La formazione della Regia Biblioteca di Parma
Andrea DE PASQUALE
Direttore, Biblioteca Palatina, Parma
Duecentoquaranta anni fa, precisamente l’11 maggio 1769, don Ferdinando di Borbone, duca di Parma, inaugurava alla presenza di suo cognato l’imperatore Giuseppe II, la nuova Biblioteca Reale negli splendidi saloni progettati ed arredati con magnifiche scaffalature dall’architetto di corte Ennemond Alexandre Petitot1. Si trattava di un evento estremamente importante sia per la storia della città, contribuendo a farle meritare il primato culturale d’« Atene d’Italia », sia per la storia della biblioteconomia italiana per le innovazioni gestionali del primo bibliotecario, il padre teatino Paolo Maria Paciaudi. Quest’ultimo, segnalato al duca don Filippo, padre di Ferdinando, e al primo ministro, il marchese Guillaume-Léon Du Tillot, dal Balì de Breteuil, ambasciatore di Malta presso la Santa Sede e a quell’epoca a Parma, il quale lo aveva conosciuto ed apprezzato per la sua competenza nella compilazione della Storia dell’Ordine di Malta, venne chiamato a Parma espressamente per realizzare un museo e una biblioteca, visto che il fratello di don Filippo, don Carlo, re di Napoli, aveva trasferito in quest’ultima città le collezioni artistiche, archeologiche e bibliografiche dei Farnese. La scelta del Paciaudi, che nel mentre era a Roma, deve collocarsi nel luglio del 1761 quando egli, il 18 del mese, scriveva al conte di Caylus confessandogli che il Du Tillot, intento senza successo ad acquisire la biblioteca del cardinale Domenico Passionei2, aveva intenzione di « en rendre public l’usage » e di « confier la garde en qualité de bibliothécaire » a lui3. L’incarico venne poi fissato a partire dal 1 agosto 1761 con stipendio mensile di 1062, 10 lire e alloggio presso la Biblioteca, con titolo di «regio bibliotecario e regio antiquario », e diventò ufficiale dall’autunno dello stesso anno, con stipendio erogato dal 18 ottobre e riconfermato con patente del 15 dicembre dello stesso anno. Preoccupato dall’incalzare delle richieste del duca di poter avere a disposizione in breve tempo una biblioteca ricca e di pregio, il Paciaudi chiese, ancor prima di recarsi a Parma, di partire da Roma nella primavera del 1762 alla volta di Parigi, al seguito del cardinale Lante, fruendo già del nuovo stipendio, per apprendere le dottrine biblioteconomiche d’oltralpe e per sondare la vendita di alcune biblioteche private che si annunciavano di imminente immissione sul mercato antiquario.
Il Paciaudi rientrò però da Parigi nell’ottobre 1762 con una quantità di libri ritenuta non sufficiente, che lo invogliò a ritentare l’acquisto di una biblioteca cospicua nella sua totalità, quella del conte Carlo Pertusati di Milano, considerata ricca e comoda per il trasporto4. La trattativa venne condotta dal padre benedettino Andrea Mazza, futuro feroce avversario del Paciaudi pochi anni dopo, riuscendo a subentrargli nella carica di bibliotecario sia pur per pochi anni fino alla reintegrazione del nostro5. Ma mentre il Mazza aveva già acquistato numerose casse per il trasporto e aveva concordato un prezzo di 16 mila zecchini, gli eredi del Pertusati scorporarono dalla raccolta i libri tra l’altro più interessanti, quelli di diritto canonico e civile, di politica e commercio, decidendo di dismettere soltanto 20.000 volumi insieme agli armadi in noce che il Mazza aveva già pensato di utilizzare per collocare la raccolta nella sala dell’Accademia parmense ; di conseguenza la biblioteca non venne acquistata6.
La Biblioteca parmense si costituì quindi, caso più unico che raro, da zero, attraverso gli acquisti di pezzi oculatamente scelti con perizia bibliografica sul mercato antiquario e corrente, anche grazie ad appositi viaggi compiuti non solo in Francia ma anche negli Stati Pontifici e a Venezia7, con la convinzione che « dovendo la Biblioteca servire all’istruzione in ogni genere di studj, bisognava cominciare dal formare un piano esatto de’ libri più interessanti e più utili in ogni scienza e facoltà, scegliere in ogni classe sacra e profana ciò che veramente è primario, notare le edizioni più emendate » e la necessità di « conoscere i luoghi, ove i dati libri possono essere meno dispendiosi, che in altri »8.
Ad essi si aggiunsero altre acquisizioni9. Innanzitutto i doni, costituti per lo più da pubblicazioni correnti pervenute per sollecitazione del Paciaudi da parte di autori di tutta Europa e in soggiorno a Parma10, o prodotte da Accademie di cui il Paciaudi era membro, e da libri del Paciaudi stesso, soprattutto inerenti le antichità, che vennero da lui ceduti « pour un prix médiocre »11. Quindi si sommarono porzioni di biblioteche private smembrate, accuratamente selezionate, e pervenute per acquisto, nello specifico i doppi della biblioteca Simonetta, ceduti dalla Biblioteca Ambrosiana12, la raccolta del dottor Bonelli di Parma, composta da volumi di libri di filologia e medicina13, quella del vescovo di Piacenza mons. Pietro Cristiani14, i volumi di matematica della biblioteca del capitano Giuseppe Bolsi Marchesi15 e quelli di storia dell’erudito Ranuccio Pico16, passati alla famiglia Toccoli17, acquisiti in seconda battuta dal librario romano Carlo Losi.
Si aggiunsero poi volumi provenienti dalle biblioteche personali di membri della casa regnante, in particolare quelli dell’« Infante mère » Luisa Elisabetta di Francia, che, oltre a contenere volumi di devozione, di preghiere e di storia, di cui quelli francesi in gran parte scompleti, comprendeva « une collection unique de théâtre espagnol, et une suite d’histoires particullières d’Espagne »18, i pochi, ma eccellenti del defunto marito, don Filippo di Borbone, che possedeva anche quelli appartenenti alla biblioteca degli antichi conti di Cencione, territorio poi passato al duca19, da cui si estrapolarono alcuni tomi consistenti ancora in storie di Spagna, che permise di costituire una raccolta unica in Italia, e l’atlante dei Blaeu in spagnolo20, scelti sul catalogo fatto arrivare da Madrid, e quelli del figlio, il principe regnante don Ferdinando, che conservava i testi delle due Accademie di Parigi, le opere ad usum delphini e preziosi libri italiani. Completavano tale lotto ulteriori biblioteche di membri della corte, precisamente quella del barone Auguste Keralio, governatore e precettore di S.A.R.21, comprendente libri moderni di matematica e testi di letteratura e di storia inglese, donati al duca in occasione della partenza del possessore da Parma, e quella del celebre ministro Guillaume Du Tillot, marchese di Felino, mecenate di artisti e letterati, contenente libri ma anche stampe, frutto per lo più di donazioni.
