Una biblioteca nobiliare ai piedi delle Alpi
La raccolta libraria dei conti di Castel Thun tra XVe XIX secolo: un primo sguardo
Giancarlo PETRELLA
Université catholique de Milan-Brescia
NdA : Il contributo anticipa alcuni temi del volume in corso di stampa I libri nella torre. La biblioteca di Castel Thun: una collezione nobiliare tra XVe XIX secolo.
Ai piedi delle Alpi, a nord di Vigo di Ton (Trento), in posizione strategica nella valle del Noce lungo una delle vie di collegamento fra l’Italia e il Nord Europa, si erge l’imponente struttura di Castel Thun1. Il maniero fu residenza fin dal XIII secolo della nobile schiatta dei conti Thun (ma il titolo fu ottenuto solo a fine Quattrocento con l’acquisto del feudo di Königsberg), una delle più influenti casate aristocratiche del Trentino e del Tirolo, ramificata in diverse linee genealogiche e, a partire dal XVI secolo, nei due principali rami trentino e boemo2. Nel 1629 Cristoforo Simone Thun-Bragher, trasferitosi in Boemia, ottenne il feudo imperiale di Hohenstein e il titolo di conti dell’Impero. Numerosi gli esponenti negli alti ranghi della Chiesa, tra cui quattro principi vescovi di Trento: Sigismondo Alfonso (vescovo dal 1670 al 1677), Domenico Antonio (1730-1748) e Pietro Vigilio (1776-1800), ultimo vescovo di Trento a rivestire la dignità di principe, e infine Emanuele Maria di Castel Bragher (1800-1818)3. Poi un lento ma inesorabile declino, complice la secolarizzazione del Principato, la perdita dei benefici ecclesiastici e un’incauta condotta finanziaria familiare che costrinse negli anni Sessanta dell’Ottocento il conte Matteo II ad avviare l’inesorabile alienazione del patrimonio, cominciata con la messa all’asta del Palazzo di famiglia sito in via Larga a Trento (ora sede del Municipio) e proseguita con la dispersione di buona parte delle collezioni artistiche e librarie4. L’archivio fu letteralmente smembrato e una metà nel 1879 passò in terra boema5. Nel primo Novecento anche il castello fu ceduto ai cugini boemi della linea Tetschen an der Elbe. Il conte Franz de Paula e sua moglie Maria Teresa Thun di Castelfondo vi si trasferirono nel 1926. Il figlio Zdenko (Praga 1901 – Castel Thun 1982) fu l’ultimo conte a dimorarvi sino al 1982. Infine, nel 1992, l’intero complesso fu acquisito dalla Provincia autonoma di Trento che ha provveduto a una lunga stagione di restauri e al trasferimento della raccolta libraria, o meglio di ciò che rimane (oltre 9.000 unità bibliografiche, tra monografie, opuscoli e periodici, editi dal XV al XX secolo), dalla sua sede originaria, la torretta sud-occidentale del castello, ai depositi dell’Archivio provinciale di Trento6.
Quella che ancora chiamiamo biblioteca di Castel Thun è un organismo composito e stratificato sviluppatosi in un arco temporale di oltre cinque secoli, testimonianza ed espressione delle disordinate acquisizioni dei singoli membri della casata e dei loro diversi appetiti e orientamenti in materia di studio e letture. Di queste stratificazioni e degli apporti personali quasi nulla sappiamo, in mancanza di cataloghi storici o altri strumenti bibliografici interni anteriori al XIX secolo, che rendano perciò ragione degli incrementi e accertino la fisionomia della biblioteca a una determinata altezza cronologica, a esempio ante 1797, quando le truppe francesi di passaggio sottoposero l’arredo di Castel Thun a gravi spoliazioni che se sottrassero «canoni e spingarde […] i mobili più preziosi, le tappezzerie e gli arazzi delle camere», forse non trascurarono neppure la riserva libraria. Ugualmente, nella seconda metà dell’Ottocento, quando il tracollo finanziario della famiglia costrinse Matteo II (1812-1892) ad alienare un numero cospicuo di opere d’arte, non è da escludere che gli occhi di Anselm Rothschild, Ludwig Rosenthal e di altri antiquari che salivano a Castel Thun si posassero anche su alcuni dei pezzi più pregiati della collezione libraria, della cui effettiva consistenza rimaniamo pressoché all’oscuro7.
Il sospetto viene innanzitutto dal numero troppo esiguo di edizioni quattrocentesche e di pregio sopravvissute rispetto alle circa duecento dichiarate dal giovane Matteo II già in una lettera del 1829. Di quella ostentata raccolta, vanto di un giovanissimo bibliofilo e testimonianza del vivace collezionismo primo-ottocentesco, non rimangono che quattro incunaboli e poche edizioni aldine, tra cui la veneranda princeps 1502 degli elegiaci8. L’edizione più antica sopravvissuta è la versione in volgare del De imitatione Christi attribuito a Thomas von Kempen: De immitatione Christi et de contemptu mundi in vulgari sermone, Venezia, Bartolomeo de Zani da Portesio, 23 dicembre 14919. Lo scaffale degli incunaboli riserva soltanto altri tre titoli. L’Aquila volante falsamente attribuita a Leonardo Bruni (Milano, Antonio Zarotto, 9 aprile 1495) tradisce però al frontespizio, in bas de page, nota di «Joannis Albani Giovanelli a Gerspurg», probabilmente da identificarsi con Giovanni Albano Giovanelli di Gerspurgh, console di Trento nel 174110. È perciò evidente che il volume entrò a far parte della biblioteca Thun solo in seguito alla dispersione della biblioteca privata Giovanelli cui in origine apparteneva. Se nell’edizione zarottiana dell’Aquila volante non può dunque riconoscersi un tassello dell’originaria biblioteca di Castel Thun, l’analisi dell’esemplare evita, in questo e in parecchi casi affini, di cadere nell’equivoco di costruire un’ipotetica lista delle letture gradite a una corte rinascimentale sulla base di volumi che entrarono invece a far parte del patrimonio librario solo molto tempo dopo. Non è affatto certo, a esempio, che tutte le edizioni del XVI secolo fossero sugli scaffali della biblioteca di Castel Thun già all’epoca e non siano piuttosto, almeno in parte, frutto di acquisti e scambi anche assai posteriori. È il caso di quei volumi, sui quali non ci si può qui soffermare, che tradiscono provenienze ecclesiastiche e che furono con ogni probabilità rintracciati sul mercato antiquario solo in seguito alle soppressioni di età moderna11.
Non possiamo accertare se facessero già parte della biblioteca rinascimentale gli altri due incunaboli sopravvissuti: Pius II, Epistolae familiares; De Duobus amantibus Euryalo et Lucretia; Descriptio urbis Viennensis, Nürnberg, Anton Koberger, 17 maggio 149612 e la quarta parte di Gabriel Biel, Sermones, Tübingen, Johann Otmar per Friedrich Meynberger, 1499-150013, entrambi ancora in legatura coeva in pergamena e in piena pelle su assi di legno. Qualcosa della biblioteca originaria sicuramente però sopravvive. Alludo a una miscellanea con legatura originale di area tedesca in pelle di scrofa su assi di legno con impressioni a secco e data 1554 al centro del piatto anteriore che cuce assieme quattro edizioni giuridiche in tedesco tutte licenziate dall’officina di Christian Egenolff di Francoforte trail 1551 e il 155314.Unanota datata 1593 al risguardo anteriore («Constantinus comes de Liechtenstanis... Hercules Thonno dono dedit») rivela che il volume (il frammento più antico dell’originaria biblioteca di famiglia), fu donato a Ercole Thun (1561-1615), figlio di Vittore († 1572) e Maddalena von Schroffenstein († 1570), da Constantin Liechtenstein, signore di Isera e Castelcorno, imparentato con i Thun tramite il matrimonio con Eleonora, figlia di Cipriano Thun15.
Note di possesso e provenienza, come si è intravisto, rappresentano gli unici indizi in mano a chi oggi provi a districarsi in quell’organismo apparentemente monolitico e uniforme rappresentato da una biblioteca familiare cresciuta in silenzio, nell’arco di una ventina di generazioni, in un maniero posto in posizione periferica ma lungo una delle direttrici fra l’Italia e il Nord Europa. L’equivoco è infatti quello di giudicare e analizzare una biblioteca pressoché avulsa dalla storia, solo da un punto di vista patrimoniale o collezionistico, alla luce della rarità o pregio delle edizioni ivi conservate, o, seguendo il filo cronologico delle edizioni, di farsi ingannare dalla presenza di determinati volumi indipendentemente dalla data, che spesso rimane non precisabile, della loro reale acquisizione. Propongo un paio di casi estremi. La raffinata edizione adorna di decine di incisioni delle Rime degli Occulti (Brescia, V. Nicolini da Sabbio, 1568) non entrò a far parte della biblioteca dei conti Thun che nella prima metà dell’Ottocento, quando fu donata alla contessa di origini bresciane Violante Martinengo Cesaresco (1794-1854), moglie del conte Leopoldo Ernesto Thun e madre di Matteo II, come confessa la dedica «Alla Gentilissima Co. Violante Thunn-Martinengo».16 Nel caso dell’esemplare dell’edizione Paris, Simon Colineus, 1539 delle opere di Orazio in legatura cartacea settecentesca è rivelatrice la nota al foglio di guardia anteriore «De la Biblioteque du m. Angran Vicomte de Fonspertuis» che riconduce alla raccolta privata del nobile Louis-Auguste Angran († 1747) andata all’incanto nel febbraio 1748.17 L’Orazio, di conseguenza giunto in mano ai Thun solo dopo questa data, è il lotto 433 del Catalogue des livres de feu m. Angran vicomte de Fonspertuis, Paris, chez Barrois – la veuve Piget, 1748.
