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Chambéry, Torino o Ginevra ?

Le (s)fortune editoriali di un criminalista del primo Seicento

Rodolfo SAVELLI

Università di Genova, dipartimento di Giurisprudenza. Mi preme ringraziare per l’aiuto prestato Juliette Nguyen (Librairie Picard Parigi), Elisa Rebellato (Biblioteca dell’Archiginnasio Bologna), Andreina Rita (Biblioteca Apostolica Vaticana), Dunja Sharif (Bodleian Library Oxford) e gli amici Marco Miletti, Daniela Novarese e Riccardo Rosolino

Abbreviazioni:

NdA : GLN = Bibliographie de la production imprimée des XVe et XVIe siècles des villes de Genève, Lausanne et Neuchâtel [http://www.ville-ge.ch/musinfo/bd/bge/gln/index.php].

OJB = D. J. Osler, Jurisprudence of the Baroque. A Census of Seventeenth Century Italian Legal Imprints, Frankfurt am Main, Klostermann, 2009, 3 vol.

RLF = Répertoire bibliographique des livres imprimés en France au XVIIe siècle, Baden-Baden, Koerner, 1979-.

DA CHAMBÉRY A GINEVRA

Un titolo alternativo per questo articolo poteva essere “Intrighi di confine”, ma ho preferito mettere in evidenza le coordinate geografiche entro cui si è mossa la ricerca. E rispondo subito al quesito posto affermando che il vero luogo di stampa è Ginevra. Chi è l’autore e quali le opere?

Geoffroy de Bavoz (o Bavoux, latinizzato in Godofredus a Bavo), giurista savoiardo vissuto tra il 1542 e il 1617, avvocato generale presso il Senato di Chambéry nel 1586, quarto presidente dello stesso Senato dal 1600, svolse una lunga carriera al servizio dei Savoia, conclusa appunto nel 1617, carriera oscurata dal prestigio di altri giuristi e senatori come il famoso Antoine Favre o il meno noto Guillaume d’Oncieu1.

La pubblicazione delle sue opere si colloca tra il 1606 e il 1615, con una presunta “editio tertia” del 1638 (di cui si tratterà successivamente) e una parziale ristampa del 1646 a Utrecht, segno, quest’ultimo, di un tardivo interesse per un giurista sostanzialmente minore (ristampa che in questa sede non verrà presa in esame)2.

Si è scritto un “giurista minore” e in effetti, volendo dare un giudizio complessivo degli scritti di Bavoz, bisogna riconoscere che si presentano tanto compilativi quanto disordinati, redatti anche con relativa incuria (a riprova si possono ricordare perfino le non poche occorrenze di nomi errati)3. Nel panorama della criminalistica cinque-seicentesca il magistrato savoiardo non si discosta dai moduli di una letteratura essenzialmente pratica (e tale è l’intenzione enunciata nei titoli e nelle dediche al duca di Savoia).

Gli elementi di maggiore interesse risiedono semmai nel continuo incontro-confronto con la letteratura giuridica e con gli usi dei parlamenti francesi, con quelle tradizioni gallicane presenti nella realtà della Savoia (si vedano ad esempio i riferimenti ad istituti quali l’appel comme d’abus o i cosiddetti “delicta privilegiata” dei chierici)4; altrettanto significative sono le numerose citazioni degli arrêts del Senato di Chambéry; le consuetudini aostane sono spesso ricordate in rapporto anche a curiosi usi locali (soprattutto nel Tractatus reatuum del 1607, e meno nella Theorica criminalis del 1615), in conseguenza delle competenze che il Senato aveva sulla valle d’Aosta5. L’autore preferito da Bavoz è chiaramente Giulio Claro, seguito da Bossi, Follerio, Guy Pape, Chasseneux, e ancora Le Coq, Rebuffi6. Bavoz non cita solo, ogni tanto si lascia andare a giudizi critici, come mostrano le parole pungenti nei confronti di Farinacci (“ita est prolixus et copiosus, ut tamen sit admodum confusus”)7.

Perché allora occuparsi dei libri di un autore così poco rilevante nel panorama europeo? Il motivo primario che mi ha spinto a questa ricerca è (se vogliamo definirlo) “estrinseco”, vale a dire la storia editoriale dei testi di Bavoz e le implicazioni culturali della loro produzione materiale. Vi sono ancora alcuni punti e passaggi non del tutto chiariti, ma allo stato delle attuali conoscenze credo che si possano presentare i risultati raggiunti.

Il primo frutto dell’esperienza di criminalista è pubblicato nel 1606, la Praxis criminalis aurea forensium ac pragmaticorum cum theoria in gratiam iurisprudentiae candidatorum: il frontespizio si fregia dello stemma dei duchi di Savoia, indica Chambéry come luogo di stampa, ma curiosamente non vi compare alcun nome di editore, benché in quella città fossero allora attivi due tipografi, Thomas Bertrand e Geoffroy Dufour. Il volume è molto raro, essendone conosciuto ad oggi un solo esemplare8.

L’anno successivo Bavoz pubblica una seconda opera, il Tractatus reatuum: si tratta sostanzialmente di una risistemazione, in parte un ampliamento, della precedente, ma di questa sono rimaste non poche copie in diverse biblioteche italiane ed europee9.

Anche in tale volume ricorrono le stesse caratteristiche del frontespizio del 1606: stemma sabaudo e silenzio sull’editore. Laroche è sicuro nell’identificarne la paternità editoriale (come già Barbier e Perrin): “certainment imprimé par Thomas Bertrand”. Questa certezza si basa su di una più cauta attribuzione fatta nell’Ottocento da Dufour e Rabut, che avevano osservato come

ces livres sont bien imprimés et ornés de bandeaux, lettres grises et culs-de-lampe plus élégants que tout ce qu’on employait alors en Savoie; ce qui nous avait induit à penser, ou que les livres avaient été imprimés dans une ville étrangère, ou que Bertrand avait emprunté ces ornements à un confrère de Lyon ou de Genève.

Ma poi, nonostante queste (corrette) considerazioni, avevano deciso di attribuire a Thomas Bertrand le edizioni di Bavoz (conoscevano quella del 1607 e la successiva del 1615) sulla scorta di un particolare tipografico,

un petit passe-partout carré formé de deux lions levés sur leurs pattes de derrière, et soutenant un petit écu de Savoie surmonté d’une couronne.

Questo stesso passe-partout sarebbe stato impiegato decenni prima da un tipografo di Annecy, Jacques Bertrand, per cui si poteva ipotizzare un rapporto di parentela tra i due Bertrand e la conseguente trasmissione del materiale di stampa10.

Ho scritto “sarebbe stato” perché in effetti, se si confrontano con attenzione il passe-partout utilizzato da Jacques Bertrand nel 1576 e quello che compare nei libri di Bavoz, si può constatare che, benché molto simili, non sono affatto identici11. Nei volumi di Bavoz da questa piccola cornice è praticamente scomparso lo scudo di Savoia mentre sono rimasti i leoni, la corona e una lieve traccia di un margine dello scudo, quasi fosse stata intenzionalmente tolta la croce. Curiosamente questo passe-partout con i leoni e lo stemma non compare in una quasi coeva edizione ufficiale, la raccolta degli editti di Carlo Emanuele I, sicuramente edita da Thomas Bertrand nel 160812.

Il passe-partout con i leoni e la croce è utilizzato in un’altra opera, apparentemente sempre pubblicata da Jacques Bertrand nel 1576, il Tractatus liberorum... di un giurista savoiardo, Claude de Battandier13. A complicare il panorama bisogna segnalare che lo stesso volume è emesso una seconda volta nel 1581, a nome di Jean Lertout allora attivo a Ginevra; una terza volta nel 1582, attribuito a Antoine Gryphius (Lione); e non è ancora finita: nel 1594 è riemesso nuovamente da Lertout (cambiato ogni volta il fascicolo preliminare)14. Come se non bastasse sempre lo stesso passe-partout (insieme ad un paio di fregi uguali) compare altresì in un anonimo e violento volume contro Claude de Guise, pubblicato anch’esso nel 1581 e attribuito ipoteticamente alla tipografia di Lertout15.