Una consistente quantità di libri pervenne pure dai conventi soppressi, soprattutto delle case parmensi dei Gesuiti (Collegio dei Nobili, convento di San Rocco), che vennero divisi in quattro classi (i libri acquisiti immediatamente dalla Biblioteca e posti direttamente nella nuova galleria, quelli rimasti nella vecchia galleria, considerati di seconda scelta, ma ancora in parte da selezionare, i tomi venduti a denari contanti e quelli permutati o dati ai legatori in pagamento), e dei conventi di S. Pietro a Piacenza, di Busseto e di Borgo S. Donnino22, nonché di poche altre residenze di altri Ordini23. Si trattava in parte di opere vetuste e obsolete, spesso mutile e doppie, di poca utilità per una biblioteca improntata al recepimento delle idee dei lumi e dichiaratamente antigesuita e di matrice giansenista, e per tale ragione esse vennero solo in parte immesse nella collezione, ma per lo più furono utilizzate per la vendita e lo scambio con opere nuove. La Biblioteca parmense poteva così vantare grazie all’attività del Paciaudi una serie di materiali eccezionali, tra cui manoscritti e cimeli bibliografici, che spesso venivano arricchiti da lunghe prefazioni descrittive redatte dal Paciaudi stesso inserite all’inizio dei testi. Di essi, riposti in due armadi e mezzo, il Paciaudi sottolineava la difficoltà nel reperimento e ne dettagliava natura e tipologie principali che ne denotano però l’importanza e la rarità : citava infatti i manoscritti ebraici24, i greci ecclesiastici tra cui la « liturgia di S. Giovanni Grisostomo scritta ad aurei caratteri in lunghissimo rotatile volume» e un evangeliario membranaceo del sec. X25, i membranacei latini sacri e profani, tra cui il celebre De virginitate Sanctae Mariae di S. Ildefonso26 e « Messali, Breviarj, Lezionarj, Officj »27, i classici greci e latini, tra i quali segnalava un Omero con commenti interlineari28, un Euripide con scolii29, un Varrone con i commenti forse di Daniello Barbaro30, un Manilio con annotazioni31, tre Lattanzi, di cui il più antico con varianti32, due Plini, di cui un incunabolo, ritenuto recante le glosse del vescovo di Montpellier33, e l’altro, manoscritto, in pergamena « con elegantissime aureo-colorate figure »34. Segnalava infine il possesso di « Tavole nautiche », tra cui la celebre mappa dei Pizigano35, otto volumetti cinesi della morale di Confucio coi tre commenti e prefazione del Paciaudi36, lettere originali in carta di bambou scritta da un vicario apostolico37 e un Corano38.
Oltre all’eccezionalità del patrimonio, la Biblioteca parmense si distingueva per la tipologia dell’impianto classificatorio impiegato. Per il primo il Paciaudi dichiarava di aver fatto riferimento agli schemi ideati da Jacques Auguste de Thou per la sua biblioteca personale, codificato nel catalogo del 167939, e dal padre Charles Garnier per la Biblioteca dei Gesuiti di Parigi già nel 168740, che ebbero grande seguito in Francia, venendo applicati anche dall’abate Claude Sallier per la Biblioteca del Re di Francia41 e nei cataloghi di Guillaume François De Bure e Gabriel Martin. Convinto che « è d’uopo che il Bibliotecario fissi una volta per sempre quelli che crede più naturali, e più atti a costituire questa corrispondenza delle parti col tutto, che avrà mentalmente architettato », aveva infatti provveduto a suddividere il materiale in sei classi al fine di « servire all’istruzione de’ sudditi di S.A.R. in ogni genere di studj », suddivise in sezioni42, aggiungendovi quindi due ulteriori classificazioni, le Arti e la Filologia, inserita nelle Lettere umane dal Garnier, scelta che venne rinfacciata dal Mazza a sostegno dell’imperizia bibliografica del Paciaudi43.
Le classi in particolare erano la Teologica44, la Nomologica (ossia giurisprudenza, comprendente testi di diritto, con una ricca serie di statuti municipali), la Filosofica (detta anche Epistemica, che comprende anche politica, economia, fisica, astronomia, matematica e geometria, architettura militare, medicina, botanica e chimica), la Storica (con testi di storia ecclesiastica e civile, storie di città d’Italia e di Stati esteri, e di genealogia), la Filologica (con testi di letteratura greca e latina, italiana, francese e spagnola, ma anche « raccolte de’ Musei più famosi e tesori d’antichità […] e di Monumenti diversi dell’Asia e dell’Europa », nonché « i Trattati d’Antichità scritta e figurata, de’ costumi, de’ riti de’ popoli » oltre a « i Bibliografi più riputati, le Biblioteche degli scrittori delle diverse nazioni, di vario istituto, di professione od arte diversa. I Cataloghi ragionati, gl’Indici […] Le memorie Tipografiche »)45 e le Arti liberali e meccaniche, al cui interno lamenta l’assenza di una completa « raccolta di stampe, su cui imparare le maniere tutte delle scuole diverse e dei differenti bulini », pur comprendendo però una ricca serie di atlanti. All’interno delle classi il Paciaudi adottava, sempre seguendo l’esempio francese e al fine di risparmiare spazio,
la disposizione orizzontale ; cioè, che dato un punto principale, le materie si seguano secondo i piani in giro, e facciano l’unione gl’in Foglio con gli altri loro simili, così gl’in Quarto e gli altri minori. I biglietti poi affissi ai libri dimostrano subito il passaggio dall’una all’altra materia.
Novità significative, per lo meno nel panorama italiano, erano anche rappresentate dalle tecniche catalografiche impiegate.
Per la prima volta in Italia il padre Paciaudi utilizzava il catalogo ragionato a schede46, attirandosi in seguito le obiezioni del padre Andrea Mazza47, scelto in quanto permetteva di evitare cancellature ed eventuali riscritture nei registri, dava la possibilità di inserire le descrizioni delle nuove acquisizioni rispettando il corretto ordinamento delle intestazioni, evitando così appendici e aggiunte, agevolava il lavoro dei distributori che si recavano alla ricerca dei volumi con le rispettive schede in mano contenenti tutte le informazioni necessarie per l’identificazione. Ancora una volta l’introduzione del catalogo a schede era stata copiata dalla biblioteconomia francese applicata da Guillaume François De Bure e Gabriel Martin (con cui si identificano i « deux savans de ce siècle »48), confortata dalla consultazione di Jean Capperonnier49 e del padre Barthélemy Mercier50 e dall’analisi dei cataloghi del duca de La Vallière51, del marchese di Paulmy52 e del Re di Francia53.
Nelle idee di Paciaudi il catalogo testimoniava un impegno scientifico ed era contraddistinto da una specifica attenzione all’intestazione per autore, all’individuazione di luoghi di stampa falsi e ai dati dell’esemplare :
Ma diviene arduo, diuturno, complicatissimo lavoro, quando nel catalogo si vogliono sviluppare i nomi equivocamente espressi, notare la patria, la condizione degli autori, quando si cerca di verificare i luoghi mentiti delle stampe ; quando si prende ad accennare il pregio de’ libri, le loro vicende, e ciò che ne fa lo specifico carattere.
Dava anche grande importanza dell’indicazione della segnatura dei volumi al fine del loro reperimento :
Ma siccome è indispensabile la indicazione locale, ossia del sito, ove giace precisamente il libro, questa si aggiunga al di sotto, e per maggior chiarezza in carattere Rosso, seguita da tre numeri, il primo de’ quali addita la scansia, il secondo il ripiano, il terzo la determinata ubicazione del libro. Per tale effetto io aveva fatto infiggere negli scaffali le lettere dell’alfabeto in metallo dorato, avea cominciato a fare stampare in carta sbiadata i biglietti da attaccarsi ai libri ; avrei fatte quindi rubricare le carte contemporaneamente, non potendo ciò farsi prima…54
Il Paciaudi sottolineava poi la necessità di affiancare ad un catalogo nominale anche un catalogo semantico, la cui redazione era particolarmente agevolata dall’indicazione sulle schede mobili anche della materia, permettendo quindi facilmente un loro ordinamento in base a quella e una loro ricopiatura su registri :
Volendosi quindi fare oltre il Catalogo alfabetico l’altro che segue l’ordine delle Classi e materie, una Carta istessa, mercé la doppia indicazione serve per l’uno e per l’altro55.
A tale catalogo alfabetico a schede, si sarebbe affiancato un catalogo a registro, o meglio « un esatto, ma più semplice Catalogo da rimettersi alla R. Computisteria, onde e delle spese e delle cose possedute si avesse una generale informazione ». Decisamente ampi erano poi gli orari di apertura (tre ore al mattino e due al pomeriggio, tutti i giorni eccetto le feste) che garantivano un afflusso costante di pubblico pari ad una media di quaranta lettori al giorno ; estremamente rigorose erano le modalità della consultazione di opere proibite, messe a disposizione soltanto di lettori in possesso di apposito permesso o che, di un certo rango, affermavano di averlo.
