVIIIin.(1708), di mm. 160 × 110, dicc. 138, numazione moderna a penna, miscellaneo, intitolato « Raccolta di Poetici Componimenti scelti da me Ercole Maria Zanotti. 1708. Libro Sesto ». Contiene sonetti di D.S. Ranieri, T. Castellani, T. da Castel Fiorentino, F. Albizzi, L. Groto d’Adria, N. Piacente Sanese, R. de’ Selvaggi, D. da Maiano, Burchiello, G.B. di Costanzo, F. Glottocrisio Ludimagistro, N. Villani, C. Caporali, C. Matraini, A. Casari, G. Cavalcanti, C. Rinuccini, F. Sacchetti, L. de’ Medici, M.M. Boiardo, A. Tebaldeo, G. Britonio, L. Ariosto, G.G. Trissino, A. Firenzuola, I. de’ Medici, R. Corso, M. di Valois, C. d’Avalos, D. Sanseverina, G.A. dell’Anguillara, F. Solderini Malespina, S. Gaetano, M. Barberini (Urbano VIII), T. Stigliani, F. Chigi, F. Bracciolini, G. Rospigliosi, F. Balducci, C. di Pers., F. Crescimbeni, A. Guidi, I. Sannazaro, ecc.
Attribuita a Britonio a c. 38r: 104.
Bibl.: Descrizione in IMBI 1936 – vol. XIV, pp. 108-13; Tebaldeo, Rime, p. 32.
BU = Bologna, Biblioteca Universitaria, cod. 1171. Cart., sec. XVII, di cc. 128 non numerate, miscellaneo di rime in volgare e in latino. Contiene le Rime di Benedetto Panini (cc. 2r-124v), rime di V. Bianchi, D. Bunuccelli, C. Tamonio, A. Ungarelli, C. Novelli, B. Cursini, O. Micali, G.B. Canani, A. Picchiati, G. Prato,
T. Tasso, O. Ariosti, G.B. Guarini, A. Pocaterra, F. Gonzaga e G.B. Pigna.
Del Britonio a c. 73v: 337 attribuita « Del Signor Tasso ».
Bibl.: Descrizione in IMBI 1912 – vol. XIX, pp. 138-40 e Solerti 1898, pp. 76-81.
FM = Firenze, Biblioteca Marucelliana, cod. C CCLVII.
Cart., sec. XVI-XVII, di mm. 210 × 145, dicc.I+ 79 + I. Le rime attribuite sono a L. de Medici, L. Martelli, L. Battiferri, A. Gonzaga, G. Guidiccioni, G. Camillo, L. Alamanni, C.
Rucellai, V. Colonna, L. Ariosto, F. Nori, Michelangelo Buonarroti. Tra le adespote rime di
Petrarca, I. Sannazaro, G.G. Trissino e P. Bembo, G. Britonio.
Del Britonio a c. 34r: 263 adesp.
Bibl.: Descrizione in Iter Italicum vol. I, p. 108;Guidiccioni, Rime, p. XXIII, Lorenzo,
Canzoniere, p. 20.
ME = Modena, Biblioteca Estense Universitaria, cod. .R.9.4 (= Ital. 122).
Cart., sec. XVIin. (ante 1532), di mm. 211 × 140, dicc. 167, numerazione moderna a lapis. Una nota apposta a mo’ di titolo afferma: « Sonetti et altri componimenti poetici di autore incerto. Ce ne ha di quei del Bembo ancora ». È una miscellanea di sonetti, madrigali, capitoli, canzoni, stanze e sestine adespoti, tra i quali alcuni sono assegnabili a A. Tebaldeo,
S. Aquilano, P. Bembo, G. Britonio, ecc.
Del Britonio a c. 28r: 96 adesp.
Bibl.: BEMBO, Rime, pp. 611-12, TEBALDEO, Rime, p. 59.
MT = Milano, Biblioteca Trivulziana, ms. 941.
Cart., sec. XVI, a c. XIIIr l’indicazione « A 13. de Marzo 1596 », di mm. 145 × 90, dicc.
XVI + 174 + XIII non numerato. Bianche le cc. 42v-44v e le cc. 165r-166v. Di due mani:
una che trascrive l’indice (cc. IVr-v), l’altra le rime del codice. Tra gli autori dell’indice, B.
Varchi, G.B. Amalteo, C. Piccolomini, G. Mutio, L. Tansillo, L. Domenichi, B. Rota, F.
Coppetta, G.M. Molza, C. Tolomei, V. Colonna, L. de Medici, D. Veniero, G. Britonio, A.
Caro, A. Minturno, C. Magno, M.M. Boiardo, G. della Casa, R. Corso, F. Guidiccioni, A.
Brettonio, Aretino, T. Tasso, M. Veniero, G. Parabosco, B. Tasso, ecc., e adespote o d’autore
incerto. A c. IVv segue l’indicazione « Le rime contenute in questo codice sono stampate ».
Del Britonio a c. 108r: 271; e a c. 120v: 397 (attribuita « Di Antonio Brettonio »).
Bibl.: BIANCO 1997, p. 75, GUIDICCIONI, Rime, p. XXXV, LORENZO, Canzoniere, p. 57.
NN = Napoli, Biblioteca Nazionale « Vittorio Emanuele III », cod. XIII D 27.
Cart., sec. XVIII, di mm. 202 × 149, dicc. 200. Intitolato « Antichi rimatori di Napoli », è una miscellanea di rime di autori generalmente napoletani. Contiene rime di V. Colonna,
D. Bonifacio, I. Sannazaro, T. di Nola, C. Frisca, G. Pontano, G.F. Caracciolo, M.A. Epi-
curo, L. Tansillo, E. Calenzio, S. Capece, P. Summonte, Filocalo di Troia, Suavio, S. Aqui-
lano, P. Gravinia, G. Carbone, B. Oriense, G. Britonio, L. Terracina, G.B. Tuscano, Cariteo,
Notturno Napolitano e adespote.
12 rime attribuite a Britonio alle cc. 145r-51r: 4, 56, 146, 157, 161, 200, 285, 328, 413, 416,
433, 449.
Bibl.: Descrizione in Iter Italicum vol. I, p. 432; SERAFINO AQUILANO, Sonetti e altre rime, p. 458.
VL = Città del Vaticano, Bibliteca Apostolica Vaticana, cod. Vat. lat. 5187.
Cart., della seconda metà del sec. XVI (post 1553), di mm. 200 × 145, dicc. 95. Contiene rime di A. Brocardo, A. Navagero, N. Amanio, G. Muzio, P. Bembo, L. Ariosto, G. Camillo,
I. Sannazaro, N. Alamanni, D. Bonifacio, G.G. Trissino, G. Verità, C. da Pistoia, C. Rucellai, V. Gambara, Ottonello de Vida, G. Brevio, G. del Bello, G. Britonio, V. Colonna, F.M. Molza, A. Tebaldeo, G. Mozzarelli, e adespote (tra cui rime di Barignano, Sannazaro e
Bandello). Del Britonio 3 rime alle cc. 15r-v: 134, 151, 152 attribuite « J.A. ».3
[3. Sciolto in « Joannis Mutius Aurellius » in Bandello, Rime p. XL.]
Bibl.: Descrizione in Iter Italicum vol. II, p. 331;Bandello, Rime, pp. 326-27;Bembo, Rime,
pp. 575-76;Bianco 1997, p. 79;Tebaldeo, Rime, p. 81.
VL1 = Città del Vaticano, Bibliteca Apostolica Vaticana, cod. Vat. lat. 7547.
Cart., sec. XVIex-XVIIin, dimm. 200 × 135, 2 voll. di cc. I + 217 +IeI+ 217 +I, trascritto dal frate minore Francesco Gaio da Civita Castellana. Intitolato « Amore castissimo e vero di sincerissimo amante che lo dimostra in Rime mille in lode di Maria Vergine immacolata madre di Dio vero ». Contiene adespote, secondo l’elenco della stessa mano alle cc. 15r-17v, rime di P. Bembo, G. Camillo, F. Coppetta, F.M. Molza, L. Ariosto, A. Navagero, G.G. Trissino, B. Castiglione, P. Aretino, L. Alamanni, A. Caro, A. Piccolomini,
B. e T. Tasso, V. Gambara, G. Mutio, L. Terracina, L. Domenichi, L. Dolce, G. Britonio,
G. Fracastoro, ecc.
Del Britonio 78 rime, tutte adespote alle cc. 24v-25r: 447, 450;cc. 28r-29r: 452, 453; c. 32r:
448; c. 34v: 454; cc. 221r-31r: 2, 4, 14-18, frammento cassato di 20, vv. 1-4, 21, 22, 26-29,
31-37; cc. 235r-37r: 379, 381, 378; cc. 267v-82r: 263, 268, 275, 286, 288, 131, 133, 134, 386,
388, 415, 438, 441, 444, 96, 94, 90, 104, 105, 107, 108, 113, 116, 211-214, 225, 226, 231, 252,
207, 129, 46-48, 41, 42; c. 326r: 296; cc. 402v-407r: 20, 19, frammento di 29, vv. 1-4, 30;c.