L’uso degli stessi motivi decorativi in opere così diverse rende difficile stabilire chi ha fornito a chi materiali tipografici e/o stampe, anche se sembra poco probabile attribuire all’evanescente Jacques Bertrand un’opera come la citata Legende; d’altro canto non sembra molto verisimile pensare che Lertout abbia acquistato da Jacques Bertrand una così cospicua tiratura dell’opera di Battandier, tanto da averne ancora copie dopo quasi vent’anni in misura sufficiente a giustificare un’ulteriore emissione con un nuovo fascicolo preliminare16.

Si può quindi concludere che quell’elemento ornamentale individuato da Dufour e Rabut era, sì, circolato tra Savoia e Ginevra, ma non apparteneva alla tipografia in cui furono composti i libri di Bavoz.

Il passe-partout con i leoni, senza la croce, è invece impiegato in quel torno di anni da un altro editore ginevrino, Pierre de La Rovière17. E sempre lo stesso ginevrino utilizza fregi e capilettera che sono presenti nelle opere di Bavoz del 1606-1607 (così come in quella del 1615): ovviamente in un’epoca in cui tali ornamenti erano prodotti in metallo e circolavano sulle diverse piazze, la presenza di un fregio non è di per sé totalmente probante18.

Vi possono essere, tuttavia, caratteristiche utili ad individuare in modo univoco tali elementi: ad esempio l’apposizione di sigle che richiamino il nome del tipografo/editore. Già la rara edizione del 1606 si apre con una dedica al duca di Savoia sormontata da un fregio al cui centro campeggia una vittoria alata con due corone nelle mani, assisa su una panoplia, e con ai lati le figure di un cacciatore e di un tritone; ciò che permette un’identificazione certa è l’apposizione nelle volute del fregio di due lettere: GL. Or bene, queste sono le iniziali di Guillaume de Laimarie, altro importante editore ginevrino del Cinquecento. Pierre de La Rovière ne aveva sposato la figlia Judith e ne aveva ereditato l’impresa. E tale fregio (con la sigla GL) compare sia in libri pubblicati da Laimarie sia successivamente da La Rovière19.

In effetti a La Rovière si poteva arrivare anche per una via più semplice, se solo si fosse considerato che dell’altra opera di Bavoz, la Theorica criminalis (1615), circolarono pure due emissioni con la precisa indicazione della paternità editoriale ginevrina20. Ma indubbiamente ricostruzioni bibliografiche “verticali” (i libri stampati a...) possono portare a non percepire le reali origini di un volume, fenomeno particolarmente evidente all’epoca, quando era implicata l’editoria ginevrina21.

La stampa del Tractatus reatuum si intrecciò con qualche vicissitudine personale del giurista: dopo la conclusione della stampa, infatti, in alcuni esemplari fu inserito un duernio anepistografo contenente versi in onore dell’autore e un ode contro un ignoto invidum (ode ripresa poi nel corpo dell’edizione del 1615)22.

La scelta da parte di Bavoz di rivolgersi a La Rovière non deve stupire più di tanto: già negli anni Settanta del ’500 si era fatto ricorso a tipografi ginevrini per pubblicare una raccolta di editti ducali e arrêts del Senato (e sarebbero senz’altro da approfondire i rapporti dei Pomar di Chambéry con questo ambiente editoriale)23. Il ben più celebre Antoine Favre intratteneva da tempo rapporti con François le Fèvre, Samuel Crespin e in quegli stessi anni ricorreva a Eustache Vignon e agli eredi di Jacques Chouet24. Il già citato Guillaume d’Oncieu (un altro membro del senato di Chambéry) era ricorso per alcune sue opere sempre ad editori ginevrini (mantenendo per altro l’anonimato dei dati editoriali)25. La Rovière doveva aver rapporti commerciali con la Savoia abbastanza stretti se nel 1619 ottenne esenzioni fiscali dalla Camera dei conti, fu in corrispondenza con Favre, di cui Judith de La Rovière pubblicò nel 1624 i Rationalia in tertiam partem Pandectarum26.

È anche vero che il periodo successivo all’escalade (1602) era stato particolarmente turbolento per quanto riguarda i rapporti tra Ginevra e i duchi di Savoia, e negli anni 1605-1606 si erano moltiplicati i pamphlets e le polemiche27. Non va dimenticato inoltre che nel Tractatus reatuum vi sono pagine molto dure sulla repressione dell’eresia, con menzione di episodi in cui erano stati implicati ginevrini condannati a morte per aver diffuso libri eretici28. La scelta quindi di pubblicare queste opere senza menzionare il vero luogo di stampa e il nome dell’editore veniva incontro, in quegli anni, a una duplice esigenza: da un lato quella di Bavoz, alto funzionario sabaudo, di non essere posto in connessione con la città “nemica”; dall’altro La Rovière si tutelava nel non far comparire il proprio nome su un libro “papista” dedicato al duca di Savoia (così come capitava per il Codex fabrianus proprio in quello stesso periodo)29.

INTERMEZZO

È lecito domandarsi come si collocasse questa iniziativa di Bavoz e La Rovière nel panorama dell’editoria giuridica ginevrina tra Cinque e Seicento, avendo presente il duplice problema della censura (quella cattolica e quella locale) e della necessità di riuscire a trovare sbocchi negli indispensabili “marchés catholiques”30. Il tema è noto e ha già suscitato da tempo interesse31.

Guardando alla produzione dell’ultimo quarto del Cinquecento si possono individuare diverse linee di tendenza: si pubblicano autori che si situano pienamente all’interno della galassia protestante (François Hotman) o dalla complessa storia personale (Charles Du Moulin), ma comunque autori che non potevano avere una libera circolazione in tutti i mercati europei32. Si potrebbe affermare che una fase storica vada verso la conclusione con la monumentale edizione degli Opera omnia di Hotman nel 1599-1600, e che le diverse scelte adottate per la data topica (Genevae, Lugduni, senza indicazione) segnalino molto efficacemente come fossero attive soluzioni differenti a seconda dei mercati di destinazione33.

Se la pubblicazione di Hotman è chiaramente il frutto di un progetto culturale ed editoriale tutto interno, vi è anche una parte significativa della produzione che risulta commissionata dall’esterno, innanzi tutto dagli imprenditori lionesi, che trovano economicamente conveniente ricorrere alla tipografia ginevrina. I libri escono così con indicazioni editoriali differenti, talvolta solo quelle lionesi, talvolta molteplici – ad esempio, per il De republica di Pierre Grégoire nel 1596 si hanno Lione (Buysson) e Pont-a-Mousson (Claudet)34. Ma se Claudet è noto come mercante di libri (e quindi potenziale committente), quando nel 1608 risultano editi a Pont-à-Mousson due testi di Jean ed Etienne Papon da un altrimenti sconosciuto “Jean de la Fontaine”, è facile pensare ad una voluta contraffazione, con la quale il reale editore, Matthieu Berjon, intendeva distribuire in area francofona testi editi e riediti in Francia (e ulteriormente ripresi poi, soprattutto l’opera maggiore di Jean Papon, nella stessa Ginevra)35.

Era questo un filone di letteratura giuridica rivolta in specie ai pratici, ai professionisti del mondo “francese”: un titolo che si colloca in questo ambito è, ad esempio, Henrici IIII Codex iuris civilis di Thomas Cormier la cui edizione latina nel 1602 vede, di volta in volta, i nomi di Chouet, Crespin e di Cardon (Lione), cui si aggiunge poi Jean Arnaud per le prime edizioni in volgare (Arnaud era l’effettivo titolare del privilegio editoriale)36.

Questa produzione coesisteva con una più “alta”, influenzata dalla cultura dotta (di tipo umanistico) che aveva connotato l’editoria tardo-cinquecentesca e dei primi decenni del Seicento, rappresentata dalle opere di Denis Godefroy, Brederode, Favre, accompagnata dalla ripresa di testi già editi altrove (Del Rio, Vázquez de Menchaca, Douaren, Cujas), insieme alla continua offerta del Corpus Iuris Civilis (con glossa o senza, in folio o in formati minori).