Il personale impiegato era fin dalle origini particolarmente ricco, scelto e, per origine e formazione, spesso avvezzo alle lingue europee56 : l’abate Francesco Permoli di Piacenza, che compilò un catalogo di tutti i libri della Parmense fino al maggio 1768, quando morì, e un altro della biblioteca di San Rocco57, il tedesco Johann Georg Handwerck, che sostituì il Permoli per qualche tempo, passando poi alla Stamperia Reale58, l’abate Angelo Schenoni, di Genova, ma residente a Piacenza, ricordato per conoscere « toutes les langues vivantes »59, il già menzionato padre Andrea Mazza, l’abate Giuseppe Pezzana, incaricato di tenere i rapporti con i librai francesi per i testi di letteratura e come segretario60. Erano inoltre presenti un custode e un inserviente. Ad essi si aggiungevano legatori professionisti, in particolare Louis Laferté di Parigi61, Gabriel Fabre di Tolosa, Paolo Apollinari di Parma62.
La Biblioteca Parmense quindi, fin dai primi anni di vita, si caratterizza per assumere l’aspetto e il ruolo di una grandiosa biblioteca europea che poteva vantare materiali bibliografici eccezionali e costituire un inedito laboratorio di applicazione di saperi biblioteconomici nuovi.
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1 Abbreviazioni utilizzate : BPP = Biblioteca Palatina di Parma ; ASP = Archivio di Stato di Parma. Questo articolo riprende il testo edito in Parma città d’Europa, Parma, Museo Bodoniano, 2008. In tale volume sono stati pubblicati i due più importanti documenti per la storia delle origini della Biblioteca di Parma, redatti dal padre Paciaudi a seguito di critiche mosse contro la sua gestione, da cui si cita nelle parti virgolettate del testo. Il primo è un Mémoire sur la Bibliothèque Royale de Parme (Ms. Parm. 3736), composto verosimilmente alla fine del 1770 o agli inizi del 1771, forse opera di Giambattista Bodoni e di suo fratello Giuseppe, ma sicuramente ispirata dal Paciaudi. La seconda è la Memoria intorno la R. Biblioteca Parmense nuovamente del padre Paciaudi (C. Burgio, L’attività culturale di P.M. Paciaudi nella Parma del Du Tillot e la sua Memoria intorno la Biblioteca Parmense », « Aurea Parma », LXIV, fasc. I (1980), pp. 3-35) : conservato anche in due versioni manoscritte (Il manoscritto originale è in BPP, Ms. Parm. 431 ; due bozze della memoria in BPP, carte Paciaudi, cass. 113), venne pubblicata con il titolo Della R. Biblioteca di Parma nel « Nuovo giornale enciclopedico d’Italia » nel 1797 (Della R. Biblioteca di Parma. Discorso inedito del Cel. P. Pacciaudi piemontese, teatino, già bibliotecario di S.A.R. l’Infante duca di Parma, e riformatore di quella R.D. Università degli Studi, per servir di risposta a una censura di quella. All’illustre Giovandomenico [sic !] Bodoni da Saluzzo dotto ed ingegnoso tipografo, letterato modesto ed erudito, amico tenero e generoso, salute e continuazione di prosperità, e di celebrità, Nuovo giornale enciclopedico d’Italia, a. X (Venezia 1797), agosto (pp. 3-36) e ottobre (con titolo : Continuazione del Discorso della R. Biblioteca di Parma del cel. P. Pacciaudi piemontese teatino, e riformator degli studj in quella R. Duc. Università. Al Chiarissimo sig. Gio. Domenico [sic !] Bodoni da Saluzzo direttore della R. Duc. Stamperia di Parma, tipografo di S.M. Cattolica, pp. 9-50), venne ripubblicata dalla vedova Bodoni nel 1815 (con in calce pure l’Orazione pel solenne aprimento della Reale Biblioteca di Parma presente l’imperatore Gioseffo II dello stesso Paciaudi (esemplare manoscritto in BPP, carte Paciaudi, cass 113 bis), e nel 1819 come Memoria intorno la R. Biblioteca Parmense, titolo che è rimasto nella tradizione anche se l’ultima edizione, del 1869, curata dal conte Camillo Gustavo Galletti, lo mutò in Il Bibliotecario diretto nel formare, classare, e continuare una pubblica biblioteca dal P. Paolo Paciaudi ch. r. teatino torinese nella sua Memoria intorno alla R. Biblioteca Parmense corredata in questa quarta edizione di altre utili bibliografiche osservazioni e delle notizie della vita e delle opere dell’autore dall’avv. Gustavo Camillo Galletti, Roma, Tipografia delle scienze matematiche e fisiche via Lata num.o 211, 1863. Giuseppe Cirillo, Ennemond Alexandre Petitot (Lyon 1727-1801 Parma), Parma, Fondazione Cassa di Risparmio di Parma e Monte di credito su pegno di Busseto, 2002, spec. pp. 101-102, 120-122, 137-141 e relative note. I lavori, dopo anni di progettazione, iniziarono nel maggio 1766 e si completarono nel novembre 1768. In occasione dell’inaugurazione il Paciaudi redigeva un’epigrafe apposta in fondo alla prima galleria della Biblioteca (Galleria Petitot), riproposta anche dopo i bombardamenti del 1944.
2 La Biblioteca di Domenico Passionei (1682-1761), nunzio apostolico, cardinale e bibliotecario della Vaticana, venne proposta al sovrano alla fine del 1761, pochi mesi dopo la morte del porporato, e ben nota al Paciaudi, in quanto egli stesso in passato suo bibliotecario. Composta da ben 48.000 volumi scelti e con buone legature, venne offerta dagli eredi al duca di Parma per soli 30.000 lire romane, cifra esigua per il valore della collezione e subito accettata, dando mandato di pagamento al banchiere Belloni, la raccolta Passionei non venne alla fine acquisita a causa di incomprensioni tra il duca e gli eredi, i quali sostenevano che i manoscritti, numerosi e di gran pregio, tra l’altro omessi nel testo del contratto e non inclusi nel catalogo che venne mandato a Parma, sarebbero stati esclusi dalla vendita. Nelle more della definizione dell’affare, ambienti romani, grazie all’intervento dei cardinali Colonna e Ferroni, chiesero al papa Clemente XIII un suo intervento, fatto che provocò la rescissione del contratto con il duca di Parma e lo smembramento della biblioteca, che venne acquisita, per i libri di stampa, dagli Agostiniani per l’Angelica con esborso di 30.000 scudi, per i manoscritti dal papa per la Biblioteca Vaticana, non potendo le finanze pontificie in quel momento accollarsi l’intera cifra. Sull’acquisto della Biblioteca cfr. la lettera del Paciaudi al conte di Caylus del 18 luglio 1761, in Lettres de Paciaudi, cit., dopo la nota 3, pp. 251-252 (in essa confessa all’amico l’intenzione all’acquisto della raccolta per « cinquante mille écus romains ») ; BPP, Ms. Parm. 1586, c. 90v, lettera del 22 febbraio 1722 (« Ella vale 40.000 scudi, e il Papa ne ha fatti offerire 15.000, e al più 20.000. Credo, che con 25.000, o al più 30.000 la potessimo acquistare » ; c. 95v, lettera del 5 aprile (« per quella Passionei non sono stati distratti, che alcuni manoscritti moderni che sono a Parigi, ed erano le lettere del card. De Richelieu, e i dispacci di Mr. le Tellier, e di M. De Tourey » ; c. 96v, lettera del 3 maggio ; cc. 103-104v, lettera del 21 giugno 1762 (« il S.To Padre finalmente l’ha comperata per 26.000 scudi. Così è cessato il nostro progetto »). Della biblioteca la Biblioteca Palatina conserva ancora il catalogo manoscritto di vendita in quattro volumi, Ms. Parm. 875-878, che contiene la descrizione di 30.292 volumi per un totale di 46.617 opere. Cfr. Alfredo Serrai, Domenico Passionei e la sua biblioteca, Milano, Edizioni Sylvestre Bonnard, 2004, spec. pp. 65-73 e 311-328.