409r: 280; cc. 413v-14r: 341-344.
Bibl.: BEMBO, Rime, p. 660; BIANCO 1997, p. 80 GUIDICCIONI, Rime, p. XXIII.
VR = Città del Vaticano, Bibliteca Apostolica Vaticana, cod. Vat. Reginense lat. 1591. Cart., sec. XVI, mm. 214 × 140, dicc. IX + 234. Contiene la Cecaria (anepigrafa) di M.A. Epicuro e poesie con poche attribuzioni a I. Sannazaro, Frate F. Dini fiorentino, M. Cervini, A. Caro, D. Poliziano, B. Boganucci, M. Benci, L. Orsini, I. Farnese. Fra
le adespote rime di M.A. Epicuro, I. Sannazaro, P. Bembo, B. Castiglione, G. Verità,
G. Mozzarelli, G.G. Trissino, L. Ariosto, I. Petrasanta, N. Amanio, A. Brocardo, G. Bri-
tonio. Del Britonio 8 rime, tutte adespote a c. 35v: 345; c. 36v: 96, 271; c. 84v: 36; c. 98v: 259; c.
131v: 104; cc. 133r-33v: 263, 268.
Bibl.: Descrizione del codice e discussione delle attribuzioni in DANZI 1997; BANDELLO,
Rime, pp. 324-25, BEMBO, Rime, pp. 570-71, SANNAZARO, Opere volgari, p. 444.
La collazione di questi testimoni consente di escludere l’edizioneSeil manoscritto VL1 in quanto descripti di M, come dimostra la riproduzione di alcuni errori di questo testimone. Altri testimoni sono pure presunti descripti di M perché non presentano varianti, essendo inoltre generalmente seriori di oltre un secolo o con una seriazione delle rime corrispondente a quella di M. Si tratta di 4 stampe: R2, CRESCIMBENI, SC, BOCCANERA; e 3 manoscritti: BA, BC, NN. Gli altri testimoni non dimostrano affinità tra di loro. Riferimento per gran parte della tradizione, Mèovviamente da privilegiare come base per un’edizione critica. In assenza di elementi che depongono a sfavore, M deve ritenersi autorevole prima di tutto perché unico testimone completo, apparso a stampa durante la vita dell’autore, poi per i seguenti elementi: testo di dedica, la sede dell’edizione, Napoli, e anche il nome di Mayr, editore legato all’ambiente dell’Accademia Pontaniana. Un confronto con altre testimonianze mette d’altra parte in rilievo fasi diverse di redazione, che attestano una circolazione delle rime probabilmente anteriore al progetto di redazione di un canzoniere unitario.
Rime extravaganti
Tra i risultati di questo censimento c’è l’identificazione di una piccola serie di rime extravaganti, per un totale di quattro sonetti. Tre sono attribuite a Britonio nell’antologia R3 in mezzo a poesie della Gelosia del sole. La seriazione delle rime in R3 è la seguente: 68, Estrav. i, 73, 172, 196, Estrav. ii, 364, Estrav. iii e 432.Il quarto sonetto estravagante appare isolatamente nell’antologia AT. Il censimento non ha permesso, per questi testi, di identificare altri testimoni. Poiché non appaiono elementi formali o di altra natura che facciano dubitare delle attribuzioni, i quattro testi sono qui presentati come inediti del Britonio, in attesa di una conferma in sede di edizione. Nel trascrivere i testi seguo i seguenti criteri: elimino l’h etimologica o pseudo etimologica o la instauro secondo l’uso moderno; sviluppo la nota tironiana o la congiunzione et in e davanti a consonante, et davanti a vocale; restituisco punteggiatura, accentazione e uso delle maiuscole secondo l’uso moderno; interpreto in iv 13 « e » in « e ’ ». Correggo inoltre in i 7 « p ù » in « più », e in iii 2 «il» in «al».
I
Lavor malvagio che ’l sereno aspetto contendi agli occhi miei sì spesse volte e tiemmi quelle oneste luci occolte ch’Amor pur manda dentro l’intelletto, o del mio bel desio molesto oggetto per cui l’alte speranze mi son tolte, cagion ch’io più qual soglio non ascolte il ragionar ch’impiaga e sana il petto, ahi, miser me! ché non ti muovi e pieghi al mesto suon? Ma dove non è senso che puon’ giovare umani e giusti prieghi? Ma segui contra me pur l’odio immenso che forse un dì che lei m’ascondi e nieghi, ratto sarai da’ miei sospir acceso.
II
Errar non so se non per queste valli, sì m’è venuto a sdegni et a fastidi l’ardente brama dei pensier’ non fidi ch’ogni or fan contra il ver più duri calli. Di primavera fiori e persi e gialli non nascon tanti fuor di questi lidi quant’ho dentro ’l mio cor dogliosi nidi di non più visti oggetti e d’empi falli, i quai fan l’alma travïar sì forte che la non cheta et angosciosa vita travagliando non brama altro che morte. O mia bella speranza, ov’or sei ita? O rifrigerio usato, o lieta sorte, ove n’andasti e come sei partita?
III
Quand’io mi fo di me medesmo speglio e quando è perso il tempo indarno andato, del mio presente saldo e del passato, meco e col mondo a sospirar mi sveglio. Poi grido: « Avezza gl’occhi a veder meglio, né star più di te stesso in te ingannato, mire che più non sei quel che sei stato e che cominci in tutto a farti veglio ». Mentre l’un temo e l’altro vo membrando e più che son e quel ch’era pur dianzi, sento da fiamma il cor farsi di neve e ’n quant’io posso ogni or mi vo sforzando di trar a miglior corso il viver breve veggendo e queste e que’ fuggirmi inanzi.
IV
Quanta giamai bellezza et onestate dieder natura coi benigni dei a mille donne pria, tutta in costei versar con non più usata largitate. Or morte con sue frode empie e spietate, contra i buon presta e tarda verso i rei, invida del ben nostro, estinto ha lei per sgombrar d’ogni pregio questa etate. Onde a lor studi intenti e quella e questi che la composer pria, disdegno e noia prendon non più sperando ordir par’ opra. Spenta lei, spenta è la romana gioia, senza vaghezza il mondo e ’ sguardi onesti, ignudo Amore e non è chi ’l ricopra.
Indice metrico
Per le canzoni fornisco la corrispondenza con G. Gorni, Repertorio metrico della canzone italiana dalle Origini al Cinquecento (REMCI), Firenze, Franco Cesati Editore, 2008.
Sonetti (345)
ABBA ABBA CDC DCD
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 10, 11, 13, 14, 15, 16, 18, 20, 21, 22, 24, 27, 28, 31, 32, 33, 34, 37, 38, 39, 41, 42, 43, 44, 46, 47, 51, 53, 55, 56, 57, 58, 60, 61, 62, 63, 65, 66, 67, 69, 70, 71, 72, 74, 76, 77, 79, 82, 83, 86, 89, 90, 91, 93, 94, 95, 96, 97, 98, 99, 101, 102, 103, 104, 105, 110, 111, 112, 114, 115, 116, 118, 119, 120, 121, 123, 124, 125, 126, 127, 129, 130, 131, 133, 137, 138, 141, 144, 146, 148, 149, 150, 151, 152, 154, 155, 156, 157, 159, 160, 161, 162, 164, 166, 167, 168, 170, 171, 172, 173, 174, 175, 176, 177, 178, 179, 180, 181, 183, 184, 185, 186, 187, 188, 189, 191, 192, 193, 195, 196, 198, 199, 201, 202, 203, 204, 206, 207, 208, 210, 212, 213, 214, 216, 217, 218, 221, 223, 228, 229, 230, 231, 232, 233, 240, 242, 244, 246, 247, 248, 249, 250, 251, 252, 254, 255, 257, 258, 260, 262, 263, 264, 266, 268, 269, 271, 274, 276, 278, 279, 280, 282, 283, 284, 286, 287, 288, 294, 297, 298, 299, 300, 302, 304, 305, 306, 307, 309, 310, 311, 314, 315, 317, 318, 319, 321, 323, 324, 325, 326, 327, 328, 329, 330, 332, 333, 334, 335, 337, 338, 340, 342, 343, 344, 345, 346, 347, 348, 349, 351, 352, 354, 355, 356, 367, 368, 369, 370, 371, 372, 374, 376, 378, 380, 381, 382, 384, 385, 387, 388, 389, 391, 392, 393, 395, 398, 399, 400, 401, 403, 406, 407, 408, 409, 410, 411, 413, 414, 416, 419, 420, 421, 422, 423, 424, 426, 430, 431, 432, 434, 435, 439, 440, 442, 443, 444, 445, 447, 448, 449, Estrav. i, Estrav. ii.