Un pugno di edizioni d’Oltralpe di storici classici in tedesco (Caesar, Iulius der erste Römisch Keiser von seinem leben vnd Kriegen,Strassburg, Johann Grüninger, 1508; Iosephus Flavius, Iosephi des hoch berümpten und vast nutzlichen Historici Zwentzig bücher von den alten geschichten, Strassburg, B. Beck, 1535; Livius, Romische Historie, Mainz, Johann Schöffer, 1505),18 chiuse da legature tedesche coeve in pelle di porco su assi con cornici a torciglione e impressioni a secco di soggetto biblico, sono letture genuine dei conti Thun nel Cinquecento, dunque sopravvissute ai due furiosi incendi del 1528 e del 1569 che arrecarono seri danni al castello, o giunsero più tardi, anch’esse forse soltanto in epoca moderna attraverso il canale degli acquisti sul mercato antiquario? Anche in questo caso rischiamo infatti di arrivare alla frettolosa, ma comprensibile, conclusione che i Thun preferissero leggere gli storici latini in traduzione tedesca nelle edizioni illustrate di gusto gotico, piuttosto che nella versione originale latina e in edizioni italiane. Anche il De remediis utriusquae fortunae tradotto in tedesco (Trostspiegel in Glück und Unglück, Franckfurt am Mayn, Christian Egenolff, 1596)19 per tipologia testuale (il Petrarca morale assai più apprezzato Oltralpe rispetto ai Rerum vulgarium fragmenta) e caratteristiche esterne (ponderosa edizione tedesca con corpus illustrativo di tradizione nordica) si adatterebbe perfettamente a una biblioteca nobiliare sud tirolese. Avremmo dunque raccolto una serie di dati sufficienti a suggerire, pur con tutte le precauzioni del caso, un’immagine molto nordica della biblioteca cinquecentesca, più vicina ai gusti tipografico-editoriali dell’area tedesca che a quelli italiani. Ma, come si è detto, in assenza di espliciti segni di possesso e note di proprietà, è necessaria parecchia cautela.
Se l’analisi materiale del patrimonio librario sopravvissuto non consente di arretrare oltre la terza generazione dei conti Thun – nessun segno di proprietà, tanto più sulle edizioni del XV secolo, rimanda infatti ad Antonio Maria “il Potente” († 1522) e Luca Thun (1485-1559), capostipiti del ramo dinastico dei Thun di Castel Thun – al contrario, la documentazione storico-archivistica fornisce risposte insospettabili sull’effettivo consumo di libri in epoca rinascimentale. La prima traccia emerge da un paio di inventari post mortem. Il primo è l’inventario dei beni mobili e immobili di Vittore Thun (1445-1487), ultimo figlio di Anton I Thun e cugino di Antonio Maria “il Potente”, deceduto il 15 agosto 1487 mentre rientrava in Tirolo a capo delle truppe ducali dal fronte della guerra veneta20. Vittore era uomo d’armi e d’amministrazione (ricopriva la carica di capitano della giurisdizione di Gufidaun e Villanders nel Tirolo meridionale) al servizio di Sigismondo d’Austria21. L’inventario, redatto in medio tedesco con influssi tirolesi, tradisce una sua insospettata frequentazione con il libro a stampa e rivela una dote di una ventina di volumi, a quest’altezza non disprezzabile né per varietà né per numero di esemplari, custodita nelle dimore avite di Castel Thun, Castel San Pietro e nel castello della giurisdizione in Tirolo («Die inventuari herrn Victorn von Thun seiner verlazzen kinder auf Tyrol, Thunn, sant Petterspergkh»). L’intestazione sembra suggerire che si trattasse di una raccolta esclusivamente a stampa e in lingua tedesca («Item so sindt in dem haws tewtsche aufgedrugckhte puecher»), particolare che se può oggi facilitare il lavoro di identificazione bibliografica, indirizzando inevitabilmente verso le edizioni d’Oltralpe, non esclude però che Vittore avesse ancora familiarità e disponibilità anche di qualche testo manoscritto, forse persino in latino. Le scelte, linguistiche e testuali, delineano i contorni di una piccola biblioteca privata, sostanzialmente conforme ad altre biblioteche di area tirolese, attestata su posizioni di retroguardia rispetto, a esempio, ai più decisi segnali di adesione al canone umanistico che emergono nella coeva libraria del vescovo Hinderbach o in altre occasionali liste e brevi inventari di area trentina22. Oltre agli scontati testi biblici («ain wibell» e «ain tewtsch pergemenne wibell in reymen», ossia una bibbia in versi), un salterio, qualche testo devozionale e un paio di letture edificanti (la Legenda aurea e una raccolta di vite dei SS. Padri), la lista confessa un più nutrito drappello di titoli per allietare le lunghe sere invernali e gli otia concessi dagli impegni politico-militari. A cominciare da un libro delle sorti (Losbuch), classico gioco di società divinatorio, e dal Decamerone e le Fabulae di Esopo in tedesco; quindi, alcuni diffusi testi di materia classica (l’Historia Alexandri Magni, un’opera di materia troiana e molto probabilmente l’Istoria di Apollonio di Tiro) e, sul versante della letteratura medievale, il diffusissimo poema epico-cavalleresco tedesco Herzog Ernst e la traduzione dell’Itinerarius di Jean de Mandeville. Un’anonima compilazione degli imperatori e dei re («ein kronicka von den kayser und kunig») doveva soddisfare le curiosità storiche di Vittore, cui comprensibilmente rimanda anche il fortunato trattato matrimoniale Ehebüchlein di Albertus de Eyb, forse letto in prossimità di unodeidue matrimoni. Laraccoltaassume infine unadecisa coloratura d’Oltralpe anche sotto l’aspetto dell’approvvigionamento librario, soddisfatto dalla tipografia di area germanofona (parecchie edizioni orientano alla tipografia bavarese di Augsburg) piuttosto che da quella veneziana o dai più defilati centri tipografici dell’area veneto-padana:
[1] ain wibel
Una Bibbia. Affidandoci a quanto dichiarato all’inizio dell’inventario, verisimilmente a stampa e in tedesco (GW 4295-).
[2] ain sumer und ain windtertaill der heiling legend hat die fraw hin
Un leggendario dei santi in due parti (estiva e invernale) espressamente nella camera della contessa. Anche qui resta il dubbio se fosse in tedesco o in latino. È però più probabile che si trattasse di una delle numerose edizioni ante 1488 della Legenda aurea di Jacopo da Varazze in tedesco: Leben der Heiligen: Winterteil und Sommerteil (a cominciare dalla princeps Augsburg, Günther Zainer, 1471-72: ISTC ij00156000-ij00163000).
[3] Item zentte nouelle
Nonpuòcheidentificarsi, perragionicronologiche,conlaprima delle due edizioni incunabole del Decamerone in tedesco col titolo di «Decameron das ist cento novelle»: Ulm, [Johann Zainer, c. 1476] (ISTC ib00730000); Augsburg, Anton Sorg, 18 ottobre 1490 (ISTC ib00731000).
[4] Item ain tewtsch pergemenne wibell in reymen
Una Bibbia in tedesco in versi. Qui davvero ancora un’edizione a stampa (ma su pergamena?) o piuttosto un manoscritto?
[5] Item ein kronicka von den kayser und kunig
Potrebbe trattarsi di un manoscritto dell’originale e più celebre Kaiser-chronik, cronaca degli imperatori romani e tedeschi composta nel XII secolo. Ma se la raccolta di Vittore Thun, come suggerisce l’intestazione dell’inventario, comprendeva solo libri a stampa, potrebbe invece più verisimilmente identificarsi con un’edizione dell’analoga Chronik von allen Kaisern, Königen und Päpsten (GW 3163-3165): Augsburg, Johann Bämler, 1476 (ISTC ib00008000); Augsburg, Anton Sorg, 9 settembre 1480 (ISTC ib00009000); Augsburg, Johann Schönsperger, 28 novembre 1487 (ISTC ib00009500); [Augsburg, Johann Blaubirer, c. 1480] (ISTC ic00484950).
[6] Item ain puech genant der vätter
Sicuramente una raccolta delle vite dei SS. Padri. Probabilmente, come nel caso precedente di Jacopo da Varazze, una delle tre edizioni in Tedesco ante 1488 delle Vitae sanctorum patrum di s. Girolamo: Leben der heiligen Altväter ([Strassburg, Heinrich Eggestein o Johann Prüss, non prima del 1482]: ISTC ih00216000; Augsburg, Anton Sorg, 25 settembre 1482: ISTC ih00217000; [Augsburg, Johann Schönsperger, c. 1485]: ISTC ih00218000).