3 Lettres de Paciaudi, bibliothécaire et antiquaire du duc de Parme […] au Comte de Caylus […] par A. Serieys, Paris, Henri Tardieu, 1802, pp. 251-252 ; sull’ l’incarico ASP, Decreti e rescritti, vol. 8, c. 146, edito in Angelo Ciavarella, Notizie e documenti per una storia della Biblioteca Palatina di Parma. I 200 anni di vita della sua fondazione (1762-1962) e il centenario della morte di A. Pezzana (1862-1962), Parma, Istituto d’Arte P. Toschi, 1962, p. 56. La patente in pergamena è citata da Leonardo Farinelli, I primi anni della Biblioteca Palatina di Parma nelle lettere di P. M. Paciaudi a Giuseppe Garampi, « Parma nell’arte », X/1 (1978), p. 68, nota 2. A Parma il Paciaudi fu l’artefice della politica ecclesiastica del Ducato e della cacciata dei Gesuiti (vedi nota 25), della riforma dell’istruzione pubblica e dell’Università (nel febbraio 1768 vennero infatti emanate le Costituzioni per i nuovi Regj studj redatte dal Paciaudi,) e dell’istituzione della Stamperia Reale (cfr. anche ASP, Decreti e rescritti sovrani, 1 marzo 1768, vol. 13, c. 24, che stabilisce l’aumento di stipendio di 2.000 lire annuali a partire dal febbraio) ; inoltre il 15 marzo 1763, a seguito delle dimissioni del canonico Antonio Costa, assunse la direzione degli scavi della città romana di Veleia. Caduto in disgrazia insieme al Du Tillot, cacciato da Parma nel novembre 1771, il nostro fu rinchiuso nel convento di S. Cristina del suo Ordine tra il luglio 1771 e il febbraio 1772, accusato di mala gestione della Biblioteca, di indebito arricchimento attraverso la vendita di libri dei Gesuiti, e di favoreggiamento della lettura di libri proibiti, soprattutto da parte del suo collaboratore padre Andrea Mazza che nel mentre gli era subentrato nel ruolo di bibliotecario (vedi nota 10). Riabilitato nel febbraio 1772, ritornò al suo passato incarico, ma, nuovamente attaccato da critiche, decise di chiedere la « giubilazione » anticipata, che ottenne il 2 maggio 1774. Si trasferì a Torino, venne in seguito richiamato da Don Ferdinando nella tarda primavera 1778, riprendendo i suoi incarichi, pur affaticato nel fisico e nello spirito, e dedicandosi alla compilazione di una storia dei Maestri dell’Ordine di Malta. Morì a Parma il 2 febbraio 1785 e venne sepolto nella chiesa di S. Cristina del suo Ordine dei Teatini. Su Paciaudi archeologo, attivo a Veleia, cfr. Anna Maria Riccomini, Scavi a Veleia. L’archeologia a Parma tra Settecento e Ottocento, Bologna, Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia Romagna ; CLUEB, 2005 ; su Paciaudi bibliotecario : Giuseppe Bertini, P.M. Paciaudi e la formazione della Biblioteca Palatina di Parma (Ricerca sugli aspetti materiali della fondazione di una biblioteca nella seconda metà del XVIII secolo), « Aurea Parma », LXVI (1982), pp. 243-264 ; LXVII (1983), pp. 15-41, 161-179 ; Alfredo Serrai, Storia della bibliografia, vol. IX, Roma, Bulzoni, 1999, pp. 686-718. Sulla riforma universitaria e scolastica : Widar Cesarini-Sforza, Il p. Paciaudi e la Riforma dell’Università di Parma, “Archivio storico italiano”, I (1916), pp. 109-136 ; Giovanni Gonzi, Storia della scuola popolare nei ducati parmensi dal 1768 al 1859, Parma, Edizioni « Aurea Parma », 1975, vol. I, pp. 18-25. Sulle accuse al Paciaudi nel 1771 cfr. il manoscritto a Parigi, Bibliothèque nationale, ms. n.a.f. 9602, cc. 15-18, edito da Antonio Boselli, Un bibliotecario difeso da un ministro, « Accademie e biblioteche d’Italia », VII (1933-1934), pp. 55-60. Sui rapporti con il Du Tillot cfr. anche Antonio Boselli, Du Tillot, Paciaudi e la Biblioteca di Parma, « Mélanges de philologie, d’histoire et de littérature offerts à Henri Hauvette », Paris 1934, pp. 451-460.
4 Le trattative iniziarono nel febbraio 1762 curate dal Du Tillot : BPP, Ms. Parm. 1586, c. 87, lettera del 25 gennaio 1762 (« Io spero, che la Pertusati sia nostra, ma bisognerà sempre completare ») ; c. 89v, lettera dell’8 febbraio 1762 (« Aspetto con ansietà di sapere il risultato della Biblioteca Pertusati, che farebbe un gran fondo per noi […] ») ; c. 95v, lettera del 5 aprile (« Mi fa infinito piacere il sentire, che ella siasi quasi determinata alla Biblioteca Pertusati : è eccellente, ma il prezzo mi pare troppo alto ») ; cc. 103-104v, lettera del 21 giugno 1762 (« Credo parimente, che debba cessare quello [progetto] di acquistare la libreria Pertusati, ch’è di un valore enorme, ed esorbitante, che ha più del sontuoso, che dell’utile »). Cataloghi della biblioteca si conservano in BPP, carte Paciaudi, cass. 113. Cfr. anche Maria Luisa Turchetti Grossi, Brevi note sul fondo « Pertusati » della Braidense, « Accademie e biblioteche d’Italia », 47/5 (1975), pp. 370-386 ; Biblioteche d’Italia. Le biblioteche pubbliche statali, terza edizione riveduta e aggiornata, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali. Ufficio centrale per i beni librari, le istituzioni culturali e l’editoria, 1996, p. 102. Non si concluse anche l’acquisto della altrettanto ricca biblioteca Bunaviana (del conte Heinrich von Bünau : A. Serrai, Storia della bibliografia, vol. VIII, Roma, Bulzoni, 1997, pp. 187-240), di cui il Paciaudi dichiarava il suo interessamento, dichiarandola come prossimamente in vendita nel maggio 1762, in BPP, Ms. Parm. 646, c. 176, senza data ma attribuibile ai primi mesi del 1762 (cfr. A. Serrai, Domenico Passionei, cit., pp. 311-312) ; neppure andò in porto l’acquisizione della biblioteca di Diderot : Ms. Parm. 1586, c. 104v (« Mr. d’Argental per far piacere all’incredulo Didrot, desiderava farmi comperare la sua biblioteca, che può valere 12 mila scudi. Ma esaminatone il catalogo, vedo, che non servirebbe a nulla : tutto è frivolità come è il cervello di Didrot, e non vi sono libri capitali »). La biblioteca venne acquistata nel marzo 1765 da Caterina II, lasciando l’utilizzo al filosofo.