ABBA ABBA CDE CED
17, 26, 29, 107, 142, 224, 225, 243, 253, 275, 291, 417, 436, 437, 441, Estrav. iii.
ABBA ABBA CDE DCE
35, 40, 134, 143, 147, 211, 273, 292, 303, 425, 427, 428.
ABBA ABBA CDE CDE
85, 108, 113, 219, 226, 296, 313, 373, 377, 386, 412, 415, 438.
ABBA ABBA CDE ECD
261, Estrav. iv.
ABBA ABBA CDE DEC
270, 293.
ABAB ABAB CDC DCD
23, 285, 452.
ABAB ABAB CDE CED
81.
Canzoni (45)
AbCDEFg 8 st. + congedo di 2 vv. Fg (REMCI 07.021)
153
AB BA AccDdEE 6 st. + congedo di 5 vv. xYyZZ (REMCI 11.014)
360
ABC ABC cDEeDD 9 st. + congedo di 3 vv. Yzz (REMCI 12.075)
379
ABC ABC CDEeDD 6 st. + congedo di 5 vv. XyyZZ (REMCI 12.082)
361
abC abC cdeeDff 6 st. + congedo di 3 vv. Yzz (REMCI 13.022)
222, 404
7 st. + congedo di 3 vv. Yzz 68, 117
abC abC cdeeDfF 5 st. + congedo di 3 vv. Yzz (REMCI 13.023)
365, 433
abC abC cdeeDFF 5 st. + congedo di 3 vv. YZZ (REMCI 13.024)
200
aBC bCa aDEdEdE 7 st. + congedo di 5 vv. XyZyZ (REMCI 13.038)
322
ABa BCb CddEDeE 7 st. + congedo di 7 vv. sirma (REMCI 13.056)
238
ABC ABc DEDEeFF 7 st. + congedo di 8 vv. wXYXYyZZ (REMCI 13.059)
237
ABC ABC cDEeDFF 5 st. + congedo di 7 vv. sirma (REMCI 13.064)
122
ABC BAC CddCEfE 10 st. + congedo di 7 vv. sirma (REMCI 13.082)
454
ABC BAC cDdEeFF 7 st. + congedo di 7 vv. sirma (REMCI 13.076)
235
ABC BAC cddEEFeF 5 st. + congedo di 8 vv. sirma (REMCI 14.074)
236, 289
ABC BAC CDEeDeFF 8 st. + congedo di 8 vv. sirma (REMCI 14.081)
331
aBC bAC CDEeDFgFG 8 st. + congedo di 5 vv. XyyZZ
366
ABC ABC DEDdEFGgF 7 st. senza congedo (REMCI 15.061)
396
AbC BaC cDEeDdfGfG 7 st. + congedo di 10 vv. sirma (REMCI 16.020)
353 8 st. + congedo di 9 vv. VWwXxyZyZ 272
AbC BAC cDEeDdfGfG 7 st. + congedo di 10 vv. sirma (REMCI 16.024)
227
aBa BCb cDEdEDEFfGG 7 st. + congedo di 3 vv. yZZ (REMCI 17.010)
8
ABb ABA ccDAccDDEdE 5 st. + congedo di 6 vv. xYYZyZ (REMCI 17.015)
19
aBA BAB ccDcDCEDEeFF 6 st. + congedo di 5 vv. XYyZZ (REMCI 18.006)
36
aBc BaC AddEeFfEGgHH 8 st. + congedo di 5 vv. ZYyZZ (REMCI 18.008)
402
aBC AbC dEDeFGfGHhII 9 st. + congedo di 13 vv. TuVUvWXwXYyZZ
(REMCI 18.009)
267
abC abC cdCdecEefEFgg 11 st. + congedo di 3 vv. Yzz (REMCI 19.003)
383
ABC ABC CDEcDFGHHGFFII 8 st. + congedo di 9 vv. YXWWXYYZZ
(REMCI 20.008)
84
ABC ABC cDDEfEGGFfHiIHH 7 st. + congedo di 10 vv. UVxVWWXxZy
(REMCI 21.002)
405
ABbC BAaC CddEeFF 10 st. + congedo di 7 vv.≡ sirma (REMCI 15.112)
359
ABbC BAaC CDEeDFF 7 st. + congedo di 7 vv. ≡sirma (REMCI 15.114)
450
7 st. + congedo di 3 vv. YZZ
363
10 st. + congedo di 7 vv. ≡sirma
362
aBCA cBaB DeDEFgFG 7 st. + congedo di 5 vv. XYzYZ (REMCI 16.068)
295
AbbC BaaC cddEeDFF 7 st. + congedo di 8 vv. ≡sirma (REMCI 16.073)
132
ABAb ACCA dEDEFfGG 9 st. + congedo di 9 vv. VwXWxYyZZ (REMCI16.076)
165
ABcA BCBA DEFEDgDD 8 st. + congedo di 9 vv. wZXYXZyZZ (REMCI16.101)
30
ABaBCa DEDFgFGfHfH 7 st. + congedo di 8 vv. WxYXyZyZ (REMCI 17.014)
239
ABCaB CABAB dEEdEeFF 9 st. + congedo di 9 vv. WxYYXYyZZ (REMCI18.068)
258
aBCD aCBD cDEEFFggHH (REMCI 18.033)
182
AbC ABc DEDeDfGFgHIHI (REMCI 19.005)
78
Madrigali (42)
aB Ab BAcDcDCDEcFcGCG
265
aB AB aCDCDeFfE
73
aB AB bcCDCD
139
aB AB bCCdEEDdFfD
25
aB AB ccDDEeFFFgGHH
190
Ab Ab CcdBeDBEFEF
215
AB Ab ACDCDCDEDE
87
AB AB CB CC 194, 320
AB Ab CDCCDdEfFggEE
54
AB bA ABCBcCDEDEe
50
AB bA BCAACDCDDA
290
AB bA CddECddEEFfA
158
AB bA CDEDCEEFfA
64
AB bA CDEDCEEfG
80
AB Ba AABcBCbDEDE
145
AB BA CBCDEdEEFFgghH
48
Ab BC dCdDbBEfEfFbB
59
Ab BC dCdDbBEfEfFgG
169
Ab BC dCDDCCcEfEFGg
12
AB BC DCDDBBEFEFFBB
281
aBa BAB AcDCDefEFeGG
197
aBA bAB CDCdCdCDD
205
aBA bAB CDCdEE
339
ABa BAb CBCdEFDEdEGHGhII
301
ABA bAB cBcBDEEDDeeDFggF
163
ABa BCa CdD
75
ABa BcC DCDeeFfGG
336
Abb AAC aACaDEDEFggH
92
Abb ABA BcDCCDEfgEGhIjIJkLMM
245
ABb AAC CdAAAAEFGeF
106
aBb AbA BCBCbcCDcDD
308
AbC aBC ACdEDEEfgFGHgH
394
ABC ABC DD
397
aBC ACb DedEFdF
234
AbC BaC ADeFeDfdGhGHH
220
aBC bCD DEfgEGFHhiIJjKK
256
aABCbCCDeDEfFCc
52
AbCACACADDCeeCEC
100
AbCADEFEDFFgGH
45
aBCBBCdEDEFeFGhhGIIjJ
241
ABcBcDEFdEGFhFGIJKjKJLL
135
Sestine (13)
Salvo indicazione, la retrogradatio cruciata e il congedo nelle sestine e sestine doppie sono regolari.