[7] Item ain puech von den reckhend genant
Titolo non chiaramente identificabile.
[8] Item Johannes de Monttanilla
Una delle edizioni ante 1488 (probabilmente della versione in tedesco) del celebre Itinerarius di Jean de Mandeville (ISTC im00159000-).
[9] Item expositio psaltari in tewtsch
Un Salterio, con commento,in tedesco. È possibile che fosse una delle tre edizioni ante 1488: [Lübeck, Lucas Brandis, c. 1475] (ISTC ip01073800); [Strassburg, Heinrich Eggestein, non prima del 1473] o [Esslingen, Conrad Fyner, 1475-80] (ISTC ip01074000); Leipzig, [Conrad Kachelofen, 1484-87] (ISTC ip01074400). Meno probabile invece che si trattasse dell’edizione Psalterium [latino e tedesco] con Nicolaus de Lyra, Postilla [tedesco], [Strassburg o Reutlingen, Georg Reyser o Heinrich Eggestein o Michael Greyff, 1474-1478] (ISTC ip01066000).
[10] Item den Allexander in tewtsch
L’Historia Alexandri Magni in tedesco (GW 884-890), a partire dalla princeps Augsburg, Johann Bämler, 28 giugno 1473 (ISTC ia00403000).
[11] Item hertzog Ernst
Uno dei più celebri poemi epico-cavallereschi tedeschi (Herzog Ernst): Historie Herzog Ernsts von Bayern, [Augsburg, Anton Sorg, c. 1476-1477] (ISTCie00102900);[Strassburg,HeinrichKnoblochtzer,c.1477] (ISTC ie00102950); [Augsburg, Anton Sorg, c. 1478-1480] (ISTC ie00103000); [Augsburg, Anton Sorg, c. 1485] (ISTC ie00104000).
[12] Item ain ertzenney puech
Una delle edizioni ante 1488 del trattato medico-farmaceutico di Ortolff von Bayerlandt, Arzneibuch (ISTC io00110000-) o di Meister Albrecht, Arzneibuch der Rosse (ISTC ia00352900-). Tutte le altre edizioni simili (Wahrhaftige Arznei wider die Pestilenz o il trattato di Johann Tollat dal titolo affine Büchlein der Arznei) sono infatti posteriori alla data limite del nostro inventario.
[13] Item ain puech, des sagt, ob ainer ein weib sol nemen oder nicht
Un’edizione ante1488 (GW 9520-9525) del fortunato trattato sul matrimonio di Albertus de Eyb, Ehebüchlein: Ob einem Mann sei zu nehmen ein ehelich Weib oder nicht, a cominciare dalla princeps [Nürnberg, Anton Koberger, 16 ottobre 1472] (ISTC ie00179000).
[14] Item ain pergamenss spetziall
Un erbario o un libro di medicamenta, forse ancora manoscritto.
[15] Item Isoppen in tewtsch
Verisimilmente un’edizione in tedesco di Esopo tradotto da Heinrich Steinhöwel (GW 351-359). Assai meno plausibile, invece, che si abbia qui a chefare con un’edizione dell’Historie von Tristan und Isolde (Augsburg, Anton Sorg, 1484: ISTC it00428500; Augsburg, Johann Schönsperger, 1498: ISTC it00429000), con il titolo storpiato ‘Isoppen’ invece di Isolde.
[16] Item haystoria von Troyana in tewtsch
L’Historia destructionisTroiaediGuidodelleColonneintedesco (GW 7233-7240), a cominciare dalla princeps Augsburg, Johann Bämler, post 24 aprile 1474 (ISTC ic00775900).
[17] Item ain puech sagt von dem kunig Antyochen
Anche qui è necessario un supplemento di ipotesi per capire a cosa allude questo libro ‘che parla del re Antioco’. Il riferimento sembra rimandare al re incestuoso Antioco e alle vicende da cui prende le mosse il romanzo ellenistico noto come la Storia di Apollonio re di Tiro. È perciò assai probabile che sia qui registrata, col titolo altrimenti criptico di storia del re Antioco invece di Apollonio di Tiro, un’edizione in tedesco dell’Historia Apollonii regis Tyri tradotta da Heinrich Steinhöwel (Augsburg, Günther Zainer, 1471: ISTC ia00925000; Augsburg, Johann Bämler, [14]79: ISTC ia00925600).
[18] Item ain puech sagt von den zehen gepotten
Un manuale di precettistica sui dieci comandamenti: Die zehn Gebote (GW 10572-).
[19] Item ain losspuech
Un’edizione tedesca ante 1488, probabilmente illustrata, di un Losbuch, un libro sulle sorti (ISTC il00287885-).
Di tutt’altro tenore si rivela un secondo sostanzioso elenco post mortem, di cui si può qui fare soltanto qualche cenno, che trasmette notizia della più consistente raccolta libraria appartenuta a Michele III Thun († 1522), figlio di Erasmo V della linea fridericiana, e a suo fratello (Lucas o Ulrich?), come da esplicita intestazione: «Vermerbet des puecher des her Michel eurs bruedern schilingen sein gewesen»23. Al contrario dell’inventario di Vittore, nel quale la presenza di testi di materia classica e letteratura tedesca medievale e la contemporanea dichiarata assenza di titoli in latino restituiscono una biblioteca prevalentemente di svago e amena lettura, qui invece i 71 titoli registrati tradiscono un inatteso e debordante interesse per la letteratura devozionale e omiletica. A eccezione di un’anonima raccolta di Gesta romanorum, un’edizione (forse latina, a differenza di quella che si rinviene fra i libri di Vittore Thun) della Legenda aurea, il De natura animalium di Aristotele e alcuni usuali strumenti lessicografici (il diffusissimo Catholicon di Giovanni Balbi e qualche vocabolario latino/tedesco), l’inventario restituisce infatti un nucleo consistente e compatto di quaresimali e sermonari de tempore et de sanctis di parecchi predicatori italiani e d’Oltralpe (Gabriele da Barletta, Leonardo da Udine, Johannes de Sancto Geminiano, Roberto Caracciolo, Jacopo da Varazze, ma anche Godescalcus Hollen, Gabriel Biel, Pelbartus de Themeswar, Olivier Maillard, Henricus de Herpf, Nicolas Denisse, Johannes de Verdena, Oswald de Lasko, Johann Geiler von Kaisersberg). Una Bibbia (espressamente stampata a Basilea), alcuni confessionali (tra cui quello di Bartolomeo Caimi e la fortunata Summa di Angelo da Chivasso), qualche testo di devozione mariana (Albertus Magnus, Summa de laudibus christifere virginis Mariae e probabilmente il noto Mariale di Bernardino de’ Busti) e di diritto canonico (anche il Breviarium totius juris canonici di Paolo Attavanti) completano una raccolta libraria che per numero, tipologia e ripetitività dei titoli ha le fattezze di una biblioteca ecclesiastica o la riserva di un religioso, piuttosto che di un nobile.
Sono di nuovo le note di possesso a suggerire come la biblioteca di famiglia sia cresciuta nei secoli soprattutto attraverso personali strategie di accrescimento, motivate dai gusti e le inclinazioni culturali dei singoli conti. Meritano attenzione parecchi volumi francesi del XVIII secolo contraddistinti dalla nota di possesso del conte Francesco Matteo Giuseppe, meglio noto come Matteo I (1742-1810).24 Questi, in pieno Settecento, evidentemente colto da quello che Voltaire chiamava ‘la fureur des dictionnaires’, aggiorna la libraria di casa con una sequela di dizionari enciclopedici, parecchi dei quali tradiscono un’identica nota di proprietà datata 1773 («Gräfen Mathäus von Thun gehoerig 1773»), che avrebbero dovuto appagare l’esigenza di disporre in forma rapida e parcellizzata delle informazioni su un’infinità di argomenti, dalla mitologia alla chimica25: il Dictionnaire abrégé de la fabledi Pierre Chompré e l’analogo Dictionnaire abrégé de la fable ou de la mythologie di David Étienne Choffin26; il Dictionnaire raisonné universel d’histoire naturelle del naturalista Jacques Christophe Valmont de Bomare, anch’esso in edizione francese (Paris, Lacombe, 1769) e non nella pur precoce versione italiana pubblicata a Venezia dal Milocco nel 1766-177127. E ancora, gli immancabili dizionari agronomici L’agronome ou Dictionnaire portatif du cultivateur di Pons-Augustin Alletz28 e Roger Schabol, Dictionnaire pour la théorie et la pratique du jardinage et de l’agriculture29; Élie Bertrand, Dictionnaire universel des fossiles30; la ben nota compilazione storico-geografico-mondana Dictionnaire des gens du monde di Antoine Fabio Sticotti (nella prima edizione Paris, Jean Pierre Costard, 1770)31; il Dictionnaire portatif de commerce (À Bouillon, aux dépens de la Société Typographique, 1770), anch’esso entrato in biblioteca nel 1773, come assicura la nota datata32; il Dictionnaire de physique portatif di Aimé Henri Paulian33 e una Nouvelle légende dorée ou Dictionnaire des saintes34.