5 Andrea Mazza (1724-1793) fu monaco benedettino al Monastero di S. Giovanni Evangelista di Parma, presso cui fu bibliotecario e archivista ; impiegato della Biblioteca parmense (1768-1772), fu in seguito vice-bibliotecario (1772-1774) e poi bibliotecario (1772-1774) ; rivestì quindi le cariche di abate di S. Giovanni (1780-1786 ; 1792-1797), visitatore della Congregazione cassinese (1784), consultore del Santo Uffizio (1787), esaminatore sinodale (1788). Sul Mazza cfr. Ramiro Tonani, Biografia di Andrea Mazza, in BPP, Ms. Parm. 644 e Leonardo Farinelli, Il carteggio di Andrea Mazza conservato nella Biblioteca Palatina di Parma : i corrispondenti, « Archivio storico delle Province Parmensi », IV, s., XXXII (1980), pp. 179-211. L’assunzione del Mazza in Biblioteca avvenne il 3 ottobre 1768, con rescritto di nomina a vice-bibliotecario (ASP, Decreti e rescritti sovrani, vol. 13, c. 113 bis), su richiesta del Paciaudi (ASP, Du Tillot, B 28, Memoria intorno a qualche provedimento necessario per la R. Biblioteca, e pel Bibliotecario, in cui si elencano i meriti del Mazza : vedi dopo nota 31). Era già stipendiato dalla Corte fin dal 1764 con decreto del 26 giugno : Angelo Pezzana in Memorie degli scrittori e letterati parmigiani raccolte dal padre Ireneo Affò e continuate da Angelo Pezzana, vol. VII, Parma, Tipografia Ducale, 1833, p. 305. Per le lettere inerenti l’acquisto della biblioteca Pertusati cfr. BPP, Ms. Parm. 646 che contiene Copia di lettere del P. D. Andrea Mazza monaco benedettino cassinese alla Corte di Parma cui succedono gli originali delle risposte alle medesime, riguardanti il di Lui negoziato per la Biblioteca Pertusati in Milano ; e più altri documenti spettanti le vicende del medesimo nell’impiego di regio Bibliotecario, e BPP, Carteggio Mazza, cass. 139, lettera di Giuseppe Maria Masnago del 20 dicembre 1762 con Promemoria sulla Biblioteca Pertusati. Il Paciaudi accusò del mancato affare i Gesuiti, in particolare Matteo Luigi Canonici (1727-1805), docente al Collegio dei Nobili, bibliofilo noto per aver posseduto una raccolta di oltre 4.000 Bibbie in varie lingue, e già aspirante al posto di bibliotecario, che diventò poi bibliotecario della Parmense dal 1798 al 1803 : BPP, Ms. Parm. 646, lettera del Paciaudi al Mazza dell’8 aprile 1763. Sulle accuse del Mazza al Paciaudi cfr. nota 63. Sul Canonici : Nereo Vianello, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 18, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1975, pp. 167-170.
6 Venne poi comprata dalla Congregazione di Stato di Milano, da cui venne donata a Ferdinando, figlio di Maria Teresa d’Austria, e da quest’ultima assegnata alla città per costituire una biblioteca pubblica, l’attuale Biblioteca Braidense.
7 Per avere un panorama sui librai fornitori di Paciaudi cfr. ASP, Computisteria Borbonica di Parma, busta 74 e Computisteria Farnese e Borbonica, fili correnti, buste 356-357. La busta 357 a è divisa in due parti : la prima (segnata I) contiene « Lettere e conti di Libraj ed altri corrispondenti per commissioni e pagamenti di libri » ; la seconda (segnata II) contiene « Lettere e conti di Libraj ed altri corrispondenti per commissioni, spedizioni e pagamenti di libri ». Se ne segnalano alcuni : il Tilliard di Parigi (cfr. L. Farinelli, I primi anni, cit., p. 84), i fratelli De Tournes di Ginevra e Lione, i fratelli Faure di Parma, Filippo Carmignani sempre di Parma, Mosè Beniamino Foà di Reggio, Giacomo Antonio Raby e i fratelli Reycends di Torino, Antonio Bonaiuti di Firenze, Riccomini di Lucca, Nicolò Coleti e Giovanni Battista Pasquali di Venezia, Carlo Scapino di Padova, Giacomo Bellotti e Pagliarini di Roma. Cfr. anche per ulteriori documenti che illustrano i canali di acquisizione G. Bertini, P.M. Paciaudi e la formazione, cit., pp. 26-28.
8 Cfr. anche il progetto redatto in terza persona, ma sicuramente del Paciaudi, e databile al 1763, edito da Angelo Ciavarella, Notizie e documenti, cit., pp. 51-54. In esso il Paciaudi affermava che « Pour former donc cette Bibliothèque dont le public a tant parlé, il me semble que tous les projets ayant échoués, le parti le plus sûr et le moins couteux c’est d’acheter les livres dans diférens païs ». Il piano finanziario prevedeva una spesa di 40.000 franchi il primo anno e di 15.666 nei successivi sei seguenti.
9 Il Paciaudi, in una lettera a Jean-François Séguier del gennaio 1768 (Parigi, Bibliothèque nationale, Ms. n.a.f. 6211), poteva così con orgoglio affermare : « Dans 4 ans j’ai eu le bonheur de ramasser 24.000 volumes, tous bons et choisis, parmi les quels il y en a 2.000 de plus rares, des manuscrits très précieux, et une trentaine de pièces, qui ne sont nulle part. Toutes ces richesses vont être placées dans un vaisseau superbe, bien peint, et dans des armoires très beaux ».
10 Anche il re di Francia inviò dei volumi : BPP, Ms. Parm. 1588, c. 127v, lettera del Paciaudi al Du Tillot, senza data, che segnala l’arrivo di libri tra cui l’opera Gallia Christiana, in nove volumi rilegati « en peau commune, aux armes de S.M. », che si proponeva di scambiarla con altra in quanto tale edizione era già posseduta rilegata in marocchino blu e con decorazioni in oro.
11 ASP, Computisteria Farnese e Borbonica, fili correnti, busta 357c : Vendita della mia Biblioteca a S.A.R., nota del 29 aprile 1763.
12 Si dovrebbe trattare di libri offerti dal governo milanese in cambio della mancata acquisizione della biblioteca Pertusati. Di un risarcimento, consistente proprio in doppi dell’Ambrosiana e nella biblioteca giuridica del conte Amur, parla R. Tonani, Biografia, cit., dicendo però che il padre Mazza aveva rifiutato l’offerta.
13 BPP, Ms. Parm. 1586, c. 124r : lettera del Paciaudi al Garnier del 19 luglio 1763 : « Le relieur Sidoli, dont je suis tous les jours plus content, est occupé à nettoyer et raccomoder les 800 volumes que nous avons acheté des héritiers de Bonelli » ; lettera al Garnier del 4 giugno 1763 : «… lundi je compte de commencer à faire transporter chez nous les livres de Bonelli de belles-lettres, d’histoire, de philosophie ; et les peaux de medicine que j’ai cru pouvoir choisir…». Su Antonio Sidoli, primo custode della Biblioteca, è ricordato dal Paciaudi come uomo probo capace di fare molte cose e di rilegare con discreti risultati : BPP, Ms. Parm. 158, c. 125, lettera del Paciaudi del 19 luglio 1763 e Dichiarazione intorno alle spese della R. Biblioteca, novembre 1765 citata da A. Boselli, Du Tillot, Paciaudi, cit., pp. 457-458.
14 Sul vescovo Pietro Cristiani (1704-1765), fratello del conte Beltrame, e vescovo di Piacenza : Maurizio De Meo, Le antiche famiglie nobili e notabili di Parma e i loro stemmi, Parma, Palatina, 2000, p. 273. Sull’acquisizione della biblioteca : ASP, Computisteria Farnese e Borbonica, fili correnti, busta 356. Forse si riferisce a tale biblioteca la Nota di libri presi per uso della Real Biblioteca da una privata eredità in Piacenza, di cui è esecutore il sacerdote D. Carlo Giuseppe Zanatta per la somma di lire 900, 24 luglio 1766, in ASP, Computisteria Borbonica di Parma, busta 711.
15 Sull’acquisizione della biblioteca del capitano Giuseppe Bolsi Marchesi (1688-1766) avvenuta nel 1767 : BPP, Ms. Parm. 943, c. 69, lettera del Paciaudi al Mazza del 25 febbraio 1767 : « Si è finalmente preso il partito dagli eredi Marchesi di vender in dettaglio la libreria del buon capitano. Io ho rilevato 100 volumi de’ migliori ; ma tutto è geometria ed algebra ».
16 Su Ranuccio Pico (1568-1644), segretario dei duchi Ranuccio e Odoardo Farnese, letterato, biografo e dottore in utroque iure : Roberto Lasagni, Dizionario biografico dei parmigiani illustri, vol. III, Parma, PPS, 1999, pp. 923-924.