A genti: B lume: C disio: D giorno: E sera: F tregua 312
A notte: B cielo: C fiumi: D ghiaccio: E sassi: F fiamma 209
A notti: B giorni: C tempo: D strale: E vita: F pianto 341
A parte: B nove: C pregio: D corso: E sciolta: F bosco 390
A pelo: B morte: C rime: D foco: E riva: F vita 140
A pianto: B riva: C monti: D poggi: E doglia: F sorte 375
A rime: B fine: C stile: D suono: E scogli: F versi 429
A rime: B panni: C pianto: D giorno: E doglia: F aura 364
Congedo: omessa la parola-rima doglia.
A rime: B pianto: C ghiaccio: D anni: E carte: F occhi 350
A senso: B strale: C pianto: D fiamma: E bosco: F anni 451
Congedo: A, B, D, C, F, E.
A sole: B foco: C vento: D alba: E verno: F speme 316
A tempo: B speme: C vita: D ombra: E selva: F morte 453
Retrogradatio cruciata irregolare nelle st. 5 e 6.
Congedo: A, F, C, D, E, B.
A vita: B notti: C carte: D faggi: E pianto: F guerra 88
Sestine doppie (7)
A frondi: B piagge: C cielo: D selve: E fiumi: F strali 128
A Luna: B nebbia: C lume: D raggio: E notte: F tregua 49
Retrogradatio cruciata irregolare nelle st. 7-12.
Congedo: A, F, C, D, B, E.
A pianto: B tregua: C guerra: D giorno: E boschi: F campi 136
A rime: B pianto: C lieto: D stile: E morte: F fine 446
Retrogradatio cruciata irregolare nelle st. 4 e 6.
Congedo: C, B, D, A, E, F.
A sole: B raggio: C manto: D terra: E mondo: F tempo 277
A sole: B stelle: C notte: D giorno: E vita: F alba 109
Retrogradatio cruciata irregolare nella st. 10.
Congedo: D, B, C, A, E, F.
A versi: B doglia: C sorte: D anni: E gielo: F pianto 418
Retrogradatio cruciata irregolare nelle st. 6 e 7.
Congedo: A, B, E, D, C, F.
Capitoli
Per la forma del capitolo 358, si veda la nota 5.
ABA BCB CDC, ecc., YZY Z 357
AbA BcB CdC, ecc., YzY Z 358
Indice dei capoversi 4
[4. L’incipitario comprende le rime della Gelosia del sole, a cui corrisponde la numerazione araba, e le estravaganti, elencate con una numerazione romana. Quando il metro è diverso dal sonetto canonico, sono usate le seguenti abbreviazioni: canz. = canzone; cap. = capitolo in terza rima; madr. = madrigale; sest. = sestina; sest. doppia = sestina doppia.]
A quel ch’io son, non è mirando effetto 268
Ad or ad or pensando a quel ch’io soglio 143
Al dolce mormorar d’un chiaro fonte (canz.) 30
Alma, se stata fussi allor presaga 216
Alpheo, gran pregio del Pierio onore 388
Altiera donna in abito gentile (madr.) 320
Alzeno al ciel con lodi altiere e sole 324
Amor m’abbaglia e ’ncende più che suole 130
Amor m’ha dentro un tetro carcer chiuso 168
Amor m’ha fatto un mesto augel di notte 372
Amor nel mio pensier sempre rinova 29
Amor, dove volgesti il mio cor pria (madr.) 301
Amor, perch’io mi volga a nova impresa 144
Amor, quant’io di te m’attristo e doglio 69 Amor, tu vedi quante valli e monti 123
Amorosette angeliche parole 47
Ancor che ’l vostro isdegno (madr.) 197
Ancor che l’aria sia di pioggia oppressa 126
Ancor che non si istime al secol nostro 89
Angerio, alquanto il tuo parlar raffrena 414
Arbor, ch’al lito di sì largo rivo 229
Beltà del ciel ch’ogni opra in noi comprendi 389
Ben fur’ le stelle al ver contrarie e false 386
Ben mi credea nel cominciar del pianto (sest. doppia) 136
Ben vi rassembra, donna empia e superba 279
Benché da l’alma tua natia sirena 412
Candida e vaga man che ’l cor m’hai tolto 107
Carbon, che con tue fiamme ardenti e belle 332
Carbon, quando i’ rividi il chiaro viso 56
Care, leggiadre, oneste e ricche spoglie 183
Caro augelletto che con dolci gridi 137
Che fai più Libertà, da me disgombra? 119
– Che fai qui, Invidia? – I’ sto vegheggiante e presta 398
Ché ’l nostro Equicol pur sì lunge or viva 420
Che più calde querele indarno sparte? 243
Che più s’indugia? Or non sai tu ben ch’io 160
Chi tien qui morta l’inclita Elionora 438
Chi vuol saver la mia angosciosa vita (sest.) 88
Chi vuol vedere bellezza e castitate 22
Col bel pensier di cui t’imperli e ’nostri 426
Colle’ ch’un tempo il mio languire udisti 286
Come avezzato augel va nel richiamo 150
Come il dolor mi sprona a lamentarmi (canz.) 238
Come temer non vo del vostro aspetto? 247
Con fervido pensiero e inquieto 155
Con gli occhi più che mai di pianger vaghi 196
Cor mio, se questa rara alma beltate (madr.) 50
Costei ch’amore e me d’arbitrio priva 91
Costei che col mirar m’infiamma il core 15
Costei ch’or meco, Apollo, onori e ami 9
Costei che sopra ogni altra al mio cor piacque 20
Credea con l’arder mio, col grave pianto 114
Credeami Amor che mi porgesse aita 62
Cridando libertate il cor languisce 274
D’amara rimembranza il cor ripasco 79
D’esser già vostro mai non mi dispiacque 382
Dagli occhi un dì la benda Amor si tolse 384
Dal vostro sguardo uscì sì dolce il foco 323
Deh! come Amor ver’ me fu sì pietoso? 349
Deh! donde advien, cor mio, che ’l nostro sole 76
Deh! non è questo il luogo e ’l bel paese 431
Deh! non prendete il mio mirar sì a sdegno 105
Deh! perché sparve al giusto pianger mio 116
Del ciel sempre ti loda e d’Imeneo 302
Di giorno in giorno vo cangiando il pelo (sest.) 140
Di grado in grado Cesar giunse a tale 188
Di speranza in speranza amor m’inganna (canz.) 236
Di tanti vari oggetti Amor compose 40
Di volto in volto la mia vista scorre 141
Diffidandosi Amor di soggiogarme 152
Diletta ombrosa valle (canz.) 200
Dir nol volea, ma dir mi sforza Amore (canz.) 227
Donna, pur che apo voi mercé mi vaglia (madr.) 59
Dove men spiega il sol suoi caldi raggi 252
Dove orïente i be’ vostri occhi fanno (canz.) 19
Dove sia più che ’l mio sperar s’appoggi (canz.) 360
E mi par, lasso, i delettosi colli 242
Ebbe Perillo chiaro alto intelletto 421
Ecco ch’or tu ritorni Phebo al Tauro (cap.) 357
Erasi Amor nascosto entro il mio core (madr.) 194
Errar non so se non per queste valli II
Essendo a rimirar madonna i’ volto 39
Eteocle facendo il nobil tempio 257
Felice albergo del mio vivo sole 249
Fiero, accorto, gentil, saggio animale 424
Folti boschetti e rive (canz.) 433
Fondo ne l’aria sempre e scrivo in l’onde 32
Fortuna e ’l crudo Amor m’han posto al segno 333
Fortuna nel mio stratio è tanto avezza 77
Fu già sì occolto al mondo il ver disio 444
Fuggendo il lume che fuggir pur soglio 95
Fur’ ben del ciel le due più chiare stelle 6
Già intepidir sentea interna fiamma (madr.) 281
Già rivestiasi di fior’ novi e d’erbe 5
Giunse in battaglia a Cesare un conflitto 291
Giurato un tempo avrei ch’un freddo smalto 4
Giurò più volte da ritrar quest’alma 228
Gli occhi ch’esser solean grati e cortesi (madr.) 64
Gloria del cielo, onde scendeste in terra 46
Gradito ingegno, in cui si gloria e mira (canz.) 258
Grave aspro affanno rado avien che invecchi 86
Gravi pensier, alti sospiri e doglie 161
Il desir che mostrarte esser sì ardente 406
Il duol pur cresce e so che ’l vedi e scorgi 189
Il folle mio pensier tutto s’accende 10
Il guardo in ch’io m’affiso e ’l cor ripasco 111
Il lungo ragionar de’ miei lamenti 118