Gli scaffali restituiscono segnali di un’attenzione tutt’altro che episodica per la cultura di matrice illuministica, probabilmente veicolata dal «Journal encyclopédique de Liège»35. Pur con ogni cautela, è verisimile che sia ancora il conte Matteo I il responsabile dell’acquisto di parecchie edizioni, anche le più corrosive, dei philosophes: le Lettres persanes di Montesquieu36; parecchio Voltaire (oltre alle Questions sur l’Encyclopédie in un’edizione della Société Typographique di Neuchâtel, gli Annales de l’Empire depuis Charlemagne, l’Histoire de l’empire de Russie sous Pierre Le Grand, La philosophie de l’histoire, l’A. B. C., La princesse de Babylone e qualcos’altro)37; Rousseau (l’edizione olandese delle bandite Lettres ecrites de la montagne e un’edizione dell’Esprit, maximes et principes)38; la costosissima Histoire philosophique etpolitique des établissemens et du commerce des Européens dans le deux Indes dell’abbé Raynal nell’edizione in sei volumi, apparsa anonima, Amsterdam 177339; Helvétius40; la Théologie portative ou Dictionnaire abrégé de la religion chretienne di D’Holbach41; Condorcet42; il Bélisaire di Marmontel, che aveva suscitato una vivace querelle per alcune affermazioni sulla tolleranza tali da mettere in allarme i librai italiani e pregiudicarne la libera circolazione43. Non stupisce che di questa raccolta facesse parte, nonostante la puntuale messa all’Indice nel 1773, anche il romanzo utopico L’An 2440 di Louis Sébastien Mercier, che i Thun leggevano però nella traduzione tedesca pubblicata col falso luogo di stampa di Londra44.
La conferma dell’interesse per la cultura d’Oltralpe viene infine da una lettera datata Leida 30 gennaio 1765 di Filippo Thun al fratello Matteo I che apre un insperato squarcio sui canali di approvvigionamento librario su cui possono contare alcune figure di spicco dell’aristocrazia trentina45. La missiva lascia intravedere rapporti commerciali già consolidati («mi sono informato dal nostro libraro») e fornisce informazioni non disprezzabili, anche di natura merceologica, sull’acquisto e la circolazione di testi giusnaturalistici (Locke, Grozio, Pufendorf, Cumberland) di cui il conte Matteo chiede espressamente edizioni in francese, lungo l’asse Leida-Trento:
ritrovai nella lettera una picciola lista d’alcuni libri che mi sorprese non ritrovando alcuna menzione nella lettera... subito per eseguire i vostri comandi mi sono informato dal nostro libraro del prezzo di uno e l’altro, avendone noi alcuni e perciò ho il prezzo. Touts les oevres de Montesquieux coutent f. 6; Puffendorff droit de la nature et des gens derniere edition de Leyden che è la megliore de l’annèe 1759 cout f. 32 in folio cette a dire sans relieur; l’édition de l’annèe 1752 on peut l’avoir pour f. 30 ½; Grotius cout f. 30; Cumberland f. 3; circa Lock essendo più tomi non m’ha saputo dire il libraro perchè non l’aveva nella sua bottega; un altro libraro lo da per cinque fiorini ed è un tomo solo. Malebranche in Leyden non si trova in francese, perciò ho scritto a Amsterdam, come pure per Locke de’ quali vi scriverò un’altra volta.
Non conosciamo né la missiva successiva né la risposta dall’Italia, così come rimaniamo pure all’oscuro di altri particolari che possano aiutare a ricostruire la vicenda. Di certo però alcune delle edizioni qui citate furono sicuramente acquistate e spedite a Trento, poiché oggi riemergono da ciò che rimane della biblioteca di Castel Thun. In particolare, delle due edizioni di Pufendorf possiamo affermare che alla fine si optò per quella in due tomi del 1759 della sospetta versione di Jean Barbeyrac (Samuel Pufendorf, Le droit de la nature et des gens, Leyden, J. de Wetstein, 1759), oggi con segnatura IX 95-96. Anche riguardo a Cumberland e Grozio è verisimile che Filippo alludesse a due recenti edizioni olandesi della versione francese ancora a cura del Barbeyrac (Richard Cumberland, Traité philosophique des loix naturelles, Amsterdam, P. Mortier, 1744; Hugo Grotius, Le droit de la guerre et de la paix, Leiden, aux depens de la Compagnie, 1759), entrambe infatti ancora rintracciabili in biblioteca46. Infine, degli agognati Locke e Malebranche in francese, se ci affidiamo soltanto a quanto sopravvissuto sui palchetti, sembrerebbe che si fosse riusciti a recuperare solo il primo (Du gouvernement civil, Amsterdam, F. Schreuder e P. Mortier le jeune, 1755)47. Ma non è da escludere che nel baule in viaggio verso Trento fosse stipato anche Malebranche, andato poi disperso in epoca moderna48.
Spostandoci in avanti di alcuni decenni, in pieno Ottocento, un deciso incremento alla biblioteca di famiglia portò il conte Matteo II, raffinato bibliofilo, mosso da squisito gusto collezionistico già in giovanissima età. Lo rivela un’inaspettata lettera del 1829 (all’epoca Matteo era uno studente liceale di sedici anni!) scambiata con un altrettanto giovane Giovanni Battista Carlo Giuliari (1810-1892), futuro direttore della Biblioteca Capitolare di Verona, nella quale confessa: «alle edizioni del secolo XV e alle aldine e a quelle de’ Giunti più volentieri mi attengo, delle quali già ne avvi circa 200»49. Di questa raccolta, come accennato in apertura, oggi quasi nulla comprensibilmente sopravvive sugli scaffali, perché svenduta a pezzi (non si ha infatti alcuna testimonianza di una vendita pubblica all’asta di libri Thun) ad antiquari e collezionisti con trattative dirette e private, come suggerisce un’altra lettera del 1865 in cui si fa cenno a un interessamento da parte dell’antiquario Ugo Bludowsky. In quell’occasione il conte propose una stima per alcuni volumi, di cui non fornisce però alcun dato bibliografico, tra cui un Quintiliano («il Quintiliano è conservatissimo meno il frontespizio che manca, crederei potesse meritare più di fiorini 40 et almeno fiorini 60»), un messale dei Giunta, forse uno dei messali in folio stampati per Lucantonio Giunta negli anni Novanta del Quattrocento («il Missale del Giunta non è vendibile a nessun prezzo») e un’edizione di Vitruvio in tedesco («il Vitruvio tradotto in tedesco credo sia quello che nella fine ha la descrizione architettonica del duomo di Milano. . . raro assai e non da aversi per fiorini 20»). Inoltre, particolare che apre inquietanti squarci sul destino di dispersione cui andò incontro la miglior porzione della biblioteca di famiglia, Matteo lascia trasparire la volontà di corteggiare l’antiquario proponendogli qualche buon affare anche fra i volumi «più nuovi dei due secoli scorsi 1600 e 1700 specialmente francesi» e perciò invitandolo a Castel Thun affinché dia «una esaminata a tutta la biblioteca». Se poi quella visita avvenne, che risultati abbia sortito il sopralluogo alla biblioteca e se andò in porto la cessione non sappiamo. Di certo però tutti i volumi cui si fa cenno in questa lettera oggi non figurano più nella raccolta libraria di Castel Thun.