Vi era chi partecipava ad entrambe le prospettive: si pensi innanzi tutto al caso di Antoine Favre che affida a lungo la sua produzione “romanistica” a François le Fèvre; poi, nel 1604, la prima edizione dei Rationalia in Pandectas esce in doppia veste editoriale (Cardon-Vignon), mentre il Codex fabrianus fu distribuito a lungo come pubblicato da Cardon, benché stampato dagli Chouet37. Ma si può ricordare anche un personaggio quale Pierre de Brosses che, dopo aver collaborato con Godefroy all’editio maior del corpus civilistico, si segnala per diverse altre imprese editoriali ginevrine, e conclude la sua carriera con la pubblicazione del Code des decisions forenses, contenant un recueil des plus notables arrests... disposé en douze livres et par titres selon l’ordre du Code de Iustinian38.

Vi erano altri segmenti del mercato del libro giuridico che potevano essere quanto mai interessanti: innanzi tutto i “manuali” universitari, con, in prima battuta, i commentari alle Institutiones giustinianee e poi i lessici giuridici: in stretta concorrenza con gli editori lionesi e tedeschi si pubblicano Mynsinger, Wesenbeck, Schneidewein, Borcholten, e (come si è illustrato in altra sede) l’attenzione al mercato cattolico è tale che a Ginevra si approntano edizioni corrette secondo le prescrizioni degli indici dei libri proibiti spagnoli o plagiando la fortunata edizione veneziana di Schneidewein curata da Possevino39. È tale l’attenzione che si arriva al punto di stampare due diverse edizioni dello stesso commentario di Borcholten nel medesimo anno40.

Se si volesse cogliere un momento significativo dei processi in atto e della progressiva transizione verso altri campi e collaborazioni, che caratterizzeranno non poca parte della produzione giuridica sei-settecentesca, si potrebbe fissare l’attenzione su due titoli dalle molteplici edizioni ed emissioni: nel 1602 La Rovière cura una prima edizione del De Alimentis di Giovanni Pietro Sordi, immessa sui mercati sia a nome proprio sia di Horace Cardon; la stessa opera è ricomposta e commercializzata sempre da Cardon, mentre l’evidente tiratura avanzata sarà emessa nuovamente da La Rovière nel 161341.

Pochi anni dopo, nel 1608, Samuel Crespin mette in cantiere l’edizione di un altro “classico” della letteratura giuridica italiana del tempo, il De praesumptionibus di Giacomo Menochio: ne cura una prima edizione che viene distribuita a nome suo (datata anche 1609), e (disgiuntamente) della vedova di Antoine Harsy e di Jean Pillehotte; cura poi una seconda edizione che è invece diffusa a nome di Cardon (e molto probabilmente “rinfrescata” nel 1614 a nome dello stesso Crespin)42.

Giuristi italiani e spagnoli entrano alla grande nell’orizzonte culturale e commerciale degli editori ginevrini, che in questi decenni sembrano sbizzarrirsi nel trovare nomi di fantasia per ovviare alle difficoltà di accesso al mercato cattolico43.

Il segno della (contrastata) riuscita è dato dalle trattative che si svolgono nel 1625 tra editori lionesi e ginevrini, in occasione di un’ennesima contraffazione che aveva toccato un nervo scoperto dei lionesi, vale a dire la pubblicazione della Summa di Tommaso d’Aquino da parte degli “eretici” (e in cui erano implicati proprio gli eredi di Pierre de La Rovière). Per quanto riguarda la letteratura giuridica, Mantica, Favre e Menochio (proprio il De praesumptionibus) sono i principali autori su cui Ginevra chiede una qualche forma di “esclusiva”, mentre i lionesi contropropongono testi per i quali la concorrenza degli svizzeri si era già fatta sentire non poco (dal Corpus iuris canonici a Bohier, Borcholten, Chasseneux, ad esempio) e che continuarono a essere prodotti sulle rive del Lemano44. Ormai i ginevrini camminano con i propri capitali e non sembrano avere più bisogno della committenza francese45.

UN SECONDO INTERMEZZO: EDIZIONI ANNUNCIATE, EDIZIONI SCOMPARSE

La pubblicazione di Bavoz da parte di Pierre de La Rovière si colloca, quindi, in questo clima di attenzione al mercato “cattolico” e alla letteratura giuridica del (cosiddetto) “tardo diritto comune”, che tanto peso aveva nel mercato del libro dotto46.

Sia nelle bibliografie ottocentesche (Barbier-Perrin) sia in quelle novecentesche (Laroche) si segnalano altre edizioni delle opere di Bavoz senza per altro indicarne localizzazioni o fonti (tranne che in un paio di casi). Mi sembra comunque utile presentare qualche informazione anche su questo fronte, sebbene vi siano ancora problemi non risolti, mentre per altri si sono (forse) trovate delle risposte. Il catalogo manoscritto per materie della Biblioteca Nazionale di Torino conserva preziose informazioni relative al patrimonio bibliografico presente prima dell’incendio del 1904 e delle successive distruzioni belliche del 1942; il volume dedicato al Diritto civile riporta queste informazioni relativamente a Bavoz:

Tractatus reatuum iuxta forensium ac pragmaticorum usum, Lugduni 1606 M.V.207

Idem opus, Camberii 1607 M.V.206

Theorica criminalis ad praxim forensem accomodata tomus II editio secunda Camberii 1615 legato col M.V.20747

Le descrizioni sono abbastanza puntuali e suscitano qualche curiosità: vi erano due copie del Tractatus reatuum di cui una risultava edita a Lione del 1606 (ed era legata con la successiva Theorica del 1615) e una riportava le indicazioni note di “Camberii 1607”48. Sembra poco probabile che gli attenti bibliotecari torinesi abbiano commesso un doppio errore, scambiando la citata Praxis del 1606 con il Tractatus del 1607, soprattutto per la specificazione del toponimo; un’ipotesi plausibile per spiegare tale descrizione è che La Rovière (secondo un uso che si è visto diffuso) abbia posto in circolazione esemplari del Tractatus anche con la data topica (e cronica) differenti da quella più nota di “Camberii 1607”.

A proposito di quest’opera Laroche cita inoltre una differente edizione, “Camberi, apud Samuel Crispin, 1607”, sulla scorta di un censimento di edizioni ginevrine conservato alla Bibliothèque de Genève49. La notizia è presente nei cataloghi della fiera primaverile di Francoforte, ripresi pari pari nel repertorio di Draud50. Questi cataloghi, però, non possono essere sempre considerati come la fonte di una precisa e puntuale notizia bibliografica di un libro effettivamente stampato: vi è indubbiamente una componente di avvisi per il futuro, di progetti talvolta non realizzati (ad esempio nella primavera del 1622 Anton Hierat annuncia una nuova edizione dei Tractatus universi iuris in cui “accedunt... omnes recentiores auctores qui in praecedentibus impressionibus non habentur”, proposito che non sembra aver avuto seguito)51. Al contempo va considerato che spesso chi curava la pubblicazione di una tale notizia sui cataloghi non era l’effettivo tipografo e/o editore, ma colui che portava in fiera quel libro52. Or bene, La Rovière non sembra aver partecipato in proprio ai due incontri del 1607 ed è quindi verosimile che il libro vi sia stato fatto arrivare da Crespin, presente invece con altri titoli53.

Un’altra notizia riportata da Barbier e Perrin trae sempre origine dai cataloghi di fiera, ma presenta ulteriori problemi: citavano infatti un’edizione della Theorica criminalis che sarebbe stata pubblicata a Francoforte da Nicolas Stein nel 161054. La prima menzione di un’edizione curata da Stein compare tra gli annunci dei “libri futuris nundinis prodituri” nel catalogo della primavera del 1609 come un generico Tractatus criminalis55. Da quelli immediatamente successivi consultati non sembra emergere nulla, mentre già nel 1611 Draud riporta una descrizione più dettagliata, di cui per il momento non si è riusciti a trovare l’origine: “Tractatus reatuum iuxta forensium ac pragmaticorum usum, in quo docetur quomodo gerere se debeat Princeps aut Magistratus in iudiciis criminalibus, & in criminibus vindicandis, Francofurti apud Nic. Steinium 1610”56. È probabile che tale analitica espressione sia comparsa in qualche altro catalogo (di fiera o editoriale) non ancora identificato; resta però il fatto che, per il momento, non è nota un’edizione del Tractatus pubblicato da Stein, editore molto attivo in quegli anni57.