Il nobil tuo pensier senza altro iguale 314
Il placido riposo de’ mortali 173
Il vario ricantar de’ vaghi augelli 214
In ciascun luogo ov’io mi volga e gire 14
In tanta altezza il mio pensiero aspira 71
Instabil non fui mai se ’l ver si istima 225
Invido legno, che ’l sereno aspetto 278
Invisibil Fattor de l’universo 449
I’ mi diparto e pur di passo in passo 330
I’ piango sempre e mi vergogno ogni ora 300
I’ provo ogni or di raffrenar la doglia 303
Io pur mi sforzo in dimostrarvi a pieno 121
I’ pur riguardo in quella parte donde 65
I’ pur vo dove Amor mi scorge e mena 306
I’ son sì volto a scriver di costei 82
I’ son vinto e prigione (canz.) 8
I’ veggio vostra vista altiera e bella 307
Io veggio, Arnonio, andar di danno in danno 318
I’ vidi pianger que’ celesti lumi 212
Io vo con gli occhi misurando intorno 37
L’alte querele mie varie e profonde 108
L’altiera impresa onde il mio cor nudriva 259
L’alto pensier che l’anima invaghisce 219
L’antica fiamma mia profonda e calda 354
L’aria sta chiusa d’atre nubbi intorno 280
L’assedïata figlia del re Niso 98
L’aura che mosse l’aureo e gentil velo 325
L’onorata vertù che ’n parte splende 255
La bella man che mio mal grado accoglie (madr.) 45
La dolce spene che ’l mio cor nudriva (madr.) 245
La mia che giunta con vostra alma alberga 33
La rimembranza de l’età mia prima (canz.) 84
La vil presomptüosa e rea cornice 299
Lasso, a che stratio orrendo or m’ha condutto 422
Lasso, ch’io sento in mezzo del mio core 317
Lasso, chi del mio mal incolpar deggio 67
Lasso, i’ ti miro ogni or, ma ché riguardo 154
Lavor malvagio che ’l sereno aspetto I
Legar mi sento e non so chi mi lega 232
Leggendo d’Alessandro i non molt’anni 181
Lieti e verdi arboscelli (canz.) 365
Lo assiduo mio morire (madr.) 265
Lontan dal volgo e l’odïosa gente 240
Lucidi stagni e frigida palude 202
Luna, che tosto audace or ti dimostri 442
Madonna, non è spento (canz.) 322
Mai non andrà mia spene ov’ella suole (canz.) 396
Mai non desparve fresca neve al sole (sest.) 316
Mai non nacque nel cor per consolarmi 206
Mai non vegno a pensar quel giorno acerbo 113
Mar, che ’n continuo moto ogni or ti sento 180
Mentre il guardo celeste e non terreno 329
Mentr’io nudrì di qualche spene il core (canz.) 361
Mentr’io portai celato il fiero ardore 260
Mentre più cresce il duol ne l’alma afflitta (canz.) 239
Meraviglia non è se ignudo e lasso 370
Meraviglia non sia s’un vivo ardore 51
Mesto augellin che sotto opache frondi 413
Mia vista è ’n colpa sol se per costume 376
Mille ripulse il dì, mille tormenti 198
Mincio, t’onora Egeria e la tua Manto 391
Minerva e la mia donna un dì sdegnate 335
Mirando i rai d’Amor, sol gloria e vanto 58
Mirando ove il mio lume apparer suole 44
Mirando, lasso, quel sì amato colle 226
Mirar non so se non vostra bellezza 172
Morte, hai morta Elionora e per te morte 297
Nacquemi in mezzo il cor un ghiaccio ardente 311
Nascon tanti pensier’ dal mio pensiero 104
Nel bel principio che natura volse (canz.) 379
Nel giorno ch’io mi vidi giunto in parte (sest.) 390
Nel guardo ch’al mio petto impera e regna 419
Nel ver sì forte di mia donna arriva 344
Nel volto di madonna Amor si stava (madr.) 336
Nella sua adversità maligna e forte 437
Non admiro io che ’l sol v’ingombre molto 409
Non appregiar ti dei, pittor, in parte 343
Non biasme l’aurea impresa alcun mortale 338
Non è che sol pensar tu debbi in parte 411
Non è che talor meco i’ non m’aveggia (madr.) 48
Non è l’arder mio tale (madr.) 308
Non fia mai più silentio alle mie rime (sest.) 350
Non fien le chiome sempre fulgido oro (madr.) 106
Non fieno al mondo le più care notti (sest.) 341
Non fur’ già mai, né fien di tanta forza 175
Non ho si voto di ragione il senso (sest.) 451
Non mai di notte al lucido orïente 203
Non men risplende il vostro sguardo altiero 66
Non mi contrista altrui gradita sorte 304
Non mi lassate, o dolorose rime (sest.) 364
Non miro bianco sasso ov’io mi trove 195
Non per aspra, ostinata e fiera voglia 269
Non per quanto riscalda il chiaro sole (canz.) 153
Non per sublime stato e gran thesoro 253
Non perché il vostro sol m’asconda e neghi 410
Non posso dalla mente porre in bando 179
Non può l’ingegno mio più radrizzarsi 423
Non può per nebbia perder lume il sole 262
Non queste elette spoglie ora v’invio 115
Non senza expresso effetto e chiaro molto 387
Non son per questi rami tante frondi (sest. doppia) 128
Non spero più bramar l’ardente sete 193
Non spirar d’aure, non fiorir di valli 129
Non vi bastava avermi l’alma accesa 310
Nudricasi il cor vago e non so come 378
O bel viso che ogni or richiamo e cheggio 187
O fastiditi già del pianger mio 313
O gentil sguardo, ond’io bramoso vivo 61
O molesti pensieri, o van disio 72
O placide aure, o fresche erbette e fronde 337
O sopra ogni altro aventurato loco 369
O vaga man, che spesso ti attraversi 34
O vario mondo, o dolce amara spene 178
Occhi, cagion ch’ardendo i’ mi consume 27
Ogni ascoltata e placida sirena 328
Ogni or ch’io miro voi, sulfuree vene 171
Ogni or ch’io penso a quel sereno sguardo 233
Onde diriva amore? (madr.) 139
Onde tanta ineffabile dolcezza 13
Onoro ogni or la tua vertù preclara 186
Or che ’l sol monta col vermiglio carro 401
Or che ’l sol si nasconde e ’l ciel s’imbruna 156
Or che ’n l’occaso il sole invido scende 231
Or ch’io m’accorgo e veggio (canz.) 117
Or ch’io mi trovo senza il mio bel sole (canz.) 132
Or ch’io non miro come i’ mirar soglio 345
Or che l’aria ingombrata intorno stilla 327
Or che la Luna con l’aurate corna 28
Or che non toglie il tempo, or che non fura 170
Or che tramonta con suoi raggi il sole (sest. doppia) 109
Or chi è costui che con famosa tromba 273
Or fuss’io morto dalle prime fasce 305
Or poi che di mia donna il freddo core (canz.) 237
Partenope fu posta sotto un clima 246
Partenope gentil, s’al mondo unquanco 440
Pasco di dubbia spene il pensier vago 223
Passa l’inverno e gli uccelletti vanno 159
Per contentarvi qualor giunsi a morte 250
Per giunger con beltà maggior beltate 319
Per gli più strani e inabitati lidi (canz.) 122
Perché la bella mano (madr.) 241
Perché sempr’io m’ingegni (madr.) 339
Però che Amor mi guida (canz.) 366
Piaggia, che lieta ascolti il mio lamento 131
Piangan continuo gli occhi e lagrimando 11
Piangea madonna e sì soavemente 211
Piangendo, il viso angelico e umano 213
Poi che del grave acerbo mio lamento (madr.) 290
Poi che fuor di speranza e di ben privo (canz.) 331
Poi che ’l cor si rimembra (madr.) 234
Poi ch’io mi veggio in cima (madr.) 205
Poi ch’io son solo e non è chi m’ascolti (cap.) 358
Poi che le mie soavi e dolci rime (sest. doppia) 446
Poscia che son le stelle congiurate 425
Può tanto Amor in me ch’io pur non deggia 352
Qual corpo Amor non fa svegliato e franco? 287
Qual sciocchezza è de l’alma (canz.) 182
Qualor ben penso al nostro viver frale 427
Qualor diffusamente il suo dissegno 292
Qualunque ascoltarà miei vari danni 1