Ancora più interessanti – sia sul piano metodologico sia ai fini della ricostruzione della fisionomiastoricadella biblioteca – si rivelano alcuni documenti di natura archivistico-bibliografica, non datati ma sempre di mano del conte Matteo II, che trasmettono corpose liste di libri. Si tratta di distinti elenchi (sempre parziali) corredatidisommarie indicazioni bibliografiche (editore, anno di stampa e formato) di incunaboli e cinquecentine, fra cui molte edizioni impresse dall’officina manuziana, che Matteo stilò probabilmente in vista di possibili acquirenti e che ora invece concorrono a rimediare, almeno sul piano storico-documentario, alle irreparabili dispersioni. Nell’impossibilità di offrirne qui un’analisi dettagliata, propongo alcune sintetiche informazioni. Nel primo risultano registrate 48 edizioni, prevalentemente di classici greco-latini, tutte assegnate all’officina aldina, a eccezione di una sottoscritta da Vincenzo Valgrisi e due «dei Giunta di Firenze». Parecchie delle edizioni ritornano anche in un secondo documento che, sotto l’inequivocabile intestazione «Elenco delle edizioni aldine da me possedute», offre un elenco numerato e cronologico di 41 edizioni licenziate indifferentemente dai torchi di Aldo Manuzio e degli eredi. Non è affatto chiaro però se vada assegnato agli anni in cui Matteo sta ancora acquistando sul mercato antiquario, e perciò si tratti del catalogo dell’intera collezione di aldine all’epoca possedute, o se invece sia un elenco già stilato in previsione della messa all’incanto dei pezzi più pregiati. Vi si intravedono tre ricercatissime prime edizioni aldine (il Dante del 1502, le Familiares ciceroniane dello stesso anno e il Sallustio del 1509). Non è perciò da escludere che sia anche questa una delle numerose liste che Matteo intendeva trasmettere a possibili acquirenti per allettarli a salire a Vigo di Ton a prendere visione della raccolta libraria. Un terzo documento, frammento probabilmente di un più sostanzioso catalogo come lascia trasparire l’intestazione «Foglio I», registra, senza alcun ordine alfabetico o cronologico, 14 incunaboli e 34 edizioni del XVI secolo, della cui presenza nell’originaria biblioteca Thun non si potrebbe altrimenti sospettare. Solo due delle edizioni quattrocentesche sono ancora rintracciabili sugli scaffali: i già citati De immitatione Christi et de contemptu mundi in vulgari sermone, Venezia, Bartolomeo de Zani da Portesio, 23 dicembre 1491 e Pius II, Epistolae familiares, Nürnberg, Anton Koberger, 17 maggio 1496. Andarono invece dispersi, a esempio, Bartholomaeus Platina, Vitae pontificum, [Venezia], Johannes de Colonia e Johannes Manthen, 11 giugno 147950; Boccaccio, Genealogiae deorum, De montibus, silvis... , Reggio Emilia, Bartholomaeus e Laurentius de Bruschis Bottonus, 6 ottobre 148151; Marsilius Ficinus, De vita libritres, Firenze, Antonio di Bartolommeo Miscomini, 3 dicembre 148952; Vergilius, Opera, Venezia, Lazarus de Suardis, 3 gennaio 1491/9253; Mohammed Rhasis, Liber ad Almansorem sive Tractatus medicinae, [Venezia], Bonetus Locatellus per Octavianus Scotus, 7 ottobre 149754. Delle 34 cinquecentine soltanto tre ancora sopravvivono sugli scaffali: Lettere di XIII huomini illustri, alle quali oltra tutte l’altre fin qui stampate, di nuouo ne sono state aggiunte molte da Thomaso Porcacchi, Venezia, Giorgio Cavalli, 156555; Sebastiano Erizzo, Sopra le medaglie degli antichi, Venezia, G. Varisco, 156856; Iacopo Sannazzaro, De partu Virginis libri tres, De morte Christi lamentatio, Venezia, eredi di A. Manuzio ed eredi di A. Torresano, 153357. Mancano oggi all’appello, fra le altre, una bella edizione dantesca dei Sessa «con la sposizione di Landino e Velutello» (Venezia, Gian Battista Sessa e fratelli, 1564), l’edizione del Rinaldo innamorato del Tasso «con rami al principio di ogni canto» (Venezia, Aldo Manuzio il giovane, 1583), gli Scriptores rei militaris nell’edizione Bologna, Giovanni Antonio Benedetti, 150558.
Un’altra fonte esterna che viene in soccorso di chi si occupi di storia delle biblioteche sono le fatture dei librai. Nell’archivio Thun se ne rinvengono parecchie, che consentono di accertare non soltanto la rete dei librai presso cui i Thun si rifornivano, ma anche ordinativi, prezzo e persino data di ingresso in biblioteca di alcuni volumi che ancora si rintracciano sugli scaffali. Tutte le fatture superstiti risalgono al periodo fra gli anni Cinquanta e Settanta dell’Ottocento e riguardano acquisti da parte di Matteo II per sé e per la madre Violante. Si apprende che a Trento la libreria di riferimento del conte fosse quella dell’editore-tipografo Giovanni Seiser sita in piazza delle Erbe, dal quale Matteo si rifornisce con regolarità di recenti pubblicazioni periodiche, italiane e d’Oltralpe, libri di vario argomento oltre a materiale cartografico e di cancelleria59. Propongo soltanto un rapido assaggio. In data 30 novembre 1853 Giovanni Seiser emette fattura per complessive sei lire, saldate il 30 gennaio 185460, per l’acquisto di due dispense delle Poesie di Arnaldo Fusinato (vale a dire la recente edizione illustrata da Osvaldo Monti stampata a dispense a Venezia nel 1853 che sortì un clamoroso successo commerciale)61. Da una precedente nota spese accertiamo che le poesie grondanti patriottismo antiaustriaco del Fusinato erano state espressamente richieste dalla fervente contessa Violante, votata alla causa dell’Unità d’Italia («per la nobil sig.ra contessa Violante de Thunn 1 Fusinato Poesie fasc. I £ 3»)62. Da una successiva fattura del 29 dicembre 1854 apprendiamo che fu poi completato l’acquisto dei fascicoli successivi e che ne fu addirittura richiesta una seconda copia sempre al prezzo di tre lire al fascicolo («Fusinato Poesie fasc. 3-7 £ 15, idem fasc. 1-7 per contessa Violante £ 21»)63. Entrambe le copie dovettero andare smarrite, se nell’odierna biblioteca non se ne rinviene traccia alcuna. Qui, e altrove, la fattura del libraio consente perciò di colmare un ammanco e accertare, a una determinata altezza cronologica, la presenza di un volume di cui non verremmo altrimenti a conoscenza. Da questo punto di vista si ha quindi la conferma di quanto la ricostruzione storica della biblioteca necessiti di un preliminare, o complementare, lavoro di scavo archivistico necessario a portare in superficie ogni possibile fonte documentaria.
Fin qui si sono prese in considerazione una serie di fonti esterne. L’unico strumento bibliografico di accesso diretto al patrimonio librario di Castel Thun è un corposo catalogo per materie di circa 400 pagine, compilato quasi certamente a fine Ottocento, ma poi continuato e aggiornato fino alla seconda metà del Novecento. Sorretto da principi catalografici piuttosto elementari, forse appresi da modelli e manualistica coeva, non è ascrivibile a un bibliotecario di professione, ma a una persona della famiglia (quasi certamente la contessa Maria Teresa, quintogenita di Matteo II) che provvide all’organizzazione semantica della raccolta libraria. Sebbene implicita, in filigrana si intravede un’evidente ripartizione in cinque classi (Scienze Sacre, Giurisprudenza, Scienze e arti, Letteratura, Storia) precedute dalla classe Enciclopedia, a loro volta articolate in sottoclassi e ulteriori suddivisioni interne di cui si provvide in appendice a offrire un indice riepilogativo che dispone alfabeticamente le circa cento ripartizioni interne per materie, così da agevolarne la consultazione. A continuarlo e tenerlo aggiornato sino agli anni Cinquanta del Novecento pensò la contessa Teresina Thun (1880-1975), che nel 1926 si era trasferita a Castel Thun dalla Boemia assieme ai figli e al marito, il conte Franz de Paula della linea Tetschen an der Elbe che aveva acquisito il maniero da Matteo III64. La contessa si dedicò infatti attivamente al recupero del maniero, riordinando e catalogando la quadreria e occupandosi anche dei beni archivistico-librari. Non è affatto inverosimile che proprio in questa circostanza la neo padrona, varcata la soglia della biblioteca, mettesse le mani sul catalogo per materie e se ne servisse in occasione del necessario riordinamento della biblioteca per verificare il posseduto e individuare eventuali ammanchi, prontamente segnalati dall’indicazione fehlt (‘manca’). Gli ammanchi suggeriscono come alcune classi fossero comprensibilmente depauperate assai più di altre. Le assenze più consistenti si riscontrano nelle classi Letteratura e Storia. Sebbene non si possa sempre accertare con sicurezza l’edizione venuta a mancare, evidenti ragioni di appetibilità collezionistico-commerciale lasciano supporre che si trattasse di edizioni cinquecentesche se non addirittura ancora incunabole, come è probabile fossero una Genealogia deorum gentilium di Boccaccio e un Marziale col commento di Calderini. Scorrendo il catalogo per materie, scopriamo che negli anni Trenta del Novecento non si dovevano già più trovare in biblioteca le edizioni (oggi non identificabili) dell’Historia Alexandri Magni di Curzio Rufo e degli Opera omnia di Poliziano, ma anche, per rimanere alla stessa pagina della sottoclasse «Letteratura latina Prosatori» (p. 212), Livio e parecchio Cicerone (un’edizione delle Orationes, il De Officiis, le Epistolae ad Familiares). Voltando pagina, ancora altro Cicerone (le opere filosofiche e le Epistolae ad Atticum), le Epistolae del Bembo, una silloge delle opere del Pontano e «Manutius A. Ortografia». La sottoclasse «Letteratura Latina Poeti» (p. 216) fu depauperata di quasi la metà (tra cui Claudiano, Lucano, «Virgilius Opera», le Metamorfosi e le Eroidi di Ovidio, Marziale, «Terentius Comoediae», «Seneca Tragedie» e ancora «Aldus Cornucopiae»). Fehlt fu vergato anche a margine di «Homerus Opera» fra i titoli in greco (p. 220). Perdite altrettanto dolorose si erano registrate negli scaffali riservati alla letteratura italiana (pp. 226-230): le edizioni (verisimilmente tutte cinquecentesche) delle Prose del Bembo curate da Ludovico Dolce; «Alunno Ricerche (sic) della lingua volgare», ossia le Ricchezze della lingua volgare di Francesco Alunno; la traduzione dell’Asino d’oro di Apuleio del Firenzuola; un Orlando furioso, le Rime di Annibale Caro, un Petrarca curato dal Dolce e almeno due edizioni della Commedia. Pressoché intatte erano invece rimaste, rispetto al patrimonio denunciato dal catalogo tardo ottocentesco, le sezioni relative alle letterature straniere (letteratura tedesca, francese e inglese: pp. 232-240), forse proprio perché sguarnite di edizioni antiche più facilmente appetibili da parte di antiquari e bibliofili. Nella ricchissima raccolta storica (p. 264) si era invece appurata l’assenza, fra le altre, di un’edizione di Livio, le Historiae venetae di Bembo sia nella versione latina (forse proprio la princeps cinquecentesca Venezia, eredi di A. Manuzio, 1551?) sia in quella in volgare («Bembo P. Storia veneziana; Bembo P. Hystoriae Venetae»)65, il De bello Sicambrico di Girolamo Falletti certamente nell’unica edizione nota Venezia, Paolo Manuzio, 155766.