Il problema di una qualche edizione datata 1610 però si ripresenta in testimonianze diverse e dal differente valore probatorio. Tenderei ad escludere, ad esempio, generiche citazioni di bibliografie che non riportino indicazioni dettagliate58. Più problematiche sono le testimonianze che provengono da cataloghi a stampa di biblioteca (e che possono avere influenzato bibliografie successive): un caso particolare è rappresentato da quello della barberiniana che censisce, appunto, un’edizione del 1610. Tale data, come si vedrà, è tuttavia il frutto di una manomissione dei frontespizi e di altre pagine (modifiche di cui per altro sfuggono le motivazioni)59. Non più a Roma bensì in Francia nel Settecento è ricordato un altro esemplare datato 1610; si tratta del catalogo di vendita della biblioteca del cardinale Guillaume Dubois che riporta una descrizione sommarissima, ma in parte divergente: “Godofredi a Bavo Criminalia Colon. 1610 veau fauve”; l’indicazione del colore della legatura è testimonianza del fatto che un libro datato 1610 esisteva, probabilmente non stampato a Francoforte, ma come al solito nell’officina roveriana60. Anche questo, tuttavia, sembra, per il momento, mancare all’appello.

LA THEORICA CRIMINALIS DEL 1615: UN VERO INTRICO

Certo è che attorno al 1610 Bavoz si deve essere attivato tra Torino, Chambéry e Ginevra con esiti per ora abbastanza oscuri. Nelle edizioni/emissioni conosciute del 1615 compare infatti un permesso di stampa dell’inquisitore di Torino, Camillo Baliani, su relazione del giovane giurista Ludovicus Porcellet datata 6 giugno 1609, che approvava il “secundum volumen de Reatibus”. Cosa sia successo tra il 1609 e il 1615 non è dato di sapere, anche se un po’ stupisce questo ampio lasso di tempo che intercorre tra approvazione e stampa; a meno che non ci sia stata effettivamente una qualche edizione del 1610 ad oggi non identificata61.

A questo punto è però necessario fare ordine e mettere in chiaro cosa è, e come è fatta, questa Theorica criminalis. L’edizione in due tomi (spesso legati assieme) si apre con un frontespizio che lungamente recita

Theorica criminalis ad praxim forensem accomodata, omnibus iuris studiosis utilissima, pramaticis vero pernecessaria in duas partes distributa. Prima pars continet quaestiones nonnullas, quae ad hanc praxim criminalem pertinent. Secunda vero §§. 31 continetur (!...) Editio secunda.

Segue il solito stemma sabaudo e l’indicazione “Camberii M.DC.XV”62. Esiste poi un’altra “edizione” sempre del 1615 di un solo volume (corrispondente al secondo tomo della precedente), con un titolo leggermente più breve Theorica criminalis ad praxim forensem accomodata. Opus in §§. distinctum, idque non tantum pragmaticis, sed universis iuris studiosis utilissimum e qui compare finalmente l’indicazione editoriale veritiera (a iniziare dalla marca): “Coloniae Allobrogum, excudebat Petrus de la Roviere”63. Di quest’ultima esiste un’ulteriore emissione datata 1618: l’unica variante è la data del frontespizio64.

Cosa hanno “combinato” La Rovière (e Bavoz) nel 1615? Innanzi tutto, per quanto riguarda la prima pars, sono state riutilizzate le numerose copie evidentemente rimaste invendute del Tractatus reatuum, tagliando il frontespizio e sostituendolo con un bifolio, costituito dal nuovo frontespizio e un foglio bianco; quest’ultimo, a seconda della legatura, poteva essere utilizzato come antiporta o diventare un foglio bianco antecedente il testo; l’originale fascicolo iniziale ¶ di 4 carte aveva perso così la prima carta e la ¶4, non essendo più coerente al frontespizio, dovette essere incollata. Tutto il resto è rimasto esattamente uguale, l’impressione è proprio quella del 1607: stessi titoli correnti (TRACTATUS REATUUM / QUAESTIO, seguita dal numero progressivo), stessi errori di numerazione delle pagine e della segnatura dei fascicoli, disallineamenti di righe, macchie d’inchiostro comprese (ovviamente vi è qualche variante frutto di interventi durante la stampa del 1607: ad esempio in alcuni esemplari la pagina 413 è segnata come “ffff3” mentre in altri è correttamente “fff3”).

Veniamo al secondo tomo. Questa è un’opera nuova, anche se, bisogna riconoscerlo subito, estremamente ripetitiva rispetto al primo volume, addirittura con le stesse citazioni; si riaffrontano diffusamente sia le questioni processuali sia la casistica dei reati, in un disordine davvero “sistematico” (si veda come alla conclusione del § Usura sia stampata la parola finis, cui segue un altro paragrafo Compositio e una nuova finis.

La Rovière non si accontentò di avere riemesso il Tractatus reatuum con un nuovo frontespizio all’interno di un’opera in parte nuova. Anche per la seconda parte (come si è sopra accennato) preparò un’emissione autonoma, modificando parzialmente la dedica al lettore (difficile giudicare se ciò sia stato fatto con o senza il consenso di Bavoz); in questo caso l’intero primo fascicolo preliminare è stato ricomposto.

Più complesso è il discorso da fare per quanto riguarda il corpo del testo, in quanto ci si trova di fronte a un caso di standing type (o conservazione della composizione tipografica) relativamente curioso. È evidente che La Rovière aveva progettato fin dall’inizio di pubblicare, oltre all’edizione in due tomi, anche quella distinta del solo secondo.

Un’analisi dei diversi aspetti tipografici delle pagine ha portato alla conclusione che prima si è composto il secondo tomo (dell’edizione in due tomi) e in contemporanea, o rapidissima successione, si è approntato anche il volume separato, con pochi cambiamenti alle forme.

Il titolo che compare a pagina 1 (A1) “Theoriae criminalis ad praxim forensem accomodatae, liber secundus” è stato modificato in “Theoria criminalis ad praxim forensem accomodata”. Conseguentemente sono mutati i titoli correnti (da “PRAX. ET THEOR. CRIM.” [verso] // LIBER SECUNDUS” [recto] si è passati a “PRAX. ET THEOR. // CRIMINALIS”), lasciando tutto il resto inalterato. Il motivo per cui ho scritto che prima si è stampato il secondo tomo e successivamente il volume “autonomo” è dovuto al fatto che a p. 381 degli esemplari consultati di questa emissione compare come titolo corrente “LIBER SECUNDUS”: evidentemente nel mettere mano alle forme tale titolo era sfuggito per errore.

Che si sia modificata solo questa parte della gabbia della forma risulta evidente se si considera che, nella quasi totalità dei casi, i numeri delle pagine sono rimasti identici sia come posizione, come tipo di carattere (a volte tondo, a volte corsivo, a volte misto), sia per la presenza di “aloni” d’inchiostro derivanti dal movimento dei cunei, sia infine per i numerosi errori presenti65. L’aver toccato questa parte della pagina per modificare i titoli correnti ha comportato la correzione di qualche svista (ad esempio la pagina 278 riporta il numero completo e non solo “78” come erroneamente è presente nell’altra emissione), oppure l’inserzione di nuovi errori nei numeri (la 261 numerata 265), propri solo dell’emissione separata. Piccole varianti si riscontrano per alcune segnature dei fascicoli (ad esempio ijZ / Zij), ma ciò non contraddistingue l’emissione separata, bensì singole copie delle differenti emissioni.

Nel corpo del testo non si è praticamente intervenuti: a riprova si possono indicare non solo e tanto il permanere degli stessi errori, quanto singole “mancanze” tipografiche: singole lettere disallineate o parzialmente spezzate; righe mosse; emersione di filetti all’interno di parole, etc.