Quando a caso si ricontro col mio (madr.) 54
Quando al Caistro i bianchi cigni stanno 270
Quando al vecchio Titone escie di braccia 97
Quando Amor corre a dar battaglia al core 201
Quando, Amor, tu rinforzi (madr.) 190
Quando avrà fine amore? (madr.) 73
Quando Briseida al fiero Achille tolse 167
Quando col leggiadretto onesto riso (madr.) 80
Quando d’intorno l’alma si raguna 146
Quando dal nostro ciel Phebo si parte 356
Quando fuor d’orïente il sole ascende 251
Quando giunge costei fra l’altre belle 348
Quando il cor si ramenta come in prima (madr.) 169
Quando il dì chiaro apparirà di notte (sest.) 209
Quando il dolce inchinar de’ bei vostri occhi (madr.) 12
Quando il sol si nasconde e l’aria piove 230
Quando il suo corso rinovella il sole (sest. doppia) 277
Quando in ver del mio stato Amor m’aveggio (madr.) 215
Quando in voi, donna, ho l’alma e gli occhi intensi 16
Quando in voi, donna, i’ giro (canz.) 295
Quand’io mi fo di me medesmo speglio III
Quand’io m’affiso in vostra alma bellezza 99
Quand’io partì da voi, mia luce altiera 351
Quand’io racolgo tutti i miei pensieri 435
Quando io ripenso al mio sommo diletto 415
Quand’io torno a pensar gli giorni e gli anni 452
Quando l’aurora con vermiglia fronte (canz.) 289
Quando la vaga e bella rimembranza (madr.) 220
Quando le muse qui ti vider’ nato 430
Quando madonna onestamente move 41
Quando odo il vostro stil di tanta istima 276
Quando per mio distin talor mi occorre 340
Quando quel gran magnanimo dentato 377
Quando riede l’aurora al suo soggiorno 55
Quando splender ti veggio, altera Luna (sest. doppia) 49
Quando talor ben penso (madr.) 25
Quando tua fama pria lontan mi punse 408
Quando ver’ l’alba ricantar i’ sento 63
Quanta giamai bellezza ed onestate IV
Quante fiate la mia donna i’ guardo 164
Quante lagrime ogni or dagli occhi i’ sparo 309
Quanto d’intorno il ciel più ’l carro gira (canz.) 363
Quanto ha dominio in l’anime immortali 43
Quanto la vita più trapassa inanzi (canz.) 450
Quanto mi piace, o semplice augelletto 148
Quanto ne’ bei vostri occhi più m’affiso (madr.) 158
Quanto più cangio il giovenil mio pelo 288
Quanto più cerco soletaria vita 284
Quanto più miro come i’ mirar deggio 207
Quanto più miro il sfavillante raggio 60
Quanto più penso che le meste rime (sest.) 429
Quanto più piango, il pianto ogni or più cresce 445
Quanto t’invidio, altiero e puro fiume 199
Quasi presago di futuro male 3
Quel buon Roman che Roma con Ardea 441
Quel chiaro viso dove sì cortese 221
Quel delle muse caro, Elisio e nostro 432
Quel loco che ’l mio cor sol ama e prezza 103
Quel mio nemico a voi sì amico speglio (madr.) 163
Quel nemico voler che mi trasporta (madr.) 135
Quel per cui spesso dentro il cor m’adiro 17
Quella antica città dove Anniballe 293
Quella, ch’al suo volar spiega tante ali (canz.) 165
Quella, che ragionando e riguardando 176
Quella speranza ond’io nudrir solea (canz.) 235
Questa alma luce che ’l suo lume estende 162
Quest’è pur di mia donna il bel sembiante 342
Questa gentil mia donna in ch’io nudrisco 417
Qui non fia pur chi ’l ragionar mi nieghi (canz.) 359
Raro, elevato e glorïoso spirto (canz.) 353
Ripensando al mio Sol che adietro i’ lasso 38
Riposto almo paese (canz.) 402
Risorta era mia spene in verdi foglie (madr.) 397
Sacre Sorelle, glorïose e vaghe (canz.) 272
Sa il mio male Indo, Ispano, Ibero, Idaspe 373
Sappi, Tarsilio mio, che tal dolcezza 334
S’a me sei dato, or non n’aver dispetto 93
S’amor è un foco, ond’ha poi tanto ghiaccio? 271
Se alcun mai leggerà questi miei versi (sest. doppia) 418
Se chiuso in l’antro suo non stava Apollo 399
Se come al tuo pensier rispira e canta 217
Se come altri fu un tempo da Giunone 283
Se come ho dentro il cor la fiamma accesa 21
Se d’occolti martir’ l’orribil soma 436
Se doppo tanto amaro, empio tormento 347
Se ’l dolce aspro disir che ’l cor sostiemmi 208
Se ’l dotto almo Chirone ebbe diletto 439
Se ’l giusto ciel non cangiarà più stile 395
Se ’l poder fusse tale (canz.) 36
Se ’l tempo non fugesse a gran giornate 94
Se ’l velen contra voi non fu possente 400
Se ’l ver predice il mio pensier al core 125
Se ’n qualche tempo arrivo in quel dissegno 120
Se indugia de’ miei dì in troncare il mezzo 443
S’io fusse, Abstemio, visso in qualche tregua 368
S’io potesse appagar con ragion vera 35
S’i’ son del pianger stanco (canz.) 222
S’io v’amo il sanno i monti, ogni aspro sasso 96
Se l’ampia amata e dolce mia guerrera 264
Se l’aspro mio tormento (canz.) 383
Se l’umor di questi occhi (madr.) 52
Se la invisibil fiamma che mi accende 70
Se miglior mezzo avien che ’l ciel mi porga 447
Se non che alla pietà cede il disio 102
Se per forza di duol potea morire (madr.) 87
Se quando per sfogar l’alto dolore 393
Se quant’è in voi beltà fusse in me doglia (madr.) 75
Se quel che i Toschi ingegni e gli altri excelle 275
Se quel incendio rio (canz.) 404
Se quel vago pensier che mi nudrica 149
Se stesso vegheggiando (madr.) 256
Se voi teneste in pregio il viver mio 23
Se vuoi saver che cosa è ’l fiero amore 346
Seguir mal potrà più l’usato stile 142
Selvestri monti, ombrosi e folti boschi 374
Sempre ch’io volgo al viso e alle chiome (madr.) 394
Sempre il vostro gentile onesto sguardo 18
Sì affettuose le tue prose e i versi (canz.) 405
Sì ardito, sì leggiero e pronto venne 7
Sì dolce è ’l visco dove Amor m’ha preso 381
Sì forte in vario stil rimbomba e suona 138
Sì gran dolcezza d’un bel guardo i’ prendo 26
Sì mi despiace, aggrave e si rincresce 147
Sì mi ritrovo in dubbi e in disiri 133
Si nel dir parco e non lodarmi tanto 326
Sì rara e degna è l’alma vertù vostra 416
Sì vago io son d’andar di piaggia in piaggia (canz.) 362
Sì variamente amando, i’ mi consumo 204
Sì variamente Amor mi sprona e sferza 127
Sì vario effetto nel mio cor discende 124
Signor, perché sei giunto (canz.) 267
Sincero, or poi che dal’Idalio nume 157
So ben che appalesando i pensier’ miei 244
Solea pascer la vista del mio core 315
Sommontio mio, quella unica Elionora 285
Spesso, a guisa d’un caro e fido amico 367
Spesso meco mi sdegno e Sorte adiro 192
Spesso mi nasce al cor un voler fiero 42
Spesso ripriego Amor, ch’è la mia scorta 83
Spirto gentil, che per tuo raro ingegno 248
Sta nella mente mia sì intiera e bella 266
Stando di più pensieri oppresso e vinto 355
Star non potea da voi troppo lontano 134
Strano più ch’altro e orrido animale 185
Struggemi il cor or caldo or freddo zelo 31
Strugomi in pianto, in lagrime e ’n martiri 294
Suole talvolta il cervo lieto e franco 151
Superbi monti e luoghi alpestri e feri 24
Tacer non posso, Amore (canz.) 68
Tal diletto ho d’andar mesto e solingo 224
Talor fugge da me l’usato ingegno 428
Tanta dolcezza par che in me trabocchi 210
Tanta potenza ha di mia donna il guardo 371
Tempo ò, se morte non tronca lo stame 403
Tenea col pianto indubitata fede 448
Tener solea la stanca lingua a freno 2