17 Sulla famiglia, fregiata di titolo comitale : Maurizio De Meo, Le antiche famiglie, cit., pp. 229-230.
18 Trattasi della collezione di Lope de Vega e delle Comedias de diferentes autores. La prima, costituita da 47 volumi, conserva 124 opere manoscritte e 267 a stampa del grande autore spagnolo. La seconda, che si compone di 87 volumi, ci tramanda 800 testi fra zarzuelas e commedie, di cui 152 ancora da attribuire. Cfr. Antonio Restori, Una collezione di commedie di Lope de Vega Carpio : CC.5.28032 della Palatina Parmense, Livorno, Tip. F. Vigo, 1891 ; Id., la collezione CC.5.28033 della Biblioteca Palatina Parmense, « Studi di filologia romanza », 1893, pp. 1-156 ; Maria Paola Chiari Miazzi, Il fondo spagnolo della Biblioteca Palatina di Parma e in particolare “la collezione CC* IV 28033”, « Archivio storico per le Province Parmensi », IV serie, 20 (1968), pp. 261-271 ; I manoscritti teatrali spagnoli della Biblioteca Palatina di Parma. La collezione CC IV 2833, a cura di Pietro Menarini e Giuseppe Paglia, Parma, Università degli studi di Parma, 1995. Dobbiamo però segnalare che Federico Odorici, La Nazionale Biblioteca di Parma. Relazione, Torino, C. Favale, 1873, p. 12, segnala che fu il bibliotecario Matteo Canonici a cedere nel 1781 alla Biblioteca una raccolta « assai rara di 110 libri spagnuoli » appartenente alla sua personale biblioteca.
19 Don Filippo fu infatti fino al 28 maggio 1761 dodicesimo conte di Chinchón, vendendo poi il territorio a suo fratello don Luigi. Tali titoli vennero venduti nel 1738 all’Infante Filippo di Spagna da Don Sforza Giuseppe I Sforza Cesarini Savelli, undicesimo conte di Chinchón e Grande di Spagna di prima classe e marchese di Boadilla del Monte.
20 L’atlante, stampato ad Amsterdam dai Blaeu, in lingua spagnola (Nuevo atlas, o Teatro del mundo, en el qual, con gran cuydado, se proponen los mapas y descriptiones de todo el universo, par Juan Blaeu, en Amsterdam, a costa y en casa de Juan Blaeu, 1659-1669), si conserva in BPP, Q* I 16825.
21 Sul Keralio (1715-dopo il 1805) cfr. Henri Bédarida, Un educatore dimenticato. Il barone di Keralio, « Aurea Parma », 4 (1920), pp. 140-144 ; A. Pezzana, in Memorie, cit., vol. VII, p. 549.
22 Sulla soppressione dei Gesuiti a Parma avvenuta il 3 febbraio 1768 : Giovanni Gonzi, Espulsione dei Gesuiti dai Ducati parmensi (febbraio 1768), « Aurea Parma », 50/3 (1966), pp. 154-193 ; 51/1 (1967), pp. 3-62 ; Luigi Pelizzoni, Le soppressioni dei religiosi e la Biblioteca Palatina di Parma, in Federica Dallasta, Benedetta D’Arezzo, La biblioteca A. Turchi dei Cappuccini di Parma. Vicende storiche. Incunaboli e cinquecentine, Parma, Biblioteca A. Turchi, Istituto storico dei Cappuccini, 2005, spec. pp. 185-188. I libri vennero acquisiti nel settembre 1768. Cfr. anche ASP, Istruzione pubblica, 30, lettera del Paciaudi al De Llano del 3 marzo 1772, in cui si narra l’operato del Paciaudi per il recupero dei volumi. Cfr. anche ASP, Fondo dei Gesuiti di Parma, busta 136, serie 26, fasc. 10 : [Elenco libri] Per la libreria grande con due lettere di Paciaudi (6 maggio 1768 e 26 maggio 1768) ; fasc. 13 : Inventario di suppellettili – libri e strumenti di proprietà del p. Belgradi in parte restituitegli il 24 febbraio 1769 (il padre Giacomo Belgrado 1704-1789 era teologo e confessore del duca don Filippo che lo congedò nell’autunno 1763) ; fasc. 14 : Inventario generale di tutti…. Libri, scritture e stampe che dal P. Stefano Luigi Cattanei sono stati separati dagli altri di spettanza del Collegio medesimo [San Rocco], s.d., cc. 1-125 per i libri ; fasc. 15 : Inventario generale di tutti i libri ritrovati nella biblioteca del Collegio di San Rocco con elenco delle opere incomplete ritrovate nella biblioteca detta dei “Padri maestri”. Nella busta 26 vi è pure una lettera del 5 maggio 1768 di Antonio Verona che consegna il catalogo in due volumi della biblioteca di San Rocco, segnalando però l’esistenza di altri libri in altre stanze, sia « molto buoni », ma senza catalogo affidabile, sia altri « nella massima parte da scarto ». Cfr. anche ASP, Computisteria Borbonica di Parma, busta 711, lettera di Paciaudi del 4 maggio 1768, in cui dice di aver « terminata la ricognizione, e la separazione de’ libri, ch’erano nel Collegio de’ nobili », e di iniziare la ricognizione di quelli di San Rocco e dei conventi di Piacente. Il Mémoire racconta che alcuni volumi dei Gesuiti vennero sottratti dal giovane Antonio Sidoli, figlio di Angelo, che il Laferté avrebbe dovuto formare come legatore (BPP, Ms. Parm. 1586, c. 125v, lettera del Paciaudi al Du Tillot del 19 luglio 1763 ; contratto del Laferté del 20 febbraio 1765 in ASP, Computisteria Farnese e Borbonica, fili correnti, busta 357 c) ma prontamente recuperati. Egli insieme ad un certo Gaetano Faccini vennero condannati nel 1768 a cinque anni di reclusione, pena poi tramutata in esilio perpetuo con decreto del 28 marzo 1769 : ASP, Computisteria Farnese e Borbonica, fili correnti, busta 357 c, lettere del magistrato Antonio Francesco Godi ; Decreti e rescritti sovrani, 28 marzo 1769, vol. 14, c. 51.
23 ASP, Istruzione pubblica, busta 30, Accademia delle Belle Arti e R. Biblioteca (1757-1779), fasc. 11 : Volumi levati dalla libreria esistente nel soppresso convento dei PP del Terz’ordine di San Francesco detti del Quartiere di Parma consegnati al P. Paciaudi Reg.o Bibliotecario (19 ottobre 1769) ; fasc. 12 : Volumi levati dalla libreria esistente nel soppresso convento dei PP Domenicani di Zibello consegnati al P. Paciaudi Reg.o Bibliotecario (19 ottobre 1769) ; fasc. 13 : Volumi levati dalla libreria esistente nel soppresso convento dei PP Agostiniani di Parma consegnati al P. Paciaudi Reg.o Bibliotecario (11 giugno 1770). Potrebbe rientrare nel novero anche la biblioteca dei Francescani di Busseto acquisita nel dicembre 1767 : Carlo Mingardi, Piccola storia di grandi libri dal Convento i Busseto alla Biblioteca Palatina di Parma, « Biblioteca 70 », IV, pp. 117-137.
24 Le acquisizioni di manoscritti ebraici da parte del Paciaudi non erano note, in quanto oscurate dall’importante fondo di Gian Bernardo De Rossi, acquistato nel 1816. Non se ne fa cenno in Hebrew manuscripts in the Biblioteca Palatina in Parma. Catalogue, edited by Benjamin Richler. Palaeographical and codicological descriptions Malachi Beit-Arié, Jerusalem, Jewish National and University Library, 2001.
25 Rispettivamente BPP, Ms. Parm. 1217/2 e Ms. Parm. 65. Il rotolo venne acquisito dal Paciaudi da Annibale Olivieri di Pesaro, insieme a cinque carte nautiche, per 20 zecchini il 2 gennaio 1769 : ASP, Contabilità Farnese e Borbonica, fili correnti 357 d. Sui manoscritti greci della Biblioteca : I manoscritti greci della Biblioteca Palatina, a cura di Paolo Eleuteri, Milano, Edizioni Il Polifilo, 1993.
26 Trattasi del celebre Ildefonso Toletano, De virginitate Sanctae Mariae, BPP, Ms. Parm. 1650, databile tra XI e XII secolo. Cfr., da ultimo, la scheda di Grazia Maria de Rubeis e Giuseppe Z. Zanichelli, in Cum picturis ystoriatum. Codici devozionali e liturgici della Biblioteca Palatina, Modena, Il Bulino, 2001, pp. 169-173.