Insomma si compone una volta e si stampa due volte. Per l’editoria ginevrina si sono già segnalati almeno due casi in cui la motivazione di una tale procedura era invece dettata dall’esigenza di immettere sul mercato testi parzialmente differenti (Schneidewein e Kahl) per venire incontro alle prescrizioni degli indici dei libri proibiti (spagnoli)66. In questo caso, invece, il testo è rimasto perfettamente identico, si sono solo approntati due prodotti editorialmente e commercialmente differenti67. Ma la storia non è finita.

UN ULTIMO GIRO

Nel 1638 compare una (presunta) “tertia editio”, sempre della variante in due tomi, con imputazione editoriale ad Alessandro Federico Cavalleri di Torino68. Un confronto con l’edizione del 1615 porta alla rapida conclusione che si è di fronte sempre allo stesso prodotto: un primo tomo contiene il Tractatus reatuum (edizione del 1607) e il secondo tomo è costituito dalla Theorica criminalis (liber secundus - 1615). L’unica novità è rappresentata dai frontespizi preparati da Cavalleri e aggiunti dopo aver tagliato i precedenti (anche in questo caso la c. ¶4 di entrambe le parti non è coerente al frontespizio e in alcuni esemplari è caduta).

Che spiegazione si può dare a questa “comparsa” torinese? Che ruolo effettivo ha giocato Cavalleri?69

Come risulta dagli atti relativi alla sua successione nel 1658, Cavalleri aveva ovviamente rapporti con editori di Lione (Huguetan, Borde, Anisson) e di Ginevra (Tournes e Chouet)70. Nel 1638, quando reimmette sul mercato la Theorica di Bavoz, Pierre de La Rovière era già morto da un quindicennio. Nel bel catalogo della libreria successivo alla morte del ginevrino non sembra esserci traccia di Bavoz71. Si può ipotizzare che in questo periodo il lento processo di dismissione dell’impresa e del patrimonio di libri stampati abbia avuto diversi sbocchi: uno di questi, ad esempio, fu l’assunzione di alcuni titoli da parte di Henry Fetherstone e del Latin Stock di Londra72. Ancora nel 1670 copie delle opere di Bavoz (nella variante “Camberii”) compaiono nel catalogo dei de Tournes73.

Altri titoli della produzione di La Rovière, probabilmente, furono acquisiti dagli Chouet; e Cavalleri era senz’altro in stretti rapporti con questi ultimi. Nel 1640, infatti, distribuì un libro allora di attualità e che aveva ottenuto un discreto successo: Dell’historia di Pietro Giovanni Capriata libri dodici. Ne’ quali si contengono tutti i movimenti d’arme successi in Italia dal MDCXIII. sino al MDCXXXIV. Il volume è presentato come se fosse pubblicato “In Genova, et in Torino, per Alessandro Federico Cavalleris”, ma in realtà si tratta di un’emissione dell’edizione ginevrina del 1639, diffusa con plurime paternità editoriali74.

Nel 1650 Pierre Chouet annuncia nel catalogo di fiera l’uscita del Tractatus de recta feudorum interpretatione di Antonio Monaco75. Non pare essere rimasta un’edizione ginevrina per quel periodo; è però vero che l’opera era stata immessa sul mercato proprio dal Cavalleri nel 1650, riutilizzando una parte della prima edizione Tarino del 1635 (rimasta evidentemente invenduta)76. Si può supporre che Chouet si sia fatto tramite sul mercato internazionale per tale libro77.

Anni dopo (nel 1656) Cavalleri è di nuovo implicato nella commercializzazione di un testo che aveva incontrato un vasto favore nel pubblico dei professionisti del diritto, le Quaestiones forenses di Gaspare Antonio Tesauro più volte pubblicate (a Milano, Torino, Venezia e Francoforte). L’“edizione” di Cavalleri però non è frutto suo, bensì dei de Tournes, ed è espressamente menzionata nelle pratiche di successione e di subentro nell’impresa da parte di Bartolomeo Zabatta. Nel 1672 la stessa operazione fu ripetuta sempre dai de Tournes ma questa volta con un altro libraro torinese, Giuseppe Vernoni78.

D’altronde già alla fine del ’500 Giovanni Domenico Tarino aveva sviluppato importanti legami con i Giunta di Lione, ma in un rapporto allora rovesciato, fornendo stampe ai lionesi, che le distribuivano a loro nome79. Nel corso del Seicento il rapporto sembra parzialmente invertirsi e sono i torinesi che commercializzano prodotti ginevrini, di cui la Theorica di Bavoz e le Historie di Capriata rappresentano senz’altro una “primizia”80.

Non si tratta più di una semplice contraffazione dei dati editoriali per distribuire senza problemi libri nel mercato cattolico (e senza incorrere in contrasti con le autorita religiose calviniste): non si “resuscitano” editori morti da tempo, ma si contratta con librari viventi cui si affida una quota della tiratura81.

Il percorso editoriale dell’opera del giurista savoiardo ha assunto negli anni diverse facce: un anonimato iniziale e un luogo di stampa falso (Chambéry) per tutelare autore (e forse l’editore stesso); una doppia veste per vendere un prodotto solo parzialmente nuovo (1615: Chambéry – Ginevra); un frontespizio posticcio per le rimanenze (Torino 1638). Qualche estimatore di Bavoz, tuttavia, ci fu, tanto che il secondo tomo della Theorica fu ristampato otto anni dopo in quel di Utrecht82.

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1 Manca uno studio sul personaggio: le notizie principali sono ricavabili da: E. Burnier, Histoire du Sénat de Savoie, Paris, Durand, 1864, I, pp. 539-546; F. Mugnier, Les registres des entrées du Sénat de Savoie, in «Mémoires et documents publiés par la société savoisienne d’histoire et d’archéologie», XXXVII (1898), pp. 355-473, passim. Per Favre cfr. infra nota 24 e per Oncieu nota 25.

2 G. Bavoz, Theorica criminalis ad praxim forensem accommodata. Opus in §§ distinctum, Ultrajecti, Apud Wilhelmum Strick, 1646.

3 Nel citare i commentari di Caravita Super ritibus Magnae Curiae Vicariae fa talvolta il nome di Carerio o di Cravetta (errori non indicati nell’errata citato a nota 22).

4 Sul tema in generale cfr. A. Bergès, Des Libertés de l’Église savoyarde et du gallicanisme du Souverain Sénat de Savoie au XVIIe et au XVIIIe siècles, Paris, Magne, 1942; A. Erba, La Chiesa Sabauda tra Cinque e Seicento. Ortodossia tridentina, gallicanesimo savoiardo e assolutismo ducale (1580-1630), Roma, Herder, 1979.

5 Ricordo, a mero titolo di esempio, come Bavoz menzioni la disposizione in base alla quale un condannato a morte “pour larcin commis sans effusion de sang” possa essere esentato dalla pena qualora una donna lo chieda per marito (avrebbe dovuto comunque essere portato sul patibolo “pour l’exemplarité” e poi subito in chiesa per le nozze: Coutumes du Duché d’Aouste, Chambery, par Loys Pomar, 1588, p. 768 [VI, I, LXXII]), e poi chiosava che nel ducato di Savoia “qui regitur iure scripto talis liberatio per matrimonium non admittitur” (Tractatus reatuum iuxta forensium ac pragmaticorum usum [...] Adiectae sunt consuetudines Ducatus Augustae convenientes huic materiae reatuum, Camberii, s.e., 1607, pp. 363-364); sul rapporto con il senato di Savoia cfr. L. Marini, La Valle d’Aosta tra Savoia e Piemonte (1600-1730), in La Valle d’Aosta. Relazioni e comunicazioni presentate al XXXI Congresso Storico Subalpino, II, Torino, Deputazione Subalpina di storia patria, 1959, pp. 560-589.