Tiensi forse il mio cor superbo e folle 385
Tosto ch’al cor le mattutine squille 261
Tra i vivi rai del nitido splendore (madr.) 92
Tra pensare e voler non ha riposo 296
Tra valli ombrose ov’è sol neve e gielo 101
Tra verdi frondi e fior’ vermigli e bianchi 85
Tregua dal cor, dagli occhi hai spento il sonno 81
Tu ch’or guardi di pensier dubbi involto 407
Tu m’hai sì avezzo, Amore, al gran tormento (madr.) 145
Tu ne andrai, Gollio, in la famosa riva 184
Un cor di mente errabile e ’nquieta 392
Un giorno uscendo fulgido e lustrante 218
Un legame m’avolge, una catena 434
Un torbido pensier fallace e losco 110
Una schiera di donne insieme accolte 263
Valle, de’ miei pensier’ sì forte amica 112
Vanne, Gravinio, e con fervente affetto 174
Vanno le rime mie di pianto in pianto (sest.) 375
Vassene pur l’iraffrenibil tempo (sest.) 453
Veder potete omai chiaro e aperto 53
Veggio crescendo ancor la fiamma antica 298
Veggio vagando andar l’umane genti (sest.) 312
Venne in sogno leggiadra e lieta in vista (canz.) 78
Vergine di bellezza eterno exempio (canz.) 454
Vista costei che adorna or questa etate 166
Vivaèla fiamma che m’accresce il core 321
Vive in mezzo il mio core un pensier tale 254
Vivrebbe il bel disio d’alta dolcezza 57
Volan sì forte i vaghi miei penseri 90
Volgendo gli occhi in l’aria del bel viso (madr.) 100
Volgendo gli occhi in quella parte un giorno 191
Volgendo intorno, lagrimando il viso 177
Volse un dì Amor con importuno assalto 282
Vorrei, Vittoria, aver tant’alto stile 380
Vostra soave e placida loquela 7
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1 Sulla quale si vedano i fondamentali studi di C. Dionisotti, Appunti sulle Rime di Sannazaro, « Giornale storico della letteratura italiana », C (1963), pp. 161-211, M. Santagata, La lirica aragonese, Padova, Antenore, 1979, D. De Robertis, La letteratura aragonese, in Storia della letteratura italiana, a cura di N. Sapegno e E. Cecchi, Milano, Garzanti, 1974, pp. 648-756.
2 Segno rappresentativo – e peraltro aperta rivendicazione – di questa riaffermazione di Napoli in quanto centro culturale-letterario è la pubblicazione dell’antologia delle Rime di diversi illustri signori napoletani [...], libro terzo, Venezia, Giolito de’ Ferrari, 1552, a proposito della quale si veda, tra i recenti studi, T. R. Toscano, Le Rime di diversi illustri signori napoletani: preliminari su una fortunata antologia, in Id., Letterati, corti, accademie. La letteratura a Napoli nella prima metà del Cinquecento, Napoli, Loffredo, 2000, pp. 183-200, G. Rabitti, Foto di gruppo. Uno sguardo sulle « Rime di diversi signori napolitani e d’altri nuovamente raccolte et impresse. Libro settimo. » (1556), in La lirica del Cinquecento. Seminario in memoria di Cesare Bozzetti, a cura di R. Cremante, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2004, pp. 155-76 e M. Ariani, L’officina napoletana, in Storia letteraria d’Italia. Il Cinquecento, a cura di G. da Pozzo, Padova, Piccin Nuova Libreria, 2007, t. II, pp. 959-70.
3 Sulla biografia di Britonio si veda la voce relativa curata da G. Ballistreri per il Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto della enciclopedia italiana, 1972, vol. XIV, pp. 347-49. Una moderna lettura della raccolta ha dato inoltre M. Grippo, La Gelosia del sole di Girolamo Britonio, « Critica letteraria », 24 (1996), pp. 15-55, sulla base dell’edizione princeps del 1519, ma non affronta i problemi relativi al censimento delle rime, oggetto invece di questo intervento. Sul periodo orienta G. D’Agostino, Il governo spagnolo nell’Italia meridionale (Napoli dal 1503al 1580), in Storia di Napoli, a cura di E. Pontieri, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1976, t.I, pp. 9-39.
4 Su cui rimando a S. Thérault, Un cénacle humaniste de la Renaissance autour de Vittoria Colonna, châtelaine d’Ischia, Firenze, Sansoni – Paris, Didier, 1968, V. De Caprio, I cenacoli umanistici, in Letteratura Italiana, diretta da A. Asor Rosa, Torino, Einaudi, 1982, vol. I, Il letterato e le istituzioni, pp. 799-822, T. R. Toscano, Schede sul noviziato poetico di Vittoria Colonna, in Id., Letterati, corti, accademie, cit., pp. 13-24.
5 Come ho riportato nell’indice metrico, il secondo capitolo (Gelosia 358) è formato da endecasillabi e da settenari; una forma particolare, prossima al polimetro elegiaco Udite, monti alpestri, li miei versi, di Giusto de’ Conti incluso fra i capitoli da P. G. Beltrami, La metrica italiana, Bologna, Il Mulino, 1991, p. 281.
6 M. De Nichilo, Un « tempio d’Amore » tra Napoli e Venezia, in La Serenissima e il Regno. Nel V Centenario dell’Arcadia di Iacopo Sannazaro, Atti del Convegno di Studi (Bari-Venezia, 4-8 ottobre 2004), raccolti da D. Canfora e A. Caracciolo Aricò, prefazione di F. Tateo, Bari, Cacucci Editore, 2006, p. 153.
7 Come ha mostrato Dionisotti, Appunti sulle Rime, cit., i Sonetti e canzoni di Sannazaro (1530) risalgono infatti al periodo aragonese. Tra i pochi esempi di raccolte di rime organiche composte a Napoli nel primo quarto del Cinquecento, conviene segnalare il « canzonieretto » di Marc’Antonio Epicuro tràdito nel cod. XIII G 43 della Biblioteca Nazionale « Vittorio Emanuele » di Napoli, studiato da M. Danzi, Epicuro de’ Marsi e il codice Vaticano Reginense lat. 1591: questioni attributive nel Cinquecento napoletano, in Feconde venner le carte. Studi in onore di Ottavio Besomi, Bellinzona, Casagrande, 1997, pp. 223-53. Sulla forma ‘canzoniere’ in questi anni si è scritto molto. Segnalo almeno l’intervento di M. Danzi, Petrarca e la forma « canzoniere » fra Quattro e Cinquecento, in Lezioni sul testo: modelli di analisi letteraria per la scuola, a cura di E. Manzotti, Brescia, La Scuola, 1992, pp. 73-115, G. Gorni, Le forme primarie del testo poetico, in Id., Metrica e analisi letteraria, Bologna, Il Mulino, 1993, pp. 113-34 (e in particolare i rimandi a p. 114 n.), S. Albonico, Ordine e numero. Studi sul libro di poesia e le raccolte poetiche nel Cinquecento, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2006.
8 G. Gorni, Il libro di poesia nel Cinquecento, in Id., Metrica e analisi, cit., p. 194.
9 Anticipo quanto dirò più avanti precisando che cito dall’edizione princeps della Gelosia del sole (Napoli, Mayr, 1519). Sui sonetti proemiali si veda più generalmente F. Erspamer, Il canzoniere rinascimentale come testo o come macrotesto: il sonetto proemiale, « Schifanoia », IV (1987), pp. 109-14.
10 Il primo tratto tematico dei sonetti proemiali mostrato da Gorni, Il libro di poesia, cit., pp. 196-97.
11 Ibid., p. 199. G. Gorni, Petrarca Virgini (Lettura della canzone CCCLXVI ‘‘Vergine bella’’), « Lectura Petrarce », VII (1987), p. 211, indica inoltre che « il petrarchismo cinquecentesco, per le rime spirituali e per le sue devozioni in rima, prediligerà il sonetto; talvolta, come anche il Bembo, la ballata ».