Farraginoso e a volte maldestro, tale catalogo palesa alcuni evidenti limiti, innanzitutto sul piano bibliografico. Registra infatti il patrimonio librario con la formula ‘autore, titolo, collocazione’, senza fornire né i dati editoriali né alcun’altra indicazione bibliografica, così che risulta oggi assai difficoltosa, se non impossibile, l’individuazione immediata delle edizioni realmente possedute al momento della sua compilazione. Per identificare l’edizione è necessario risalire, tramitela segnatura di collocazione, dalla biblioteca ottocentesca all’attuale raccolta libraria depositata presso l’Archivio provinciale, operazione che consente al contempo di verificare presenze ed eventuali ammanchi. È evidente che il riscontro fra l’intero catalogo e l’attuale patrimonio librario permetta di accertare quanto sopravviva oggi della biblioteca otto-novecentesca, ma non consenta invece di identificare tutte quelle edizioni che, pur registrate, sono andate smarrite prima dell’acquisizione nel 1992. A esempio, dal catalogo (p. 269) risulta che a fine Ottocento a Castel Thun si conservasse ancora copia dell’onnipresente trattato storico-erudito cinquecentesco di fra Leandro Alberti Descrittione d’Italia, oggi invece irreperibile. Non è perciò possibile accertare se quella posseduta dai conti fosse la princeps bolognese in folio (1550), una delle numerose edizioni in quarto veneziane del secondo Cinquecento o addirittura una delle due edizioni della versione in latino impresse a Colonia nel 1566 e nel 1567 che godettero di maggiore fortuna Oltralpe67 Non trova soluzione neppure l’identificazione di «Sacrobusco De sphera» (p. 153), dietro cui non è improbabile si celasse un’edizione persino ancora quattrocentesca del De Sphaera di Johannes de Sacro Bosco.68
Altrettanti limiti palesa dal punto di vista della storia della biblioteca, di cui non può che fornire una fisionomia statica e assai tarda, oltre la quale non è però possibile risalire, se non attraverso un approccio per così dire esterno, che sappia incrociare e far interagire quelle fonti documentarie di altro tipo cui si è fatto cenno.69 Nulla inevitabilmente suggerisce delle stratificazioni interne alla raccolta né del processo storico di formazione che piuttosto esigerebbe la disponibilità di analoghi strumenti di accertamento patrimoniale che consentano di seguire diacronicamente le fasi di crescita di un modello di biblioteca in cui, per natura, è determinante il contributo dell’eredità familiare. Non è infine di alcun sostegno in merito alle emorragie librarie che fiaccarono la raccolta durante i secoli, vuoi per ragioni finanziarie vuoi per una sorta di naturale operazione di scarto dei libri considerati ormai vecchi e inutili. Rispetto alla storia secolare della raccolta libraria di casa Thun il catalogo per materie non rappresenta dunque che il punto di arrivo, un’istantanea scattata ormai in prossimità della fine, se non addirittura oltre. Sarà perciò necessario cercare in altre direzioni per ricostruire la fisionomia originaria della biblioteca di Castel Thun e rintracciare i perduti tasselli di quella che fu una floridissima biblioteca nobiliare.
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1 Laura Dal Prà, «Dopo quello del Buon Consiglio, Castel Thun è il più bello e grandioso di tutta la provincia… ». Note intorno a un’antica e nuova realtà, in Arte e potere dinastico. Le raccolte di Castel Thun dal XVI al XIX secolo, a cura di Marina Botteri Ottaviani – Laura Dal Prà – Elvio Mich, Trento, Provincia autonoma, 2007, pp. 15-39; Michela Favero, Il castello, in Arte e potere dinastico, pp. 61-67; Omaggio ai Thun: arte e immagini di un illustre casato trentino, a cura di Lia Camerlengo – Ezio Chini – Francesca de Gramatica, Trento, Castello del Buonconsiglio, 2009; Castel Thun, a cura di Lia Camerlengo – Ezio Chini – Francesca de Gramatica, Milano, Skira, 2010; Ezio Chini, Una visita a Castel Thun, in La famiglia Thun in Val di Sole e in Trentino. Atti delle conferenze, a cura di Alberto Mosca, Cles, Centro Studi per la Val di Sole, 2011, pp. 37-79.
2 Sebbene la storia e le vicende genealogiche della famiglia Thun siano ancora in buona parte da scrivere, si vedano, oltre alla serie di Edmund Langer, Die Geschichte der Familie Thun, Wien, Gerold, 1905-1909, Marco Bettotti, La nobiltà trentina nel medioevo (metà XII – metà XV secolo), Bologna, Il Mulino, 2002, ad indicem; Mauro Nequirito, Nobili e aristocratici nel territorio trentino tirolese durante l’antico regime, in Interni di famiglia. Nobiltà e aristocrazia in Europa e in Trentino fra Antico Regime ed Età Moderna, a cura di Claudio Donati – Mauro Nequirito, Trento, Provincia autonoma, 2003, pp. 23-54: 23-31; Marco Bettotti, L’aristocrazia nel tardo medioevo, in Storia del Trentino, III, L’età medievale, a cura di Andrea Castagnetti – Gian Maria Varanini, Bologna, Il Mulino, 2004, pp. 417-459; Nirvana Martinelli, La torre di Visione, il castello e il dazio della Rocchetta tra XII e XVI secolo, in Quattro castelli nel territorio del Comune di Ton, a cura di Tullio Pasquali – Nirvana Martinelli, Ton (Trento), Comune, 2006, pp. 143-176; Marco Bellabarba, La famiglia Thun di Castel Thun: note storiche, in Arte e potere dinastico, a cura di M. Botteri Ottaviani, pp. 41-59; Marcello Bonazza, La famiglia Thun, in Castel Thun, a cura di L. Camerlengo, pp. 33-39; Alberto Mosca, I Thun: breve storia di un’illustre famiglia, in I luoghi dei Thun nelle valli del Noce. Itinerari d’arte e di storia, a cura di Salvatore Ferrari, Trento, s.n., 2010, pp. 9-15; Id., I Thun e la Val di Sole: cinque secoli di storia, in La famiglia Thun in Val di Sole, a cura di A. Mosca, pp. 7-34. Sul ruolo dei conti Thun nella storia trentina un utile punto di partenza offrono infine i volumi della serie Storia del Trentino, III, L’età medievale, a cura di A. Castagnetti – G. M. Varanini, ad indicem; IV, L’età moderna, a cura di Marco Bellabarba – Giuseppe Olmi, Bologna, Il Mulino, 2002, ad indicem; V, L’età contemporanea 1803-1918, a cura di Maria Garbari – Andrea Leonardi, Bologna, Il Mulino, 2003, ad indicem.
3 Sulla presenza dei conti Thun nella Reichskirche un buon punto di partenza offrono Claudio Donati, Ecclesiastici e laici nel Trentino del Settecento (1748-1763), Roma, Istituto storico italianoper l’età moderna e contemporanea, 1975 (ora anche in edizione anastatica, con prefazione di Marcello Verga, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2010); Heinz Noflatscher, Österreichische Familien in der Reichskirche (1448-1803), «Römische Quartalschrift», LXXXVII, 1992, pp. 282-305; Mauro Nequirito, Il tramonto del Principato vescovile di Trento: vicende politiche e conflitti istituzionali, Trento, Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, 1996, ad indicem; Id., Nobili e aristocratici, pp. 27-31; M. Bellabarba, La famiglia Thun, pp. 46-57.
4 Nicoletta Ossanna Cavadini – Ennio Dandrea – Manuela Baldracchi, Palazzo Thunn a Trento: studi per un restauro, Trento, Comune, 1998; Emanuela Rollandini, Matteo Thun e le arti. Le collezioni, il palazzo e il castello attraverso il suo epistolario (1827-1890), Trento, Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, 2008.
5 Stefania Franzoi – Armando Tomasi, L’archivio e la biblioteca di Castel Thun, in Arte e potere dinastico, a cura di M. Botteri Ottaviani, pp. 380-390: 381-384; Armando Tomasi, L’Archivio Thun di Castel Thun: cenni storici, profilo e linee di intervento, in E. Rollandini, Matteo Thun e le arti, pp. 7-14.