27 Per un’esemplificazione dei codici liturgici della Biblioteca si rimanda a Cum picturis, cit.
28 BPP, Ms. Parm. 1130.
29 BPP, Ms. Parm. 154.
30 BPP, Ms. Parm. 280.
31 BPP, Ms. Parm. 824.
32 La Biblioteca possiede ora cinque manoscritti di Lattanzio ed è incerto a quali si riferisca il Paciaudi : forse quello con varianti è il Ms. Parm. 1104, che reca note manoscritte, ma che è del XV secolo come gli altri (Ms. Parm. 682, 888, 972, 1465).
33 BPP, Inc. Parm. 614. Tale volume, stampato a Brescia nel 1498, proveniente dalla Biblioteca del Collegio dei Gesuiti di Clermont, venne segnalato da Louis Jouard de la Nauze, anch’egli, come il Paciaudi, appartenente all’Accadémie des Inscriptions, al Paciaudi stesso che lo comprò all’asta, credendolo annotato da Guillaume Pellicier, vescovo di Montpellier, e donato alla Biblioteca di Parma. In realtà le postille non sono del Pellicier, ma di un anonimo glossatore : H. Walter, Il commentario pliniano di Guillaume Pellicier vescovo di Montpellier, e l’incunabolo N 614 della Biblioteca Palatina di Parma, « Studi umanistici piceni », 18 (1998).
34 La Biblioteca conserva solo un Plinio, da identificarsi con il secondo citato dal Paciaudi: Ms. Parm. 1278. Le sue illustrazioni sono attribuite a Cristoforo Cortese, celebre miniaturista veneziano degli inizi del XV secolo : Ferdinando Bernini, Di un codice parmense di Plinio il vecchio, « Athenaeum », 8 (1920), pp. 243-245 ; Lilian Armstrong, The illustration of Pliny’s Historia naturalis : manuscripts before 1430, «Journal of the Warburg and Courtauld institutes», 46 (1983), pp. 19-39.
35 La carta nautica di Francesco e Domenico Pizigano, datata 1367, donata nel 1770 da Girolamo Zanetti, professore di diritto a Padova, archeologo e storico veneziano al padre Paciaudi per la Biblioteca, è collocata in BPP, Ms. Parm. 1612. Le altre carte, acquistate dal Paciaudi, seguono con segn. Ms. Parm. 1613 (carta nautica di Battista Beccari, 1435) ; 1614 (atlante nautico di Vesconte Maggiolo, 1512) ; 1615 (carta nautica di Jacopo Russo, 1540) ; 1616 (atlante nautico di Aloisio Cesani, 1574) ; 1617 (carta nautica di Matteo Griusco del 1581) ; 1618 (carta nautica di Giovanni Oliva del 1608) ; 1619 (atlante nautico di Giovanni Battista e Pietro Cavallini, 1654) ; 1620 (carta nautica della fine del XVI secolo) ; 1621 (atlante nautico della metà del XV secolo). Tutte, tranne il Ms. Parm. 1612 la cui coperta settecentesca è stata asportata e Ms. Parm. 1616 che reca una coperta alle armi del XVI secolo dei Gonzaga duchi di Molfetta, vennero disposti in cartelle di cartone ricoperte con cuoio marezzato e decorate con gigli borbonici, datazione e numerazione progressiva, opera del legatore di corte Louis Laferté. Cfr. ASP, Computisteria Farnese e Borbonica, fili correnti, busta 356, c. 1, che parla della legatura del Ms. Parm. 1612 e di altre 7 cartelle di carte nautiche. Sui pezzi : Mario Longhena, Atlanti e carte nautiche dal secolo XIV al XVII conservati nella Biblioteca e nell’Archivio di Parma, « Archivio storico per le Province Parmensei », n.s., VII (1907), pp. 135-178 ; Id., La carta dei Pizigano del 1367 (posseduta dalla Biblioteca Palatina di Parma), « Archivio storico per le Province Parmensi », IV serie, V (1953), pp. 25-130 ; Pietro Frabetti, Carte nautiche italiane dal XIV al XVII secolo conservate in Emilia Romagna, Firenze, L.S. Olschki, 1978, spec. pp. 1-7 ; Andrea de Pasquale, Silvana Gorreri, Carte per navigare. La raccolte di portolani della Biblioteca Palatina di Parma, Parma, HUP, 2009.
36 Trattasi in realtà di un libro a stampa, collocato in BPP, Inc. Parm. 353. Diviso in otto volumetti in carta di riso in custodia decorata con fregi in oro del XVIII secolo, contiene, come riporta un’etichetta apposta dal Centro nazionale di informazioni bibliografiche, le seguenti opere : Ta Hsüch (Grande studio) ; Chung Jung (Invariabilità del mezzo) ; Lun Jii (Discorsi di Confucio) ; Mông Tzuˇ (Mencius) ; quattro classici : Tsêng Pu, Ssu˚ Shu, Chieng J, Pei Chih (commento e spiegazione dei quattro libri). L’opera è stata stampata con caratteri di legno a Pechino da Wên Hsi T’ang a cura di Tâng T’ui-ang nel 1689. Secondo il Paciaudi, che appone un fascicolo di spiegazione in cui la riteneva un manoscritto, l’opera gli venne donata dall’abate Campion de Tersan, missionario Gesuita in Cocincina.
37 Manoscritto non identificabile.
38 BPP, Ms. Parm. 1666. Il codice, rinvenuto nella tenda del gran visir di Mehmed IV a conclusione dell’assedio di Vienna del 1683, venne donato dall’imperatore Leopoldo I alla moglie Eleonora e questa a sua volta al padre Carlo Costa, suo confessore, il cui pronipote, conte Giacomo, lo donò alla Biblioteca. L’opera è stata oggetto di una pubblicazione specifica del Paciaudi : Ad praeclarissimum Alcorani codicem Regiae Parmensis Bibliothecae prologus, Parmae, ex Regia Tipographia, 1771. Sul manoscritto cfr. la scheda di Gianfranco Fiaccadori e Silvana Gorreri, in Cum picturis ystoriatum, cit., pp. 277-280.
39 Catalogus bibliothecae Thuanae a clariss. vv. Petro & Jacobo Puteanis, ordine alhabetico primum distributus. Tum secundus scientias & artes à clariss. viro Ismaele Bullialdo digestus. Nunc vero editus à Josepho Quesnel, Parisino et bibliothecario. Cum indice alphabetico authorum, Parisiis, impensis directionis. Prostat in eadem Bibliotheca. Et apud Dom. Leveque, 1679. A. Serrai, Storia della bibliografia, vol. VII, cit., pp. 320-322.
40 Systema Bibliothecae Collegii Parisiensis Societatis Jesu, Parigi, Sébastien Marbre-Cramoisy, 1687. A. Serrai, Storia della bibliografia, vol. VII, cit., p. 448.
41 Vd. prima nota 41.
42 L’impianto classificatorio è reperibile in BPP, Carte Paciaudi, cassetta 113, stampato su foglio volante, e manoscritto su un fascicolo, nonché è presente in un trittico in cuoio con applicata copia dello schema conservato presso l’Ufficio manoscritti. Il termine utilizzato è . Le classi e le sottoclassi sono stete edite da A. De Pasquale in Parma città d’Europa, cit., pp. 40-43. Le classificazioni erano contrassegnate da lettere d’ottone dorate apposte in cima agli scaffali e consegnate, in numero di ventitre, il 29 marzo 1769 : cfr. G. Cirillo, Ennemond Alexandre Petitot, cit., p. 141.
43 BPP, Ms. Parm. 3736 : Confutazione della dissertazione del Paciaudi intorno alla Biblioteca di Parma, di cui si conserva la minuta (BPP, Ms. Parm., 645, prime 35 cc. non numerate).
44 Nell’illustrazione di tale classe veniva inserita nell’edizione del 1797 (pp. 10-13), ma omessa poi nelle edizioni successive, una digressione sui libri proibiti e sulla modalità di gestione da seguirsi in una biblioteca pubblica, riportata in buona parte da A. Serrai, Storia della bibliografia, vol. IX, cit., p. 694, nota 67.