6 La storiografia giuridica ha dedicato poca attenzione a questo autore, a parte la thèse di H. Duvillaret, Essai sur le droit pénal savoyard (1440-1723), Bonneville, Plancher, 1943 che ne fa un uso molto diffuso e puntuale (si veda ad esempio a p. 366 il giudizio sulle auctoritates utilizzate: “certaines pages de Bavoz sont même un véritable plagiat de son maître [Claro] qu’il copie mot à mot”); qualche citazione si trova in M. P. Geri, Dal textus all’ordine sanzionatorio. La classificazione dei crimini tra tecnica giuridica e logica di edificazione istituzionale, Pisa, ETS, 2011, ad indicem; mentre è curiosamente assente nel volume di H. Laly, Crime et Justice en Savoie (1559-1750). L’Elaboration du pacte social, Rennes, Presses univ. de Rennes, 2012, che pure avrebbe potuto trovare utili informazioni sulle pratiche giudiziarie in uso.

7 In ciò non era solo: si vedano le considerazioni critiche relative al giurista romano raccolte da F. Cordero, Criminalia. Nascita dei sistemi penali, Roma-Bari, Laterza, 1985, p. 339 e sgg.

8 Bibliothèque Municipale de Grenoble, C. 3765; V. Barbier, A. Perrin, Bibliographie savoisienne, Chambéry, 1889-1892, p. 33, n. 456; J.-P. Laroche, Rhône-Alpes II. Annecy, Chambéry, RLF XXI, 1996, p. 57 n. 10.

9 Tractatus reatuum, cit.; Barbier-Perrin, Bibliographie, cit., p. 32, n. 454a; Laroche, Annecy, Chambéry, cit., pp. 58-59, n. 18.

10 A. Dufour, F. Rabut, L’Imprimerie, les imprimeurs et les libraires en Savoie du XVe au XIXe siècle, in «Mémoires et documents publiés par la Société savoisienne d’histoire et d’archéologie», XVI (1877), pp. 73, 232.

11 Ph. Desportes, Les Premières œuvres, Annecy, par Iacques Bertrand, 1576, cc. 15v, 38r, 47r, 63r... [J. Muller, Annecy, in Répertoire bibliographique des livres imprimés en France au seizième siècle, XVIII, Baden Baden, Koerner, 1974, p. 14; Catalogue provisoire des éditions anciennes des Premieres Œuvres (1573-1615), in Philippe Desportes (1546-1606). Un poète presque parfait entre Renaissance et Classicisme, études réunies et publiées par Jean Balsamo, Paris, Klincksieck, 2000, p. 516].

12 Edicts de (...) Charles Emanuel par la grace de Dieu, duc de Savoye. Et des arrests, donnez par son Souverein Senat seant à Cambery sur la religion, iustice, et politique. Livre troissieme [!], À Chambery, par Thomas Bertrand, 1608 [Laroche, Annecy, Chambéry, cit., p. 60, n. 22].

13 C. de Battandier, Tractatus liberorum, parentum, ac fratrum, succincte et concise, integram legitimarum materiam continens, Annecy, ex officina Iacobi Bertrandi, 1576, p. 90 [Muller, Annecy, cit.].

14 C. de Battandier, Tractatio de parentibus, fratris et filiis..., s. l., Excudebat Ioannes Lertotius, 1581 [GLN 2848] = Lugduni, apud Antonium Gryphium, 1582 (H. e J. Baudrier, Bibliographie lyonnaise, Lyon, Brun, 1910, VIII, p. 386); = Tractatus de parentibus, fratris et filiis..., Lugduni, Apud Ioannem Lertout, 1594 [GLN 6964]. La prima edizione (diversa dalla successiva) è del 1560: Lugduni, Apud Mathiam Bonhome.

15 Legende de Domp Claude de Guyse abbe de Cluny..., s.n.t. 1581 [GLN 2909]; per il passe-partout cfr. http://www.e-rara.ch/gep\_g/content/pageview/4787566; sull’opera cfr. E. e E. Haag, La France protestante, V, Paris, Fischbacher, 1886, coll. 19-22.

16 Di Jacques Bertrand sono rimasti pochi titoli per il periodo 1572-1577 (cfr. Universal Short Title Catalogue [http://www.ustc.ac.uk/], che integra Muller, Annecy, cit.), mentre Lertout è decisamente presente sul mercato librario e molto a lungo.

17 Ad esempio: G. Pace, Doctrinae Peripateticae tomi tres, Aureliae Allobrogum, Excudebat Petrus de la Roviere, 1606, p. 735; F. Douaren, Omnia (...) opera, Aureliae Allobrogum, Excudebat Petrus de la Roviere, 1608, I, pp. 10, 20, 716. Su La Rovière si veda la voce di J. F. Gilmont nel Répertoire des imprimeurs et éditeurs suisses: http://dbserv1-bcu.unil.ch/riech/intro.php (e a questo repertorio si rinvia per le informazioni relative ad altri editori ginevrini); I. Jostock, La Censure négociée. Le contrôle du livre à Genève 1560-1625, Genève, Droz, 2007, passim.

18 D. E. Rhodes, Some Neglected Aspects of the Career of Giovanni Battista Ciotti, in «The Library», s. VI, 9 (1987), p. 239.

19 A titolo esemplificativo si veda: Corpus iuris civilis a Dionysio Gothofredo I.C. recognitum, Lugduni, [G. Laimarie], 1589 (http://www.e-rara.ch/bau\_1/content/pageview/575159); Operum Aristotelis (...) tomus I, s. l., excudebat Guillelmus Laemarius, 1597 (cfr. http://www.e-rara.ch/gep\ _g/content/pageview/1841743); Pace, Doctrinae Peripateticae, cit., c. ¶2r; Bavoz, Praxis, cit., p. 3 (preliminari), 1, 272; Bavoz, Tractatus reatuum, pp. 168, 257; A. Monaco, Decisiones bononienses, Coloniae Allobrogum, excudebat Petrus de la Roviere, 1620, c. ¶2r.

20 Per la Theorica cfr. infra § 4.

21 Per i rapporti di Ginevra con Lione si veda la straordinaria bibliografia curata da J.-F. Gilmont in GLN e la puntuale analisi di A. Dubois, Imprimerie et librairie entre Lyon et Genève (1560-1610). L’exemple de Jacob Stoer, in «Bibliothèque de l’École des chartes», 168 (2010), 2, pp. 447-516; ma i rapporti non si limitavano ovviamente solo a Lione.

22 Nelle copie dell’Archivio di Stato di Torino (N.VIII.12) e della Biblioteca Angelica di Roma (QQ.21.7) il duernio è inserito tra il primo fascicolo contenente le carte preliminari e il testo. In quella della biblioteca di Giurisprudenza dell’Università di Napoli (V O[b] 115) è stato collocato dopo la fine del testo, prima dell’index rerum et verborum finale; quest’ultimo esemplare presenta un’ulteriore particolarità, vale a dire che il verso della terza carta contiene un fitto errata-corrige (che non corregge comunque tutti gli errori!).

23 Brief recueil des edicts de tresillustre Prince Emmanuel Philibert, par la grace de Dieu duc de Savoye: et des arrests donnez par son souverain Senat seant à Chambery, sur le faict de la religion, iustice, & politique, s.n.t. 1574 [GLN-2493]; cfr. Jostock, La Censure négociée, cit., p. 277 e ss.

24 Per una prima informazione si veda la voce di B. Barbiche in Dictionnaire de Biographie Française, XIII, Paris 1975, coll. 857-862; per alcune vicende editoriali rinvio R. Savelli, La città proibita. L’editoria ginevrina e la curiosa storia del Codex fabrianus, in corso di pubblicazione in Honos alit artes. Studi per il settantesimo compleanno di Mario Ascheri.

25 Oltre a Berlium seu Rusticum, Lugduni 1597 (attribuito ipoteticamente a La Rovière da GLN 6224) si vedano Traité des mainsmortes et conditions taillables, s.n.t. 1608 e Traité de l’ammortissement et abolition des mainsmortes, s.n.t. 1612 (anche questo probabile prodotto della stessa tipografia); per alcuni dati sulla carriera di Oncieu cfr. Mugnier, Les registres des entrées du Sénat de Savoie, cit.

26 Dufour, Rabut, L’Imprimerie, cit., pp. 21-23; F. Mugnier, Antoine Favre. Seconde partie: Correspondance, t. II, in «Mémoires et documents publiés par la Société savoisienne d’histoire et d’archéologie», XLIV (1906), p. 116; una copia del contratto per la stampa dei Rationalia in Th. Dufour, Notes, Bibliothèque de Genève, Ms. fr. 3812/42.