12 Gorni, Il libro di poesia, cit., p. 201.
13 S. Longhi, Il tutto e le parti nel sistema di un canzoniere (Giovanni della Casa), « Strumenti critici », XIII (1979), p. 265.
14 Gorni, Le forme primarie, cit., p. 118. Sulle « connessioni intertestuali » rimando almeno a M. Santagata, Dal sonetto al canzoniere, Padova, Liviana Editrice, 1979.
15 Cfr. in una prospettiva più globale Grippo, La Gelosia, cit., pp. 22-25 epp. 30-39.
16 Un’analisi dei sonetti di anniversario nei Fragmenta è stata svolta da S. Carrai, Petrarca e la tradizione delle rime per anniversario, « Italianistica », XXXIII, 2 (2004), pp. 47-53. Sull’impor-tanza di questi componimenti nei canzonieri tra Quattro e Cinquecento (e in particolare sulle modalità di quelli del Sannazaro) si veda Danzi, Petrarca e la forma ‘canzoniere’, cit., pp. 107-8.
17 Carrai, Petrarca e la tradizione, cit., p. 47.
18 Sulle quali ha scritto C. Dionisotti, Fortuna del Petrarca nel Quattrocento, « Italia medioevale e umanistica », 17 (1974), p. 100.
19 Tràdita dal ms Addit. 10319 della British Library, e citata in M. Santagata – S. Carrai, La lirica di corte nell’Italia del Quattrocento, Milano, FrancoAngeli, 1993, p. 68, e I. Pantani, «La fonte d’ogni eloquenza ». Il canzoniere petrarchesco nella cultura poetica del Quattrocento ferrarese, Roma, Bulzoni, 2002, p. 389.
20 Studiato da Santagata, La lirica aragonese, cit., pp. 202-42 e ancora ricordato da R. Ceserani, La lirica, in Storia letteraria d’Italia, cit., t. I, pp. 676-77.
21 Una forma che tende ad imporsi nel corso del Cinquecento e su cui rimando almeno a Gorni, Le forme primarie, cit., p. 129, M. Danzi, Nota introduttiva a Luca Valenziano, in Poeti del Cinquecento, a cura di G. Gorni – M. Danzi – S. Longhi, Milano, Ricciardi, 2001, pp. 439-40, eE.Refini, Le « Gioconde favole » e il « numeroso concento », « Italique », X (2007), p. 51.
22 Gorni, Le forme primarie, cit., p. 120.
23 Gorni, Le forme primarie, cit., p. 120, indica inoltre che « di ‘canzoniere’, nei titoli, non v’è traccia ».
24 L’argomento è stato affrontato, nell’ambito del petrarchismo, da E. Milburn, ‘D’invidia e D’amor Figlia si Ria’: Jealousy and the Italian Renaissance, « The Modern Language Review », 93, 3 (2002), pp. 577-91.
25 Un’interpretazione della metafora in chiave biografica, attraverso la gelosia del solemarito dell’amata Francesco Ferrante d’Avalos (1490-1525), viene pure proposta da N. De Blasi – A. Varvaro, Napoli e l’Italia meridionale, in Letteratura italiana, cit., Storia e geografia, II, L’età moderna, p. 300.
26 Riconosciuto da Santagata, La lirica aragonese, cit., pp. 29-30 nel son. 161, contestando l’affermazione di G. Parenti che ipotizzava invece Giulio Cesare Caracciolo nella voce relativa del Dizionario biografico degli italiani.
27 Si tratterebbe di Galeazzo di Tarsia il nonno, riconosciuto da T. R. Toscano, Galeazzo di Tarsia: una pratica archiviata?, in La lirica del Cinquecento, cit., pp. 51-52.
28 De Blasi – Varvaro, Napoli e l’Italia meridionale, cit., p. 300. Il giudizio è anche condiviso da P. Morossi, Il primo canzoniere, p. 184 n. e F. Sica, Poesia volgare a Napoli tra Quattro e Cinquecento: testi di G. Cosentino, Anonimo, G. Britonio, Salerno, Edisud, 1991, p. 98.
29 Dionisotti, Appunti sulle Rime, cit., p. 199.
30 Ricordando in modo interessante l’organizzazione testuale dei Sonetti e canzoni di Sannazaro o La bella mano di Giusto de’ Conti. Sulla chiusura con capitoli in terza rima, che ricalca molti codici quattrocenteschi di rime di Petrarca che al Canzoniere fanno seguire i Trionfi,si veda D. De Robertis, L’esperienza poetica del Quattrocento, in Storia della Letteratura italiana, cit., vol. III, Il Quattrocento e l’Ariosto, pp. 420-21, M. Danzi, Petrarca e la forma ‘canzoniere’, cit., pp. 84-85.
31 Ha cinque ballate la seconda edizione dell’Endimione di Cariteo (1509), una la prima edizione (1506), una gli Amori di Giovan Francesco Caracciolo, ma nessuna ad esempio i Sonetti e canzoni di Sannazaro o le Rime di Pietro De Jennaro.
32 La tavola dei metri data alla fine del volume (c. DD8r) esclude però i due capitoli, e tale ‘omissione’ pare anche significativa di questa volontà di tendere a forme presenti nei Rvf. Sulla rigorosità dell’imitatio di Britonio per quanto riguarda gli aspetti metrici, va ricordato, sulla scorta della Grippo, La Gelosia, cit., pp. 47-48, che venti canzoni presentano uno schema petrarchesco.
33 L’abbandono dello strambotto è un fenomeno che si osserva anche nel Cariteo, che non ripropone, nella seconda edizione (1509), la catena di 32 strambotti inclusi nella princeps del 1506 (comp. 65,cc. E1r-E6r).
34 Secondo l’indice dell’edizione critica a cura di C. Vela, Bologna, Clueb, 2001, pp. 290334.
35 P. Trovato, Con ogni diligenza corretto. La stampa e le revisioni editoriali dei testi letterari italiani (1470-1570), Bologna, Il Mulino, 1991, p. 155. Sull’errata corrige dell’Arcadia, si veda anche R. Drusi, Appunti sull’Arcadia nel dibattito critico cinquecentesco, in La Serenissima e il Regno, cit., pp. 245-64.
36 Cfr. in particolare il capitolo III. II Caratteri del primo petrarchismo aragonese. La lingua: fonetica e morfologia, di Santagata, La lirica aragonese, cit., pp. 96-171. Anche l’edizione degli Amori di Caracciolo contiene un’errata corrige, ma con interventi in chiave latineggiante o regionale che suggeriscono, al contrario di quella della Gelosia del sole, « il desiderio di liberarsi da tratti municipali coincidenti con esiti fiorentini letterari », P. Trovato, L’ordine dei tipografi. Lettori, stampatori, correttori tra Quattro e Cinquecento, Roma, Bulzoni, 1998, p. 136.
37 E. Milburn, La biblioteca di Fabrizio Luna: nell’officina di un lessicografo del Cinquecento, « Letteratura italiana antica », VIII (2007), p. 448.
38 Su cui rimando almeno a E. Raimondi, Per la nozione di manierismo letterario, in Id., Rinascimento inquieto, Palermo, U. Manfredi, 1965, pp. 219-51, G. Ferroni – A. Quondam, La ‘locuzione artificiosa’. Teoria ed esperienza della lirica a Napoli nell’età del manierismo, Roma, Bulzoni Editore, 1973, A. Quondam, Problemi del manierismo, Napoli, Guida Editori, 1975 eG. Parenti, Vicende napoletane del sonetto tra manierismo e marinismo (in margine a una recente antologia), « Metrica », I (1978), pp. 225-39.
39 Edito subito dopo a Napoli presso Evangelista di Presenzani di Pavia e oggi in F. Sica, Poesia volgare a Napoli, cit., pp. 109-34.
40 Esercizio ancora ricordato da Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Venezia, s.n., 1796, vol. VII, p. 1311. Ricordo, tra le 12 edizioni in latino del Britonio segnalate dal Censimento nazionale delle edizioni italiane del XVI secolo (EDIT16: http://edit16.iccu.sbn.it): Del Britonio i cantici et i ragionamenti et quelli del Pontefice in favore della santissima Romana Chiesa, Venezia, Baldassar Constantini, 1550.