45 BPP, Ms. Parm. 1586, c. 90, lettera del Paciaudi al Du Tillot del 22 febbraio 1762, in cui racconta di aver « comperati tutti li cataloghi delle più illustri librerie, che altrove non avrei trovati », di averli fatti rilegare incidendovi sulla coperta in oro la dicitura « Bibliothecae Philippi. R. Hisp. inf. ». In BPP, Ms. Parm. 1586, c. 96, lettera del Paciaudi del 3 maggio 1762, si afferma che tali cataloghi « faranno un assortimento unico in Italia ».
46 Sul catalogo di Paciaudi cfr. Chiara Burgio, P. M. Paciaudi bibliotecario innovatore : il catalogo ragionato e « il modello della Biblioteca », « Accademie e biblioteche d’Italia », 49 (1981), pp. 43-65. Il catalogo, su schede di cartoncino di mm. 87 x 60 e relativo ai soli volumi a stampa, si conserva ancora in Biblioteca. In BPP, carte Paciaudi, cass. 115 e Ms. Parm. 1590 si conservano anche numerose minute e bozze di schede. Il catalogo « ragionato » era definito dal Paciaudi « il mio soavissimo e caro lavoro » : ASP, Du Tillot, B 28.
47 La polemica con il Mazza dovette svilupparsi nel 1772. Il primo documento a proposito è il documento in ASP, Carte Du Tillot, B 28, Mémoire indirizzato al ministro De Llano nel febbraio 1772, in cui il Paciaudi, citando l’utilizzo del catalogo a schede alla Bibliothèque Royale di Parigi, affermava : « Il me semble que l’on doit pas me reprocher d’avoir suivi une méthode trouvée la meilleure par tant de grands hommes ». Dopo il reintegro nel suo ruolo di bibliotecario il Paciaudi trasmetteva al Mazza (BPP, Ms. Parm. 943, lettera ad A. Mazza del 17 novembre 1772) « un estratto di voluminosa scrittura al Sovrano presentata » relativa al catalogo, in cui il Paciaudi usava toni di falsa adulazione ; il Mazza rispondeva con una Confutazione della dissertazione del Paciaudi intorno alla Biblioteca di Parma, di cui si conserva la minuta (BPP, Ms. Parm., 645, prime 35 cc. non numerate), databile al dicembre 1772, per una data presente nel testo.
48 Sui personaggi : A. Serrai, Storia della bibliografia, vol. VII, cit., pp. 545-565 e 335-345.
49 Di Jean Capperonnier (1716-1775), conservatore di manoscritti e quindi, dal 1748, direttore dei libri a stampa alla Bibliothèque nationale di Parigi, docente di greco al Collège de France, si conserva una lettera in BPP, Epistolario generale, cass. 70, del 24 gennaio 1763.
50 Con Barthelemy Mercier (1734-1799), abate di Saint-Léger, bibliotecario a Sainte Geneviève, autore di un supplemento all’Histoire de l’imprimerie di Prosper Marchaud, il Paciaudi intrattenne uno scambio epistolare di cui restano nove lettere databili tra il 1762 e il 1782 : BPP, Epistolario parmense, cass. 84.
51 Trattasi della biblioteca di Louis César La Baume Le Blanc duc de la Vallière (1708-1780), ammontante a circa 60.000 volumi e allocata nel castello di Montrouge. Il Paciaudi dovette consultare il catalogo direttamente in loco, evidentemente tramite il bibliotecario dell’epoca, l’abate Jean-Joseph Rive, non essendo disponibili un catalogo a stampa, compilato da Guillaume De Bure soltanto nel 1783 al momento della messa in vendita della raccolta. Cfr. A. Serrai, Storia della bibliografia, vol. VII, cit., pp. 403-409.
52 Ci si riferisce ad Antoine-René d’Argenson marquis de Paulmy (1722-1787), ambasciatore, politico ed erudito, che aveva aperto al pubblico nel 1767 la sua biblioteca allocata nel palazzo dell’Arsenal a Parigi ammontante a 60.000 volumi, incrementati successivamente a 80.000 con l’acquisizione dei residui della vendita della biblioteca del duca di La Vallière. Anche per questa biblioteca è ipotizzabile una consultazione diretta del Paciaudi durante il suo viaggio parigino. Nell’epistolario di Paciaudi, cass. 66, si trovano due lettere del 1771. Cfr. anche A. Serrai, Storia della bibliografia, vol. VII, cit., p. 403.
53 Si riferisce al Catalogue des livres imprimez de la bibliothèque du Roi, Paris, Imprimerie Royale, 1739-1753, di cui uscirono solo sei volumi pertinenti alle classi Théologie, Belles Lettres, Jurisprudence. L’autore è il bibliotecario dell’epoca, responsabile degli stampati, Claude Sallier (1685-1761). Cfr. A. Serrai, Storia della bibliografia, vol. VII, cit., pp. 447-460.
54 Precisazioni sui cartellini in BPP, Carte Paciaudi, Cass. 113, Memoria. Trattasi di una minuta che contiene anche, alle c. 4-6, specifiche che non conf luirono nel testo definitivo della Memoria a stampa. Trascrizione in C. Burgio, L’attività culturale, cit., pp. 31-34.
55 All’epoca della redazione della Memoria il lavoro era interrotto per gli incarichi del Paciaudi in materia di Istruzione pubblica.
56 Per la ricostruzione dell’organico dell’epoca sono fondamentali due memorie, una in italiano (Memoria intorno a qualche provedimento necessario per la R. Biblioteca, e pel Bibliotecario, 1768, poco prima di settembre) e una in francese (Mémoire, del 1771) in ASP, Du Tillot, B 28.
57 ASP, Decreti e rescritti sovrani, vol. 10, c. 57, da cui si evince che Domenico Francesco Permoli venne impiegato in Biblioteca il 30 maggio 1764 con uno stipendio mensile di 60 lire e che cessò il suo incarico nel 1768, anno in cui morì.
58 Cfr. il Piano per la stamperia della R.D. Camera in quanto riguarda il regolamento economico, che viene addossato a Giovanni Giorgio Handwerck il primo di novembre 1770, edito in A. Ciavarella, Catalogo del Museo, cit., pp. 96-98. Il documento, a firma del Du Tillot, è datato 23 ottobre 1770.
59 L’Abate Angelo Schenoni venne assunto dal 1 agosto 1768 per 3.600 lire annue e 430 lire una tantum per le spese di viaggio (ASP, Decreti e rescritti sovrani, 12 agosto 1768, vol. 13, c. 107) diventò poi prefetto del Museo archeologico di Parma e il 21 maggio 1776 avviò i primi scavi a Luceria nel territorio di Canossa.
60 Trattasi del padre di Angelo Pezzana, futuro direttore della Biblioteca Palatina (segretario dal 1804 ; prefetto dal 1806 al 1862). Sul personaggio, redattore de La Gazzetta di Parma, cfr. Cesare Guasti, Necrologia [di Angelo Pezzana], « Archivio storico italiano », n.s., t. 15, pt. 2 (1862), pp. 169-174, che scrive, tra l’altro che « vestiva da abate ».
61 Il Laferté fu attivo presso la corte di Parma tra il 1765 e il 1790. Cfr. Silvana Gorreri, Louis Antoine Laferté : legatore francese in Parma (Un contributo alla storia della legatoria del Settecento in Italia), « Rara volumina », 2 (1994), pp. 45-64 e, più in generale, Ead., Bodoni e le legature, in Bodoni : l’invenzione della semplicità, Parma, Guanda, 1990, pp. 231-251.
62 I pagamenti ai legatori si trovano in ASP, Istruzione pubblica, busta 21, Computisteria Borbonica di Parma, busta 79 e Computisteria Farnese e Borbonica, fili correnti, buste 356, fasc. 104 e 357 c. Sui pagamenti saldati con libri scartati o mutili cfr. Parigi, Bibliothèque nationale, ms. n.a.f. 9602, cc. 7-14 e il Mémoire stesso in riferimento ai libri dei Gesuiti. Sui legatori cfr. S. Gorreri, Bodoni e le legature, cit.