27 Cfr. D. Carpanetto, Divisi dalla fede. Frontiere religiose, modelli politici, identità storiche nelle relazioni tra Torino e Ginevra (XVII-XVIII secolo), Torino, UTET, 2009.

28 Tractatus reatuum, cit., q. VII, p. 72 e ss.

29 Savelli, La città proibita, cit.

30 Jostock, La Censure négociée, cit., pp. 275 e ss, 320.

31 E. H. Gaullieur, Études sur la typographie genevoise du XVe au XIXe siècle et sur l’introduction de l’imprimerie en Suisse, Genève, 1855; G. Bonnant, Le Livre genevois sous l’Ancien Régime, Genève, Droz, 1999; R. Savelli, Censori e giuristi. Storie di libri, di idee e di costumi (sec. XVI-XVII), Milano, Giuffrè, 2011, pp. 315-344.

32 Sul diverso trattamento riservato a questi due giuristi dalla censura romana e da quella spagnola cfr. Savelli, Censori e giuristi, cit., passim.

33 Dubois, Imprimerie et librairie, cit., p. 468: “cinq exemplaires portent le nom de Genève, dix celui de Lyon et cinquante-huit ne mentionnent aucun lieu”.

34 Dubois, Imprimerie et librairie, cit., pp. 450, 497; GLN 6994-69995: Lugduni, sumptibus Joannis Baptistae Buysson / Pontimussoni, Apud Nicolaum Claudet; l’editore dovrebbe essere Guillaume Laimarie.

35 J. Papon, Recueil des arrests notables des cours souveraines de France, e E. Papon, Commentaires sur la loy Si unquam C. de revocand. donat., Pont-Amousson, par Iean de la Fontaine (la falsificazione non è stata rilevata da A. Ronsin, Lorraine, RLF V, 1984, p. 67, nn. 44-45).

36 A.-M. Merland, Lyon, III, RLF XXII, 1997, p. 212.

37 Cfr. nota 24; Merland, Lyon, II, RLF XVIII, 1993, pp. 240, 250, 260.

38 A. Collogny, per I. A. Sarrasin & Alex. Pernet, 1612; Geneve, Par Alexandre Pernet et pour la societé Helv. Caldor. d’Yverdon, 1618.

39 Savelli, Censori e giuristi, cit., p. 331 e ss; I. Maclean, Scholarship, Commerce, Religion. The Learned Book in the Age of Confessions,1560-1630, Cambridge Mass., Harvard UP, 2012, pp. 63 e ss.

40 J. Borcholten, In quatuor institutionum iuris civilis libros, commentarii, quinto nunc editi, Coloniae Allobrogum, Petrus Quercetanus [= La Rovière], 1610 / Genevae, Ex Typographia Matthaei Berjon, 1610. Le due differenti edizioni che vengono pubblicate quasi in contempoeanea portano per altro un’identica marca editoriale, usata in quegli anni prevalentemente da La Rovière, ma precedentemente da Jérémie des Planches e Samuel Crespin (P. Heitz, Genfer Buchdrucker und Verlegerzeichen im XV., XVI. und XVII. Jahrhundert, Strassburg, J. H. E. Heitz, 1908, n. 138).

41 Le due differenti edizioni si distinguono perché la prima ha una paginazione doppia (696, 40), mentre la seconda è continua (736). Merland, Lyon, II, RLF XVIII, 1993, p. 234, n. 20 non menziona né le pagine né percepisce la reale origine della stampa.

42 Merland, Lyon, IV, RLF XXV, 2000, p. 171, cita solo l’emissione Harsy.

43 Il fenomeno è ben noto grazie agli studi di Gaullieur, Bonnant, Jostock; qualche indicazione aggiuntiva in Savelli, Censori e giuristi, pp. 315-344.

44 Gaullieur, Études sur la typographie genevoise, cit., pp. 198-203; P.-B. Hodel, Une édition genevoise controversée de la Somme de théologie de Saint Thomas d’Aquin, in «Archivum Fratrum Praedicatorum», LXXVI (2006), pp. 157-170; dell’edizione ginevrina conosco due emissioni: Antverpiae, Sumptibus Viduae & Haeredum Petri de la Roviere // apud Batistam Bellagambam, 1624; per il corpus canonistico cfr. nota 81.

45 In assenza per il Seicento di un repertorio come il GLN, queste considerazioni non possono dirsi fondate su un corpus sufficientemente rappresentativo.

46 Maclean, Scholarship, Commerce, Religion, cit.

47 Il catalogo censiva anche un altro esemplare della Theorica in due tomi edito a “Camberii” nel 1615 e un volume edito a “Coloniae Allobrogum” (su questi cfr. infra § 4). Il catalogo è attualmente consultabile nel corridoio/salone dei cataloghi a schede, antistante la sezione manoscritti.

48 Anche il citato esemplare del Tractatus reatuum della Biblioteca di Giurisprudenza di Napoli (cfr. nota 22) è legato con un volume della Theorica.

49 Laroche, Annecy, Chambéry, cit., p. 59, n. 19.

50 Indicis generalis Continuatio, in quo continetur designatio librorum, qui nundinis vernalibus Francofurtensibus & Lipsensibus Anni 1607 (...) prodierunt, Leipzig, Abraham Lamberg, [1607]; Catalogus universalis pro nundinis Francofurtensibus vernalibus de anno 1607, Francofurti, excudebat Ioannes Saur, [1607]; mentre il catalogo autunnale pubblicato da Francken nel 1607 omette il nome di Crespin; e cfr. G. Draud, Bibliotheca classica seu catalogus officinalis, Francofurti, apud Nicolaum Hoffmannum, 1611, p. 581; Id., Bibliotheca classica, Francofurti ad Moenum, impensis Balthasaris Ostern, 1625, I, p. 820.

51 Catalogus universalis, hoc est designatio omnium librorum, qui hisce nundinis (...) vernalibus Francofurtensibus & Lipsiensibus ab anno 1622 (...) prodierunt, Leipzig, Abraham Lamberg, [1622], appendix.

52 Sul problema della testimonianza dei cataloghi cfr., tra i contributi più recenti, A. Dubois, Les échanges de livres entre Genève et Anvers lors des foires de Francfort: l’exemple de Jacob Stoer et de la firme plantinienne, in «Bibliologia», 3 (2008), pp. 55-106; J.-F. Gilmont, La fiabilité des notices de catalogue de la foire de Francfort. Les éditions genevoises signalées par les catalogues de Georg Willer, in J.-F. Gilmont, A. Vanautgaerden, Les instruments de travail à la Renaissance, Turnhout, Brepols, 2010, pp. 135-152; Savelli, La città proibita, cit.

53 G. Schwetschke, Codex nundinarius Germaniae literatae bisecularis, Halle, Schwetschke, 1850, p. 47; i dati riportati nelle tabelle di quest’opera vanno presi con un minimo di cautela, visti i fraintedimenti relativi a certi toponimi (ad esempio per questi anni Aureliae, Aurelianae diventa talvolta Orléans e Coloniae Köln).

54 Barbier-Perrin, Bibliographie, cit., p. 33, n. 455b.

55 Indicis generalis Continuatio, in quo continetur designatio librorum, qui nundinis Vernalibus Francofurtensibus & Lipsensibus Anni 1609... prodierunt, Leipzig, Abraham Lamberg, 1609.

56 Draud, Bibliotheca classica, cit., 1611, p. 574 e Id., 1625, I, p. 812; notizia ripresa in A. Fontana, Amphitheatrum legale, I, Parmae, Typis Iosephi ad Oleo & Hippolyti Rosati, 1688, p. 75.

57 Né pare al momento ipotizzabile che Stein abbia presentato un libro che sarebbe stato eventualmente pubblicato da La Rovière, vista la presenza di editori ginevrini alle fiere del 1609-1610: Schwetschke, Codex nundinarius, cit., p. 51 e ss.