6 La raccolta è stata in anni recenti oggetto dell’intervento della Soprintendenza per i beni librari e archivistici che ha promosso adeguati interventi di conservazione e la catalogazione dell’intero patrimonio librario oggi accessibile tramite la banca dati del Catalogo Bibliografico Trentino (CBT).
7 E. Rollandini, Matteo Thun e le arti, pp. 71-74.
8 Catullus, Tibullus, Propertius, Venezia, Aldo Manuzio, 1502: Edit16 C2330; Edit16 CNCE 10356 (Trento, Archivio Provinciale = APTN, Biblioteca Thun, VII 281).
9 IGI 5132; ISTC ii00050000 (APTN, Biblioteca Thun, V 320).
10 IGI 2186; ISTC ib01233000 (APTN, Biblioteca Thun, IX 296).
11 A esempio, solo in seguito alla soppressione del convento milanese dei SS. Cosma e Damiano dovettero giungereValerio Massimo, Dictorum factorumque memorabilium exempla, Lyon, eredi S. Griphius, 1564 e Rodolfo Agricola, Della invention dialettica, Venezia, G. Bariletto, 1567, come attestano le due note di proprietà alle prime carte: rispettivamente «hic liber est conventus ss. Cosmae et Damiani… » ed «est conventus SS. Cosmae et Damiani Mediolani ord. fr. er. dis. S. Augustini 1696 die 26 Maij». Sull’argomento un buon punto di partenza offrono i saggi raccolti nel volume Dalla notitia librorum degli inventari agli esemplari. Saggi di indagine su libri e biblioteche dai codici Vaticani latini 11266-11326, a cura di Rosa Marisa Borraccini, Macerata, EUM, 2010. Riflessioni in merito ho offerto in Giancarlo Petrella, Sulle tracce dei domenicani. Dall’Archiginnasio alla Biblioteca di S. Domenico di Bologna. Appunti di ricerca sulle raccolte librarie antiche, in Claustrum et armarium. Studi su alcune biblioteche ecclesiastiche, a cura di Edoardo Barbieri – Federico Gallo, Roma, Bulzoni, 2010, pp. 135-183; Id., L’oro di Dongo ovvero per una storia del patrimonio librario del convento dei Frati Minori di Santa Maria del Fiume (con il catalogo degli incunaboli), presentazione di Rosa Marisa Borraccini, Firenze, Olschki, 2012.
12 IGI 7778; ISTC ip00720000 (APTN, Biblioteca Thun, II 639).
13 ISTC ib00662000 (APTN, Biblioteca Thun, XII 8).
14 APTN, Biblioteca Thun, XVII 77.
15 Su Ercole Thun si veda Paolo Dalla Torre, Schede biografiche, in Arte e potere dinastico, a cura di M. Botteri Ottaviani, pp. 423-445: 426; Elvio Mich, in Arte e potere dinastico, a cura di M. Botteri Ottaviani, pp. 106-108.
16 Edit16 A55; Edit16 CNCE 55 (APTN, Biblioteca Thun, VI 276). Un breve profilo della contessa Violante in P. Dalla Torre, Schede biografiche, pp. 441-442.
17 APTN, Biblioteca Thun, XI 187.
18 VD16 C55; J970; L2102 (APTN, Biblioteca Thun, IX 218/2; VI 113; IX 218/1).
19 VD16 P1731 (APTN, Biblioteca Thun, IX 116).
20 Rudolf Rich, Mittelalterliche Hausgeschichte der edlen Familie Thun. Heft VII: Viktor und seine Familie, Wien, G. Sohn, 1910, pp. 371-379: 376; Anton Dörrer, Mittelalterliche Bücherlisten aus Tirol, «Zentralblatt für Bibliothekswesen», LI, 1934, pp. 245-263: 256.
21 R. Rich, Mittelalterliche Hausgeschichte…. Viktor und seine Familie, pp. 2-52, 402.
22 Un quadro interessante della circolazione e conservazione libraria in area tirolese offrono A. Dörrer, Mittelalterliche Bücherlisten aus Tirol ; Otto Bruner, Vita nobiliare e cultura europea, Bologna, Il Mulino, 19822 , pp. 177-196: 179; John L. Flood, Subversion in the Alps: Books and Readers in the Austrian Counter-Reformation, «The Library», VI s., XII, 3, 1990, pp. 185-211. Sulla raccolta libraria del vescovo Johannes Hinderbach si veda Pro bibliotheca erigenda: manoscritti e incunaboli del vescovo di Trento Johannes Hinderbach, 1465-1486, Trento, Provincia, 1989; Il principe vescovo Johannes Hinderbach (1465-1486) fra tardo Medioevo e Umanesimo. Atti del convegno (2-6 ottobre 1989), a cura di Iginio Roger – Marco Bellabarba, Bologna-Trento, EDB-Comune di Trento, 1992; Gli incunaboli della Biblioteca Comunale di Trento. Catalogo, a cura di Mauro Hausbergher – Silvano Groff, Trento, Provincia autonoma, 2006, p. 331, cui si aggiunga anche Silvano Groff, Appunti su libri e biblioteche nell’Umanesimo trentino, in Rinascimento e passione per l’antico. Andrea Riccio e il suo tempo, a cura di Andrea Bacchi – Luciana Giacomelli, Trento, Provincia autonoma, 2008, pp. 215-223: 220 nota 15.
23 Edmund Langer, Die Thunische Familie in der ersten Hälfte des XV. Jahrhunderts. Die Friede-richische Linie, Wien, G. Sohn, 1907, p. 167. APTN, Archivio Thun, Archivio Thun-Děčìn, VI/129/95, bob. 86. Al recto del primo foglio, di mano moderna, l’indicazione archivistica «Bibliothek des Michael von Thun saec. XVI». Il documento appartiene a quella porzione di archivio venduta dai Thun di Castel Thun ai cugini boemi nel 1879 e oggi fisicamente conservata presso l’Archivio di Stato di Litomerice, sezione di Děčìn (Repubblica Ceca).
24 Elvio Mich, scheda 63, in Arte e potere dinastico, a cura di M. Botteri Ottaviani, p. 214; P. Dalla Torre, Schede biografiche, p. 439.
25 Helena Henrica M. Van Lieshout, Dictionnaires et diffusion du savoir, in Commercium litterarium. La communication dans la République des Lettres 1600-1750, publié par Hans Bots – Françoise Waquet, Amsterdam-Maarssen, APA-Holland University Press, 1994, pp. 131-150.
26 Rispettivamente nelle edizioni Paris, Jean Desaint e Charles Saillant, 1756 e Dresden, Walther, 1800 (APTN, Biblioteca Thun, VII 320; VIII 346-347); Halle, à la Maison des Orphelins, 1750 (APTN, Biblioteca Thun, IX 197). Su entrambi si veda Alfredo Serrai, Storia della Bibliografia, VIII, Sistemi e Tassonomie, a cura di Marco Menato, Roma, Bulzoni, 1997, pp. 540-542.
27 SBN IT\ICCU\VEAE\040040 (APTN, Biblioteca Thun, IV 74-79). Si veda A. Serrai, Storia della Bibliografia, VIII, pp. 564-566.
28 Liége, J. F. Bassompierre, 1761 (APTN, Biblioteca Thun, X 27-28). A. Serrai, Storia della Bibliografia, VIII, pp. 542-543.
29 Paris, Jean Debure, 1770: SBN IT\ICCU\MILE\037201 (APTN, Biblioteca Thun, III 332).
30 L’Aja, Pierre Gosse e Daniel Pinet, 1763: SBN IT\ICCU\RMSE\000389 (APTN, Biblioteca Thun, I 189).
31 SBN IT\ICCU\UBOE\019718 (APTN, Biblioteca Thun, I 125-126, 239-241). Si veda A. Serrai, Storia della Bibliografia, VIII, p. 542.
32 (APTN, Biblioteca Thun, V 8-11). Si veda A. Serrai, Storia della Bibliografia, VIII, p. 566.
33 Avignon, veuve Girard, 1760: non in SBN (APTN, Biblioteca Thun, VIII 33). A. Serrai, Storia della Bibliografia, VIII, pp. 558-559.