58 Ad esempio J.-L. Grillet. Dictionnaire historique, littéraire et statistique des départemens du Mont-Blanc et du Léman, Chambery, J.-F. Puthod, 1807, II, p. 113 “tractatus reatuum... Camberii 1607, 1610, 1615”.

59 Index bibliothecae qua Franciscus Barberinus (...) suae familiae ad Quirinalem aedes magnificentiores reddidit, [Roma], typis Barberinis, excudebat Michael Hercules, 1681, I, p. 121 “Theorica criminalis Camberii 1610”: su questo esemplare cfr. infra nota 62.

60 J. P. Bignon, Bibliotheca Duboisiana. Ou, Catalogue de la bibliothèque de feu Son Eminence Monseigneur le cardinal Du Bois, La Haye, J. Swart & P. de Hondt, 1725, II, p. 275; sulla biblioteca e la sua dispersione cfr. G. Brunet, Fantaisies bibliographiques, Paris, J. Gay, 1864, pp. 11-18.

61 L’estrema rarità della Praxis del 1606 (cfr. nota 8) testimonia di come certi libri possano essere totalmente scomparsi nel corso dei secoli; si può segnalare in proposito che solo alcuni esemplari dell’edizione 1615 conservano un bifolio aggiuntivo con dedica di Bavoz a Vittorio Amedeo datata 1615 (in cui preannunciava un terzo volume contenente consilia mai pubblicato), mentre la dedica al lettore è senza data.

62 Il frontespizio del secondo tomo è sostanzialmente esemplato sul primo, con un errore che fu corretto incollando un pezzo di carta sulla parte che si voleva nascondere: in origine era stato stampato “Partis secundae Tomus secundus”, ma partis secundae era di troppo. L’esemplare della Biblioteca Apostolica Vaticana Barb.EE.III.51 presenta la particolarità che sui due frontespizi è stata abrasa la “V” nella data, per cui questa sembra essere “M.DC.X”; altrettanto erasi sono gli anni delle dediche del primo tomo (1606) e nella data della relazione per l’inquisitore di Torino (1609).

63 Heitz, Genfer, cit., n. 140.

64 Due gli esemplari del 1618 riscontrati: Biblioteca Nazionale di Napoli 19.C.9; Biblioteca di Giurisprudenza di Napoli V O[b] 115.

65 Per il termine “gabbia della forma” (skeleton forme) cfr. N. Harris, Per una filologia del titolo corrente: il caso dell’Orlando Furioso del 1532, in Bibliografia testuale o filologia dei testi a stampa? Definizioni metodologiche e prospettive future. Convegno di studi in onore di Conor Fahy, a cura di N. Harris, Udine, Forum, 1999, pp. 139-204.

66 Savelli, Censori, cit., pp. 334-344.

67 Vi sono anche casi di contaminazione delle tirature: gli esemplari della Bodleian Library (4° B 1 Jur. Seld.) e della Biliothèque de Genève (A 8945), ad esempio, hanno frontespizio e fascicolo preliminare dell’emissione separata e testo dell’emissione “liber secundus”.

68 Theorica criminalis ad praxim forensem accommodata (...) in duas partes distributa. Prima pars continet quaestiones nonnullas quae ad hanc praxim criminalem pertinent, secunda vero §§. 31, cum indice copiosissimo. Editio tertia, ex ultima recognitione, Taurini, per Alexandrum Federicum Cavalerium, 1638: cfr. R. L. Bruni, D. W. Evans, Italian 17th-century books in Cambridge libraries. A short-title catalogue, Firenze, Olschki, 1997, n. 536; OJB n. 549.

69 Su Cavalleri cfr. A. Merlotti, Librai e stampatori a Torino alla metà del Seicento, in Seicentina. Tipografi e libri nel Piemonte del ’600, a cura di W. Canavesio, Torino, Provincia, 1999, pp. 74-79; A. Merlotti, Librai, stampa e potere nel Seicento, in Storia di Torino, IV, a cura di G. Ricuperati, Torino, Einaudi, 2002, p. 662 e ss.

70 Archivio di stato di Torino, Insinuazione di Torino 1658, lib. VIII, I, cc. 287r-290v.

71 Catalogus librorum, qui apud Haeredes Petri de la Roviere venales reperiuntur, Genevae, Typis Roverianis, 1626.

72 La testimonianza viene dai cataloghi della fiera di Francoforte, oltre che da singoli esemplari di opere edite da La Rovière e circolate anche sotto altri nomi. La vicenda risulta particolarmente evidente confrontando i cataloghi dell’autunno del 1624 con quelli precedenti: opere pubblicate da La Rovière e da altri ginevrini (ma non solo loro) sono pubblicizzate come “apud societatem londinensem” (Savelli, La città proibita, cit.). L’“anomalia” degli annunci nei cataloghi del 1624 è segnalata da M. Wakely, Printing and Double-Dealing in Jacobean England: Robert Barker, John Bill, and Bonham Norton, in «The Library», 7th series. vol. 8, n. 2 (2007), p. 152, ma senza particolari informazioni sui fornitori continentali del Latin Stock.

73 Catalogus universalis librorum qui reperiuntur in officina Ioannis Ant. et Samuelis De Tournes, Genevae, Typis Ioan. Ant. et Samuelis de Tournes, 1670, p. 163.

74 Appresso Pietro Chouet; Appresso Philippo Gamonet; Appresso la copia stampata in Genova.

75 Catalogus universalis (...) omnium librorum, qui hisce nundinis vernalibus Francofurtensibus & Lipsiensibus anno 1650 (...) prodierunt, Leipzig, Gottfried Grossen, 1650.

76 Augustae Taurinorum, Apud HH. Io. Dominici Tarini, 1635 = Augustae Taurinorum, Apud Alexandrum Federicum Cavalerium, 1650; OJB nn. 3501-3502.

77 Molteplici indizi portano a ipotizzare una rete di rapporti tra gli editori ginevrini e gli ambienti torinesi: già nel 1627 gli Chouet annunciano alla fiera autunnale la prossima uscita del De iure accrescendi di Giovanni Antonio Bellone (presidente del Senato di Piemonte), ma la prima edizione sembra essere del 1637 (Augustae Taurinorum, Apud HH. Io. Dominici Tarini): si veda la voce di V. Gigliotti, in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), Bologna, il Mulino, 2013, I, pp. 208-209; Catalogus universalis... omnium librorum, qui hisce nundinis autumnalibus Francofurtensibus & Lipsiensibus anno 1627 (...) prodierunt, Leipzig, Abraham Lamberg, 1627; OJB nn. 573-574.

78 G. A. Tesauro, Quaestionum forensium libri quatuor, Augustae Taurinorum, Sumptibus Alexandri Federici Cavalerii, 1656; sulle edizioni italiane di Tesauro cfr. OJB nn. 5310-5323.

79 Alcuni esempi sono riportati in Savelli, Censori, cit., pp. 328-329.

80 Per il periodo successivo cfr. L. Braida, Il commercio delle idee. Editoria e circolazione del libro nella Torino del Settecento, Firenze, Olschki, 1995, pp. 155-156.

81 Per l’uso di nomi di defunti (ad esempio Giovanni Battista Bellagamba o Tarquinio Longo) cfr. Savelli, Censori e giuristi, ad indicem. Ma non erano ovviamente solo questi: nel 1620-21 fu stampata a Ginevra (da Samuel Crespin? da un consorzio di tipografi?) un’edizione in folio del Corpus iuris canonici con l’indicazione “Taurini, apud Nicolaum Bevilaquam”, ma Bevilacqua era morto nel 1574! Esiste anche un’emissione “Lugduni, Sumptibus Typographicae Societatis”; l’indicazione di “Taurini” è stata erroneamente trasformata in “Venetiis” da A. Adversi, Saggio di un catalogo delle edizioni del “Decretum Gratiani” posteriori al secolo XV, in «Studia Gratiana», 6 (1959), p. 365, n. 117; la contraffazione non è rilevata in OJB nn. 5961-5963. Sugli inefficaci divieti ginevrini relativi al Corpus canonistico cfr. Jostock, La Censure négociée, cit., pp. 286-296.

82 Cfr. nota 2.