34 Bruxelles, Charlier, 1790: non in SBN (APTN, Biblioteca Thun, VII 356-357).
35 Del Journal encyclopédique si conservano, pur con alcune lacune interne, i numeri dal giugno 1778 al settembre 1792 (APTN, Biblioteca Thun, VIII 100-150). Sul Journal e la sua traduzione italiana si vedano qui soltanto i fondamentali Jacques Wagner, Le ‘Journal encyclopédique’ (1756-1794), in Dictionnaire des journaux, 1600-1789, sous la direction de Jean Sgard, Paris, Universitas, 1991, pp. 729-731; Renato Pasta, Oltre le mura. La traduzione lucchese del «Journal encyclopédique de Liège» (1756-1760), in Id., Editoria e cultura nel Settecento, Firenze, Olschki, 1997, pp. 147-191, con bibliografia pregressa. Sulla circolazione dei libri francesi in Italia nel Settecento si veda Anne Machet, Librairie et commerce du livre en Italie dans la deuxième moitié du XVIIIe siècle, «Studies on Voltaire and the Eighteenth Century», CLIII, 1976, pp. 1347-1380; Franco Piva, Cultura francese e censura a Venezia nel secondo Settecento. Ricerche storico-bibliografiche, Venezia, Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, 1973; Françoise Waquet, «La Lumière... vient de France». Le livre français en Italie à la veille de la Révolution, «Mélanges de l’Ecole française de Rome. Italie et Méditerranée», CII, 2, 1990, pp. 233-259; Lodovica Braida, Il commercio delle idee. Editoria e circolazione del libro nella Torino del Settecento, Firenze, Olschki, 1995; Renato Pasta, “Helvetia mediatrix”. Il mercato librario italiano e la Société Typographique de Neuchâtel, in Id., Editoria e cultura nel Settecento, pp. 225-283; Lodovica Braida, Editoria e circolazione del libro (1740-1792), in Storia di Torino, V, Dalla città razionale alla crisi dello Stato d’Antico Regime (1730-1798), a cura di Giuseppe Recuperati, Torino, Einaudi, 2002, pp. 267-341; Fabio Tarzia, Libri e rivoluzioni. Figure e mentalità nella Roma di fine ancien régime (1770-1800), Milano, F. Angeli, 2000, cui si aggiunga il più recente volume di Stefania Valeri, Libri nuovi scendon l’Alpi. Venti anni di relazioni franco-italiane negli archivi della Société typographique de Neuchâtel (1769-1789), Macerata, Eum, 2006, con bibliografia pregressa.
36 Sia nell’edizione col luogo fittizio Köln, Pierre Marteau, 1752 sia nella traduzione in tedesco Frankfurt – Leipzig, Auf Kosten des Uebersetzers, 1760: solo la prima in SBN IT\ICCU\BA1E\004937 (APTN, Biblioteca Thun, VII 584; IV 368).
37 Annales de l’Empiredepuis Charlemagne,Frankfurt, la Compagnie, 1754: SBN IT\ICCU\PARE\026751; Histoire de l’empire de Russie sous Pierre Le Grand, Leipzig 1761: non in SBN; La philosophie de l’histoire, Amsterdam, F.Changuion,1765:SBN IT\ICCU\RAVE\020607; L’A. B. C. dialogue curieux, Londres [Genève], Robert Freemann, 1768: SBNIT\ICCU\LO1E\009237; Questions sur l’Encyclopédie, [Neuchâtel, Société typographique] 1771-1772: SBN IT\ICCU\RMSE\009070; La princesse de Babylone, s.n.t., 1768: SBN IT\ICCU\UBOE\008175 (APTN, Biblioteca Thun, X 138-139; III 459; IV 270; II 285; VIII 368-375; X 130).
38 Lettres ecrites de la montagne, Amsterdam, Marc Michel Rey, 1764: SBN IT\ICCU\VIAE\034232; l’edizione dell’Esprit, maximes et principes è mutila del frontespizio (APTN, Biblioteca Thun, VII 526; III 248).
39 SBN IT\ICCU\IEIE\009316 (APTN, Biblioteca Thun, III 426-431). F. Piva, Cultura francese e censura, pp. 70-71; Paolo Ulvioni, Un aspetto dell’ideologia prerivoluzionaria. L’«Histoire des deux Indes» e Raynal, «Critica storica», III, 1972, pp. 357-396; Lectures de Raynal. L’Histoire des deux Indes en Europe et en Amerique au XVIIIe siècle, editees par Hans-Jurgen Lusebrink et Manfred Tietz, Oxford, Voltaire Foundation, 1991; R. Darnton, Libri proibiti, p. 43; S. Valeri, Libri nuovi scendon l’Alpi, pp. 184-195.
40 Le bonheur, aux Deux-ponts, chez Sanson & Compagnie, 1784: non in SBN (APTN, Biblioteca Thun, X 68).
41 Paul-Henri Thiry d’Holbach, Théologie portative ou Dictionnaire abrégé de la religion chretienne, a Rome, s.t., 1775: SBN IT\ICCU\LIAE\032749 (APTN, Biblioteca Thun, III 305).
42 Esquisse d’un tableau historique des progrès de l’esprit humain, Paris, Bertrand Quinquet, 1798: SBN IT\ICCU\TO0E\123200 (APTN, Biblioteca Thun, IV 445).
43 Jean-FrancoisMarmontel, IlBelisario, Napoli, Gabinetto letterario, 1788: SBN IT\ICCU\PUVE\024062 (APTN, Biblioteca Thun, I 589).
44 Das Jahr Zwey tausend vier hundert und vierzig, London 1772: non in SBN (APTN, Biblioteca Thun, X 166).
45 APTN, Archivio Thun, A 82.4.
46 Rispettivamente con segnatura VI 286 e IX 98-99.
47 Con segnatura VIII 306.
48 L’unica edizione oggi rintracciabile di Malebranche, infatti, è posteriore di una decina d’anni: Nicolas de Malebranche, Von der Wahrheit oder von der Natur des menschlichen Geistes und dem Gebrauch seiner Fähigkeiten um Irthümer in Wissenschaften zu vermeiden, Halle, Johann Christian Hendel, 1776 (APTN, Biblioteca Thun, IV 441-442).
49 L’interessante corrispondenza riemerge presso la Biblioteca Civica di Verona (Carteggi, b. 569, 586) e comprende una ventina di lettere di Matteo Thun al Giuliari tra il 1826 e il 1835. Sull’erudito veronese Giovanni Battista Carlo Giuliari bastino qui i saggi raccolti nel volume Il canonico veronese conte G.B. Carlo Giuliari (1810-1892). Religione, patria e cultura nell’Italia dell’Ottocento. Atti della Giornata di Studio Verona 16 ottobre 1993, a cura di Gian Paolo Marchi, Verona, Biblioteca Civica, 1994, cui si aggiunga la più recente voce di Francesca Brancaleoni, in Dizionario Biografico degli Italiani, LVI, pp. 786-789, con bibliografia pregressa.
50 IGI 7857; ISTC ip00768000.
51 IGI 1798, ISTC ib00751000.
52 IGI 3868; ISTC if00158000.
53 IGI 10217; ISTC iv00187000.
54 IGI 8351; ISTC ir00176000.
55 Edit16 CNCE 24035 (APTN, Biblioteca Thun, XIII 193).
56 Edit16 E429; Edit16 CNCE 18277 (APTN, Biblioteca Thun, V 292).
57 Edit16 CNCE 27215 (APTN, Biblioteca Thun, X 230).
58 Edit16 CNCE 1171; CNCE 64176; CNCE 19932.
59 Maria Garbari, Aspetti dell’editoria trentina dell’800: una produzione in lingua italiana alla periferia dell’Impero austriaco, «Studi Trentini», 1997, 1, pp. 67-88; si veda inoltre la scheda a lui dedicata a firma Marco Callegari, in Editori italiani dell’Ottocento. Repertorio a cura di Ada Gigli Marchetti et alii, Milano, Franco Angeli, 2004, II, p. 993. A initio Ottocento i Thun erano clienti dei libeai Remondini come ho ricostruito in Giancarlo Petrella, «Continuatemi la grata vostra corrispondenta». I Remondini, Giuseppe Pinamonti e la biblioteca di casa Thun in alenne lettere di primo Ottocento, «La Bibliofilia», CXV, 2013, pp. 327-370.
60 APTN, Archivio Thun, E 91 3 (2).
61 L’edizione consta di complessivi 2 volumi (SBN IT\ICCU\VIA\0111680). Sul Fusinato e la sua ricezione si veda, oltre alla voce di Luca Pes, in Dizionario Biografico degli Italiani, L, pp. 804-806, Cesare Cimegotto, La fama di Arnaldo Fusinato, Padova, L. Penada, 1942, p. 13.
62 APTN, Archivio Thun, A 100 5.
63 APTN, Archivio Thun, E 76 1 (3).
64 Marina Botteri Ottaviani, scheda 120, in Arte e potere dinastico, a cura di M. Botteri Ottaviani, p. 304; P. Dalla Torre, Schede biografiche, pp. 444-445.
65 Edit16 B1221; B1223; B1261-1262; Edit16 CNCE 5037; CNCE 5039; CNCE 5077. Sappiamo solo che avevano segnatura rispettivamente IX 113 e V 305.
66 Edit16 F134; Edit16 CNCE 18523. Aveva segnatura V 329.
67 Sulla tradizione a stampa dell’opera si veda Giancarlo Petrella, Uomini, torchie libri nel Rinascimento, premessa di Luigi Balsamo, Udine, Forum, 2007, pp. 157-233.
68 Aveva segnatura III 280.
69 Sul tema rimangono fondamentali le riflessioni metodologiche di Piero Innocenti – Marielisa Rossi, La biblioteca e la sua storia. Osservazioni su metodo e clavis bibliografici per una storia della biblioteca in Italia, «Biblioteche oggi», V, 1987, 2, marzo-aprile, pp. 25-47; Marielisa Rossi, Provenienze, cataloghi, esemplari. Studi sulle raccolte librarie antiche, Manziana (Roma), Vecchiarelli, 2001.